Processo contro il Piacere

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1 Processo contro il Piacere Luciano, La doppia accusa Quando, intorno al 165 d.c., il quarantenne Luciano scriveva il Δὶς κατηγορούμενος, aveva alle spalle una carriera di retore e di scrittore che lo aveva reso famoso in ogni parte dell impero, allora guidato da Marco Aurelio. La caustica mordacità dei suoi dialoghi menippei doveva avere suscitato la reazione di retori e filosofi e proprio dalle accuse incrociate, che gli vengono da più parti, egli qui si difende. Così, immagina che Zeus cerchi di dare risposta alle tante rimostranze di chi lo accusa di lentezza e si indigna contro la Giustizia per non essere ancora stati celebrati processi intentati soprattutto da scienze e arti contro certi uomini che, ormai consumati dalla muffa e dalle ragnatele, giacciono senza effetto da secoli. D accordo con Ermes, il padre degli uomini e degli dei indice una seduta dell Areopago e dà incarico al suo messaggero di volare sulla terra e di rendere noto il bando: si terrà una seduta del tribunale, per cui quanti hanno presentato le accuse si recheranno quel giorno stesso sull Areopago e lì la Giustizia sorteggerà fra tutti gli Ateniesi le giurie in base alle pene richieste; chi non si fosse ritenuto soddisfatto del verdetto, avrebbe potuto interporre appello presso Zeus e sarebbe stato giudicato ex novo. Le cause che vengono così ammesse alla discussione e al giudizio sono: l Ubriachezza contro l Accademia, per avere questa ridotto in schiavitù Polemone; la Stoa contro il Piacere, per averle sottratto il suo amante Dionisio; il Lusso contro la Virtù, in relazione ad Aristippo; l Arte Bancaria contro Diogene, accusato di fuga dalla schiavitù; la Pittura contro Pirrone, per diserzione. A queste viene aggiunta la doppia accusa mossa contro il Siro (cioè Luciano stesso) dalla Retorica, per maltrattamento, e dal Dialogo per insolenza. 132 processo contro il piacere

2 Il bando [12] Ermes e Giustizia dall Olimpo si recano sull Acropoli di Atene, secondo l invito di Zeus, per dare corso alla seduta del tribunale e, mentre Ermes punta diritto sull Acropoli, Giustizia si intrattiene con Pan, che dall epoca di Maratona abita una spelonca sotto l Acropoli, pagando il suo tributo di meteco. {ΔΙΚΗ} Ἐπίσχες, ὦ Πάν. Οὐχ ὁ Ἑρμῆς σοι κηρύττειν ἔδοξεν; {ΠΑΝ} Πάνυ μὲν οὖν. {ΕΡΜΗΣ} Ἀκούετε λεῴ, ἀγορὰν δικῶν ἀγαθῇ τύχῃ καταστησόμεθα τήμερον Ἐλαφηβολιῶνος ἑβδόμῃ ἱσταμένου. Ὁπόσοι γραφὰς ἀπήνεγκαν, ἥκειν εἰς Ἄρειον πάγον, ἔνθα ἡ Δίκη ἀποκληρώσει τὰ δικαστήρια καὶ αὐτὴν παρέσται τοῖς δικάζουσιν οἱ δικασταὶ ἐξ ἁπάντων Ἀθηναίων ὁ μισθὸς τριώβολον ἑκάστης δίκης ἀριθμὸς τῶν δικαστῶν κατὰ λόγον τοῦ ἐγκλήματος. Ὁπόσοι δὲ ἀποθέμενοι γραφὴν πρὶν εἰσελθεῖν ἀπέθανον, καὶ τούτους ὁ Αἰακὸς ἀναπεμψάτω. Ἢν δέ τις ἄδικα δεδικάσθαι οἴηται, ἐφέσιμον ἀγωνιεῖται τὴν δίκην ἡ δὲ ἔφεσις ἐπὶ τὸν Δία. {ΔΙΚΗ} Ἐπίσχες, οὖν: «Fermati, Pan. Non ti è sembrato che Ermes pronunci il bando?» «Sì, è così». Ἐπίσχες: ἐπέχω (qui all imperativo aoristo) ha il significato intransitivo di «fermarsi», «rimanere in attesa». - κηρύττειν: κηρύττω è il verbo adeguato all azione del banditore (κῆρυξ). - Πάνυ μὲν οὖν: è comune risposta affermativa. {ΕΡΜΗΣ} Ἀκούετε ἱσταμένου: «Ascoltate, popolo: apriremo una sessione giudiziaria, con buona fortuna, oggi, nel settimo giorno dell inizio di Elafebolione». - Ἀκούετε λεῴ: è la formula che introduceva i proclami (λεῴ è forma attica del vocativo plurale di λαός, att. λεώς. Il termine è usato spesso in riferimento a una folla adunata). - ἀγορὰ δικῶν: indica l assise giudiziaria (ἀγείρω = radunare). - ἑβδόμῃ: sottintende ἡμέρᾳ. Il mese di Elafebolione (che si precisa «cominciante», dato il valore di ἵσταμαι di «avere inizio», riferito al tempo: stagioni, mesi, anni) andava dalla seconda metà di marzo alla prima di aprile, dunque, a rigore, qui, «il 22 marzo». Ὁπόσοι τοῦ ἐγκλήματος: «Quanti hanno depositato accuse vengano sull Areopago, dove Giustizia tirerà a sorte le giurie e lei stessa sarà a fianco dei giudici, mentre i giudici saranno scelti fra tutti gli Ateniesi, la paga sarà di tre oboli per ciascun processo e il numero dei giudici in rapporto con l accusa». - γραφὰς ἀπήνεγκαν: l espressione γραφὴν ἀποφέρειν (ἀπήνεγκαν è aoristo) significa «redigere, consegnare un accusa scritta» al tribunale. - ἥκειν: è da ritenersi infinito con valore di imperativo, piuttosto che infinito subordinato che sottintenda come reggente un verbo di «dire, proclamare» come φημί, κηρύττω, ecc. L Areopago (ὁ Ἄρειος πάγος) è il più antico tribunale ateniese, che prende il nome dal «colle di Ares», su cui era situato; l affermazione che la Giustizia stessa sarà a fianco dei giudici (παρέσται è futuro di πάρειμι) è garanzia di un verdetto equo. - τριώβολον: tre oboli era l indennità che da Cleone in poi ricevevano i giudici dell Eliea. Ὁπόσοι ἀναπεμψάτω: «Quanti, dopo aver depositato l accusa, morirono prima di veder celebrare il processo, Eaco li rimandi sulla terra». - εἰσελθεῖν: il verbo εἰσέρχομαι è spesso usato con il valore di «comparire in tribunale»; l infinito è normale, nelle temporali introdotte da πρίν. Eaco è il figlio di Zeus ed Egina che, per la sua giustizia, dopo la morte fu posto come giudice infernale insieme con Minosse e Radamanto. Godeva ad Atene del culto dedicato agli eroi. Ἢν δέ τις ἐπὶ τὸν Δία: «Se poi qualcuno ritiene di essere stato giudicato ingiustamente, potrà ricorrere in appello e l appello verrà presentato a Zeus». Ἢν οἴηται: protasi dell eventualità con ἤν (= ἐάν) e il congiuntivo (οἴηται); δικάζω (qui al perfetto passivo) regge ἄδικα, accusativo neutro dell oggetto interno che assume valore avverbiale. - ἐφέσιμον: l aggettivo a due terminazioni ἐφέσιμος (così come il sostantivo ἔφεσις che segue subito dopo) è derivazione di ἐφίημι che, significando «lanciare», può bene assumere, in ambito giudiziario, il valore di «rinviare in appello». - ἀγωνιεῖται: ἀγωνίζομαι è spesso usato col significato di «sostenere un processo», «pronunciare un arringa», dato che accusato e accusatore si affrontano in una sorta di «gara» (ἀγών) per prevalere l uno sull altro. - ἐπὶ τὸν Δία: è complemento di moto a luogo, retto da ἔφεσις. luciano, la doppia accusa 133

3 La Stoa contro il Piacere [19-22] {ΔΙΚΗ} Καθίσατε οἱ τῇ Στοᾷ πρὸς τὴν Ἡδονὴν λαχόντες περὶ τοῦ ἐραστοῦ δικάζειν ἐγκέχυται τὸ ὕδωρ. Ἡ κατάγραφος ἡ τὰ ποικίλα σὺ ἤδη λέγε. {ΣΤΟΑ} Οὐκ ἀγνοῶ μέν, ὦ ἄνδρες δικασταί, ὡς πρὸς εὐπρόσωπόν μοι τὴν ἀντίδικον ὁ λόγος ἔσται, ἀλλὰ καὶ ὑμῶν τοὺς πολλοὺς ὁρῶ πρὸς μὲν ἐκείνην ἀποβλέποντας καὶ μειδιῶντας πρὸς αὐτήν, ἐμοῦ δὲ καταφρονοῦντας, ὅτι ἐν χρῷ κέκαρμαι καὶ ἀρρενωπὸν βλέπω καὶ {ΔΙΚΗ} Καθίσατε λέγε: «Sedetevi, voi che siete stati designati per sorteggio a giudicare la Stoa contro il Piacere riguardo all amante; l acqua è stata versata dentro. Tu, la dipinta con vari colori, a questo punto, parla». - οἱ λαχόντες: sono coloro che hanno ottenuto per sorteggio un incarico, indicato dall espressione in posizione attributiva τῇ Στοᾷ πρὸς τὴν Ἡδονὴν. La Στοά era il «portico», dipinto con affreschi di Polignoto di Taso, sotto il quale insegnò Zenone, il fondatore della scuola filosofica che prese appunto il nome di «stoica». L etica della scuola si contrapponeva alle tendenze edonistiche della scuola del socratico Aristippo e all impostazione dell epicureismo, che aveva definito fine ultimo della vita umana il raggiungimento dell ἡδονή. - περὶ τοῦ ἐραστοῦ: allude, come si vedrà subito di seguito, a Dionisio di Eraclea, per il quale possiamo riferirci a quanto dice Diogene Laerzio VII 166 (vedi scheda p. 136). - ἐγκέχυται: (perfetto passivo di ἐγχέω) allude alla predisposizione dell acqua nella clessidra, che da quel momento avrebbe iniziato a gocciolare per regolare il tempo dell arringa.- Ἡ κατάγραφος ἡ τὰ ποικίλα: è allusione alla Στοὰ ποικίλη di cui si è detto poco sopra (τὰ ποικίλα è accusativo di relazione, in posizione attributiva). {ΣΤΟΑ} Οὐκ ἀγνοῶ μέν, δοκῶ: «Mi rendo conto, signori giudici, che dovrò parlare contro un avversaria dal bel volto, ma vedo anche i più di voi volgere a lei gli occhi e farle sorrisi, e di me non tenere conto, perché sono tosata fino alla pelle e ho lo sguardo maschio e do l impressione di essere accigliata». - τὴν ἀντίδικον: l aggettivo ἀντίδικος (qui femminile) è il termine tecnico che designa «l avversario nel processo»; l avversaria cui la Stoa fa riferimento è il Piacere, sostantivo femminile, in greco (Ἡδονή). - μοι ἔσται (futuro di εἰμί): è costruzione con il dativo di possesso. - τοὺς πολλούς: οἱ πολλοί vale «la maggior parte». - ὁρῶ: regge i successivi participi predicativi dell oggetto ἀποβλέποντας, μειδιῶντας, καταφρονοῦντας. Il verbo μειδιάω indica non tanto il «ridere», quanto il «sorridere» (si pensi all espressione di Saffo, fr. 1, 14 Voigt, μειδιαίσαισ ἀθανάτῳ προσώπῳ, riferita al sorriso di Afrodite). Καταφρονέω è costruito, come di consueto, con il genitivo (ἐμοῦ). - ἐν χρῷ: «sulla pelle». Il dativo χρῷ (da χρώς) è forma che si è mantenuta in locuzioni idiomatiche come la nostra (κείρομαι ἐν χρῷ = «sono rasato fino alla pelle»), invece del più consueto χρωτί. - κέκαρμαι: perfetto passivo di κείρω. - βλέπω: regge, qui come spes- PER SAPERNE DI PIÙ La misurazione del tempo nei processi Si definivano δίκαι πρὸς ὕδωρ le cause in cui il discorso era misurato nel tempo con la clessidra; esse si contrapponevano alle δίκαι ἄνευ (o χωρίς) ὕδατος, in cui tale misurazione non avveniva: si capisce perciò l uso, da parte di chi parla, di espressioni come ἐν τῷ ἐμῷ ὕδατι (o ἐπὶ τοῦ ἐμοῦ ὕδατος) per dire: «il tempo che mi è concesso». Il tempo variava a seconda della causa, potendo andare dalle 11 anfore della causa per mancato adempimento dei doveri in un ambasceria (γραφὴ παραπρεσβείας), ad una sola, nelle liti per eredità. Il tempo assoluto di un ἀμφορεύς non è determinabile per noi. Da notare che se per l introduzione di testimonianze o di altre prove che richiedessero la lettura da parte del cancelliere, il discorso si interrompeva, l oratore chiedeva all ufficiale preposto (ὁ ἐφ ὕδωρ) di fermare la clessidra (ἐπίλαβε τὸ ὕδωρ). Su questo problema si veda Arist. Ath. Pol. 67, 2-4 (un passo che si presenta però piuttosto lacunoso). Cfr. anche p processo contro il piacere

4 σκυθρωπὴ δοκῶ. Ὅμως δέ, ἢν ἐθελήσητε ἀκοῦσαί μου λεγούσης, θαρρῶ πολὺ δικαιότερα ταύτης ἐρεῖν. Τοῦτο γάρ τοι καὶ τὸ παρὸν ἔγκλημά ἐστιν, ὅτι οὕτως ἑταιρικῶς ἐσκευασμένη τῷ ἐπαγωγῷ τῆς ὄψεως ἐραστὴν ἐμὸν ἄνδρα τότε σώφρονα τὸν Διονύσιον φενακίσασα πρὸς ἑαυτὴν περιέσπασεν, καὶ ἥν γε οἱ πρὸ ὑμῶν δίκην ἐδίκασαν τῇ Ἀκαδημείᾳ καὶ τῇ Μέθῃ, ἀδελφὴ τῆς παρούσης δίκης ἐστίν ἐξετάζεται γὰρ ἐν τῷ παρόντι πότερον χοίρων δίκην κάτω νενευκότας ἡδομένους χρὴ βιοῦν μηδὲν μεγαλόφρον ἐπινοοῦντας ἢ ἐν δευτέρῳ τοῦ καλῶς ἔχοντος ἡγησαμένους τὸ τερπνὸν ἐλευθέρους ἐλευθέρως φιλοσοφεῖν, μήτε τὸ ἀλγεινὸν ὡς ἄμαχον δεδιότας μήτε τὸ ἡδὺ ἀνδραποδωδῶς προαιρουμένους καὶ τὴν εὐδαιμονίαν ζητοῦντας ἐν τῷ μέλιτι καὶ ταῖς ἰσχάσιν. so, un aggettivo neutro (nel contesto: ἀρρενωπόν), che rappresenta una sorta di oggetto interno ed ha pertanto valore avverbiale (cfr. Anacr., fr. 15, 1 Gentili: ὦ παῖ παρθένιον βλέπων). Ὅμως δέ, ἐρεῖν: «Ma tuttavia, se vorrete prestarmi ascolto mentre parlo, ho fiducia che dirò cose molto più giuste di costei». - ἢν ἐθελήσητε: protasi dell eventualità, costruita regolarmente con il congiuntivo. L espressione condizionale non è una formula di cortesia, ma ipotizza un eventualità che l atteggiamento distratto degli ascoltatori al momento non lascia prevedere - μου λεγούσης: participio predicativo e oggetto indiretto al genitivo, (di fatto chi parla è il punto da cui proviene il suono) sono normali con ἀκούω (ἀκοῦσαι). - ἐρεῖν: infinito futuro dei verba dicendi. Τοῦτο γάρ τοι δίκης ἐστίν: «E questa infatti è proprio la mia accusa attuale, che abbigliata così come un etera, col fascino del suo aspetto, avendolo illuso, attrasse a sé il mio amante, uomo allora saggio, Dionisio, e quella causa che i giudici che vi hanno preceduto hanno definito tra Accademia e Ubriachezza, è sorella della presente causa». L iniziale τοῦτο γάρ τοι καί evidenzia che l accusa al Piacere è proprio quella di aver ingannato Dionisio, il che confermerà che le parole della Stoa sono «molto più giuste». - ἑταιρικῶς ἐσκευασμένη: «essendosi vestita come un etera». Le etere erano donne di liberi costumi, un po come le «cortigiane» della tradizione rinascimentale, spesso colte e affascinanti; ce ne sono state di famose, come l Aspasia di Pericle e la Frine di Prassitele. - τῷ ἐπαγωγῷ: è dativo strumentale dell aggettivo neutro sostantivato che significa «affascinante». Per Dionisio, vedi la scheda a p φενακίσασα: il verbo φενακίζω significa «ingannare con falsa apparenza» ed è probabile che φέναξ sia da ricollegare a φαίνω, con l aggiunta del suffisso -ακ-, da cui il significato di «furbastro, ingannatore», detto di chi cerca con travisamenti di apparire quel che non è (cfr. φενάκη, «parrucca»). Naturalmente la connessione con φαίνω presuppone la confusione nella lingua parlata di -αι- e -ε-, che non tutti ammettono possibile in età arcaica. - τῇ Ἀκαδημείᾳ καὶ τῇ Μέθῃ: allude al processo giudicato prima di questo (cfr. introduzione), in cui l Ubriachezza lamentava che l Accademia le avesse sottratto Polemone: la vittoria della filosofia sull edonismo decretata da quel giudizio, suggerisce alla Stoa di sottolineare l analogia dell attuale causa. ἐξετάζεται γὰρ φιλοσοφεῖν: «viene infatti esaminato in questa occasione se occorra, a mo di porci, vivere nel piacere con il capo rivolto in giù, senza concepire nulla di nobile né di magnanimo o giudicando ciò che è piacevole in posizione più arretrata (cioè come cosa di minor conto) rispetto a ciò che è retto, filosofare liberi in modo degno di uomini liberi». - πότερον ἤ: introduce l interrogativa (qui indiretta) disgiuntiva. - δίκην: è avverbio, che regge il genitivo (χοίρων), nel senso di «al modo di»; si spiega con il significato di «regola», «uso» che il termine δίκη ha nell Odissea; la connessione tra «vita di piacere» e «vita da porci» trovava una conferma nell interpretazione allegorica dell episodio odissiaco di Circe (ma anche Orazio, Epist. I 4,16, scherzosamente si definisce «porco del gregge di Epicuro»). - ἐν δευτέρῳ: è avverbiale: «in posizione più dietro» e τοῦ καλῶς ἔχοντος è neutro sostantivato, genitivo (nom. τὸ καλῶς ἔχον) perché secondo termine di paragone. μήτε τὸ ἀλγεινὸν ταῖς ἰσχάσιν: «né temendo ciò che è doloroso come invincibile né preferendo da schiavi ciò che è dolce e ricercando la felicità nel miele e nei fichi secchi». - δεδιότας: è participio perfetto di δείδω. - ἀνδραποδωδῶς (cfr. ἀνδράποδον = schiavo): è contrapposto al precedente ἐλευθέρως. - ἐν τῷ μέλιτι καὶ ταῖς ἰσχάσιν: designano quanto di più dolce c è in natura; ἰσχάς è il fico secco (cfr. ἰσχνός, «secco»). La contrapposizione tra stoicismo e filosofie edonistiche è espressa in termini in linea con il sentire comune. luciano, la doppia accusa 135

5 Τοιαῦτα γὰρ αὕτη δελέατα τοῖς ἀνοήτοις προτείνουσα καὶ μορμολυττομένη τῷ πόνῳ προσάγεται αὐτῶν τοὺς πολλούς, ἐν οἷς καὶ τὸν δείλαιον ἐκεῖνον ἀφηνιάσαι ἡμῶν πεποίηκεν, νοσοῦντα τηρήσασα οὐ γὰρ ἂν ὑγιαίνων ποτὲ προσήκατο τοὺς παρὰ ταύτης Τοιαῦτα γὰρ αὕτη λόγους: «Questa infatti tali cose tendendo agli sciocchi come esche e spaventandoli con la sofferenza, attira i più di loro, e tra questi ha fatto ribellare contro di noi anche quel disgraziato, dopo aver atteso che si ammalasse: in buona salute infatti non si sarebbe mai lasciato influenzare dalle sue parole». - μορμολυττομένη: è derivazione di Μορμώ, «strega» a cui si faceva riferimento per spaventare i bambini. - ἀφηνιάσαι: il verbo ἀφηνιάζω si applica all atteggiamento del cavallo che non accetta le briglie (ἡνίαι). - ἂν προσήκατο (da προσίημι): è apodosi dell irrealtà (ἄν + aoristo indicativo). LA MEMOrIA LETTErArIA DIONISIO «IL VOLTAGABBANA» L ἐραστής cui si fa riferimento nel processo fra la Stoa e il Piacere è Dionisio di Eraclea, che avrebbe abbandonato la dottrina stoica per aderire alla scuola cirenaica, che rivaluta con decisione il piacere come estremo bene (partendo da una interpretazione particolare della concezione socratica, secondo la quale il bene è di per sé attraente, i Cirenaici arrivano alla conclusione che tutto ciò che è attraente è bene). La vicenda di Dionisio è raccontata da Diogene Laerzio, in un passo (VI 166) che riportiamo qui di seguito: Διονύσιος δ ὁ Μεταθέμενος τέλος εἶπε τὴν ἡδονὴν διὰ περίστασιν ὀφθαλμίας ἀλγήσας γὰρ ἐπιπόνως ὤκνησεν εἰπεῖν τὸν πόνον ἀδιάφορον. Ἦν δὲ παῖς μὲν Θεοφάντου, πόλεως δ Ἡρακλείας. Ἤκουσε δέ, καθά φησι Διοκλῆς, πρῶτον μὲν Ἡρακλείδου τοῦ πολίτου, ἔπειτ Ἀλεξίνου καὶ Μενεδήμου, τελευταῖον δὲ Ζήνωνος. Καὶ κατ ἀρχὰς μὲν φιλογράμματος ὢν παντοδαποῖς ἐπεχείρει ποιήμασιν, ἔπειτα δὲ καὶ Ἄρατον ἀπεδέχετο, ζηλῶν αὐτόν. Ἀποστὰς δὲ τοῦ Ζήνωνος πρὸς τοὺς Κυρηναϊκοὺς ἀπετράπη καὶ εἴς τε τὰ χαμαιτυπεῖα εἰσῄει καὶ τἄλλ ἀπαρακαλύπτως ἡδυπάθει. Βιοὺς δὲ πρὸς τὰ ὀγδοήκοντ ἀσιτίᾳ κατέστρεψε. «Dionisio il voltagabbana dichiarò fine il piacere per la situazione critica causatagli da una malattia degli occhi; avendo sofferto terribilmente non ebbe più il coraggio di definire indifferente* la sofferenza. Era figlio di Teofrasto, della città di Eraclea. Secondo quanto riferisce Diocle, fu dapprima uditore di Eraclide, suo concittadino, poi di Alessino e Menedemo, e alla fine di Zenone. E all inizio, essendo amante dello scrivere, lavorò a componimenti di ogni genere, poi si pose sulla scia di Arato e cercò di emularlo. Dopo aver lasciato Zenone si volse ai Cirenaici ed entrava nei bordelli e si dava a tutti gli altri piaceri apertamente. Dopo aver vissuto fin verso gli ottanta anni, si lasciò morire di inedia». *[Secondo la dottrina stoica, il piacere e la sofferenza entrano nell ambito degli ἀδιάφορα, ovvero delle «cose indifferenti», che non hanno cioè attinenza né con il bene, che coincide con la virtù, né con il male, che è il contrario della virtù]. 136 processo contro il piacere

6 λόγους. Καίτοι τι ἂν ἔγωγε ἀγανακτοίην κατ αὐτῆς, ὅπου μηδὲ τῶν θεῶν φείδεται, ἀλλὰ τὴν ἐπιμέλειαν αὐτῶν διαβάλλει; Ὥστε εἰ σωφρονεῖτε, καὶ ἀσεβείας ἂν δίκην λάβοιτε παρ αὐτῆς. Ἀκούω δὲ ἔγωγε ὡς οὐδὲ αὐτὴ παρεσκεύασται ποιήσασθαι τοὺς λόγους, ἀλλὰ τὸν Ἐπίκουρον ἀναβιβάσεται συναγορεύσοντα οὕτως ἐντρυφᾷ τῷ δικαστηρίῳ. Πλὴν ἀλλὰ ἐκεῖνά γε αὐτὴν ἐρωτᾶτε, οἵους ἂν οἴεται γενέσθαι τὸν Ἡρακλέα καὶ τὸν ὑμέτερον Θησέα, εἰ προσθέντες τῇ ἡδονῇ ἔφυγον τοὺς πόνους οὐδὲν γὰρ ἂν ἐκώλυεν μεστὴν ἀδικίας εἶναι τὴν γῆν, ἐκείνων μὴ πονησάντων. Ταῦτα εἶπον οὐ πάνυ τοῖς μακροῖς τῶν λόγων χαίρουσα. Εἰ δέ γε ἐθελήσειε κατὰ μικρὸν ἀποκρίνασθαί μοι συνερωτωμένη, τάχιστα ἂν γνωσθείη τὸ μηδὲν οὖσα. Πλὴν ἀλλὰ ὑμεῖς γε τοῦ ὅρκου μνημονεύσαντες ψηφίσασθε ἤδη τὰ εὔορκα μὴ Καίτοι τι ἂν παρ αὐτῆς: «Eppure perché dovrei, per quanto mi riguarda, indignarmi con lei, quando non risparmia neppure gli dei, ma dice calunnie della loro direzione del mondo? Cosicché, se avete senno, potreste addirittura farle pagare il reato di empietà». - ἄν ἀγανακτοίην: è potenziale. - φείδεται: il verbo φείδομαι («risparmiare») regge il genitivo (in questo contesto: τῶν θεῶν). La calunnia contro gli dei riguarda ovviamente la negazione, da parte dell epicureismo, di un coinvolgimento loro nel governo del mondo: ne consegue l impossibilità di credere nella provvidenza stoica, la πρόνοια. Il senso del ragionamento della Stoa è chiaro: che senso ha esprimere la propria avversione, quando l atteggiamento di Ἡδονή è offensivo addirittura contro gli dei? - ἂν δίκην λάβοιτε παρ αὐτῆς: la costruzione di ἄν + ottativo (λάβοιτε) ha valore potenziale. L espressione δίκην λαβεῖν τινος παρά τινος significa: «far pagare il fio di qualcosa a qualcuno». Che la ἀσέβεια potesse costituire colpa grave lo provano i processi ad Anassagora (a stento salvato da Pericle), e, sostanzialmente, a Socrate. Ἀκούω δέ δικαστηρίῳ: «Sento per altro dire che non si è preparata neppure a parlare di persona, ma farà salire a parlare come suo avvocato Epicuro: così altezzoso è il suo contegno nei confronti del tribunale». Per quanto il diritto attico prevedesse che dovesse essere l accusato a difendersi davanti ai giudici, spesso, alla fine del discorso, avveniva che si chiedesse ai giudici che concedessero a un difensore (συνήγορος o σύνδικος) di tenere un discorso a difesa. Nel nostro caso Ἡδονή ha chiesto preventivamente di non parlare di persona (αὐτή), ma che lo facesse il suo συνήγορος Epicuro. La scelta è ovvia, data la collocazione di Ἡδονή nell etica di Epicuro, ma non è da escludersi un gioco di parole, da parte di Luciano, dato che Epicuro è «soccorritore» di nome e di fatto (cfr. ἐπίκουρος). - ἐντρυφᾷ: il significato di ἐντρυφάω slitta dal senso primario di «gioire», «essere imbaldanzito» a quello di «schernire». Πλὴν ἀλλά μὴ πονησάντων: «A parte tutto, ma chiedetele almeno questo, quali pensa che sarebbero stati Eracle e il vostro Teseo se, dando ascolto al piacere, avessero evitato le fatiche: senza le loro fatiche, nulla avrebbe impedito che la terra fosse piena di ingiustizie». - ἂν γενέσθαι εἰ ἔφυγον: è un periodo ipotetico dell irrealtà con apodosi in dipendenza infinitiva (retta da οἴεται). È noto che la figura dell ateniese Teseo (τὸν ὑμέτερον) venne modellata su Eracle. Fin dalla sofistica si afferma un interpretazione della figura di Eracle, come allegoria dell uomo virtuoso, e tale concezione, secondo la linea sofistica (Prodico) e dei Cinici (Antistene fu scolaro di Prodico), arriva agli Stoici. La storia di Eracle al bivio, che tra Virtù e Piacere sceglie la strada erta della Virtù, era nota nel racconto che ne aveva fatto Prodico e che ci è riferito da Senofonte (cfr. pp ). - ἐκείνων μὴ πονησάντων: è genitivo assoluto e forma implicita di protasi irreale. Ταῦτα εἶπον τοὺς θεούς: «Ho detto questo non piacendomi assolutamente i discorsi lunghi. Ma se accettasse di rispondere di volta in volta, essendo interrogata, si rivelerebbe in pochissimo tempo essere il nulla fatto persona. Ma in ogni caso, voi almeno, ricordatevi del giuramento e a questo punto votate in conformità con questo, senza credere a Epicuro, quando dice che gli dei non sovrintendono a nessuna delle cose che si verificano da noi». - Ταῦτα εἶπον: significa qui: «ho detto queste cose così sinteticamente». - τῶν λόγων: genitivo partitivo. - Εἰ ἐθελήσειε ἂν γνωσθείη: periodo ipotetico della possibilità. Qui ἐθέλω evidenzia il suo significato, di «essere disposto», ben differente da βούλομαι, che indica una volontà decisa. - τὸ μηδέν: è sostantivizzazione riferita a persona: «una nullità». - ψηφίσασθε τὰ εὔορκα: letteralmente: «votate le cose fedeli al giuramento». Nel finale ritorna ancora il riferimento alla negazione epicurea della πρόνοια, la provvidenza divina, centrale nella dottrina stoica. luciano, la doppia accusa 137

7 Busto di Epicuro. πιστεύσαντες Ἐπικούρῳ λέγοντι μηδὲν ἐπισκοπεῖν τῶν παρ ἡμῖν γιγνομένων τοὺς θεούς. {ΔΙΚΗ} Μετάστηθι. Ὁ Ἐπίκουρος ὑπὲρ τῆς Ἡδονῆς λέγε. {ΕΠΙΚΟΥΡΟΣ} Οὐ μακρά, ὦ ἄνδρες δικασταί, πρὸς ὑμᾶς ἐρῶ δεῖ γὰρ οὐδὲ πολλῶν μοι τῶν λόγων. Ἀλλ εἰ μὲν ἐπῳδαῖς τισιν ἢ φαρμάκοις ὅν φησιν ἐραστὴν ἑαυτῆς ἡ Στοὰ τὸν Διονύσιον κατηνάγκασεν ταύτης μὲν ἀπέχεσθαι, πρὸς ἑαυτὴν δὲ ἀποβλέπειν ἡ Ἡδονή, φαρμακὶς ἂν εἰκότως ἔδοξεν καὶ ἀδικεῖν ἐκέκριτο ἐπὶ τοὺς ἀλλοτρίους ἐραστὰς μαγγανεύουσα. Εἰ δέ τις ἐλεύθερος ἐν ἐλευθέρᾳ τῇ πόλει, μὴ ἀπαγορευόντων τῶν νόμων, τὴν παρὰ ταύτης ἀηδίαν μυσαχθεὶς καὶ ἥν φησι κεφάλαιον τῶν πόνων τὴν εὐδαιμονίαν παραγίγνεσθαι λῆρον οἰηθείς, τοὺς μὲν ἀγκύλους ἐκείνους λόγους καὶ λαβυρίνθοις ὁμοίους ἀπέφυγε, πρὸς δὲ τὴν Ἡδονὴν ἄσμενος ἐδραπέτευσεν ὥσπερ δεσμά τινα διακόψας τὰς τῶν λόγων πλεκτάνας, ἀνθρώπινα καὶ οὐ βλακώδη φρονήσας καὶ τὸν μὲν πόνον, ὅπερ ἐστί, πονηρόν, ἡδεῖαν δὲ τὴν ἡδονὴν οἰηθείς, {ΔΙΚΗ} Μετάστηθι λέγε: «Spostati. Tu, Epicuro, parla per Ἡδονή». - Μετάστηθι: è invito rivolto alla Stoa a lasciare il posto a Epicuro. {ΕΠΙΚΟΥΡΟΣ} Οὐ μακρά, τῶν λόγων: «O signori giudici, non parlerò a voi a lungo: infatti di molte parole non ho neppure bisogno». La solita premessa che, salvando la finzione giudiziaria, giustifica la brevità del discorso, rispetto a quella di un discorso reale (il topos è uno dei più consolidati in ambito retorico e viene spesso reso con il rifiuto a μακρολογεῖν, in espressioni del tipo τί δεῖ μακρολογεῖν; oppure οὐχ ἡγοῦμαι δεῖν μακρολογεῖν, di uso frequentissimo). - δεῖ μοι τῶν λόγων: si tratta del normale costrutto impersonale espresso da δεῖ «esserci bisogno», con il dativo della persona e il genitivo della cosa di cui si ha necessità. Ἀλλ εἰ μὲν ἐπῳδαῖς μαγγανεύουσα: «Ma se il Dionisio che la Stoa dice suo amante, Ἡδονή lo avesse costretto, con certi incantesimi e filtri ad allontanarsi da questa e a guardare a lei, giustamente apparirebbe una strega e sarebbe giudicata commettere un delitto, perché esercita arti magiche ai danni degli innamorati altrui». - εἰ κατηνάγκασεν ἂν ἔδοξεν καὶ ἐκέκριτο: è periodo ipotetico dell irrealtà (con due apodosi coordinate): l aoristo ἔδοξε e il ppf. ἐκέκριτο (da κρίνω) rendono evidente che il «sembrare una strega», constatazione che prescinde da ogni idea di durata, è frutto del giudizio di colpevolezza, che si esprime con il collocare nel passato l aspetto compiuto (appunto con il piuccheperfetto). In μαγγανεύω c è l idea di «ingannare attraverso un filtro» e questo spiega la sua frequente associazione con φενακίζω (per il quale cfr. supra, p. 135). Nell espressione ἐπὶ τούς ἐραστάς si evidenzia il frequente valore ostile di ἐπί + accusativo. Εἰ δέ τις μετὰ τὸν βίον;: «Ma se uno, libero nella libera città, non essendoci alcun divieto delle leggi, avendo provato disgusto per la sgradevolezza dello starle vicino e avendo ritenuto chiacchiere la concezione secondo cui la felicità sopraggiunge come somma dei dolori, se uno dicevo è fuggito da quei discorsi contorti e simili a labirinti ed è scappato di buon grado presso Ἡδονή, avendo reciso i viluppi delle parole come fossero catene, avendo recuperato pensieri da uomo e non da stupido e avendo ritenuto il dolore, come di fatto è, cattivo e il piacere dolce, si dovevano forse chiudergli le porte in faccia, risospingendolo a capofitto nel dolore lui che sta come nuotando verso il porto dopo un naufragio e desiderava la bonaccia e si doveva forse abbandonare quel disgraziato ai suoi guai, tanto più che si era rifugiato presso Ἡδονή come un supplice all altare della pietà, affinché essendo risalito con molto sudore sull erta, vedesse evidentemente la tanto celebrata virtù, e poi, dopo aver per tutta la vita penato, dopo la vita potesse essere felice?». - μυσαχθείς: μυσάττω è un derivato di μύσος, «macchia», «abominio». - ἄσμενος: indica prevalentemente in Omero l atteggiamento di chi è «contento» di essere scampato alla morte. Si tratta sicuramente di un antico participio medio, ma non si riesce a spiegare né la derivazione, né la forma (participio aoristo?). - πλεκτάνας: πλεκτάνη (derivato di πλέκω, «intrecciare») è «garbuglio», «intrico». - βλακώδη: l aggettivo βλακώδης, che significa 138 processo contro il piacere

8 ἀποκλείειν ἐχρῆν αὐτόν, ὥσπερ ἐκ ναυαγίου λιμένι προσνέοντα καὶ γαλήνης ἐπιθυμοῦντα συνωθοῦντας ἐπὶ κεφαλὴν εἰς τὸν πόνον, καὶ ἔκδοτον τὸν ἄθλιον παρέχειν ταῖς ἀπορίαις, καὶ ταῦτα ὥσπερ ἱκέτην ἐπὶ τὸν τοῦ Ἐλέου βωμὸν ἐπὶ τὴν Ἡδονὴν καταφεύγοντα, ἵνα τὴν πολυθρύλητον ἀρετὴν δηλαδὴ ἐπὶ τὸ ὄρθιον ἱδρῶτι πολλῷ ἀνελθὼν ἴδῃ κᾆτα δι ὅλου πονήσας τοῦ βίου εὐδαιμονήσῃ μετὰ propriamente «molle», «indolente» (è un composto di βλάξ, di analogo significato), slitta spesso a significare «stupido», «scimunito». - ἐπὶ κεφαλήν: è «sulla testa» e dunque «a testa in giù». - ἔκδοτον (derivato dall aggettivo verbale δοτός di δίδωμι) παρέχειν: l espressione significa «consegnare in balia di qualcuno». - τὴν πολυθρύλητον ἀρετήν ἐπὶ τὸ ὄρθιον ἴδῃ: è allusione a un celebre passo esiodeo (vedi scheda). Il lungo periodo ipotetico potrebbe anche essere inteso come irreale (ἐχρῆν può avere valore di apodosi irreale, senza ἄν), ma è certamente più efficace il ritenerlo diretta allusione a ciò che è effettivamente avvenuto. IL SENTIERO CHE CONDUCE ALLA PROSPERITÀ LA MEMOrIA LETTErArIA In un passo significativo, nel quale la fatica e il lavoro sono giustificati in una prospettiva etica provvidenziale, Esiodo insegna al fratello Perse come acquisire la ἀρετή (qui interpretata, secondo la traduzione di Arrighetti, come «prosperità»). L antico poeta della Beozia, che nella Teogonia si era presentato come depositario della verità ispirata direttamente dalle Muse, riafferma in questo passo il valore della sofferenza, che, inserita in un disegno divino di affermazione della giustizia, costituisce un gradino necessario verso il benessere dell uomo. Σοὶ δ ἐγὼ ἐσθλὰ νοέων ἐρέω, μέγα νήπιε [Πέρση τὴν μέν τοι κακότητα καὶ ἰλαδὸν ἔστιν [ἑλέσθαι ῥηιδίως λείη μὲν ὁδός, μάλα δ ἐγγύθι ναίει τῆς δ ἀρετῆς ἱδρῶτα θεοὶ προπάροιθεν [ἔθηκαν ἀθάνατοι μακρὸς δὲ καὶ ὄρθιος οἶμος ἐς [αὐτὴν καὶ τρηχὺς τὸ πρῶτον ἐπὴν δ εἰς ἄκρον [ἵκηται, ῥηιδίη δὴ ἔπειτα πέλει, χαλεπή περ ἐοῦσα. Esiodo, Erga Ma a te le cose buone, pensandole, io dirò, o [sciocchissimo Perse. Certo la miseria anche a bizzeffe è possibile [prendersela senza difficoltà: poca è la strada e lei abita molto [vicino; invece davanti alla prosperità sudore gli dei [posero essi che sono immortali: lunga ed erto il sentiero [che conduce a lei e, dapprima, difficile; ma, quando sei arrivato in [cima, poi si fa facile da impervio che era. luciano, la doppia accusa 139

9 τὸν βίον; Καίτοι τίς ἂν κριτὴς δικαιότερος δόξειεν αὐτοῦ ἐκείνου, ὃς τὰ παρὰ τῆς Στοᾶς εἰδώς, εἰ καί τις ἄλλος, καὶ μόνον τέως τὸ καλὸν ἀγαθὸν οἰόμενος εἶναι, μεταμαθὼν ὡς κακὸν ὁ πόνος ἦν, τὸ Καίτοι τίς ἂν εἵλετο;: «Eppure chi potrebbe apparire giudice più giusto di quello stesso, che, conosciuti, se mai alcun altro, i principi della Stoa, e fino ad allora convinto che solo ciò che è nobile fosse bene, appreso al contrario che il dolore era male, poste a confronto le due affermazioni, scelse la migliore?». - ἂν δόξειεν: è potenziale, mentre αὐτοῦ ἐκείνου è secondo termine di paragone. - εἰ καί τις ἄλλος: significa, come al solito, «quant altri mai». - μεταμαθών: il verbo μεταμανθάνω significa: «imparare qualcosa di nuovo» in opposizione a quanto si sapeva prima. LA MEMOrIA LETTErArIA IL MITO DELL ANELLO DI GIGE IN PLATONE Il motivo folklorico dell anello che rende invisibili è collegato con uno dei miti che riguardano la conquista del potere nel regno di Lidia da parte di Gige (prima metà del VII secolo a.c.): tale mito a noi è noto nella versione offerta da Platone (Resp. II 359d-360b), il quale ne racconta l ascesa al potere in modo molto diverso rispetto a Erodoto (I 8-13). Secondo lo storico di Alicarnasso, infatti, Gige, capostipite della dinastia lidia dei Mermnadi, il cui ultimo esponente fu Creso, da semplice comandante delle guardie del corpo di re Candaule, avrebbe soppiantato il sovrano dopo averlo ucciso in un intrigo di corte, in combutta con la di lui moglie. Il mito platonico dell anello miracoloso, che consente al pastore di divenire re, serve invece al filosofo per confortare la propria tesi, secondo cui la disponibilità di poteri straordinari per ingiusti che siano costituisce per chiunque, anche per il più giusto dei cittadini, una tentazione irresistibile per esaudire ambizioni destinate altrimenti a rimanere represse. Qui di seguito è proposto il racconto platonico: Εἶναι μὲν γὰρ αὐτὸν ποιμένα θητεύοντα παρὰ τῷ τότε Λυδίας ἄρχοντι, ὄμβρου δὲ πολλοῦ γενομένου καὶ σεισμοῦ ῥαγῆναί τι τῆς γῆς καὶ γενέσθαι χάσμα κατὰ τὸν τόπον ᾗ ἔνεμεν. Ἰδόντα δὲ καὶ θαυμάσαντα καταβῆναι καὶ ἰδεῖν ἄλλα τε δὴ ἃ μυθολογοῦσιν θαυμαστὰ καὶ ἵππον χαλκοῦν, κοῖλον, θυρίδας ἔχοντα, καθ ἃς ἐγκύψαντα ἰδεῖν ἐνόντα νεκρόν, ὡς φαίνεσθαι μείζω ἢ κατ ἄνθρωπον, τοῦτον δὲ ἄλλο μὲν οὐδέν, περὶ δὲ τῇ χειρὶ χρυσοῦν δακτύλιον ὄντα περιελόμενον ἐκβῆναι. Συλ- «(Dicono) infatti che questi fosse un pastore al servizio dell allora signore di Lidia e che, caduta una pioggia torrenziale seguita da un terremoto, si produsse in una zona della terra una spaccatura e si aprì una voragine, nel posto in cui egli era al pascolo; la vide e meravigliatosi scese e notò, tra le altre cose che lo lasciarono stupito di cui si racconta, un cavallo di bronzo, cavo, con delle finestre, affacciatosi alle quali vide che dentro c era un cadavere, a vedersi più grande di un uomo e senza togliergli nient altro, ma solo un 140 processo contro il piacere

10 βέλτιον ἐξ ἀμφοῖν δοκιμάσας εἵλετο; Ἑώρα γάρ, οἶμαι, τούτους περὶ τοῦ καρτερεῖν καὶ ἀνέχεσθαι τοὺς πόνους πολλὰ διεξιόντας, ἰδίᾳ Ἑώρα γάρ, τοῦ ἡδέος: «Vedeva infatti, penso, che costoro disquisivano a lungo riguardo al resistere e sopportare i dolori, ma in privato veneravano Ἡδονή, che erano baldanzosi finché si trattava di parlare, ma in casa vivevano secondo le leggi di Ἡδονή, che si vergognavano se si fossero fatti vedere allentare le loro energie e tradire la dottrina, ma soffrivano miseri i supplizi di Tantalo, e laddove sperassero di sfuggire agli sguardi e poter trasgredire in tutta sicurezza, si riempivano del piacere avidamente». - Ἑώρα: regge i successivi participi predicativi dell oggetto (διεξιόντας θεραπεύοντας νεανιευομένους βιοῦντας αἰσχυνομένους μέν πεπονθότας δέ). - διεξιόντας: il verbo διέξειμι slitta spesso, come nel nostro contesto, dal significato di «attraversare» a quello metaforico di «esporre nel dettaglio». λόγου δὲ γενομένου τοῖς ποιμέσιν εἰωθότος, ἵν ἐξαγγέλλοιεν κατὰ μῆνα τῷ βασιλεῖ τὰ περὶ τὰ ποίμνια, ἀφικέσθαι καὶ ἐκεῖνον ἔχοντα τὸν δακτύλιον καθήμενον οὖν μετὰ τῶν ἄλλων τυχεῖν τὴν σφενδόνην τοῦ δακτυλίου περιαγαγόντα πρὸς ἑαυτὸν εἰς τὸ εἴσω τῆς χειρός, τούτου δὲ γενομένου ἀφανῆ αὐτὸν γενέσθαι τοῖς παρακαθημένοις, καὶ διαλέγεσθαι ὡς περὶ οἰχομένου. Καὶ τὸν θαυμάζειν τε καὶ πάλιν ἐπιψηλαφῶντα τὸν δακτύλιον στρέψαι ἔξω τὴν σφενδόνην, καὶ στρέψαντα φανερὸν γενέσθαι. Καὶ τοῦτο ἐννοήσαντα ἀποπειρᾶσθαι τοῦ δακτυλίου εἰ ταύτην ἔχοι τὴν δύναμιν, καὶ αὐτῷ οὕτω συμβαίνειν, στρέφοντι μὲν εἴσω τὴν σφενδόνην ἀδήλῳ γίγνεσθαι, ἔξω δὲ δήλῳ αἰσθόμενον δὲ εὐθὺς διαπράξασθαι τῶν ἀγγέλων γενέσθαι τῶν παρὰ τὸν βασιλέα, ἐλθόντα δὲ καὶ τὴν γυναῖκα αὐτοῦ μοιχεύσαντα, μετ ἐκείνης ἐπιθέμενον τῷ βασιλεῖ ἀποκτεῖναι καὶ τὴν ἀρχὴν οὕτω κατασχεῖν. Εἰ οὖν δύο τοιούτω δακτυλίω γενοίσθην, καὶ τὸν μὲν ὁ δίκαιος περιθεῖτο, τὸν δὲ ὁ ἄδικος, οὐδεὶς ἂν γένοιτο, ὡς δόξειεν, οὕτως ἀδαμάντινος, ὃς ἂν μείνειεν ἐν τῇ δικαιοσύνῃ καὶ τολμήσειεν ἀπέχεσθαι τῶν ἀλλοτρίων καὶ μὴ ἅπτεσθαι, ἐξὸν αὐτῷ καὶ ἐκ τῆς ἀγορᾶς ἀδεῶς ὅτι βούλοιτο λαμβάνειν, καὶ εἰσιόντι εἰς τὰς οἰκίας συγγίγνεσθαι ὅτῳ βούλοιτο, καὶ ἀποκτεινύναι καὶ ἐκ δεσμῶν λύειν οὕστινας βούλοιτο, καὶ τἆλλα πράττειν ἐν τοῖς ἀνθρώποις ἰσόθεον ὄντα. anello che portava al dito, uscì. Essendosi tenuta l adunanza consueta per i pastori, perché mese per mese informassero il re di ciò che riguardava i loro greggi, vi si recò anche lui con il suo anello. Sedutosi con gli altri, gli capitò di girare verso di sé, verso cioè la parte interna del cavo della mano il castone dell anello e così facendo divenne invisibile per quanti gli sedevano intorno e se ne parlava come di uno che se n era andato. Gige se ne stupì e di nuovo armeggiando con l anello girò stavolta all esterno il castone, e giratolo ridiventò visibile. Questo lo fece pensare e provò se fosse l anello ad avere questo potere e così gli avvenne, girando il castone all interno della mano, di diventare invisibile, all esterno, al contrario, visibile. La costatazione fece sì che si desse subito da fare per diventare uno dei messi che stanno presso il re; una volta arrivato a palazzo sedusse la moglie del re, e con lei aggredito e ucciso quello, si impadronì in questo modo del potere. Dunque, se di questi anelli ne esistessero due e uno lo infilasse un uomo giusto, l altro un ingiusto, si può essere certi che nessuno sarebbe integro a tal punto da rimanere saldo nella giustizia, avendo la forza di tenersi lontano dai beni altrui e di non toccarli, pur avendo la possibilità di prendere impunemente dai banchi del mercato tutto ciò che desidera, di penetrare nelle case e di far l amore con chi desidera, di uccidere e liberare dalle catene chiunque vuole e di fare tante altre cose, come se fosse un dio fra gli uomini. luciano, la doppia accusa 141

11 δὲ τὴν Ἡδονὴν θεραπεύοντας, καὶ μέχρι τοῦ λόγου νεανιευομένους, οἴκοι δὲ κατὰ τοὺς τῆς Ἡδονῆς νόμους βιοῦντας, αἰσχυνομένους μὲν εἰ φανοῦνται χαλῶντες τοῦ τόνου καὶ προδιδόντες τὸ δόγμα, πεπονθότας δὲ ἀθλίους τὸ τοῦ Ταντάλου, καὶ ἔνθα ἂν λήσειν καὶ ἀσφαλῶς παρανομήσειν ἐλπίσωσιν, χανδὸν ἐμπιμπλαμένους τοῦ ἡδέος. Εἰ γοῦν τις αὐτοῖς τὸν τοῦ Γύγου δακτύλιον ἔδωκεν, ὡς περιθεμένους μὴ ὁρᾶσθαι, ἢ τὴν τοῦ Ἄϊδος κυνῆν, εὖ οἶδ ὅτι μακρὰ χαίρειν τοῖς πόνοις φράσαντες ἐπὶ τὴν Ἡδονὴν ὠθοῦντο ἂν καὶ ἐμιμοῦντο ἅπαντες τὸν Διονύσιον, ὃς μέχρι μὲν τῆς νόσου ἤλπιζεν ὠφελήσειν τι αὐτὸν τοὺς περὶ τῆς καρτερίας λόγους ἐπεὶ δὲ ἤλγησεν καὶ ἐνόσησεν καὶ ὁ πόνος ἀληθέστερος αὐτοῦ καθίκετο, - νεανιευομένους: il verbo νεανιεύομαι ha il trasparente significato di «comportarsi con giovanile ardore» (cfr. νεανίας). - φανοῦνται: φαίνομαι (qui al futuro) è costruito con il participio predicativo del soggetto (nel nostro contesto χαλῶντες e προδιδόντες). - τὸ δόγμα: il sostantivo (cfr. δοκέω) ha il significato di «opinione», «decisione» e, in particolare, come qui, di «dottrina». - τὸ τοῦ Ταντάλου: allude alle pene infernali inflitte a Tantalo, il mitico re della Lidia (o, secondo altre versioni, della Frigia), che tradì la fiducia degli dei rubando loro il nutrimento, il nettare e l ambrosia, per farne dono ai propri sudditi. Per questa empietà fu condannato nell Ade a essere circondato di cibo e acqua, senza potere mai mangiare né bere (cfr. Pind., Ol. I 54-63). - λήσειν καὶ παρανομήσειν: infiniti futuri retti dall espressione eventuale ἄν ἐλπίσωσιν. - χανδόν: (cfr. χάσκω, più recentemente χαίνω, «aprire la bocca») è avverbio con suffisso -δόν (χαν, -δόν) che significa, già a partire dall Odissea, «a bocca aperta». Εἰ γοῦν τις λόγους: «Se per esempio uno desse loro l anello di Gige, cosicché, una volta messo al dito, non fossero visti, o l elmo di Ade, so bene che dopo aver rivolto ai dolori un deciso addio, si lancerebbero per raggiungere Ἡδονή e imiterebbero tutti quanti Dionisio, che, fino alla malattia, sperava che gli avrebbero in qualcosa giovato i discorsi sulla capacità di sopportazione». - Εἰ ἔδωκεν εὖ οἶδ ὅτι ὠθοῦντο ἂν καὶ ἐμιμοῦντο: periodo ipotetico dell irrealtà (εἰ + aoristo indicativo, ἄν + imperfetto indicativo) dipendente da εὖ οἶδα. - ὡς μὴ ὁρᾶσθαι: proposizione consecutiva all infinito, con il participio appositivo (περιθεμένους) all accusativo, perché riferito al soggetto sottinteso della proposizione (αὐτούς): «così che essi non fossero visti, essendoselo posto al dito» (scil. «l anello»). - τὸν τοῦ Γύγου δακτύλιον: sull anello di Gige, vedi la scheda, pp. 140 s. - τὴν τοῦ Ἄϊδος κυνῆν: «l elmo di Ade». La forma Ἄϊδος è genitivo epico di Ἄϊδης, mentre κυνῆ (da κυνεή, aggettivo sostantivato femminile) doveva in origine riferirsi ad un elmo in pelle di cane (κύων), ma in Omero, Erodoto e altri, il termine già indica un elmo di qualsiasi materiale. Il motivo folklorico dell elmo che rende invisibili è ricordato una volta nell Iliade (V 844 s.), dove è Atena ad indossarlo per muovere contro Ares, ma vi si allude anche nello Scudo di Eracle, in Aristofane (Ach. 390) e Platone (Resp. X 612b); esso compare nella leggenda di Perseo contro la Gorgone Medusa, ricordata da Ferecide (il tema ricorre poi anche nella mitologia nordica, nella forma di elmo o berretto: Tarnkappe o Tarnhelm, o altrimenti Nebelkappe, «berretto di nebbia». Più recentemente il motivo è stato ripreso da J. K. Rowling, nella saga di Harry Potter, nella forma di un mantello che rende invisibili). - τοῦ Ἄϊδος: non c è dubbio che Ἄ ϊδης conservi qui qualcosa del significato originale di «invisibile» (Ἁϝίδης, con ἀ- privativo e radice ϝιδ che indica l azione del «vedere») che gli antichi, con falsa etimologia, gli attribuiscono. Comunque, l associazione di anello di Gige ed elmo di Ares è sicuramente desunta da Platone (passo sopra citato di Repubblica). - μακρὰ χαίρειν: è «dire χαῖρε con forza» (μακρά è accusativo neutro avverbiale, in un costrutto frequente del verbo χαίρω), cioè «dare un bel saluto», o in altre parole «mandare a quel paese». Il costrutto di ἐλπίζω con l infinito futuro (ὠφελήσειν) è usuale. ἐπεὶ δὲ ἤλγησεν ψηφοφορήσατε: «ma dopoché sentì il dolore e si ammalò e la sofferenza lo assalì, con più vera violenza, avendo visto il proprio corpo avere una filosofia contraria alla Stoa e ispirarsi a principi a lei opposti, si fidò più di lui che di quelli e si rese conto di essere un uomo e di avere un corpo di uomo e non continuò più a trattarlo come una statua, sapendo che colui che parli diversamente e accusi Ἡδονή, di parole si compiace, ma ha la mente altrove. Ho parlato; e voi votate su questa questione». - ἤλγησεν καὶ ἐνόσησεν: non costituiscono un hysteron-proteron, ma evidenziano che solo successivamente lo stato doloroso era sfociato in una accertata malattia. - ἀληθέστερος: è predicativo: ora il dolore assale «con più verità» delle affermazioni stoiche. - αὐτοῦ: il genitivo è retto da καθίκετο (καθικνέομαι). 142 processo contro il piacere

12 ἰδὼν τὸ σῶμα τὸ ἑαυτοῦ ἀντιφιλοσοφοῦν τῇ Στοᾷ καὶ τἀναντία δογματίζον, αὐτῷ μᾶλλον ἢ τούτοις ἐπίστευσεν καὶ ἔγνω ἄνθρωπος ὢν καὶ ἀνθρώπου σῶμα ἔχων, καὶ διετέλεσεν οὐχ ὡς ἀνδριάντι αὐτῷ χρώμενος, εἰδὼς ὅτι ὃς ἂν ἄλλως λέγῃ καὶ Ἡδονῆς κατηγορῇ, λόγοισι χαίρει, τὸν δὲ νοῦν ἐκεῖσ ἔχει. Εἴρηκα ὑμεῖς δ ἐπὶ τούτοις ψηφοφορήσατε. - δογματίζον: il verbo δογματίζω significa: «esprimo determinate idee filosofiche». - τἀναντία: crasi per τὰ ἐναντία, che regge normalmente il dativo, come il suo opposto, ταὐτά. - μᾶλλον ἢ τούτοις: «più che a costoro», cioè ai filosofi della Stoa (ci si aspetterebbe αὐτῇ, riferito appunto alla Stoa). - ἔγνω: aoristo di γιγνώσκω, che regge il participio predicativo del soggetto (ὤν e ἔχων), come peraltro il successivo διετέλησεν (che regge χρώμενος). - λόγοισι ἔχει: è una citazione dalle Fenicie di Euripide (v. 360: chi parla è Polinice): la massima cominciava nel verso precedente con ὅς δ ἄλλως λέγει, che è peraltro richiamato da ὃς ἂν ἄλλως λέγῃ, con l inserimento, naturale in una polemica epicurea, di καὶ Ἡδονῆς κατηγορῇ. La Stoa di Attalo, ad Atene. Il portico con colonne, che domina l Agorà, è stato restaurato ed è adibito a Museo. Aveva funzioni decorative e pratiche, poiché riparava dal sole e dalla pioggia i cittadini che si occupavano dell amministrazione o dei propri affari. Era stato eretto nel II secolo a.c. dal re Attalo di Pergamo, in segno di gratitudine per la cultura appresa ad Atene. In ognuna delle due gallerie sovrapposte si trovavano 21 magazzini fiancheggiati da colonne. luciano, la doppia accusa 143

13 LA VOCE DEGLI AUTORI Il mito di Eracle al bivio Nei Memorabilia, Senofonte propone un celebre mito, quello di «Eracle al bivio», desunto dal trattato Le stagioni (Ὧραι) del sofista Prodico di Ceo. Vi si racconta di un incontro che l eroe fece nel momento del passaggio dalla fanciullezza all età adulta: gli si presentarono due donne, l una di bell aspetto, di natura nobile, pudica nello sguardo e composta nell andatura; l altra imbellettata, con un portamento tale da sembrare più eretto del naturale, sfacciata nello sguardo e fiera delle forme che lasciava intravvedere. Le donne simboleggiano le due diverse scelte di vita: la prima è la strada della virtù, dura e difficile, ma che conduce alla gloria; l altra è quella del vizio, facile e carica di piaceri, ma destinata alla vergogna e alla perdizione. Eracle ascolta i discorsi delle due donne, in una schermaglia che ricorda da vicino l agone fra Discorso giusto e Discorso ingiusto nelle Nuvole di Aristofane, e alla fine sceglie per la strada più difficile, la via della virtù. SENOFONTE 1 Il discorso di Κακία Ὁρῶ σε, ὦ Ἡράκλεις, ἀποροῦντα ποίαν ὁδὸν ἐπὶ τὸν βίον τράπῃ. Ἐὰν οὖν ἐμὲ φίλην ποιήσῃ, ἐπὶ τὴν ἡδίστην τε καὶ ῥᾴστην ὁδὸν ἄξω σε, καὶ τῶν μὲν τερπνῶν οὐδενὸς ἄγευστος ἔσει, τῶν δὲ χαλεπῶν ἄπειρος διαβιώσῃ. Πρῶτον μὲν γὰρ οὐ πολέμων οὐδὲ πραγμάτων φροντιεῖς, ἀλλὰ σκοπούμενος διάξῃ τί ἂν κεχαρισμένον ἢ σιτίον ἢ ποτὸν εὕροις, ἢ τί ἂν ἰδὼν ἢ ἀκούσας τερφθείης ἢ τίνων ὀσφραινόμενος ἢ ἁπτόμενος, τίσι δὲ παιδικοῖς ὁμιλῶν μάλιστ ἂν εὐφρανθείης, καὶ πῶς ἂν μαλακώτατα καθεύδοις, καὶ πῶς ἂν ἀπονώτατα τούτων πάντων τυγχάνοις. Ἐὰν δέ ποτε γένηταί τις ὑποψία σπάνεως 144 processo contro il piacere

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