La poesia di Michalis Pierìs a cura di Paola Maria Minucci «Vengo da una patria piccola, dolce ma anche amara, segnata da guerre, distruzioni, esili. Quasi sempre conquistata, occupata e divisa, non ha mai vissuto in condizioni di vera libertà». A scrivere queste parole è il poeta Michalis Pierìs, la sua patria è Cipro. Un isola divisa e devastata da occupazioni e guerre. «Un po in Oriente, un po in Occidente. L ultima isola scrive Pierìs del Mediterraneo verso Est. Vede di fronte a sé il luogo più oppresso, la Palestina. Ha sopra di sé la Turchia, dietro di sé, lontana, la Grecia [...] Questo è il mio Paese». Ma il suo paese è anche il paradiso terrestre della sua infanzia:«ho avuto il privilegio di nascere scrive ancora Pierìs in un piccolo villaggio cipriota nella parte montuosa del Troòdos. Su un altipiano benedetto. [...] Il periodo passato nel villaggio è come un fiume nella mia mente. Un fiume antico che ogni tanto scende portando con sé ninfe e spiriti, lontane sensazioni primordiali. Porta con sé un mondo magico». Il villaggio di cui parla è Eftagonia: è lì che nel 1952 è nato Michalis Pierìs, quarto figlio di una numerosa famiglia. A Cipro ha vissuto fino a vent anni, quando l ha lasciata per compiere i suoi studi universitari a Salonicco. Da allora e per venti anni la sua vita è stata un continuo viaggio, lontano dalla patria: in Australia, a Sidney, dove ha completato i suoi studi, e dove è emigrata tutta la sua famiglia; a Creta, dove ha insegnato all Università di Rètimno; ad Atene e infine a Cipro, a Nicosia, dove è rientrato nel 1993 e dove insegna letteratura neogreca. E poi di continuo tanti viaggi per motivi familiari, accademici, artistici: Parigi, Londra, Melbourne, Barcellona, Malaga, Granada, Roma, Ginevra, Venezia, Ravenna, Ferrara, Mosca, San Pietroburgo, Palermo, Siracusa, Catania, Milano, Napoli, Alessandria, Trieste, Pyrgos, Stoccolma, Florina. «Alcuni di questi luoghi scrive Pierìs li sento come patria. Salonicco, Sidney, Rètimno. Ma sullo sfondo di tutto Cipro, sempre con i sette angoli della terra natale. Il villaggio dove sono nato: Eftagonia ( I sette angoli ). Lì sono sepolti i miei avi e bisavoli». Cipro, nella sua ambivalenza, la sua Itaca a cui tornare e da cui ripartire; i suoi viaggi, il suo continuo, incessante peregrinare, ci introducono nella sua poesia di cui costituiscono due delle tematiche principali e la struttura portante di tutta la sua opera. «La poesia è nata dai miei viaggi», ha scritto consapevolmente il Poeta. Personalità ricca, dai molteplici volti, quella di Pierìs, poeta, traduttore, docente universitario, infaticabile animatore culturale, fondatore della Greek Theatrical Workshop all Università di Sidney (1979), membro della Compagnia Teatrale dell Università di Creta (1987-1992), fondatore e animatore del Laboratorio Teatrale dell Università di Cipro (1997) e del Centro Culturale dell Università di Cipro nel centro storico di Nicosia, fondatore della rivista letteraria Ìlandron. A Pierìs si deve la messa in scena e la regia teatrale di molte opere, da Euripide alla Ballata popolare del ponte di Arta a opere medievali come La cronaca di Cipro di Leonzio Machieràs di cui sta curando anche l edizione critica, al rinascimentale Erotokritos di Vincenzo Kornaros. Ha scritto e portato in scena anche un suo lavoro teatrale La casa. Come critico ha scritto numerosi saggi sull opera di molti poeti, in particolare K. Kavafis, G. Seferis, T. Sinopulos, il cipriota K. Montis, M. 1
Ganàs: autori che costituiranno un punto di riferimento anche per la sua poesia. Ha pubblicato racconti e pagine in prosa e nove raccolte poetiche. Ha cominciato a pubblicare poesia nel 1978 sotto lo pseudonimo di Michalis Eftagonitis (dal suo paese di nascita). La sua prima raccolta Resurrezione e morte di una città è apparsa nel 1991, seguita da Comandami nel 1993, Ritmo e paura nel 1996, La patria in sogno nel 1998, nel 1999 una scelta di poesie intitolata Metamorfosi di città, una delle raccolte fondamentali per la sua opera che sta ora ripubblicando ampliata in Grecia e che è quasi integralmente tradotta in questa nostra antologia, infine nel 2002 è uscita la raccolta Racconto, altre volte tradotta come Narrazione e nel 2005 Luoghi di scrittura. La città, le tante città costituiscono l altro tema della sua poesia in una perfetta circolarità, anch essa motivo ricorrente e costituente della sua opera, dalla prima raccolta (Resurrezione e morte di una città) a Metamorfosi di città), da Rétimno, dunque, alle tante città amate e visitate che finiscono per comporre l immagine unitaria, e insieme molteplice, di una città ideale, città dell anima e metaforica. Come ha scritto Renata Lavagnini: «Pierìs è un cosmopolita e di questo cosmopolitismo la sua poesia è impregnata ma ha conservato ben salde le proprie radici culturali in quella grecità che si estende ben oltre i confini storici dello stato nazionale greco».( Foro Ellenico, sett.-ott 204, p.37) Pierìs è un poeta colto, che fa del suo bagaglio letterario una specie di alter ego con cui continuamente dialogare nella sua poesia. Le sue esperienze di lettura divengono esperienze di vita e prendono forma nella sua poesia. Katerina Kostìou sottolinea come la struttura intertestuale costituisca una delle caratteristiche fondamentali della sua opera: gli elementi intertestuali molteplici, consci ma anche talvolta inconsci, si fondono in maniera semplice e naturale. «Pierìs continua la Kostìou sembra ritenere l intertestualità non solo condizione inevitabile di ogni creazione poetica, ma anche metodo poetico fecondo». Affermazione convalidata e rafforzata dalla testimonianza dello stesso Pierìs: «Quello che so è che non possiamo più scrivere su una pagina bianca. La nostra mente non è una pagina bianca. La testa di uno scrittore è colma di testi scritti e orali [...]Non esiste una voce completamente individuale poiché, come è stato detto giustamente, nell arte non esiste partenogenesi». Concludo notando come l idea ricorrente della molteplicità, a volte anche antitetica, che compone la realtà molteplice e dialogante in un armonica unità, ha finito per riguardare e coinvolgere anche la struttura del presente libro che in maniera abbastanza inconsueta è stato tradotto a più mani da Renata Lavagnini, docente universitaria a Palermo e filologo, studiosa della poesia di Kavafis, collaboratrice e amica di Michalis Pierìs; dall amico Matthias Kappler, docente all Università di Cipro di Letteratura turca, tedesco di origine, vissuto a Venezia, anche lui, come il nostro poeta, personalità cosmopolita; dalla sottoscritta che frequenta l opera critica e poetica di Pierìs da quasi un ventennio, ma anche dalla collega Anna Zimbone, docente a Catania, e dalla più giovane Gaia Zaccagni: tante voci mi viene da dire per una sola voce, voci diverse che finiscono anche qui per comporre però l unità e la ricchezza della sua poesia. Paola Maria Minucci 2
Voglio una città che mi nasconda Una città che sia tollerante una città che sia d aiuto una città che sia comprensiva una città che collabori una città che sia accogliente una città che approvi una città che sia stimolante una città che sia pietosa una città più adatta ad una vita segreta. Una città eccitante una città che infiammi una città che complotti una città che partecipi una città che esploda e si lasci trascinare condividendo illeciti piaceri... Che si apra come braccia calde in ore speciali in certe circostanze e copra i misfatti con il suo bell aspetto. Voglio una città, cosa cerco, una città che mi nasconda. Una città con forme sconosciute nuovi posti ogni sera con possibilità di molte combinazioni inaspettate coincidenze e occasioni fortuite. Voglio una città coraggiosa una città che riscaldi una città che si commuova una città che ispiri una città affabile città conforto città dolce consolante e tepore della mia mente una città che nel suo caldo grembo mi chiuda voglio una città, cosa cerco, una città che mi nasconda. Non il duro freddo cuore del paese indiscreto il volto gelido dai molti specchi le case trasparenti gli auricolari nelle strade. Rètimno, 1984-1990 (Traduzione di Paola Maria Minucci) 3
Bel paesaggio a Rètimno Da qualsiasi luogo lo guardi, stupendo. Comunque lo guardi, bello. Nel sole, nella pioggia, nella nebbia del mattino. Nel primo imbrunire della luce. Luogo unico. Di rara bellezza. Il Castello, il porto, le colline con i pini il celeste e il violetto del mare a nord. Stupendo. Come una bella natura. O il corpo di donna modellato con arte e fortuna. Ma per quanto tempo guardarlo. È stancante sempre la stessa vista anche se bella. Mortale il fissarsi nello stesso luogo. Il torpore il fondersi come di anima che si aggiusta nel crogiuolo del sonno. Atroce il silenzio inerte della provincia. L'atonia della mente nelle vuote chiacchiere. L'affondare l'infettarsi nella noia opaca del monotono incontro di volti noti. (A una serie di giorni ne segue un'altra di giorni bianchi. Familiari. Perduti.) Oh la gioia della prima scoperta. Stupore del primo contatto e paura dell'ignoto. Fascino unico dell'oscuro passaggio brivido d un attimo nell'amore improvviso crepa nel corso del tempo in luogo nuovo! Rètimno, estate 1992 (Traduzione di Paola Maria Minucci) 4
Guardando l'australia Liebe und Einsamkeit Liebe und unerfullbare Sehnuch Sind die Mutter der Kunst Hermann Hesse, Guardando l'italia Sei scesa nel mio sonno mia amata ieri a tarda notte mi hai trovato triste era cresciuto infatti il mio dolore leggendo nei versi di un poeta straniero che madre dell'arte sono l'amore e la solitudine la privazione e il desiderio irrealizzato. E all'aspetto eri come ti avevo lasciata triste e addolorata la mattina del sabato soffiava un vento freddo e dovevo attraversare sette mari e due oceani e tre continenti ma arrivai all'ultimo momento del distacco mentre ti giravi vidi la luce che ti inondava le spalle il tuo lungo collo che si voltava e un ultimo bacio che mi mandasti nodo stretto alle viscere e la tua calda lacrima che bevesti mi soffoca la notte. No! Non piangerò il nostro amore L'amore che ci regge non farà nascere carta e parole. La lacrima non la svendo per il tuo piacere, ansioso ciarlatano e scaltrito lettore. Farabutto, per salvare senza dolore la tua vita vuota. Entrerò ancora nel ritmo del tuo tempo, piccolo uccello e mia rondine, e berrò la lontananza e darò l'anima vendendo anche la mia arte. Ti incontrerò là dove ti ho lasciato. Atene, luglio 1992 (Traduzione di Paola Maria Minucci) 5
Nel sogno entrammo per lo squarcio che il cielo apriva - non aveva tetto l edificio. Il tempo, onnipotente: e s abbassava il cielo con le nuvole scorrenti insieme con la luna. Memoria di luna a Palermo Magica era, così, ogni cosa; la voragine aperta nella chiesa univa del cielo l artificio al cielo naturale - tu dicesti, e mi voltai a guardare. Folto e assurdo s ergeva un albero, bagnato dal chiarore lunare; e fresca, allora, venisti tu,... memoria profumata...... lo spasimo ancora durava... nell alto letto un guizzo estremo come di piccola, selvatica bestiola. Pacifica la stanza, mare tranquillo la sera. A gocce scendeva la luce dal tuo corpo; uno splendore lucente e strano avevi nello sguardo, eri tu e non eri, mia e estranea insieme. Un non so che sembravi di perduto, sentito un tempo, ora dimenticato: una ferita aperta. Ti alzasti lenta e ti scorreva la luce in viso. Un sudore - era agosto t imperlava; su in terrazza un violino s udiva, e gemere un liuto. Avanti i turchi stavano in attesa, e dietro i greci s acquattavano, giovani di leva, l anima - e il colpo - in canna. Ma tu, corpo sottile e svelto come l amore, uscisti fuori leggera nel fiume della notte... O fata o strega o sogno sembravi a braccia aperte volando nel cielo della città che invalida dormiva. Ecco la luna, da ambo le facce piena. Ecco la luna, gridasti, lei che ci unisce ecco si abbassa, ci guida a un bel giardino. Odoro luce, pazza mi sento, tra pitture amorose vo vagando, ecco la bella mia città sommersa nella luce, città senza frontiera, venga chi vuole. Io sono nuda, è un isola il mio corpo, fatto per ogni gioia - e si udì allora il colpo. Là ti trovai, in un rantolo, nel ventre la pallottola, a metà distesa fra il Nord oscuro, e il Sud. Palermo, febbraio 1997 6 (Traduzione di Renata Lavagnini)
La città-trappola Sempre questa città sarà città difficile, aspra, colma di buche e sogni, come la città-passato e la città-futuro. La città secoli fa e la città cinquant anni fa. La città ieri, la città oggi e domani la città - per sempre trappola ma svegliandosi dalla morte ogni ora avanzata nottetempo nella luce che detestavo vengo nuda e facile preda per te. Vestita di carne fragrante vengo da te. Quest altra nudità ti offro. Quella vera. Mosca, ottobre 1997 (Traduzione di Matthias Kappler) 7
Florina d Acheronte Passavano silenziosi i treni a Flòrina, alla Sala da tè fermandosi là dove ogni cosa è bianca in un incerto tremolìo, e poi diventa nera perdendosi nell oscurità più buia. Più tardi uscimmo al mondo esterno quello vero, ci mettemmo in strada verso il confine, e poiché tremava sugli alberi adorni la luce, e non sapevi se era un sudario, o un abito da sposa se sfioravano terra oppure giravano stanche nell aria le ruote e se tutti eravamo immersi in un sonno profondo e in un eterno sogno del lago nelle profondità ghiacciate, così dev essere il riposo eterno dicesti e ed era il tono della voce piano, come distratto. Sostammo allora e fatti pochi passi sulla neve bianca, in silenzio, la profanammo come per assicurarci di non essere morti, con il getto caldo e fumante dell urina aprendo sul bianco peplo un foro giallo. E una volta finito, alleggeriti, tu guardasti lontano, oltre il bianco lenzuolo e mentre calmo accendevi la sigaretta mi dicesti, amico sono un po confuse le cose perché con tanto nero potrebbe anche essere bello il mondo ch è di sotto mentre ora attorno a noi con tanto bianco la luce soffoca nel nero della morte. Flòrina, dicembre 2001 (Traduzione di Renata Lavagnini) 8
Nel Sacro di Amburgo Poi andammo nel quartiere che veglia vendendo morte e carne non rimanemmo nella piazza centrale non nelle vie laterali dove si accalcano travestiti e puttane e adolescenti che ricercano elevazione dando la loro carne per la prima volta alla voluttà. Ma procedemmo dentro ed entrammo nel Sacro cercando qualcosa di forte da veri uomini vetrine-gabbie di vetro in fila uccelli senza ali pesci nell acquario ti guardavano senza vedere, ti eccitavano senza invitare, ti cercavano senza chiedere con volontà carnale, occhi vuoti e piatti (alle tre gabbie pensavo quelle vuote nella chiesa di Münster, la forma barbara del potere. Il corpo che non sentiva l ultima carezza dell unzione né si confondeva con la terra con quello che c era ma era da uccelli selvatici carnivori annientato, pasto ai loro becchi). Ma questo è acqua passata di ieri. Empii profumi della notte ora che venne il giorno che li coprì e risciacquati nella luce stiamo seduti all angolo fra una via centrale e una modesta laterale con nome nel dialetto locale. Empii letti corvi neri le memorie, ma sarebbe tutto un ieri innocuo come qualcosa che non c era, se nella mente non fosse rimasto quel chiodo. Le tre gabbie a Münster. Munster, Amburgo, Monaco, aprile 2007 / Nicosia, febbraio febbraio 2008 (Traduzione di Matthias Kappler) 9
Note - Memoria di luna a Palermo La poesia prende spunto dalla chiesa dello Spasimo nel centro storico di Palermo, oggi diroccata e senza il tetto. Da una nota inedita dell Autore traduco:«la prima stesura della poesia è stata fatta a Palermo tra il 18 e il 21 febbraio 1997, subito dopo una visita notturna allo Spasimo, suggestivo edificio medievale nella città vecchia, con un cortile interno e la chiesa. Lì finivano i malati con malattie incurabili per l ultimo «spasimo». Oggi è un importante centro culturale della città. Particolarmente suggestiva è la chiesa che è stata trasformata in una specie di arena, mancandole il tetto e con il cielo che dà l impressione di una copertura celeste. La notte in cui l abbiamo visitata, la luna era sopra l edificio e illuminava un albero stupendo, cresciuto nella navata centrale della chiesa, sotto la cupola scoperta. La scena mi ha ricordato gli alberi nati nelle crepe dell asfalto di certe strade nella zona morta di Nicosia. L associazione con la capitale di Cipro, controllata dall esercito e spaccata in due, è avvenuta in maniera naturale anche perché in quei giorni Palermo era piena di soldati armati che la tenevano sotto controllo per probabili attacchi della Mafia». - Nel sacro di Amburgo Le gabbie citate nella poesia («Le tre gabbie [...] nella chiesa di Münster») sono le tre gabbie appese sulla facciata della chiesa di San Lamberto a Münster in Germania. Nel 1535, gli anabattisti radicali tentarono di fondare nella città una comune teocratica ma la loro rivolta (1535-1536) fu repressa violentemente, migliaia di anabattisti furono giustiziati e i corpi dei capi della Comune furono messi dentro a gabbie appese in cima alla chiesa. Le loro ossa vi rimasero come un monito fino al 1881. 10
13 ΘΕΛΩ ΜΙΑ ΠΟΛΗ ΝΑ ΜΕ ΚΡΥΒΕΙ Mιά πόλη πού ν àνέχεται µιά πόλη νά συντρέχει µιά πόλη νά κατανοεö µιά πόλη νά συµπράττει µιά πόλη ν àποδέχεται µιά πόλη νά âγκρίνει µιά πόλη νά παρακινεö µιά πόλη νά συµπάσχει µιά πόλη πιό κατάλληλη γιά τόν κρυφό τό βίο. Mιά πόλη διεγερτική µιά πόλη νά âξάπτει µιά πόλη νά συνωµοτεö µιά πόλη νά µετέχει µιά πόλη νά ξεσπä νά παρασύρεται öχοντας âνοχή σ öκνοµες àπολαύσεις... Πού ½ς θερµή ν àνοίγεται àγκάλη σέ zρες ε δικές σέ κάποιες περιστάσεις καί νά σκεπάζει τ àνοµήµατα µέ τήν καλήν της ùψη. Mιά πόλη θέλω, τί ζητ, µιά πόλη νά µέ κρύβει. Mιά πόλη µ ôγνωστες µορφές καινούρια µέρη κάθε βράδυ µέ δυνατότητες πολλ ν συνδυασµ ν àπρόσµενων συµπτώσεων καί εéκαιρι ν τυχαίων. Mιά πόλη θέλω τολµηρή µιά πόλη νά θερµαίνει µιά πόλη νά παθαίνεται µιά πόλη νά âµπνέει µιά πόλη καλοµίλητη πόλη παραµυθία πόλη γλυκειά παρήγορη καί θαλπωρή τοü νοü µου µιά πόλη στό ζεστό κόρφο της νά µέ κλείνει µιά πόλη θέλω, τί ζητ, µιά πόλη νά µέ κρύβει. Oχι τοü àδιάκριτου χωριοü τήν κρύα σκληρή καρδιά του, τό πρόσωπο τό παγερό µέ τούς πολλούς καθρέφτες, τά σπίτια τά διαφανé, τ àκουστικά στούς δρόµους. Pέθυµνο: 1984-1990
15 ΩΡΑΙΟ ΤΟΠΙΟ ΤΟΥ ΡΕΘΥΜΝΟΥ \Απ που νά τό δεöς, πανέµορφο. Oπως καί νά τό δεöς, ½ραÖο. Στόν λιο, στή βροχή, στήν πρωινή ïµίχλη. ΣτοÜ βραδινοü φωτός τό πρ το µούχρωµα. Tοπίο µοναδικό. Mέ σπάνιες çµορφιές. Tό Kάστρο, τό λιµάνι, οî λόφοι µέ τά πεüκα τό γαλανό καί τό µαβί τéς βορινéς θαλάσσης. Πανέµορφο. Kαθώς ½ραία φύση. H γυναικός κορµί πού πλάστηκε µέ τέχνη καί µέ τύχη. Mά πόσο νά τό δεöς. Erναι κουραστική δια θέα σο κι ôν εrναι ùµορφη. Θανατερό τό στέριωµα στόν διο τόπο. Tό νάρκωµα τό χώνεµα σάν τéς ψυχéς τό βόλεµα µές στή χοάνη τοü πνου. Φρικτή ôπραγη σιωπή τéς âπαρχίας. ^H àτονία τοü µυαλοü µές στή ρηχή κουβέντα. Tό βύθισµα τό µόλεµα µές στή µουντή àνία µονότονης συνάντησης γνωστ ν προσώπων. (Σειρά µερ ν διαδέχεται σειρά µερ ν λευκ ν. O κιακ ν. Xαµένων.) Ω χαρά τοü πρωτοείδωτου! Eκπληξη πρώτης âπαφéς καί φόβος τοü àγνώστου. Ελξη µοναδική τοü σκοτεινοü περάσµατος ρίγος περαστικό α φνίδιου öρωτα ρωγµή στοü χρόνου τή ροή σέ τόπο νέο! Pέθυµνο: Kαλοκαίρι 1992
21 ΒΛΕΜΜΑ ΠΡΟΣ ΑΥΣΤΡΑΛΙΑ Liebe und Einsamkeit Liebe und unerfüllbare Sehnuch Sind die Mutter der Kunst; HERMAN HESSE Στόν πνο µου κατέβηκες κυρά µέ βρéκες ψές àργά τή νύχτα λυπηµένο καθώς τούς στίχους ξένου ποιητé διαβάζοντας τόν πόνο µου µεγάλωσα πώς εrν τéς τέχνης µητέρα ï öρωτας κι µοναξιά στέρηση κι ï àνεκπλήρωτος ï πόθος. Kι qταν πως τήν ôφησα µορφή σου περίλυπη καί παραπονηµένη πρωί Σαββάτου φύσαγε κρύος àέρας κι εrχα νά προσπεράσω θάλασσες ëφτά καί δυό èκεανούς καί τρεöς äπείρους µά πρόλαβα τήν στατη τοü χωρισµοü στιγµή τήν œρα πού στριβες νά δ τό φ ς πού σέ πληµµύριζε τριγύρω άπ τόν αéχένα τόν àψηλό λαιµό σου νά γυρνä κι να στερνό πού µοü στειλες φιλί τά σπλάχνα νά µοü στίβει καί τό καυτό πού τό πιες δάκρυ σου τίς νύχτες νά µέ πνίγει. Oχι! Δέν θά µοιρολογήσω τήν àγάπη µας. ^O öρωτας πού µäς κρατεö δέν θά γενεö χαρτί καί λέξεις. Tό δάκρυ δέν τό ξεπουλ γιά τό χατήρι σου. \Aγύρτη πού àδηµονεöς καί πονηρέ àναγνώστη. Mπαµπέσικα κι àνώδυνα τήν ôδεια σου ζωή νά σώσεις. Mές στό ρυθµό τοü χρόνου σου θά µπ ξανά, πουλί καί χελιδόνι µου, καί τήν àπόσταση θά πι καί τήν ψυχή θά δώσω πουλώντας καί τήν τέχνη µου. \EκεÖ πού σ ôφησα, âκεö θά σ àνταµώσω. \Aθήνα: \Iούλιος 1992
31 ΦΕΓΓΑΡΙ ΜΝΗΜΗ ΣΤΟ ΠΑΛΕΡΜΟ Ε χαµε µπεö µές τ ùνειρο àπ τή ρωγµή π àνοίγουν τά âπουράνια, δίχως σκεπή τό κτίσµα. ^O χρόνος παντοκράτορας χαµήλωνε ï οéρανός µέ σύννεφα πού τρέχανε µαζί µέ τή σελήνη. Eτσι νά qταν λα, µαγικά, στή µέση τοü ναοü νά ναι τό χάσµα µέγα νά σµίγει τέχνη τοü οéρανοü µέ τοü οéρανοü τή φύση - εrπες καί γύρισα νά δ. Φούντωνε δέντρο αéθαίρετο, στό φ ς τοü φεγγαριοü λουσµένο καί τότε qρθες δροσινή...µνήµη µυρωτισµένη...... àκόµη âκράταγε ï σπασµός... στ àπόκρηµνο κρεβάτι στερνή φορά σπαρτάρησες φουριάρικο àγρίµι. ^H κάµαρη γαλήνεψε, µιά θάλασσα τό δείλι. Tώρα τό φ ς στό σ µα σου öσταζε, στά µάτια λάµψη φωτερή παράξενα σέ φώτιζε, σουν âσύ καί δέν σουν. Δική µου µά καί ξένη. Eµοιαζες κάτι πού öχασα, κάτι πού εrχα νιώσει µές στόν καιρό πού ξέχασα αéτό πού µäς πληγώνει. \Aργά σηκώθης καί τό φ ς τρεχάµενο στήν ùψη. Aûγουστος qταν, δάκρυζες τéς δονéς îδρώτα, βιολί àκουόταν στή σκεπή κι νας λυγµός λαγούτου. Mπροστά σου TοÜρκοι λούφαζαν πίσω Pωµιοί φωλιάζαν, παιδιά φαντάροι νύσταζαν µέ τήν ψυχή στήν κάννη. Mά σύ κορµάκι πρόβαλες λιγνό σάν τήν àγάπη καί βγéκες öξω àνάερη στόν ποταµό τéς νύχτας... H àνεράδα ùνειρο ξωτικό θά σουν κι ôνοιξες χέρια τοü οéρανοü, πάνω àπ τήν πόλη πέταξες πού àνάπηρη κοιµόταν. Nά τό φεγγάρι, ïλόγιοµο
47 ΠΟΛΗ-ΠΑΓΙΔΑ Πάντα θά εrναι αéτή πόλη πόλη δύσκολη, στρυφνή, γεµάτη λάκκους κι ùνειρα, πως πόλη-παρελθόν κι πόλη-µέλλον. ^H πόλη πρίν àπό α νες κι πόλη πρίν àπό πενéντα χρόνια. ^H πόλη χτές, πόλη σήµερα καί αûριο δια πάντοτε παγίδα-πόλη µως, ξυπνώντας àπ τόν θάνατο κάθε προχωρηµένη œρα τéς νυκτός, στό φ ς πού àποστρεφόµουν öρχοµαι γυµνή καί εéάλωτη γιά σένα. Mέ τά âνδύµατα εéωδιαστéς σαρκός προσέρχοµαι, αéτή τήν ôλλη γύµνια σοü προσφέρω, τήν àληθινή. Μόσχα: \Οκτώβριος 1997
89 ΑΧΕΡΟΥΣΙΑ ΦΛΩΡΙΝΑ Tά τρένα φεύγαν σιωπηλά στήν «Tσαγερί» τéς Φλώρινας σταµατηµένα âκεö πού τρεµοπαίζουν λα κάτασπρα κι στερα µαüρα χάνονται στ àπόλυτο σκοτάδι. Yστερα βγήκαµε στόν öξω κόσµο τόν àληθινό καί πήραµε τό δρόµο γιά τό σύνορο κι πως κυµάτιζε τό φ ς στά στολισµένα δέντρα ôν qταν νυφικό σάβανο δέν ξερες ôν ôγγιζαν στή γή ôν στό àέρα γύριζαν οî ρόδες κουρασµένες λοι ôν βρισκόµασταν σ πνο βαθύ καί σ ùνειρο παντοτινό στό πάτο λίµνης παγωµένης öτσι θά εrναι ï α ώνιος πνος εrπες κι àκούστηκε φωνή êπλή καί σάν àνέµελη. Tότε σταθήκαµε κι àφού βαδίσαµε γιά λίγο σιωπηλοί στό ôσπρο χιόνι θέλοντας νά σιγουρευτοüµε πώς δέν ε µασταν νεκροί τό βεβηλώσαµε µέ àχνισµένο κάτουρο ζεστό àνοίγοντας µιά τρύπα κίτρινη στό ôσπρο πέπλο. Kι ταν τελειώσαµε ξαλαφρωµένοι, κοίταξες πέρα µακριά στό κάτασπρο σεντόνι καί µοü πες συχα àνάβοντας τσιγάρο. Φίλε, τά πράγµατα µπερδεύονται γιατί µέ τόσο µαüρο µπορεö καί νά ναι ùµορφος ï κάτω κόσµος καθώς καί τώρα γύρω µας µέ τόσο ôσπρο πνίγεται τό φ ς στό µαüρο τοü θανάτου. Φλώρινα: Δεκέµβριος 2001