170 LETTURA DELL ODISSEA T. 3 Odisseo e Calipso: l ultimo colloquio Odissea V 149-224 151 155 160 Dopo le vicende di Telemaco raccontate nei primi quattro libri (che costituiscono la cosiddetta «Telemachia»), nel quinto compare finalmente l eroe del poema, Odisseo, intrappolato nella prigione dorata dell isola di Ogigia, nella quale egli è, da ormai sette anni, ospite-prigioniero della ninfa Calipso. Gli dèi hanno però decretato che anche per lui è giunto il momento del ritorno in patria, e per questo motivo Zeus manda Ermes ad imporre a Calipso di lasciare libero Odisseo. La ninfa pur contrariata deve accondiscendere all ordine divino: si reca allora sulla riva del mare, dove incontra l eroe che piange e sospira il ritorno. La scena dell ultimo incontro fra i due costituisce certamente uno dei vertici assoluti dell arte omerica e merita di essere riportata per intero. Ἡ δ ἐπ Ὀδυσσῆα μεγαλήτορα πότνια νύμφη ἤϊ, ἐπεὶ δὴ Ζηνὸς ἐπέκλυεν ἀγγελιάων. Τὸν δ ἄρ ἐπ ἀκτῆς εὗρε καθήμενον οὐδέ ποτ ὄσσε δακρυόφιν τέρσοντο, κατείβετο δὲ γλυκὺς αἰὼν νόστον ὀδυρομένῳ, ἐπεὶ οὐκέτι ἥνδανε νύμφη. Ἀλλ ἦ τοι νύκτας μὲν ἰαύεσκεν καὶ ἀνάγκῃ ἐν σπέεσι γλαφυροῖσι παρ οὐκ ἐθέλων ἐθελούσῃ ἤματα δ ἂμ πέτρῃσι καὶ ἠϊόνεσσι καθίζων δάκρυσι καὶ στοναχῇσι καὶ ἄλγεσι θυμὸν ἐρέχθων πόντον ἐπ ἀτρύγετον δερκέσκετο δάκρυα λείβων. Ἀγχοῦ δ ἱσταμένη προσεφώνεε δῖα θεάων «Κάμμορε, μή μοι ἔτ ἐνθάδ ὀδύρεο, μηδέ τοι αἰὼν φθινέτω ἤδη γάρ σε μάλα πρόφρασσ ἀποπέμψω. Ἀλλ ἄγε δούρατα μακρὰ ταμὼν ἁρμόζεο χαλκῷ 150 155 160 158 il mare infecondo: πόντον ἀτρύγετον nesso formulare che ac- Lei si recò dal magnanimo Odisseo, la ninfa possente, quando ebbe udito il messaggio di Zeus. Lo trovò seduto sul lido: i suoi occhi non erano mai asciutti di lacrime, passava la dolce vita piangendo il ritorno, perché ormai non gli piaceva la ninfa. Certo la notte dormiva, anche per forza, nelle cave spelonche, senza voglia, con lei che voleva; ma il giorno, seduto sugli scogli e sul lido, lacerandosi l animo con lacrime, lamenti e dolori, guardava piangendo il mare infecondo. Ritta al suo fianco gli parlò, chiara fra le dee: «Infelice, non starmi qui a piangere ancora, non rovinarti la vita: ti lascerò andare ormai volentieri. Ma su, taglia dei grossi tronchi con l ascia di bronzo cennerebbe alla consueta contrapposizione fra la terra «che dona frutti» e la distesa salata del mare che non li porta (ἀτρύγετον).
165 170 175 ODISSEO E CALIPSO: L ULTIMO COLLOQUIO εὐρεῖαν σχεδίην ἀτὰρ ἴκρια πῆξαι ἐπ αὐτῆς ὑψοῦ, ὥς σε φέρῃσιν ἐπ ἠεροειδέα πόντον. Αὐτὰρ ἐγὼ σῖτον καὶ ὕδωρ καὶ οἶνον ἐρυθρὸν ἐνθήσω μενοεικέ, ἅ κέν τοι λιμὸν ἐρύκοι, εἵματά τ ἀμφιέσω πέμψω δέ τοι οὖρον ὄπισθεν, ὥς κε μάλ ἀσκηθὴς σὴν πατρίδα γαῖαν ἵκηαι, αἴ κε θεοί γ ἐθέλωσι, τοὶ οὐρανὸν εὐρὺν ἔχουσιν, οἵ μευ φέρτεροί εἰσι νοῆσαί τε κρῆναί τε». Ὣς φάτο, ῥίγησεν δὲ πολύτλας δῖος Ὀδυσσεύς, καί μιν φωνήσας ἔπεα πτερόεντα προσηύδα «Ἄλλο τι δὴ σύ, θεά, τόδε μήδεαι οὐδέ τι πομπήν, ἥ με κέλεαι σχεδίῃ περάαν μέγα λαῖτμα θαλάσσης, δεινόν τ ἀργαλέον τε τὸ δ οὐδ ἐπὶ νῆες ἐῖσαι ὠκύποροι περόωσιν, ἀγαλλόμεναι Διὸς οὔρῳ. Οὐδ ἂν ἐγώ γ ἀέκητι σέθεν σχεδίης ἐπιβαίην, 171 165 170 175 e costruisci una zattera larga: sopra conficca dei fianchi, perché ti porti sul fosco mare. Io vi porrò in abbondanza del cibo, acqua e rosso vino, che ti tengano lontana la fame; ti coprirò di panni; ti invierò dietro un vento, perché possa giungere incolume nella tua terra, se gli dei che hanno il vasto cielo lo vogliono, che quando pensano e agiscono sono più potenti di me». Disse così: rabbrividì il paziente chiaro Odisseo e parlando le rivolse alate parole: «Un altra cosa, non di mandarmi, tu mediti, o dea, che mi esorti a varcare il grande abisso del mare, terribile e duro, con una zattera: ma neanche navi librate, veloci, che godono del vento di Zeus, lo varcano. Né io monterò su una zattera contro la tua volontà, 163 conficca dei fianchi: non è chiaro il significato specifico di ἴκρια (neutro plurale che indica «legname posto verticalmente») e la meccanica della costruzione della zattera. Ferrari traduce «cassero» e l idea del «ponte» assemblato sopra la base della zattera costituita dai tronchi potrebbe essere quella evocata dal linguaggio formulare del poeta. 169 se gli dei lo vogliono: è espressione piena di pietas nei confronti degli dèi, ai quali soltanto spetta di concedere il ritorno sano e salvo a Odisseo, e nello stesso tempo potrebbe essere rivolta a Calipso stessa che cede di fronte alla volontà degli dèi che vogliono la partenza del suo amato mortale, ed essendo più forti di lei, dicono e fanno quello che ritengono giusto. 171 rabbrividì il paziente... Odisseo: la reazione di «brividi da freddo» (ῥίγησεν) è consueta nei personaggi omerici di fronte a parole o circostanze ritenute da essi minacciose. L epiteto «paziente» (πολύτλας), è uno dei composti distintivi di Odisseo, e caratterizza la concezione omerica della sua natura di eroe «capace di sopportare» e quindi saldo e forte. In questo caso l uso è formulare e non dettato da particolari circostanze. 173 Un altra cosa tu mediti: il traduttore mantiene la costruzione del greco con l accusativo indicante il vero proposito della dea (Ἄλλο τι) posto in incipit di verso, e l alternativa (πομπήν), nell originale un altro accusativo, sciolta nella subordinata oggettiva implicita. 175 navi librate: l aggettivo ἐῖσαι fa riferimento alla armonia tra le parti che, assemblate, costituiscono le navi e le rendono «equilibrate» e sicure. ODISSEA
172 LETTURA DELL ODISSEA 180 185 190 εἰ μή μοι τλαίης γε, θεά, μέγαν ὅρκον ὀμόσσαι μή τί μοι αὐτῷ πῆμα κακὸν βουλευσέμεν ἄλλο». Ὣς φάτο, μείδησεν δὲ Καλυψώ, δῖα θεάων, χειρί τέ μιν κατέρεξεν ἔπος τ ἔφατ ἔκ τ ὀνόμαζεν «Ἦ δὴ ἀλιτρός γ ἐσσὶ καὶ οὐκ ἀποφώλια εἰδώς, οἷον δὴ τὸν μῦθον ἐπεφράσθης ἀγορεῦσαι. Ἴστω νῦν τόδε γαῖα καὶ οὐρανὸς εὐρὺς ὕπερθε καὶ τὸ κατειβόμενον Στυγὸς ὕδωρ, ὅς τε μέγιστος ὅρκος δεινότατός τε πέλει μακάρεσσι θεοῖσι, μή τί τοι αὐτῷ πῆμα κακὸν βουλευσέμεν ἄλλο. Ἀλλὰ τὰ μὲν νοέω καὶ φράσσομαι, ἅσσ ἂν ἐμοί περ αὐτῇ μηδοίμην, ὅτε με χρειὼ τόσον ἵκοι καὶ γὰρ ἐμοὶ νόος ἐστὶν ἐναίσιμος, οὐδέ μοι αὐτῇ θυμὸς ἐνὶ στήθεσσι σιδήρεος, ἀλλ ἐλεήμων». Ὣς ἄρα φωνήσασ ἡγήσατο δῖα θεάων καρπαλίμως ὁ δ ἔπειτα μετ ἴχνια βαῖνε θεοῖο. Ἷξον δὲ σπεῖος γλαφυρὸν θεὸς ἠδὲ καὶ ἀνήρ 180 185 190 se non acconsenti a giurarmi, o dea, il giuramento solenne che non mediti un altra azione cattiva a mio danno». Disse così; sorrise Calipso, chiara fra le dee, lo carezzò con la mano, gli rivolse la parola, gli disse: «Sei davvero un furfante e non pensi da sciocco: che discorso hai pensato di farmi! Sia ora testimone la terra e in alto il vasto cielo e l acqua dello Stige che scorre (che è il giuramento più grande e terribile per gli dei beati) che non medito un altra azione cattiva a tuo danno. Ma penso e mediterò quello che per me io vorrei, se fossi in tale bisogno: perché anche io ho giusti pensieri, e nel petto non ho un cuore di ferro, ma compassione». Detto così lo guidò, chiara fra le dee, sveltamente: dietro la dea andò lui. Arrivarono, la dea e l uomo, nella cava spelonca. 182 Sei davvero un furfante: l uso del termine, in Iliade VIII 361 con valore letterale, è ironico. Odisseo è in fondo lodato dalle dee (e da Omero) che vedono in lui l eroe di nuova concezione: non più tragico e guidato solo dalla ricerca di onore come Achille, ma astuto e votato al successo, con la prudenza come valore e non come «impedimento umano». 184-185 Sia ora testimone la terra il vasto cielo e l acqua dello Stige che scorre: i tre elementi chiamati a testimoni del giuramento, il più solenne possibile. Lo Stige, fiume infernale, rappresenta gli Inferi, ovvero la morte che deve incombere su chiunque abbia a violare il giuramento. 191 non ho un cuore di ferro: espressione anacronistica, dovuta ai due piani dell epica: quello del narratore, che opera intorno all VIII secolo a.c., in cui già diffuso era il ferro, e quello degli eventi narrati (XII a.c.), piena età del bronzo.
195 200 205 210 ODISSEO E CALIPSO: L ULTIMO COLLOQUIO καί ῥ ὁ μὲν ἔνθα καθέζετ ἐπὶ θρόνου, ἔνθεν ἀνέστη Ἑρμείας, νύμφη δ ἐτίθει πάρα πᾶσαν ἐδωδήν, ἔσθειν καὶ πίνειν, οἷα βροτοὶ ἄνδρες ἔδουσιν αὐτὴ δ ἀντίον ἷζεν Ὀδυσσῆος θείοιο, τῇ δὲ παρ ἀμβροσίην δμῳαὶ καὶ νέκταρ ἔθηκαν. Οἱ δ ἐπ ὀνείαθ ἑτοῖμα προκείμενα χεῖρας ἴαλλον. Αὐτὰρ ἐπεὶ τάρπησαν ἐδητύος ἠδὲ ποτῆτος, τοῖσ ἄρα μύθων ἦρχε Καλυψώ, δῖα θεάων «Διογενὲς Λαερτιάδη, πολυμήχαν Ὀδυσσεῦ, οὕτω δὴ οἶκόνδε φίλην ἐς πατρίδα γαῖαν αὐτίκα νῦν ἐθέλεις ἰέναι; σὺ δὲ χαῖρε καὶ ἔμπης. Εἴ γε μὲν εἰδείης σῇσι φρεσίν, ὅσσα τοι αἶσα κήδε ἀναπλῆσαι, πρὶν πατρίδα γαῖαν ἱκέσθαι, ἐνθάδε κ αὖθι μένων σὺν ἐμοὶ τόδε δῶμα φυλάσσοις ἀθάνατός τ εἴης, ἱμειρόμενός περ ἰδέσθαι σὴν ἄλοχον, τῆς τ αἰὲν ἐέλδεαι ἤματα πάντα. Οὐ μέν θην κείνης γε χερείων εὔχομαι εἶναι, 173 195 200 205 210 Lì egli sedette sul trono da cui s era alzato Ermete, e la ninfa gli offrì ogni cibo da mangiare e da bere, di cui i mortali si cibano. Lei stessa sedette di fronte al divino Odisseo e le ancelle le misero innanzi ambrosia e nettare. Ed essi sui cibi pronti, imbanditi, le mani tendevano Poi, quando furono sazi di cibo e bevanda, tra essi cominciò a parlare Calipso, chiara fra le dee: «Divino figlio di Laerte, Odisseo pieno di astuzie, e così vuoi ora andartene a casa, subito, nella cara terra dei padri? E tu sii felice, comunque. Ma se tu nella mente sapessi quante pene ti è destino patire prima di giungere in patria, qui resteresti con me a custodire questa dimora, e saresti immortale, benché voglioso di vedere tua moglie, che tu ogni giorno desideri. Eppure mi vanto di non essere inferiore a lei 196 Ermete: Ermes era stato inviato da Zeus, dopo il concilio divino, per imporre a Calipso di lasciar andare Odisseo. 196-199 ogni cibo di cui i mortali si cibano ambrosia e nettare: il pasto, scena tipica che anticipa i discorsi, le narrazioni, gli scambi di idee, è differenziato. Nonostante convivano da ormai sette anni, Odisseo e Calipso continuano a essere un mortale, che si ciba di vivande varie, e una dea che come tale non può che nutrirsi di nettare e ambrosia. 203 Divino figlio di astuzie: è uno dei consueti versi formulari, con cui è apostrofato l eroe: cfr. Parole chiave, Gli epiteti di Odisseo, p. 161. ODISSEA
174 LETTURA DELL ODISSEA 215 220 οὐ δέμας οὐδὲ φυήν, ἐπεὶ οὔ πως οὐδὲ ἔοικε θνητὰς ἀθανάτῃσι δέμας καὶ εἶδος ἐρίζειν». Τὴν δ ἀπαμειβόμενος προσέφη πολύμητις Ὀδυσσεύς «Πότνα θεά, μή μοι τόδε χώεο οἶδα καὶ αὐτὸς πάντα μάλ, οὕνεκα σεῖο περίφρων Πηνελόπεια εἶδος ἀκιδνοτέρη μέγεθός τ εἰσάντα ἰδέσθαι ἡ μὲν γὰρ βροτός ἐστι, σὺ δ ἀθάνατος καὶ ἀγήρως. Ἀλλὰ καὶ ὧς ἐθέλω καὶ ἐέλδομαι ἤματα πάντα οἴκαδέ τ ἐλθέμεναι καὶ νόστιμον ἦμαρ ἰδέσθαι. Εἰ δ αὖ τις ῥαίῃσι θεῶν ἐνὶ οἴνοπι πόντῳ, τλήσομαι ἐν στήθεσσιν ἔχων ταλαπενθέα θυμόν ἤδη γὰρ μάλα πολλὰ πάθον καὶ πολλὰ μόγησα κύμασι καὶ πολέμῳ μετὰ καὶ τόδε τοῖσι γενέσθω». 215 220 per aspetto o figura, perché non è giusto che le mortali gareggino con le immortali per aspetto e beltà». Rispondendo le disse l astuto Odisseo: «Dea possente, non ti adirare per questo con me: lo so bene anche io, che la saggia Penelope a vederla è inferiore a te per beltà e statura: lei infatti è mortale, e tu immortale e senza vecchiaia. Ma anche così desidero e voglio ogni giorno giungere a casa e vedere il dì del ritorno. E se un dio mi fa naufragare sul mare scuro come vino, saprò sopportare, perché ho un animo paziente nel petto: sventure ne ho tante patite e tante sofferte tra le onde ed in guerra: sia con esse anche questa». [Tr. di G.A. Privitera] 212-213 per aspetto o figura per aspetto e beltà: Calipso non è inferiore per «corpo» e «altezza» (οὐ δέμας οὐδὲ φυήν) e come dea ritiene «impossibile perché non si confà» (οὐδὲ ἔοικε) mettere sullo stesso piano e far gareggiare mortali e immortali. Rifletti sul testo 1 Come si colloca, dal punto di vista temporale, la vicenda 2 Evidenzia i passaggi nei quali, nel colloquio di congedo presentata nel libro V dell Odissea rispetto a quel- le raccontate nei libri precedenti? con Calipso, emergono ancora una volta le doti di prudenza tipiche della πολυτροπία del πολυμήχανος Odisseo.