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IL CONCETTO DI αὐτοτελής E LE SUE APPLICAZIONI Giovanni Costa 1. Introduzione pg. 2 2. Il concetto di αὐτοτελής pg. 2 3. Le conseguenze per la punteggiatura del concetto di αὐτοτελής pg. 3 4. Bibliografia pg. 5 SOMMARIO; Si esamina l uso ed il significato della punteggiatura in greco antico.

1. Introduzione. La grammatica è una parte importante nella conscenza degli autori greci antichi; infatti, scrive Dionysio Thrax; Γραμματικὴ ἐστιν ἐμπειρία τῶν παρὰ ποιηταῖς τε καὶ συγγραφεῦσιν ὡς ἐπὶ τὸ πολὺ λεγομένων. (Ars Gramm. 1) (Grammatica è conoscenza di quanto per la maggior parte detto presso i poeti ed i prosatori.). Una parte di questa grammatica è la στιγμή (interpunzione), come all Ars Grammatica 4. Qui si vuole esaminare come l interpunzione si sviluppi e si impieghi in relazione alla completezza in sé del discorso e, della frase e dei suoi membri costituenti. 2. Il concetto di αὐτοτελής. Diogene Laertio scrive riguardo alla logica degli Stoici; Φασὶ δὲ τὸ λεκτὸν εἶναι τὸ κατὰ φαντασίαν λογικὴν ὑφιστάμενον. τῶν δὲ λεκτῶν τὰ μὲν λέγουσιν εἶναι αὐτοτελῆ οἱ Στοϊκοί, τὰ δὲ ἐλλιπῆ. ἐλλιπῆ μὲν οὐν ἐστι τὰ ἀναπάρτιστον ἔχοντα τὴν ἐκφοράν, οἷον Γράφει ἐπιζητοῦμεν γάρ τίς; αὐτοτελῆ δὲ ἐστι τὰ ἀπηρτισμένην ἔχοντα τὴν ἐκφορὰν, οἷον Γράφει Σωκράτης. ἐν μὲν οὖν τοῖς ἐλλιπέσι λεκτοῖς τέτακατι τὰ κατηγορήματα, ἐν δὲ τοῖς αὐτοτελέσι τὰ ἀξιώματα καὶ οἱ συλλογισμοὶ καὶ τὰ ἐρωτήματα καὶ τὰ πύσματα. (Diog. Laer. VII, 63) (Gli Stoici affermano che l esprimibile è ciò che è costituito conformemente ad una rappresentazione razionale. Poi dicono che gli uni degli esprimibili sono completi in sé e che gli altri sono ellittici. Sono ellittici quelli che hanno l espressione incompleta, Come Scrive; infatti, resta da sapere Chi?; invece sono completi in sé quelli che hanno l espressione resa perfetta, come Socrate scrive. Certamente tra gli esprimibili ellitici sono disposti i predicati, tra quelli in sé compiuti sono disposti le preposizioni, i sillogismi, le domande e le interrogazione.) Qui apprendiamo che sono αὐτοτελῆ gli enunciati aventi l espressione in sé completa ed abbiamo un primo, semplice ed elementare, esempio di tale espressione. Questo è un esempio elementare, adatto ad una prima introduzione; Dionysio di Halicarnasso ci fornisce due esempi più elaborati; οἷά εστιν ἐν μὲν τοῖς μέτροις τα Σοφόκλεα ταυτί μύω τε καὶ δέδορκα κἀξανίσταμαι πλέον φυλάσσων αὐτὸς ἢ φυλάσσομαι ἑνταυθοῖ γὰρ ὁ δεύτερος στίχος ἐκ δυεῖν συγκεῖται κώλων οὐχ ὅλων τελεία γὰρ ἂν ἡ λέξις ἦν οὕτως ἐξενεχθεῖσα πλεῖον φυλάσσων αὐτὸς ἑτέρους ἢ φυλασςόμενος ὑφ ἑτέρων, τὸ δὲ μέτρον ἠδίκητο καὶ οὐκ ὰν ἔσχεν ἣν νυνὶ χάριν ἔχει. ἐν δὲ τοῖς πεζοῖς λόγοις τὰ τοιαῦτα ἐγὼ δ ὅτι μὲν τινῶν κατηεγοροῦντα πάντας ἀφαιρεῖσθαι τὴν ἀτέλειαν τῶν ἀδίκων ἐστιν, ἐάσω. μεμείωται γὰρ κα*νταῦθα τῶν πρώτων δυεῖν κώλων ἑκάτερον. αϋτοτελῆ δ ἂ ἦν, εἴ τις αυτὰ οὕτως ἐξήνεγκην ἐγὼ δ ὅτι μὲν τινῶν κατηγοροῦντα ὡς οὐκ ἐπιτηδειων ἔχειν τὴν ἀτέλειαν πάντας ἀφαιρεῖσθαι καὶ τοὺς δικαίως αὐτῆς τυχόντας τῶν ἀδίκων ἐστιν, ἐάσω. ἀλλ οὐκ ἐδόκει τῷ Δημοσθένει πλείονα ποιεῖσθαι πρόνοιαν τῆς ἀκριβείας τῶν κώλων ἢ τῆς εὐρυθμίας. (Dion Halic. De Comp. Verb. IX) (Quali, in poesia, sono questi versi di Sofocle; chiudo gli occhi e vedo e mi levo maggiormente sorvegliando di quanto non sia sorvegliato; (Soph. Fragm. 702 Nauck) infatti, qui il secondo verso è composto da due membri non interi; infatti, l espressione sarebbe completa una volta così proferita; maggiormente sorvegliando io stesso altri di quanto non sono sorvegliato da altri; ma la metrica sarebbe offesa e non avrebbe quella grazia che essa ora ha. Poi le cose siffatte vi sono nei discorsi in prosa; Io, invero, tralascerò che è dei fatti ingiusti, qualora si accusino alcuni, togliere a tutti l esenzione. (Dem. Lept. XX, 2). Infatti, anche qui è stato diminuito ciascuno dei due primi membri, invero, essi sarebbero in sé compiuti se si scrivesse così; Io, invero, tralascerò che è dei fatti ingiusti che, qualora si accusi alcuni di non avere delle cose opportune, togliere a tutti l esenzione, anche a coloro che avvengono essere giustamente riguardo ad essa. Ma non sembrò opportuno a Demostene fare maggiore attenzione all esattezza dei membri che non al buon ritmo del discorso.) Qui, riguardo ai due versi di di Sofocle, è chiaro che manca l oggetto del participio ed il complemento d agente del verbo passivo. Nella frase di Demostene, Dionysio spiega che manca 2

l oggetto del κατηγοροῦντα ed il completmento di πάντας, quello che Dionysio specifica come καὶ τοὺς δικαίως αὐτῆς τυχόντας. Anche Michele Syncello chiarisce che vi sono verbi, quelli intransitivi, che costruiti con un nome formano un espressione in sé completa ed altri, quelli transitivi, che non fanno altrettanto. Infatti, egli scrive; Ἔτι τῶν ρημάτων, τινὰ μὲν μετ εὐθείας συντασσόμενα πτώσεως αὐτοτέλειαν ποιεῖ, ἄτινα καλοῦνται σύνθεττα κατηγογήματα, οἷον Σωκράτης περιπατεῖ, Τρύφων ζῇ, Αἴας τρέχει τινὰ δὲ οὐ ποιεῖ αὐτοτέλειαν μετ εὐθείας συμπλεκόμενα, ἅτινα καλοῦνται ἔλαττον ἢ κατηγορήματα, οἷον Σωκράτης φιλεῖ, Πλάτων στέργει λείπει γὰρ τὸ τίνα τινὰ δὲ μετὰ πλαγίας τιθέμενα πτώσεως πλάγιον ἀποτελεῖ λόγον τέλειον, οἷον Σωκράτει μεταμέλει, ἅπερ καλοῦνατι παρασυμβάματα τινὰ δὲ μετὰ πλαγίας τασσόμενα πλάγιον τέλειον λόγον οὐκ ἀποτελεῖ, οἷον Σωκράτει μέλει - λείπει γὰρ τὸ τίνος -, ἅπερ καλοῦνται ἔλαττον ἢ παρασυμβάματα. (Mich. Sync. Traitè, 78) (Inoltre, alcuni dei verbi, costruiti col nominativo formano un significato in sé completo, i quali si denominano preposizioni complete, come, Socrate cammina, Trifone vive, Aiace corre ; alcuni poi non formano un significato completo in sé quando costruiti col nominativo, i quali si denominano meno di preposizioni complete, come Socrate ama, Platone ha caro, manca, infatti, il chi; alcuni, poi, costruiti con un caso obliquo compiono un discorso obliquo, come Socrate si pente, i quali si denominano costruzioni con un verbo riflessivo; alcuni, poi, costruiti con un caso obliquo non realizzano una frase completa, come Socrate si occupa di ; infatti, manca il di chi i quali si denominano meno che costruzioni con un verbo riflessivo.) Qui si vede chiaramente che vi è un posto non riempito, quindi non vi è un discorso completo. Michele Syncello spiega ulteriormente il concetto di αὐτοτέλεια e come esso si realizzi in altri passi del Traitè, 81, 82, 83 e 91. 3. Le conseguenze per la punteggiatura del concetto di αὐτοτελής. E un fatto attestato che l interpunzione è segno di αὐτοτελεία; infatti, Apollonio Dyscolo scrive; στιγμὴ γὰρ πᾶσα σημεῖον αὐτοτελείας (De Adv. G.G. II/I pg. 182, 17). Questo, mi sembra, è un fatto importante; ogni interpunzione indica una completezza in sé, completezza che è stata illustrata al capitolo precedente. Ma vediamo alcuni esempi, le congiunzioni copulative escludono l interpunzione, infatti; Οἱ δὴ καλούμενοι ἀθροιστικοὶ σύνδεσμοι ἐκ τῶν προκειμένων λόγων ἀπὸ κοινοῦ λαμβάνουσιν ἢ ὄνομα ἢ ρῆμα ἐντεῦθεν καὶ στιγμῆς ἀπροσδεεῖς εἰσιν, ὡς ἂν ἔτι ἐχομένου τοῦ προσιόνταος λόγου ὡς πρὸς τὸν ὑποκείμενον. Ἐκκείσθω δὲ ὑποδείγματα, ἐκ μὲν τοῦ συνήθους λόγου καὶ Διονύσιος περιπατεῖ καὶ Ἀπολλώνιος, κοινοῦ παραλαμβανομένου τοῦ περιπατεῖ ἐκ δὲ τοῦ ποιητικοῦ Βοιωτῶν μὲν Πηνέλεως καὶ Λήϊτος ἦρχον Ἀρκεσίλαός τε Προθοήνως τε Κλονίος τε (IL. II, 494s) (Ap. Dysc. Synt. II, 60, G.G. II/II pg. 170, 19ss) (Invero le congiunzioni denominate copulative dai ragionamenti precedenti prendono in commune il nome od il verbo; per questo esse anche escludono l interpunzione, perché vi è continuità tra la frase che già vi è e quella che si aggiunge ad essa. Diamo degli esempi, dalla lingua corrente, Dionysio cammina ed Apollonio dove cammina è il fattore comune; poi, dalla lingua poetica; Ai Beoti comandavo Peneleo e Leito e Arcesilao e Prothoeno e Clonio. Qui è chiaro, se si mettesse la virgola si significherebbe che cammina e comandava hanno per soggetto solamente una persona e non tutte e due o tutte e cinque oprese a fattore comune. Questo per quanto sopra visto riguardo alla completezza in sé. Di contro, Apollonio specifica che δέ ed i suoi equivalenti escludono la messa in fattore comune, al contrario, essi assicurano la transizione tra le parole che ammettono declinazione e, inoltre, i verbi. Essi non hanno nessun bisogno della frase vicina, perciò richiedono un interpunzione, come in Διονύσιος μὲν ἔγραψεν, Τρύφων δὲ ἀνέγνω (da una parte Dionysio scrisse, dall altra Tryfone lesse). Fa eccezione il caso della partizione di un plurale, come, per 3

esempio; φιλολογήσαμεν σήμερον σύ μὲν κατὰ σχολὴν ἐγὼ δὲ ἐν οἴκῳ (orsù, oggi studiamo tu a scuola ed io a casa). Così si ha; ἀλλ ἤτοι μὲν ταῦτ ἐπιείξομεν ἀλλήλοισιν σοὶ μὲν ἐγὼ σὺ δ ἐμοί (IL. IV, 62s) (orsù, cediamo l un l altro su questo punto, io da parte mie a te e tu dalla tua a me). (vedasi Ap. Dysc. De Constr. II, 61, G. G. II/II pg. 171, 10ss) I prolegomena Vossiana ci forniscono un significativo esempio della relazione tra αὐτοτελεία ed interpunzione; essi presentano il verso di Omero; τὴν ἄρετ ἐκ Τενέδοιο γέρων, ὅτε πέρσεν Ἀχιλλές (IL. XI, 625) (la quale prese da Tenedo il vecchio, quando Achille la devastò;) si specifica che la virgola dopo γέρων indica che questo aggettivo va riferito a quanto precede, cioè a Nestore. Se si fosse posta la virgola dopo Τενέδοιο si sarebbe riferito il γέρων ad Achille, il che non è possibile perché questi era un combattente, quindi giovane (vedasi G.G. I/III pg. 6, 9). Inoltre, Demetrio spiega che come la poesia è articolata dalla metrica, come dagli emistichi, dagli esametri ed i simili, così anche la prosa è articolata e differenziata da quelli che sono denominati membri; questi fanno riposare colui che dice ed il suo discorso. In questo far riposare è implicito che essi sono delimitati da interpunzioni, che appunto fanno riposare o prendere il respiro, segnatamente da virgola. Essi pongono limiti alle varie parti del discorso che altrimenti si estenderebbe senza limiti e farebbe esaurire il respiro a chi dice (Dem. De Eloc. I, 1). Demetrio continua spiegando che la funzione propria di tali membri è di segnare la conclusione di un pensiero o di una frase. A volte un membro forma una frase completa di per sé stessa; a volte il membro non costituisce una frase completa ma una parte di essa, tuttavia una parte completa. Ogni frase può ben comprendere entro sé stessa parti che sono integrali. (Dem. De Eloc. I, 2) Come esempio di ciò, Demetrio ci presenta; Δαρείου καὶ Παρυσάτιδος γίγνονατι παῖδες δύο, πρεσβύτερος μὲν Ἀρτοξέρξες, νεώτερος δὲ Κῦρος. (Sen. An. I, I, 1) (Da Dario e da Parisatide nacquero due figli, Artaserse il maggiore ed il minore Ciro.). L autore specifica che questa è una frase assolutamente completa, parti della quale sono i due membri in essa contenuti, ma ognuno di questi, entro i propri limiti, riporta un significato che, in una certa misura, è completo. Si prenda il primo membro Δαρείου καὶ Παρυςάτιδος γίγνονατι παῖδες δύο; questo pensiero ha la sua completezza. Il secondo membro, nello stesso modo, esprime il pensiero completo che il più vecchio era Artaserse ed il più giovane Ciro. (Dem. De Eloc. I, 3). Qui, anche se Demetrio non lo dice esplicitamente, è chiaro che un membro ha la sua αὐτοτελεία e, pertanto, è delimitato da una virgola. Infatti, un membro ha un significato in sé completo. Cosicché nell Anabasi troviamo la virgola alla fine del primo membro, su δύο; la troviamo anche su Ἀρτοξέρξες, nel mezzo del secondo membro, ma questo è dovuto alla presenza del μέν...δέ come sopra. Un ulteriore esempio ce lo fornisce il Commentario di anonimo alla Rhetorica di Aristotele, pg. 199, 7; εὐθὺς μὲν τῶν ἀριστείων ἤτοι βραβείων ἠξιώθησαν, οὐ πολὺ δὲ ὕστερον καὶ τὴν ἀρχὴν τῆς θαλάσσης ἔλαβον. (Isocr. Pan. IV, 72) (e subito furono ritenuti degni delle cose ottime ovvero degli uffici di comandanti, non poco dopo presero anche il dominio del mare.). Due membri, completi in sé, αὐτοτελεῖς,quindi divisi da virgola, come richiesto anche dal μέν...δέ. Un ultimo esempio, sempre dal Commentario, pg. 199, 11s; καὶ πλεύσας μὲν ὁ Ξέρξες διὰ τῆς ἡπείρου, πεζεύσας δὲ διὰ τῆς θαλάσσης. (Isocr. Pan. IV, 89) (Serse, dopo aver navigato attraverso la terra ferma ed aver marciato attraverso il mare.). Anche qui, due membri, completi in sé, perciò separati da una virgola. 4

4. Bibliografia. AA.VV. Scholia in Dionysii Thracis artem grammaticam in Grammatici Graeci I/III, a cura di Alfred Hilgard, ed. B. G. Teubner, Lipsia, 1901. Anonymi et Stephani, In artem rhetoricam Commentaria, Commentaria in Aristotelem Graeca XXI, a cura di Hugo Rabe, ed. Georg Reimer, Berlino, 1896. Apollonio Dyscolo, De Adverbio in Grammatici Graeci II/I, a cura di Richard Schneider, ed. B. G. Teubner, Lipsia, 1878. Apollonio Dyscolo, De Constructione in Grammatici Graeci II/II, a cura di Gustav Uhlig, ed. B. G. Teubner, Lipsia, 1910. Aristotele, Art of Rhetoric, a cura di John Henry Freese, ed. William Heinemann Harvard University Press, London Cambridge Massachusetts, 1947. Demetrio, Demetrius on Style (De Elocutione), a cura di W. Rhys Roberts, ed. University Press, Cambridge, 1902. Diogene Laerzio, Vite e dottrine dei più celebri filosofi, a cura di M. Marcovich ed AA.VV., ed. Bompiani, Milano, 2006. Dionysius of Halicarnassus, On Literary Composition (De Compositione Verborum) a cura di W. Rhys Roberts, ed. Macmillan and co., London, 1910. Dionysius Thrax, Ars Grammatica in Grammatici Graeci I/I, a cura di Gustav Uhlig, ed. B. G. Teubner, Lipsia, 1883. Isocrate, Orazioni, a cura di G. Matthieu ed E. Brémond ed AA.VV., ed. Rizzoli Libri, Milano, 199. Michele Syncello, Le traité de la construction de la phrase de Michel le Syncelle de Jérusalem, a cura di Daniel Donnet, ed. Institut historique Belege de Rome, Bruxelles Rome, 1982. Omero, Iliade Odissea, a cura di D. B. Monro, Th. W. Allen ed. AA.VV., ed. Newton & Compton, Roma, 1997. Senofonte, Anabasi, a cura di K. Hude ed E. Ravenna, ed. Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1984. Giovanni Costa Trieste giovannicosta50@outlook.it HOME PAGE STORIA E SOCIETA 5