APOLLODORO E GLI EPITETI DI HERMES ΕΡΙΟΥΝΙΟΣ, ΣΩΚΟΣ E ΑΚΑΚΗΤΑ. NOTE AL TESTO DI CORNUTO, COMP E AP. SOPH. S.V. ΣΩΚΟΣ (148, BEKKER)

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1 Aevum Antiquum N.S.14 (2014), pp Andrea Filoni APOLLODORO E GLI EPITETI DI HERMES ΕΡΙΟΥΝΙΟΣ, ΣΩΚΟΣ E ΑΚΑΚΗΤΑ. NOTE AL TESTO DI CORNUTO, COMP E AP. SOPH. S.V. ΣΩΚΟΣ (148, BEKKER) Abstract: Apollodorus interpretation of Hermes epithets ἀκάκητα, σῶκος and ἐριούνιος, from his theological treatise Περὶ θεῶν, can be reconstructed comparing the most important (and chronological near) witnesses of the work, the Homeric lexicon by Apollonius the Sophist (I sec. AD?), Cornutus allegorical manual (I sec. AD) and the Homeric allegories by Eraclitus (I-II AD). Apollonius lexicon is fundamental, inasmuch its author is not interested in altering Apollodorus interpretations. According to this reconstruction, Apollodorus intented ἐριούνιος as the «helpful» (from ὀνίνημι), σῶκος as the «strong» (from the Attic verb σωκέω, «to have the strength») in this case Cornutus is useful to integrate Apollonius text ἀκάκητα as the «giver of no evil» (perfectly complementary of the Homeric epithet δώτωρ ἐάων, «giver of goods»). These epithets reflect the highly positive nature of the god, seen by Apollodorus as the «reason» (λόγος). F. 5 Bernabé from the poem Phoronis, quoted in Et.M. s.v. ἐριούνιος, probably is mediated through Apollodorus Περὶ θεῶν (Appendix). 1. Ricostruire il Περὶ θεῶν (d ora in poi ΠΘ) di Apollodoro di Atene, grandioso trattato in ventiquattro libri, in cui il grammatico cercava di scoprire, con l aiuto di Omero, l essenza delle divinità grandi e piccole del paganesimo 1, è un lavoro quanto mai ingrato: l opera, per quanto fosse autorevole, ci è giunta solo in modo indiretto e frammentario; i testimoni sono numerosi, ma per lo più viziati dalla cattiva abitudine, propria di questo genere filosoficoteologico, di reinterpretare continuamente la materia della fonte. 1 Gli studi sono sostanzialmente fermi all edizione con commento di Jacoby 1926 (commento dichiarato peraltro insufficiente dall editore stesso: «einen Kommentar in diesem Rahmen kann ich nicht geben; mit den Paar prinzipiellen Bemerkungen und Parallelstellen zu den Fragmenten... ist nichts getan» [Jacoby 1926, p. 753]). Fondamentale però la sua introduzione, che tuttavia pone più problemi di quanti ne risolva, come la natura dell opera, la concezione della divinità da parte di Apollodoro, i suoi rapporti con il platonismo, stoicismo e l insegnamento aristarcheo, nonché la (sfuggente) struttura dell opera: Jacoby 1926, pp Una delle poche certezze che abbiamo è che il mezzo fondamentale per recuperare l essenza di una divinità era la corretta etimologia del suo nome e dei suoi epiteti: l elemento caratterizzante del ΠΘ, che emerge continuamente nei suoi testimoni, sono proprio gli epiteti divini. Cf. Jacoby 1926, p. 757, che rimanda a Reinhardt 1910, p. 118: «ad veram deorum cognitionem non per fabulas patere aditum putabat sed per nominum cognominumque interpretationem».

2 68 ANDREA FILONI Il testimone che ha le caratteristiche di essere insieme ricco e abbastanza vicino nel tempo è senza dubbio il compendio teologico di L. Anneo Cornuto (ἐπιδρομὴ τῶν κατὰ τὴν Ἑλληνικὴν θεολογίαν παραδεδομένων) 2. La sua dipendenza dal ΠΘ però è difficile da provare nel dettaglio: il filosofo stoico, interessato niente più che a comporre una dispensa scolastica ma destinata dalla sorte ad avere un ruolo presso i posteri, antichi e moderni ha attinto sicuramente a più fonti, ma le ha contaminate o comunque rielaborate in modo tale che esse non sono più perfettamente riconoscibili 3. Come uscire da questa impasse? Una possibilità è confrontare testimoni meno ricchi, ma altrettanto vicini nel tempo e forse anche più affidabili, vuoi per indole cioè perché tendono meno a rielaborare la fonte vuoi perché la Quellenforschung in questi ultimi non è così difficoltosa come in Cornuto. Naturalmente tutto ciò non può prescindere da una lettura rigorosa dei testi 4. Quali sono questi testimoni? Tali a mio avviso sono il lessico omerico di Apollonio Sofista (I d.c.?) e le Questioni omeriche di Eraclito (I-II d.c.?) 5. In Apollonio l opera apollodorea sembra essere la fonte precipua per le interpre- 2 Sul filosofo, fondamentale Most 1989; vedi anche Ramelli 2003, pp. 7 ss.; Nesselrath 2009, pp. 3 ss. 3 Cf. Reinhardt 1910, p. 118: «apparet veram Apollodori imaginem non posse adumbrari ex Cornuto, qui licet ad fontium indagationem testis sit perutilis, Apollodori tamen disciplinam doctrinamque non deformavit tantum sed alienis quoque intermiscuit plurimis». Sul ruolo di Apollodoro è estremamente prudente anche Nock 1931, col. 1002, 33 ss.: «dass Apollodoros direkt oder indirekt von Kornutus benutzt wurde, ist sicher; wie weit diese Benutzung geht, können wir nicht sagen». Cornuto come testimone del ΠΘ è stato indicato per la prima volta da Münzel, che ha percorso l esegesi antica degli epiteti di Apollo (Münzel 1883, pp. 25 ss.); Cornuto è considerato testimone apollodoreo anche da Hefermehl e Reinhardt, che vi ricorrono ampiamente (Hefermehl 1905, pp. 16; 18, 20 ss., 36 ss.; Reinhardt 1910, pp. 26; 84 ss.; 91; 95; 118 ss.); Reinhardt 1910, pp. 26 ss. offre anche una serie di osservazioni sulla composizione del manuale cornuteo. Gli studi fin qui citati avevano il loro centro di interesse nel ΠΘ apollodoreo; dedicato al solo Cornuto è invece la dissertazione di Schmidt (Schmidt 1912). Questi rigetta l idea di Jahn e Reinhardt per i quali l opera che possediamo sarebbe una epitome di quella originale; al contrario, il manuale si troverebbe nella sua condizione originaria, ed è stilisticamente omogeneo, benché si rifaccia a più fonti: Schmidt 1912, pp. 28 ss.; questa tesi è ripresa da Berdozzo (Nesselrath 2009, pp. 17 ss.). Le fonti del compendio (cui Most dedica pochissimo spazio: cf. Most 1989, p. 2016) sono analizzate sistematicamente da Schmidt (Schmidt 1912, pp ); dalla sua analisi emerge che il ΠΘ è di gran lunga la sua fonte principale, anche se non unica. 4 Il progresso rispetto alla Quellenforschung del passato consiste in questo: Münzel, Hefermehl, Schmidt e Reinhardt (che, invero, era più attento degli altri alla dimensione autoriale del mediatore) si basavano sul mero confronto tra i testimoni: nel caso in cui un autore mostrasse somiglianza di materiale con testimoni apollodorei riconosciuti, anche lui poteva accedere a questo club privilegiato; poca attenzione in genere veniva riservata alla recezione ed eventuale deformazione della materia apollodorea nel singolo autore, e alle modalità di composizione/struttura dell opera del presunto testimone. 5 Un altro candidato antico sarebbe Strabone, che per i suoi Geographikà ha nel Commento al catalogo delle navi (Περὶ τοῦ νεῶν καταλόγου) di Apollodoro una fonte basilare, ma talora può aver utilizzato, senza però citarlo, il ΠΘ; Jacoby indica alcuni passi straboniani tra i frammenti del ΠΘ: cf.

3 APOLLODORO E GLI EPITETI DI HERMES ΕΡΙΟΥΝΙΟΣ, ΣΩΚΟΣ E ΑΚΑΚΗΤΑ 69 tazioni degli epiteti divini citati da Omero 6 ; Apollonio Sofista diversamente da Eraclito e Cornuto, più coinvolti dal punto di vista teologico-filosofico ha il pregio di essere un grammatico, dunque attento al fatto lessicografico, e di non aver interesse a rielaborare il materiale della fonte. Purtroppo il lessico di Apollonio ci è giunto in forma molto abbreviata; allo stesso tempo però è integrabile con gli scolii omerici D, il cui redattore sembra aver attinto a una redazione del lessico migliore della nostra 7. Dal canto suo Eraclito, autore di un discorso epidittico che vuole dimostrare la sapienza di Omero 8, tratta passi dei poemi seguendone la narrazione e tende a riportare interpretazioni di racconti, da fonti vuoi stoicheggianti vuoi razionalistiche 9. Apollodoro è esplicitamente citato e lodato 10 ; la materia di quest ultimo si distingue perché il grammatico vuole identificare l οὐσία delle divinità non interpretando allegoricamente i miti di cui esse sono protagoniste, bensì analizzando i loro nomi e soprattutto gli epiteti, che emergono in più punti dell operetta eraclitea 11. Eraclito, anche se non è un filosofo ma più probabilmente un retore 12, può aver rielaborato, anche solo per gusto o per maggiore efficacia comunicativa, la materia del ΠΘ. Occasionalmente 244 FGrHist 99b; 99f; 99p. L utilizzo di quest opera, onde arricchire la natura enciclopedica dei libri sulla Grecia (VIII-X), sembra però sporadico. 6 Che Apollonio sia una fonte importante per il ΠΘ apollodoreo, lo ha messo in evidenza Henrichs 1975, p. 28 n Cf. anche Schenk 1970, pp. 89 ss. (che pensa però a una a mio avviso improbabile mediazione scoliastica). Apollonio era stato chiamato in causa come testimone apollodoreo da Schmidt 1912, p. 52 (mediato però da Apione). Per una lista di luoghi, peraltro arricchibile, cf. Henrichs 1975, p. 28 n Apollonio comunque utilizza anche opere lessicografiche di Apollodoro: cf. Erbse 1960, pp. 428 ss. 7 In genere si è ritenuto il contrario, cioè che il lessico di Apollonio dipendesse dagli scolii omerici D (cf. Erbse 1960, pp. 412, 421; Haslam 1994, p. 1); il contrario è stato sostenuto, a mio avviso giustamente, da van der Valk 1963, pp. 205 ss. Il materiale del ΠΘ, presente in entrambi i testi, ne sarebbe un ulteriore indizio: chi avrebbe interesse a consultare un opera specialistica come il ΠΘ, un lessico dotto come quello di Apollonio o una raccolta scoliastica di natura popolare come quella D? 8 Ὁμηρικὰ προβλήματα εἰς ἃ Ὅμηρος ἠλληγόρησεν. Il testo è stato recentemente edito e dottamente introdotto e commentato da Filippomaria Pontani (cf. Pontani 2005). La datazione rimane incerta: cf. Pontani 2005, pp. 9 ss., che lo pone, con cautela, al principio del II sec. d.c. 9 Sulle fonti dirette e indirette di Eraclito, cf. Pontani 2005, pp. 23 ss. Manca però l indicazione di una fonte o più fonti che abbiano fornito a Eraclito le interpretazioni razionalistiche, o palefatee. 10 Herakl. 7, 1 = 244 FGrHist T Il paragrafo 7, dedicato agli epiteti di Apollon (e con citazione esplicita del grammatico), è accolto da Jacoby come 244 FGrHist 98. Vedi inoltre i parr. 31 (personalità di Ares: cf. Schmidt 1912, pp. 61 ss.; Jacoby 1926, p. 772 [ad 244 FGrHist 126]); 44 (epiteti di Helios: per cui cf. Münzel 1883, pp. 12 ss.; Hefermehl 1905, p. 14; contra Reinhardt 1910, pp. 24 ss. che lo attribuisce a Cratete); (epiteti e aspetti della personalità di Hermes: per cui cf. Hefermehl 1905, pp. 37 ss. [ἀργειφόντης]; Reinhardt 1910, p. 24; Schmidt 1912, pp. 51 ss.); 74 (i nomi dei fiumi dell Ade, accolto da Jacoby come 244 FGrHist 102e; cf. Reinhardt 1910, p. 24; Schmidt 1912, p. 75). Pontani si attiene alle attribuzioni di Jacoby: cf. Pontani 2005, pp. 23, 187 ss. (sul par. 7), 232 n. 214 (sul par. 74). 12 Cf. Pontani 2005, pp. 22 ss. Pontani 2005, pp. 12 ss. mostra molto bene la retoricità degli Ὁμηρικὰ προβλήματα eraclitei.

4 70 ANDREA FILONI sarà esaminato anche un lungo scolio D, accolto da Jacoby tra i frammenti apollodorei (244 FGrHist 353), probabilmente mediato da Porfirio, che attinge materia a più libri del ΠΘ 13. Campo dove sarà applicato questo metodo è un passo del manuale di Cornuto dedicato ad alcuni epiteti di Hermes, ἐριούνιος, σῶκος e ἀκάκητα (16.3); un confronto ragionato con Eraclito e Apollonio Sofista è in grado di mostrarci quanto c è di apollodoreo in Cornuto, le rielaborazioni di quest ultimo, e persino alcune deficienze del testo; lo stesso si può dire degli altri testimoni (la importante voce σῶκος di Apollonio Sofista). 2. Cominciamo leggendo il passo di Cornuto dedicato a questi epiteti (16.3) 14 : εἶτα ἐριούνιος ἐπονομάζεται ἀπὸ τοῦ μεγαλωφελής τις εἶναι καὶ καθ ὑπερβολὴν ὀνεῖν 15 τοὺς χρωμένους αὐτῷ καὶ σῶκος ὡσὰν σωτὴρ τῶν οἴκων ὑπάρχων {ἢ ὥς τινες ἰσχυρός}. καὶ τὸ ἀκάκητα δὲ αὐτὸν λέγεσθαι τοσούτου τινὸς σημεῖόν ἐστι οὐ γὰρ πρὸς τὸ κακοῦν καὶ βλάπτεσθαι, ἀλλὰ πρὸς τὸ σῴζειν μᾶλλον γέγονεν ὁ λόγος. Hermes è chiamato ἐριούνιος perché è assai utile (μεγαλωφελής) e giova in modo particolare a quelli che ricorrono a lui (καθ ὑπερβολὴν ὀνεῖν τοὺς χρωμένους αὐτῷ); σῶκος perché il dio è salvatore delle case (σωτὴρ τῶν οἴκων ὑπάρχων) o perché secondo alcuni questa spiegazione è espunta da Lang egli sarebbe «forte» ({ἢ ὥς τινες ἰσχυρός}); ἀκάκητα perché il dio, da identificarsi con la parola-ragione (il λόγος), non danneggia, bensì salva (οὐ γὰρ πρὸς τὸ κακοῦν καὶ βλάπτεσθαι, ἀλλὰ πρὸς τὸ σῴζειν μᾶλλον γέγονεν ὁ λόγος). 3. Passiamo ai testimoni paralleli; cominciamo da Eraclito ( ): ἐριούνιον δὲ καὶ σῶκον ἔτι δ ἀκάκητα λόγων ἐμφρόνων τὸ τελειότατόν ἐστι μαρτύριον ἐκτὸς δὲ γὰρ κακίας ὁ λογισμὸς ᾤκισται, σῴζει δὲ πάντα τὸν χρώμενον αὐτῷ καὶ μέγα ὠφέλησεν. L allegorista cita gli epiteti ἐριούνιος, σῶκος e ἀκάκητα, dicendo che sono 13 Cf. Reinhardt 1910, pp. 84 ss. 14 Il testo è citato, a parte un luogo, secondo l edizione di Lang, l editore Teubner del manualetto cornuteo (Lang 1881); i commenti esistenti all opera (Ramelli 2003; Nesselrath 2009) dipendono tutti da questa edizione. Kraft 1975 ha rivisto in maniera profonda la tradizione manoscritta; per la Teubner è annunciata una nuova edizione da parte di Glenn Most; vedi però anche Nesselrath 2009, p La lezione è in realtà da discutere: cf. 5.

5 APOLLODORO E GLI EPITETI DI HERMES ΕΡΙΟΥΝΙΟΣ, ΣΩΚΟΣ E ΑΚΑΚΗΤΑ 71 la prova più grande del fatto che Hermes si identifichi con il saggio ragionamento (λόγων ἐμφρόνων) 16 ; spiegati in ordine inverso, ἀκάκητα significa che «il ragionamento risiede lontano dalla malizia» (ἐκτὸς δὲ γὰρ κακίας ὁ λογισμὸς ᾤκισται), σῶκος che il ragionamento «salva tutti quelli che vi fanno ricorso» (σῴζει δὲ πάντα τὸν χρώμενον αὐτῷ), ἐριούνιος che esso «giova assai» (μέγα ὠφέλησεν). Nel complesso Eraclito conferma quanto ci dice già Cornuto: l etimo di ἀκάκητα la assenza di male (Heracl. ἐκτὸς κακίας ~ Cornuto: οὐ γὰρ πρὸς τὸ κακοῦν καὶ βλάπτειν), quello di ἐριούνιος l idea di giovare (Heracl. ὠφέλησεν ~ Cornuto: μεγαλωφελής). Il caso di σῶκος è più complesso: l etimo da σῴζειν, chiaro in Eraclito e in sé prevedibile non trova una precisa corrispondenza in Cornuto, che conosce altre spiegazioni (σωτὴρ τῶν οἴκων; ἰσχυρός): la prima reca la radice di salvare, ma è aggiunta la presenza di case, che mancano in Eraclito; la seconda non sembra avere rapporti diretti con salvare. Questa idea, in Cornuto, è semmai attribuita anche ad ἀκάκητα (πρὸς τὸ σῴζειν) cosa che a sua volta non trova corrispondenza altrove. È possibile che ci troviamo di fronte alle solite rielaborazioni della materia da parte del filosofo stoico: infatti, in linea molto generale, Eraclito dovrebbe essere più attendibile di Cornuto; a questi dilemmi potremo rispondere solo leggendo un testimone ulteriore, Apollonio Sofista. In ogni caso, Cornuto ed Eraclito concordano su un fatto fondamentale, cioè che il dio sia da identificarsi con il λόγος (Heracl.: λόγων ἐμφρόνων ~ Cornuto: πρὸς τὸ σῴζειν μᾶλλον γέγονεν ὁ λόγος), visto soprattutto come ragionamento (Heracl.: λογισμός). 4. Andiamo ora ad Apollonio Sofista. Come è stato anticipato sopra (cf. 1), la testimonianza del lessico apolloniano può essere rafforzata dagli scolii omerici D; nel caso di ἀκάκητα, si aggiunge una lunga e dotta nota a Hom. E 422 contenente materiale apollodoreo, accettata da Jacoby tra i frammenti del grammatico (FGrHist 244 F 353) Cominciamo con ἀκάκητα: Ap. Soph. s.v. ἀκάκητα (20, 1-2 Bekker):...λέγεται δὲ οὕτως ὁ Ἑρμῆς ὁ μηδενὸς κακοῦ περιποιητικός. Sch. Hom. D, Π 185: Ἑρμείας ἀκάκητα: ὁ μὴ δυνάμενος κακωθῆναι ὑπὸ ἑτέρου, μήτε δὲ κακῶσαι ἄλλον διὰ τὴν οἰκείαν ἀρετήν, ὅθεν καὶ δωτὴρ ἐάων (cf. δῶτορ ἐάων, θ 335), ὅ ἐστιν ἀγαθῶν. 16 Vedi poco sopra (72, 4): Ἑρμῆς... τουτέστιν ὁ ἔμφρων λόγος.

6 72 ANDREA FILONI Sch. Hom. D, Ε 422 (244 FGrHist 353): οὐδ ὡς Ἐρατοσθένης (fr. 3 Powell) παρήκουσεν Ὁμήρου εἰπόντος Ἑρμείας ἀκάκητα (Π 185; ω 10) ὅτι ἀπὸ Ἀκακησίου ὄρους, ἀλλὰ μηδενὸς κακοῦ μεταδοτικὸς ἐπεὶ καὶ δωτὴρ ἐάων (cf. δῶτορ ἐάων, θ 335). Apollonio conferma la assenza di negatività propria di Hermes: il dio sarebbe «produttore di nessun male» (μηδενὸς κακοῦ περιποιητικός); lo scolio D a Π 185 è più preciso: questa assenza di male è passiva e attiva, perché Hermes non può né essere danneggiato (ὁ μὴ δυνάμενος κακωθῆναι ὑπὸ ἑτέρου), né, per virtù propria, danneggiare (μήτε δὲ κακῶσαι ἄλλον διὰ τὴν οἰκείαν ἀρετήν). Non è certo che sia apollodoreo il primo concetto; sicuramente il secondo, dal momento che lo leggiamo anche in Eraclito, Cornuto e Apollonio. Lo scolio D chiama in causa anche un secondo epiteto omerico di Hermes, cioè «datore di beni» (δώτωρ ἐάων), deformato in δωτὴρ ἐάων; il nesso è consequenziale (ὅθεν καὶ δωτὴρ ἐάων, ὅ ἐστιν ἀγαθῶν): Hermes non produce male, perciò è anche datore di beni; i due epiteti sono sentiti come complementari 17. La loro complementarietà, così come l origine apollodorea dell interpretazione, è confermata dal fr. 353: anche qui il dio viene detto «distributore di nessun male» (μηδενὸς κακοῦ μεταδοτικὸς), e anche qui vi è un nesso stringente con l omerico δώτωρ ἐάων (anche qui deformato in δωτήρ: ἐπεὶ καὶ δωτὴρ ἐάων ) 18 ; e sappiamo come gli epiteti del Poeta sono fondamentali nella economia del ΠΘ 19. Se questo è vero, e se lo scolio D dipende da Apollonio, che gli media la materia del ΠΘ, ciò significa che il lessico apolloniano, in una versione più ampia della voce, doveva citare anche il rapporto di ἀκάκητα con δώτωρ ἐάων. Il fr. 353, inoltre, ci conserva un ulteriore frustulo della trattazione apollodorea: veniva citata ma anche contestata l interpretazione di Eratostene (dunque un autore post-omerico, un νεώτερος), secondo il quale l epiteto, di natura geografica, era derivato dal monte arcadico Acachesio (οὐδ ὡς Ἐρατοσθένης... ὅτι ἀπὸ Ἀκακησίου ὄρους) 20. Di questa interpretazione 17 Evidentemente agisce una concezione della divinità per cui essa non può essere inattiva: se non fa del male, può fare solo del bene. 18 Il rapporto tra i due è invertito: nello scolio D, Hermes è ἀκάκητα, motivo per cui (ὅθεν) è anche δώτωρ ἐάων; nel fr. 353 invece a essere presupposto è il fatto che sia «datore di beni» (ἐπεὶ καὶ δωτὴρ ἐάων ). La differenza è trascurabile poiché risiede nella esposizione, e questa materia è facilmente soggetta a riscritture. 19 Cf. nota L uso per lo più sfavorevole dei νεώτεροι è tipico di Aristarco e della sua scuola (cf. Severyns 1928, pp. 31 ss.), e quindi anche di Apollodoro; esso svolge un ruolo anche al tempo del ΠΘ, nella interpretazione degli epiteti divini, come è testimoniato dall importante fr. 353 (cf. 244 FGrHist 353): οὐ γὰρ πειθόμεθα τοῖς νεωτέροις... οὐδέποτε Παφίην εἶπε τὴν Ἀφροδίτην ὁ Ὅμηρος, ὡς οἱ νεώτεροι. Quando non è citato il termine tecnico, viene ricordato il difetto principale dei poeti recenziori, ben

7 APOLLODORO E GLI EPITETI DI HERMES ΕΡΙΟΥΝΙΟΣ, ΣΩΚΟΣ E ΑΚΑΚΗΤΑ 73 non c è traccia nello scolio D, e dunque non è certo che Apollonio la avesse citata anche se conosce quelle di alcuni, anonimi νεώτεροι (cf. 4.2). Riassumendo: la spiegazione apolloniana dell epiteto, ὁ μηδενὸς κακοῦ περιποιητικός, non solo è vicina, per senso, a quelle di Cornuto ed Eraclito, e quindi avrebbe il titolo per essere considerata apollodorea; ma è confermata, quasi nella lettera, da un frammento apollodoreo (Ap. Soph.: ὁ μηδενὸς κακοῦ περιποιητικός ~ fr. 353: μηδενὸς κακοῦ μεταδοτικὸς); questo sottolinea l importanza di Apollonio come testimone del ΠΘ. Su questo punto, lo scolio D ha innovato (è aggiunta una interpretazione passiva dell epiteto: ὁ μὴ δυνάμενος κακωθῆναι ὑπὸ ἑτέρου); ma queste riscritture non stupiscono affatto, a nessuna altezza temporale. Lo scolio D, poi, cita l epiteto complementare ad ἀκάκητα, cioè δώτωρ ἐάων: che questo non sia un capriccio di uno scoliasta, è confermato dalla sua presenza nel fr. 353, e dal fatto che, in quanto epiteto omerico, δώτωρ ἐάων aveva tutto il diritto, nell economia del ΠΘ, a contribuire a determinare la personalità di Hermes. Come si è detto sopra, se questo epiteto è presente nello scolio D, debitore di Apollonio ma assente nel lessico in nostro possesso esso sarà da integrare nella voce apolloniana: λέγεται δὲ οὕτως ὁ Ἑρμῆς ὁ μηδενὸς κακοῦ περιποιητικός. < ὅθεν καὶ δώτωρ ἐάων, ὅ ἐστιν ἀγαθῶν.> Sulla scorta di questa ricostruzione, possiamo tornare a Cornuto: ricordiamolo, lo stoico presenta non solo una spiegazione negativa, che trova conferma negli altri testimoni apollodorei (οὐ γὰρ πρὸς τὸ κακοῦν καὶ βλάπτεσθαι), ma anche una positiva, «per il salvare» (πρὸς τὸ σῴζειν), che sarebbe poco compatibile con la struttura dell epiteto, che recherebbe un alpha privativo, e non è supportata altrove. È possibile che Cornuto si sia ispirato alle interpretazioni di altri epiteti, in particolare σῶκος, che recano, tra le spiegazioni possibili, quella da salvare (cf. 5; 6) Passiamo a ἐριούνιος: Ap. Soph. s.v. ἐριούνιος (76, Bekker): ἐπίθετον Ἑρμοῦ, ὁ μεγάλως ὀνίσκων, τουτέστιν ὠφελῶν. οἱ δὲ νεώτεροι τοῦ χθονίου, παρὰ τὴν ἔραν. Sch. in Hom. Υ 34 van Thiel (D): ἐριούνης: μεγάλην ὄνησιν παρέχων, μεγαλωφελής ZYQXG i. Sch. in Hom. Ω 360 van Thiel (D): ἐριούνιος: μεγαλωφελής ZQ. descritto da Severyns, cioè malinterpretare Omero: τὸ δὲ πλανῆσαν τὸν Ἡσίοδον καὶ τοὺς ἄλλους ἐστὶ κτλ....οὐδ ὡς Ἑρατοσθένης (fr. 3 Powell) παρήκουσεν Ὁμήρου εἰπόντος κτλ.

8 74 ANDREA FILONI Qui la situazione è molto più semplice: già Eraclito era in accordo con Cornuto nello spiegare l epiteto con l idea di giovare (Heracl.: μέγα ὠφέλησεν; Corn.: ἐριούνιος ἐπονομάζεται ἀπὸ τοῦ μεγαλωφελής τις εἶναι); ciò è confermato sia da Apollonio (ὁ μεγάλως ὀνίσκων, τουτέστιν ὠφελῶν) sia dagli scolii D (μεγάλην ὄνησιν παρέχων, μεγαλωφελής). L autore del lessico omerico aggiunge un particolare importante: secondo alcuni νεώτεροι questa volta rimasti anonimi esso derivava da ἔρα, terra (παρὰ τὴν ἔραν) e perciò significava ctonio (οἱ δὲ νεώτεροι τοῦ χθονίου). In questo caso possiamo aggiungere la testimonianza degli scolii iliadici esegetici occasionalmente veicoli di materiale del ΠΘ secondo i quali questi non meglio identificati νεώτεροι potrebbero essere dei tragici: Sch. in Hom. Υ 34c Erbse (ex.): <ἐριούνης:> ὁ ἐρευνητικὸς λόγος γάρ ἐστιν. ἢ ὁ μέγιστα ὠφελῶν, πλεονάζοντος τοῦ Υ. οἱ δὲ τραγικοὶ τὸν καταχθόνιον (fr. ad. 588 N 2 ) bt. Dal momento che lo scolio riporta materiale apollodoreo (ἐριούνιος è interpretato come ὁ μέγιστα ὠφελῶν), è possibile che il τραγικοί dello scolio precisi il νεώτεροι di Apollonio. Una possibilità è che il tragico in questione sia Eschilo, forse attraverso la mediazione di una celebre scena aristofanesca Veniamo ora a σῶκος, che ho lasciato per ultimo, perché la voce apolloniana dedicata all epiteto è più ampia e complessa delle precedenti; prima ancora che aiuti a chiarire cosa può essere successo in Cornuto, abbisogna essa stessa di chiarimenti, anche testuali. Innanzitutto rimangono tracce della successione di più fonti (da Apione al ΠΘ apollodoreo); poi, come vedremo, l autore del lessico sceglie e dispone il materiale delle fonti anche attingendo a epiteti diversi da quello titolare della voce in modo da favorire una certa interpretazione. Leggiamo (Ap. Soph. s.v. σῶκος, 148, Bekker): σῶκος: ἐπίθετον Ἑρμοῦ. καὶ ὁ μὲν Ἀπίων ἀποδίδωσι σῶκος σωσίοικος, ἔνιοι δὲ σόωκος ὁ ὠκέως σοούμενος. βέλτιον δὲ τὸ πρότερον ὅθεν ἐριούνιος ὁ μεγάλως ὀνίσκων, τουτέστιν ὠφελῶν, οὐχ ὡς οἱ νεώτεροι χθόνιος, παρὰ 21 Come è noto, l incipit delle Coefore è perduto, se non fosse per alcune fortunate citazioni, provenienti per lo più dall agone delle Rane. Qui, alle accuse di Euripide sulla ambigua espressione eschilea «Hermes ctonio, tu che vegli i poteri paterni» (Aesch. Coeph. 1 = Aristoph. Ran. 1126: Ἑρμῆ χθόνιε, πατρῷ ἐποπτεύων κράτη su cui vedi Dover 1993, ad v. 1126), l Eschilo aristofanesco si difende dicendo che Oreste ha chiamato ctonio l Hermes ἐριούνιος (Ran : ἀλλὰ τὸν ἐριούνιον Ἑρμῆν χθόνιον προσεῖπε). È possibile che Apollodoro o qualcuno prima di lui, di cui il grammatico registra l opinione abbia ricavato l equivalenza ἐριούνιος = χθόνιος o dall agone aristofanesco, o da parti che non possediamo dello stesso prologo eschileo. Per una interpretazione moderna dell epiteto, cf. Langella 2013.

9 APOLLODORO E GLI EPITETI DI HERMES ΕΡΙΟΥΝΙΟΣ, ΣΩΚΟΣ E ΑΚΑΚΗΤΑ 75 τὴν ἔραν. λέγεται γὰρ δι ἄλλων κρατὺς ἀργειφόντης διὰ τὴν ἰσχὺν τὴν ἐν τῷ ἀπαγγέλλειν. σῶκος οὖν συνωνύμως τῷ κρατύς. καὶ Σοφοκλῆς εἰσάγει τὴν Ἠλέκτραν λέγουσαν μούνη γὰρ ἄγειν οὐκέτι σωκῶ λύπης ἀντίρροθον ἄχθος ἀντὶ τοῦ οὐκέτι ἰσχύω. Dopo la definizione (ἐπίθετον Ἑρμοῦ) è citato Apione (fr. 133 Neitzel), che è una delle fonti dirette e più importanti del lessico, e avoca a sé almeno la prima spiegazione: σῶκος come «salvatore delle case» (σῶκος σωσίοικος); non è certo se anche la spiegazione successiva (σῶκος come «colui che salva velocemente» ἔνιοι δὲ σόωκος ὁ ὠκέως σοούμενος) sia mediata da Apione. A questo punto Apollonio prende posizione in favore della prima delle due interpretazioni (βέλτιον δὲ τὸ πρότερον); a quanto sembra, σωσίοικος di Apione. Infatti con essa sarebbero coerenti altri epiteti di Hermes: prima ἐριούνιος, la cui spiegazione ripete quella che abbiamo letto nella voce ad esso dedicata (citazione dei νεώτεροι inclusa: ἐριούνιος ὁ μεγάλως ὀνίσκων, τουτέστιν ὠφελῶν, οὐχ ὡς οἱ νεώτεροι χθόνιος, παρὰ τὴν ἔραν); poi κρατύς e ἀργειφόντης, per cui Hermes sarebbe detto «forte» (κρατύς) «per la sua forza nel riferire/esprimere» (διὰ τὴν ἰσχὺν τὴν ἐν τῷ ἀπαγγέλλειν). Non c è dubbio che l epiteto κρατύς sia interpretato come «forte»; ce lo dicono sia la voce di Apollonio ad esso dedicata sia gli scolii omerici D che la trattano: Ap. Soph. s.v. κρατύς (103, 29 Bekker): κραταιός. λέγει δὲ ἐπὶ τοῦ Ἑρμοῦ. Sch. in Hom. Π 181 van Thiel (D): κρατύς: κρατερός, ἰσχυρός ZYQSU. Sch. in Hom. Ω 345 van Thiel (D): κρατύς: ἰσχυρός ZQ. L epiteto però non può essere esaminato separatamente da ἀργειφόντης, perché il primo, in Omero, compare sempre in coppia con il secondo: Hom. Π 181; Ω 345; ε 49, 148 (κρατὺς ἀργειφόντης). Non è chiaro come Apollodoro lo abbia spiegato, perché la voce apolloniana cita in successione diverse interpretazioni; Eraclito però cita il rifiuto di quella esiodea dunque di un νεώτερος che faceva derivare dal fatto che Hermes aveva ucciso Argo, il custode di Io (72: ἀργειφόντην τε γὰρ ὀνομάζει ὁ Ὅμηρος τὸν θεόν, οὐ μά Δί, οὐχὶ τοὺς Ἡσιοδείους μύθους ἐπιστάμενος, ὅτι τὸν βουκόλον Ἰοῦς ἐφόνευσεν) e questo è confermato da Macrobio, veicolo del fr. 353 (Sat. I 19, 12: Argiphontes cognominatur non quod Argum peremerit), da uno scolio iliadico esegetico, occasionale veicolo della materia del ΠΘ (Sch. in Hom. B 103 [bt]: τὸν γὰρ Ἰοῦς ἔρωτα οὐκ οἴδεν ὁ ποιητής, πέπλασται δὲ τοῖς νεωτέροις τὰ περὶ τὸν Ἄργον notare l occorrenza del termine νεώτεροι) e anche da Apollonio, anche se questa spiegazione è stata appiattita sulle altre (ma ciò, come al solito, può essere dovuto all ab-

10 76 ANDREA FILONI breviazione che il lessico ha subito: ἢ διὰ τὸ Ἄργον φονεῦσαι τὸν ἀπὸ τῆς βεβοημένης Ἰοῦς φύλακα). Ma quale spiegazione positiva veniva data all epiteto? Eraclito dice «perché caratteristica unica di ogni discorso è mostrare chiaramente il pensiero» (72: ἐπειδὴ μία παντὸς λόγου φύσις ἐκφαίνειν ἐναργῶς τὸ νοούμενον) e questo è parzialmente confermato da Cornuto, che ricama sulla base dei significati dell aggettivo omerico ἀργός: il dio è detto ἀργειφόντης «perché mostra tutto chiaramente (infatti gli antichi chiamavano argon il bianco )» (ἀπὸ τοῦ λευκῶς πάντα φαίνειν καὶ σαφηνίζειν τὸ γὰρ λευκὸν ἀργὸν ἐκάλουν οἱ παλαιοί) o «dalla velocità del suono (infatti argon può significare veloce )» (ἢ ἀπὸ τῆς κατὰ τὴν φωνὴν ταχύτητος καὶ γὰρ τὸ ταχὺ ἀργὸν λέγεται); è chiaro che alla base c'è l esame della dizione omerica, dunque, che è il lavoro interpretativo apollodoreo (cui Cornuto può aver aggiunto del suo). È curioso che in questo caso gli altri testimoni apollodorei divergano: Apollonio spiega l epiteto come «puro da omicidio» (ὁ ἀργὸς φόνου καὶ καθαρός cui legherei volentieri εἰρηνικὸς γὰρ ὁ θεός, posto poco più avanti; cf. Sch. in Hom. D, Π 181 van Thiel: ἀργειφόντης δὲ ὁ Ἑρμῆς ὁ ἁγνὸς καὶ ἀργὸς καὶ καθαρὸς φόνου εἰρηνικὸς γὰρ ὁ θεός; Hom. B 103), che trova una conferma importante nello stesso scolio esegetico citato prima (Sch. in Hom. B 103 [bt]: ἀργειφόντῃ: ἀργῷ φόνου; seguono alcuni luoghi omerici che lo garantirebbero, e l epiteto δώτωρ ἐάων, che sappiamo essere stato considerato da Apollodoro: cf. 4.1). È possibile che il grammatico offrisse più interpretazioni lecite: la prima, quella di Eraclito e Cornuto, legata a Hermes in quanto λόγος, la seconda alla natura del dio pacifica e benevola (vedi ἀκάκητα), anche questa da ricondurre, in ultima analisi, alla ragione. La voce apolloniana dedicata ad ἀργειφόντης, tanto per chiudere la trattazione di quest ultimo, sembra una congerie di fonti diverse, in cui il materiale apollodoreo c è indicato in sottolineatura ma mescolato e presentato alla pari con interpretazioni di altra provenienza (p. 42, Bekker): ἀργειφόντης: ὁ ἀργὸς φόνου καὶ καθαρός. ἔνιοι δὲ τὸν ἀργὸν φόνον, ἢ καταργοῦντα τοῦς φόνους εἰρηνικὸς γὰρ ὁ θεός. ἢ διὰ τὸ Ἄργον φονεῦσαι τὸν ἀπὸ τῆς βεβοημένης Ἰοῦς φύλακα. ἔνιοι δὲ ὁ ἐν Ἄργει πρῶτον πεφηνώς. Torniamo a κρατύς: se è vero che in Omero compare sempre in unione con ἀργειφόντης, la forza espressa dal primo epiteto andrebbe a rafforzare ciò che è espresso nel secondo. Attenendosi alle parole stesse del lessico apolloniano (διὰ τὴν ἰσχὺν ἐν τῷ ἀπαγγέλλειν), non può essere che «il riferire/esprimere», dunque ricollegandosi all interpretazione citata da Eraclito e Cornuto, più che a quella sopravvissuta nella voce ἀργειφόντης: Apollonio conosceva e citava nella v. σῶκος anche la prima interpretazione apollodorea.

11 APOLLODORO E GLI EPITETI DI HERMES ΕΡΙΟΥΝΙΟΣ, ΣΩΚΟΣ E ΑΚΑΚΗΤΑ 77 Apollonio conclude dicendo che l epiteto trattato, σῶκος, è sinonimo di κρατύς (σῶκος οὖν συνωνύμως τῷ κρατύς). Segue una citazione, dall Elettra di Sofocle (vv ), che senza dubbio garantisce il nesso tra σῶκος e l idea di forza : σωκέω ha il valore di ἰσχύω (οὐκέτι σωκῶ... ἀντὶ τοῦ οὐκέτι ἰσχύω). Ricordiamoci dell operazione condotta nella voce apolloniana fino a questo punto: l interpretazione corretta era quella di Apione (cioè «salvatore delle case», σωσίοικος) ed essa trovava supporto in altri epiteti del dio. Peccato che tutto ciò non sia molto visibile ai lettori moderni: l idea dominante è quella di forza, che emerge in alcuni degli epiteti chiamati in causa (κρατύς, che significa «forte» e σῶκος, spiegato rimandando all attico σωκέω, parafrasato con ἰσχύω), ma non nell altro (ἐριούνιος, «colui che molto giova»); ma sfugge in che modo l idea di forza sorregga l apioneo salvatore delle case. Una lettura attenta di questa voce fa sospettare che i casi paralleli invocati da Apollonio non vogliano sostenere l interpretazione apionea, ma un altra, andata perduta. A questo punto possiamo introdurre lo scolio D che vuole spiegare σῶκος il redattore del quale, bisogna sempre ricordare, ha consultato il lessico apolloniano in una redazione migliore della nostra: Sch. in Hom. Υ 72 van Thiel (D): σῶκος: ἤτοι ἰσχυρός σώκειν (lege σωκεῖν) γὰρ τὸ ἰσχύειν. σοούμενος ὠκέως, τουτέστιν ὁρμῶν ταχέως. ἄγγελος γὰρ ὁ θεός ZQXAI m G. In questo scolio innanzitutto è meglio chiarita l equivalenza di σῶκος con κρατύς, affermata da Apollonio (σῶκος οὖν συνωνύμως τῷ κρατύς): l epiteto è parafrasato con «forte» (σῶκος: ἤτοι ἰσχυρός); la citazione sofoclea evidentemente è andata perduta; anche qui ricorre σωκεῖν, inteso come ἰσχύειν. Inoltre la seconda spiegazione apolloniana, cioè «colui che salva velocemente» (σοούμενος ὠκέως) è seguita dalla parafrasi «balzando velocemente» (ὁρμῶν ταχέως) e possiede una coda che non leggiamo in Apollonio: Hermes salva velocemente «perché il dio è messaggero» (ἄγγελος γὰρ ὁ θεός). Questo complicherebbe le cose, perché σοούμενος è legato all idea di salvare, mentre parafrasi (ὁρμῶν) e spiegazione (il dio è messaggero) andrebbero in altra direzione. Il problema è forse chiarito da un ulteriore testimone, il lessico di Orione (142, 7-9 Sturz): σῶκος: ἐπίθετον Ἑρμοῦ. ἤτοι ὁ ἰσχυρός. σωκεῖν ἀντὶ τοῦ ἰσχύειν. ἢ σάοικος, ἢ ὁ ὠκέως σευόμενος ἢ ὁρμῶν ἄγγελος γάρ. In questa voce penso che sia tutto più chiaro. Innanzitutto le interpretazioni in gioco sono tre: una è «forte» (ἰσχυρός), che abbiamo già letto nello scolio D; una seconda è «salvatore delle case», cioè l interpretazione apionea (qui

12 78 ANDREA FILONI σάοικος, in Apollonio σωσίοικος: la variazione è molto facile); la terza è quella che rimanda al ruolo di messaggero di Hermes (ἄγγελος γάρ), glossando l epiteto con «colui che balza velocemente» (ὁ ὠκέως... ὁρμῶν) come nello scolio D, ma soprattutto riportando la lezione σευόμενος: «colui che vibra velocemente» (ὁ ὠκέως σευόμενος). Ora credo che la spiegazione appaia più sensata e coerente: Hermes viene chiamato σῶκος, perché questo significa «colui che vibra o balza velocemente» (ὁ ὠκέως σευόμενος ἢ ὁρμῶν); il dio lo fa in quanto messaggero dunque l idea di salvare, una interpretazione facilior stimolata dal σω- iniziale, è fuori luogo. Ora, dal momento che lo scolio D cita sia l interpretamentum ὁρμῶν sia il ruolo di messaggero del dio, la lezione dell Et. Orionis sembra valere anche per esso. Non solo: dal momento che lo scolio D dipende da Apollonio, ciò significa che la correzione stimolata dall Et. Orionis deve risalire fino ad Apollonio 22. Non solo: per lo stesso motivo, devono essere integrate nel lessico apolloniano anche la parafrasi (ὁρμῶν ταχέως) e la spiegazione (ἄγγελος γὰρ ὁ θεός) attestati dallo scolio D. Schematizziamo: Ap. Soph. s.v. σῶκος > Sch. Hom. D > Et. Orionis ὁ ὠκέως σευόμενος σευόμενος (codd. ἢ ὁ ὠκέως (cod. σοούμενος) σοούμενος) ὠκέως, σευόμενος < ὁρμῶν ταχέως. ὁρμῶν ταχέως. ἢ ὁρμῶν. ἄγγελος γὰρ ὁ θεός.> ἄγγελος γὰρ ὁ θεός. ἄγγελος γὰρ. Inoltre, la voce del lessico di Orione conferma quanto sappiamo dallo scolio D, cioè che l etimo di σῶκος dall attico σωκεῖν è da legarsi alla interpretazione «forte» (ἰσχυρός) e non certo all apioneo «salvatore delle case». Ciò ha conseguenze importanti anche per Apollonio: se questi cita σωκεῖν che negli altri testimoni aiuta a spiegare σῶκος come ἰσχυρός allora dobbiamo integrare quest ultimo interpretamentum in Apollonio. Mostriamo il parallelismo: Ap. Soph. s.v. σῶκος Sch. Hom. D Et. Orionis ἤτοι ἰσχυρός ὁ ἰσχυρός. σῶκος οὖν συνωνύμως τῷ κρατύς. καὶ Σοφοκλῆς εἰσάγει τὴν Ἠλέκτραν λέγουσαν μούνη γὰρ ἄγειν οὐκέτι σωκῶ λύπης ἀντίρροθον ἄχθος ἀντὶ σώκειν γὰρ τὸ σωκεῖν ἀντὶ τοῦ τοῦ οὐκέτι ἰσχύω. ἰσχύειν. ἰσχύειν. 22 Ciò naturalmente non vuol dire che l Et. Orionis dipenda dallo scolio D: il materiale, in ultima analisi, deriva da Apollonio, ma rappresenta un canale diverso rispetto a quello che porta allo scolio D o almeno a quello che è giunto a noi.

13 APOLLODORO E GLI EPITETI DI HERMES ΕΡΙΟΥΝΙΟΣ, ΣΩΚΟΣ E ΑΚΑΚΗΤΑ 79 Ipotizzare, nel testo di Apollonio la presenza della interpretazione ἰσχυρός, può spiegare, molto meglio del testo attuale, sia l insistenza del grammatico sul concetto di forza, evidente nel parallelo con κρατύς (σῶκος οὖν συνωνύμως τῷ κρατύς... διὰ τὴν ἰσχὺν ἐν τῷ ἀπαγγέλλειν), sia la citazione sofoclea che, garantendo l esistenza di σωκέω, permette di interpretare σῶκος come ἰσχυρός 23. Se dobbiamo integrare ἰσχυρός nella voce σῶκος, in quale punto dovrà avvenire? Bisogna aggiungere una potenziale obiezione: Apollonio, per indicare la sua preferenza per una lezione rispetto all altra stante il testo tràdito, il σωσίοικος di Apione contro σόωκος ὁ ὠκέως σοούμενος di altri utilizza un pronome duale: «è migliore la prima delle due» (βέλτιον δὲ τὸ πρότερον); questo pronome sembra impedire l inserimento di una terza interpretazione; a mio avviso i due problemi vanno risolti insieme. Innanzitutto vanno messi da parte i casi paralleli aggiunti da Apollonio, cioè ἐριούνιος (ὅθεν... ἔραν) e κρατύς (λέγεται... τῷ κρατύς), con i nessi da lui introdotti (ὅθεν... λέγεται γὰρ δι ἄλλων... σῶκος οὖν συνωνύμως τῷ κρατύς); poi bisogna togliere la parte apionea (καὶ ὁ μὲν Ἀπίων ἀποδίδωσι σῶκος σωσίοικος); quello che rimane è la materia seguente: ἐπίθετον Ἑρμοῦ... ἔνιοι δὲ σόωκος ὁ ὠκέως σευόμενος (cod. σοούμενος). βέλτιον δὲ τὸ πρότερον... Σοφοκλῆς εἰσάγει τὴν Ἠλέκτραν λέγουσαν μούνη γὰρ ἄγειν οὐκέτι σωκῶ λύπης ἀντίρροθον ἄχθος ἀντὶ τοῦ οὐκέτι ἰσχύω. Se la motivazione che spinge a preferire «la prima delle due» (βέλτιον δὲ τὸ πρότερον) è l attestazione dell attico σωκῶ, garantita da Sofocle, allora questa prima interpretazione non può che essere ἰσχυρός che conosciamo dagli altri testimoni; a questo punto essa dovrà andare prima di ὁ ὠκέως σευόμενος e, evidentemente, dopo σωσίοικος di Apione. Questa spiegazione potrà non apparire sufficiente, perché Apollonio, comunque, cita nel complesso tre interpretazioni; però il grammatico potrebbe aver mutuato questa preferenza dalle sue fonti: l opposizione tra ἰσχυρός e ὁ ὠκέως σευόμενος potrebbe essere già apollodorea e Apollonio potrebbe averla semplicemente riportata con l'impressione, se vogliamo, di mancata digestione delle fonti, perché prima del materiale apollodoreo vi è l interpretazione di Apione 24. Infatti, se escludiamo σωσίοικος, che proviene da Apio- 23 Devo ammettere che è meno evidente il motivo per cui Apollonio avrebbe dovuto inserire in questa serie ἐριούνιος: ma questo può essere dovuto a una soggettiva percezione del grammatico, che poteva ritenerlo utilizzabile in questo contesto. 24 Se il lessico non ci fosse giunto in forma così abbreviata, a mio avviso, casi di questo genere, di non perfetta redazione, sarebbero più frequenti; l epitomazione, semplificando l esposizione, ha avuto il pregio di eliminarli.

14 80 ANDREA FILONI ne, fonte diretta di Apollonio, il resto del materiale sembra giungere dal ΠΘ: in primo luogo, perché le interpretazioni di epiteti divini del lessico di Apollonio tendenzialmente provengono da quest opera; in secondo luogo, perché ciò è mostrato dagli altri testimoni apollodorei, almeno nel caso di ἐριούνιος (cf. 2; 3); per κρατύς, privo di paralleli, dobbiamo valerci del primo criterio. Per quanto riguarda σῶκος, va detto che il ricorso a lessico o ad antichità attiche (σωκέω è garantito da Sofocle) è una costante dell opera apollodorea il grammatico, non è necessario ricordarlo, proviene da Atene 25. Presentiamo la voce apolloniana secondo la ricostruzione condotta finora: Apione Apollodoro ἐπίθετον Ἑρμοῦ. καὶ ὁ μὲν Ἀπίων ἀποδίδωσι σῶκος σωσίοικος. <σῶκος = ἰσχυρός > ἔνιοι δὲ σόωκος ὁ ὠκέως σευόμενος (cod. σοούμενος) < ἄγγελος γὰρ ὁ θεός>. βέλτιον δὲ τὸ πρότερον ὅθεν [ἐριούνιος ὁ μεγάλως ὀνίσκων, τουτέστιν ὠφελῶν, οὐχ ὡς οἱ νεώτεροι χθόνιος, παρὰ τὴν ἔραν]. λέγεται γὰρ δι ἄλλων [κρατὺς ἀργειφόντης διὰ τὴν ἰσχὺν ἐν τῷ ἀπαγγέλλειν]. σῶκος οὖν συνωνύμως τῷ κρατύς. καὶ Σοφοκλῆς εἰσάγει τὴν Ἠλέκτραν λέγουσαν μούνη γὰρ ἄγειν οὐκέτι σωκῶ λύπης ἀντίρροθον ἄχθος ἀντὶ τοῦ οὐκέτι ἰσχύω. La sbarretta indica il passaggio da una fonte all altra, da Apione ad Apollodoro; in carattere maggiore è stato messo tutto ciò che è apollodoreo; in carattere maggiore ma tra parentesi quadre ciò che è apollodoreo ma non attinente alla trattazione di σῶκος cioè quei casi paralleli che Apollonio ha voluto riportare; in carattere minore quei passaggi attribuibili ad Apollonio o ad altre fonti. La trattazione apollodorea dunque almeno quella conservata da Apollonio sembra constare della interpretazione preferita dell epiteto (ἰσχυρός), della motivazione (in attico σωκέω significa ἰσχύω) e della interpretazione alternativa di qualcuno, rimasto purtroppo anonimo (ἔνιοι), che lega l epiteto al ruolo di Hermes come messaggero. Questa struttura costituisce la base su cui Apollonio inserisce i paralleli (ἐριούνιος; κρατύς); dal momento che altri testimoni ci mostrano che Apollodoro era ricco di rimandi interni un epiteto poteva essere spiegato con l aiuto di un altro epiteto, anche di un altro dio 26 è possibile che Apollonio abbia sfruttato una rete di rimandi interni 25 Per il solo ΠΘ, vedi i frammenti 244 FGrHist 94; 95 (Macr. Sat. I 17, 15; 18; 21); 101; 105; 110; 112; 113; 115; 120; 127; 130; 133; 137; 142; 144; 145; 147; 152. Questo lato patriottico del grammatico non è stato particolarmente indagato. 26 Cf. 244 FGrHist 95 (Macr. Sat. I 17, 22) ~ 96 (Sch. in Hom. Φ 447 [Ge]). Vedi poi l importante fr. 353: il fatto che Omero conosca Pafo, il santuario di Afrodite, ma non per questo citi l epiteto corrispondente, Pafia, avrebbe eco nei casi di Apollo e Poseidone, di cui a Omero sono noti i santuari di Delo, Pito ed Ege, ma non i corrispondenti epiteti.

15 APOLLODORO E GLI EPITETI DI HERMES ΕΡΙΟΥΝΙΟΣ, ΣΩΚΟΣ E ΑΚΑΚΗΤΑ 81 che si trovavano già nella trattazione apollodorea; di fatto, il grammatico ha realizzato un piccolo estratto dal libro del ΠΘ dedicato a Hermes. 5. Torniamo ora al testo da cui siamo partiti, cioè Cornuto. Dopo questo lungo giro, dovrebbe essere più chiaro che cosa è apollodoreo e cosa no; sapendo questo, anche eventuali interventi o non-interventi sul testo dello stoico dovrebbero essere più giustificati. Abbiamo visto che Lang espungeva l interpretazione ἰσχυρός dal testo: invece, il confronto della voce σῶκος di Apollonio con gli scolii omerici D ci ha mostrato non solo che questa interpretazione è apollodorea, ma anche che è quella preferita dal grammatico; e siccome Apollodoro è fonte diretta di Cornuto, questa interpretazione non può essere stata aggiunta a posteriori: fa parte del testo originale. Semmai può fare problema ma fino a un certo punto il fatto che l interpretazione che sappiamo essere di Apione, cioè «salvatore delle case», compaia anch essa in Cornuto, subito prima di quella apollodorea (σῶκος ὡσὰν σωτὴρ τῶν οἴκων ὑπάρχων). Questo può far pensare che vi sia una fonte comune tra Cornuto e la voce apolloniana, in cui si trova la stessa sequenza; questo non è possibile perché Apione è fonte diretta di Apollonio, dove è pure citato esplicitamente (ὁ μὲν Ἀπίων ἀποδίδωσι κτλ.); dal canto suo, Cornuto potrebbe aver aggiunto questa interpretazione da altre fonti da Apione stesso, che è poco più anziano di lui? o da fonti più antiche, non importa se Apollodoro o no, nel caso in cui Apione non l abbia coniata. Vi è poi un altra zona del testo cornuteo da esaminare: ἐριούνιος è spiegato in termini un po ridondanti, rimandando prima alla natura «assai benefica» di Hermes che combacia con quello che dicono gli altri testimoni apollodorei e poi al fatto che egli «giovi fortemente quelli che ricorrono a lui» (ἐριούνιος ἐπονομάζεται ἀπὸ τοῦ μεγαλωφελής τις εἶναι καὶ καθ ὑπερβολὴν ὀνεῖν τοὺς χρωμένους αὐτῷ). Va detto però che la lezione ὀνεῖν è attestata solo in una parte della tradizione (le famiglie b e c di Lang, accorpate da Krafft nell unica famiglia δ) 27 ; l altra famiglia, a, reca invece un poco chiaro ἴσχειν. Questa lezione, lievemente corretta in ἰσχύειν, fu accettata da Schmitt-Blank 28, molto stimato da Lang 29, che la accoglie nella sua edizione. Krafft preferisce invece ὀνεῖν Per cui cf. Krafft 1975, pp. 184 ss. 28 Cf. Schmitt-Blank 1864, p Cf. Lang 1881, p. XVIII (oltre che la dedica dell edizione). 30 Cf. Krafft 1975, p. 185: «Künstliche Charakter von ὀνεῖν schliesst aus, dass δ konjiziert: er (sc. δ) bewahrt vielmehr die authentische Lesart und Etymologie gegenüber der Verderbnis in a». In realtà non viene spiegata chiaramente l origine della lezione ἴσχειν, «trattenere», che non ha immediati rapporti con l idea di giovare ; inoltre l artificiale forma ὀνεῖν potrebbe provenire da qualche etimologico (Et. Or. 63, 64) o dalla esegesi omerica (cf. Eusth. Comm. ad Il. IV 362, 14 ss. van der Valk).

16 82 ANDREA FILONI La correzione di Schmitt-Blank, a mio avviso, è corretta, nel senso che intuisce la giusta direzione: infatti anche ἰσχύειν non ha senso in rapporto con ἐριούνιος; la spiegazione in cui compare, «dal fatto che egli rafforza in modo particolare quelli che ricorrono a lui» (ἀπὸ τοῦ... καθ ὑπερβολὴν ἰσχύειν τοὺς χρωμένους αὐτῷ) potrebbe aver a che fare con un epiteto diverso da ἐριούνιος. Di quale epiteto si potrebbe trattare? Al concetto di forza si appella, come abbiamo visto, σῶκος; ma questo viene trattato da Cornuto subito dopo. A questo punto, l altro candidato possibile è κρατύς, che troviamo in Apollonio Sofista e dunque doveva avere un ruolo anche in Apollodoro ma che è del tutto assente in Cornuto, per lo meno nel testo che ci è giunto. Che cosa può essere successo? Una possibilità è che Apollodoro citasse entrambi gli epiteti, con i rispettivi valori, e Cornuto, suo more, reinterpretasse il tutto, eliminando κρατύς e attribuendo a ἐριούνιος la funzioni dell altro epiteto; in questo modo, il testo cornuteo non sarebbe da correggere. Altrimenti sarei propenso a pensare Cornuto potrebbe aver citato, in coppia, i due epiteti e le rispettive spiegazioni; poi κρατύς sarebbe andato perduto e le due spiegazioni, erroneamente, sono andate a riferirsi al solo ἐριούνιος. Se è vera quest ultima possibilità, dobbiamo integrare la presenza di κρατύς, evidentemente subito dopo l altro epiteto. Come che sia, la spiegazione riferita a κρατύς, una volta attribuita a ἐριούνιος, ha visto nascere la variante ὀνεῖν, più consona al nuovo epiteto. Leggiamo il testo di Cornuto nella nuova versione: εἶτα ἐριούνιος <καὶ κρατὺς> ἐπονομάζεται (sc. ὁ Ἑρμῆς) ἀπὸ τοῦ μεγαλωφελής τις εἶναι καὶ καθ ὑπερβολὴν ἰσχύειν τοὺς χρωμένους αὐτῷ Questo materiale risale tutto o in parte ad Apollodoro? Su ἐριούνιος i testimoni erano piuttosto concordi (cf. 3; 4.2); κρατύς è stato integrato proprio perché richiesto dagli altri testimoni (vedi supra); di σῶκος è sicuramente apollodorea la spiegazione ἰσχυρός (vedi supra); di ἀκάκητα, come abbiamo visto (cf. 4.1), solo la parte negativa. Comune a più testimoni (Eraclito; lo scolio iliadico esegetico; Apollonio) l idea che Hermes rappresenti il λόγος, la ragione-parola. Dunque il paragrafo cornuteo esibisce in gran parte materia apollodorea: eccezioni sono probabilmente la prima interpretazione di σῶκος, «salvatore delle case», che è anche apionea e l interpretazione positiva di ἀκάκητα ispirata evidentemente a quella, molto popolare, di salvare, che emerge anche in Eraclito (cf. 3), che in Apollodoro evidentemente c era, ma aveva un ruolo minoritario (cf. 6). A quanto sembra, Cornuto non si è limitato a recepire la sua fonte, ma ne ha reinterpretato fortemente il materiale. Leggiamo: εἶτα ἐριούνιος <καὶ κρατὺς> ἐπονομάζεται (sc. ὁ Ἑρμῆς) ἀπὸ τοῦ

17 APOLLODORO E GLI EPITETI DI HERMES ΕΡΙΟΥΝΙΟΣ, ΣΩΚΟΣ E ΑΚΑΚΗΤΑ 83 μεγαλωφελής τις εἶναι καὶ καθ ὑπερβολὴν ἰσχύειν τοὺς χρωμένους αὐτῷ καὶ σῶκος ὡσὰν σωτὴρ τῶν οἴκων ὑπάρχων ἢ ὥς τινες ἰσχυρός. καὶ τὸ ἀκάκητα δὲ αὐτὸν λέγεσθαι τοσούτου τινὸς σημεῖόν ἐστι οὐ γὰρ πρὸς τὸ κακοῦν καὶ βλάπτειν, ἀλλὰ πρὸς τὸ σῴζειν μᾶλλον γέγονεν ὁ λόγος. Gli epiteti sono indicati in sottolineatura e le rispettive trattazioni separate dalla sbarretta; le parti apollodoree sono in carattere maggiore, in carattere minore quelle provenienti da altre fonti e le giunture cornutee. 6. Ora sarà bene dare un specchio riassuntivo dei dati apollodorei sparsi nei vari testimoni; così sarà possibile dominare visivamente gli elementi comuni, le deviazioni dei singoli testimoni, gli elementi apollodorei recati da un solo testimone, e avere un idea della trattazione del ΠΘ, giunta così frammentata e parafrasata. L ordine seguito per i quattro epiteti senza alcuna garanzia che sia quello originale è quello di Cornuto. Cominciamo con ἐριούνιος: - ἐριούνιος Cornuto Eraclito Ap. Soph. Sch. Hom. D ἀπὸ τοῦ μεγαλω- ὁ λογισμὸς... ὁ μεγάλως ὀνίσκων, μεγάλην ὄνησιν φελής τις εἶναι μέγα ὠφέλησεν τουτέστιν ὠφελῶν. παρέχων, μεγαλωφελής. οἱ δὲ νεώτεροι τοῦ χθονίου, παρὰ τὴν ἔραν. Per questo epiteto la situazione è piuttosto chiara, all insegna del giovare ; Apollonio conserva anche la spiegazione di alcuni νεώτεροι (dei tragici? Eschilo?) 31, che lo interpretano come «ctonio». - κρατύς Cornuto Eraclito Ap. Soph. s.v. κρατύς Sch. Hom. D <κρατὺς> ἀπὸ τοῦ κραταιός, κρατερός,... καθ ὑπερβολὴν Ap. Soph. s.v. σῶκος ἰσχυρός. ἰσχύειν τοὺς χρωμέ- διὰ τὴν ἰσχὺν ἐν νους αὐτῷ. τῷ ἀπαγγέλλειν. L epiteto κρατύς non è citato da Eraclito; il concetto di forza è chiaro nelle spiegazioni, oltre che facile da ricavare etimologicamente; come abbiamo visto (cf. 5), la presenza della spiegazione, in Cornuto, richiede di integrare anche l epiteto corrispondente. Vediamo che Apollonio e Cornuto divergono nella spiegazione: per il primo il dio è κρατύς «per la sua forza nel riferi- 31 Cf. nota 21.

18 84 ANDREA FILONI re» (διὰ τὴν ἰσχὺν τὴν ἐν τῷ ἀπαγγέλλειν), per il secondo perché «rafforza eccezionalmente quelli che ricorrono a lui» (καθ ὑπερβολὴν ἰσχύειν τοὺς χρωμένους αὐτῷ). Probabilmente siamo di fronte alle solite riscritture della materia apollodorea, più probabile per Cornuto; infatti Apollonio è un grammatico con interessi lessicografici, non filosofico-allegorici. - σῶκος Cornuto Eraclito Ap. Soph. Sch. Hom. D Et. Or. ἰσχυρός σῴζει πάντα τὸν <ἰσχυρός>... ἰσχυρός. ἰσχυρός, χρώμενον αὐτῷ Σοφοκλῆς εἰσάγει τὴν Ἠλέκτραν λέγουσαν οὐκέτι σωκῶ κτλ. ἀντὶ σώκειν γὰρ τὸ σωκεῖν ἀντὶ τοῦ οὐκέτι ἰσχύω. ἰσχύειν. τοῦ ἰσχύειν. ὁ ὠκέως σευόμενος σευόμενος (codd. ἢ ὁ ὠκέως (cod. σοούμενος) σοούμενος) ὠκέως, σευόμενος < ὁρμῶν ταχέως. ὁρμῶν ταχέως. ἢ ὁρμῶν. ἄγγελος γὰρ ὁ θεός.> ἄγγελος γὰρ ὁ θεός. ἄγγελος γὰρ. Come abbiamo visto, l interpretazione di σῶκος come forte (ἰσχυρός), probabilmente apollodorea, non solo è da lasciare nel testo di Cornuto, ma è anche da integrare nella voce di Apollonio ad esso dedicata; Apollodoro rimandava al raro verbo σωκέω, attestato da Sofocle. Apollonio e lo scolio D recano ancora traccia della interpretazione di qualcuno, forse un νεώτερος, che spiegava l epiteto con il ruolo del dio quale rapido messaggero; la parafrasi ὁρμῶν ταχέως suggerisce che la lezione giusta sia quella conservata dall Et. Orionis, σευόμενος, non il tràdito σοούμενος degli altri testimoni; inoltre, dal momento che lo scolio D dipende da Apollonio, questa parte sarà da integrare nella voce apolloniana. Dunque, secondo questa interpretazione, Hermes σῶκος era «colui che balza velocemente», in quanto messaggero. Vi è poi l interpretazione, senza dubbio facilior, da salvare (σῴζειν): essa doveva essere citata in Apollodoro anche se, senza dubbio, anche rigettata perché emerge, in forme traverse, in più testimoni: Cornuto la cita come parte positiva di ἀκάκητα (οὐ γὰρ πρὸς τὸ κακοῦν καὶ βλάπτειν, ἀλλὰ πρὸς τὸ σῴζειν μᾶλλον γέγονεν ὁ λόγος); Eraclito la cita addirittura come l unica interpretazione di σῶκος (σῴζει πάντα τὸν χρώμενον αὐτῷ): è possibile che l allegorista abbia preferito riferire l interpretazione più popolare e comprensibile tra quelle offerte da Apollodoro. Quella di Apione, salvatore delle case, sembra una variazione più ricercata rispetto a questa La corruzione di σευόμενος in σοούμενος che vediamo in Apollonio e negli scolii D, non è

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