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PROGRAMMA (a) Euripide, Elettra. (b) Conoscenza della storia della letteratura dalle origini al V secolo a.c.; in particolare: epica arcaica, lirica arcaica, tragedia e commedia, storiografia. (c) Conoscenza della storia della letteratura dalle origini al V secolo a.c.; in particolare: epica arcaica, lirica arcaica, tragedia e commedia, storiografia. (d) Letture personali: Omero, Iliade I; Odissea III. Bibliografia: (a) M.C. Cropp (ed.), Euripides. Electra, Warminster: Aris & Phillips 1988; H.M. Roisman and C.A.E. Luschnig (eds), Euripides Electra. A Commentary, Norman, University of Oklahoma Press 2011. La lingua della tragedia: il capitolo dedicato alla tragedia in A.C. Cassio, Storia delle lingue letterarie greche, Firenze, Le Monnier 2016. Per la lingua greca, in generale: La lingua dei Greci. Corso propedeutico, a cura di A. Aloni, Roma, Carocci 2011. (b) Qualsiasi buon manuale recente di storia della letteratura greca. (c) Qualsiasi buon manuale recente di storia della letteratura greca. (d) Iliade I: Omero, Iliade, Libro 1: la peste, l'ira, intr. e comm. di M. Giordano, trad. di G. Cerri, Roma, Carocci 2010; Odissea III: è raccomandato il ricorso a una buona edizione scolastica commentata. Per esempio: Omero. Odissea III, a cura di M. Marzi (Ed. Dante Alighieri). Commenti di riferimento: The Iliad. A Commentary, Vol. I: Books 1-4, ed. by G.S. Kirk, Cambridge University Press 1985 (Introduction: pp. 1-37; Commentary: pp. 51-114); Omero. Odissea, vol. 1: Libri 1-4, introd., testo e comm. a cura di A. Heubeck e S. West, Milano, Mondadori 1981. La lingua dell epica: il capitolo dedicato all epica in A.C. Cassio, Storia delle lingue letterarie greche, Firenze, Le Monnier 2016. Per la lingua greca, in generale: La lingua dei Greci. Corso propedeutico, a cura di A. Aloni, Roma, Carocci 2011. Altre indicazioni saranno fornite a lezione. NOTA (i) Gli studenti che seguono solo la parte introduttiva sono tenuti ai punti (b) e (d) del programma e al punto (a) solo per la parte svolta nella prima metà dell insegnamento. (p) Gli studenti che seguono l intero insegnamento sono tenuti a tutti i punti del programma. Orario delle lezioni: I semestre lunedì 15.10 16.50 Aula 1.5 giovedì 10.10 11.50 Aula 1.3 venerdì 8.30 10.10 Aula 1.2 con inizio il 3 ottobre. Orario di ricevimento nel I semestre: lunedì 17.00-19.00 con inizio il 3 ottobre. Oppure su appuntamento preso via email. INTRODUZIONE GENERALE 1. Struttura delle tragedie. La Poetica aristotelica propone una partizione quantitativa (mevrh... kata; to; povson), cioè relativa all estensione del dramma, comprendente alcune parti comuni a tutte le tragedie (koina; me;n ajpavntwn): prologo, episodio, esodo e cori, questi ultimi distinti in parodo e stasimo, e altre parti che non appartengono a tutte le tragedie (i[dia): Po. 52b15-18: kata; de; to; poso;n kai; eij" a} diairei'tai kecwrismevna tavde ejstivn, provlogo" ejpeisovdion e[xodo" corikovn, kai; touvtou to; me;n pavrodo" to; de; stavsimon, koina; me;n ajpavntwn tau'ta (con riferimento all estensione della tragedia e a come è ripartita, le parti sono queste: prologo, episodio, esodo, canto del coro, e questo si distingue in parodo e stasimo; queste sono le parti comuni a tutti i drammi). Si tenga presente che queste parti sono altro dalle forme che gli autori possono adottare. La distinzione è chiara da quanto segue: mevrh de; tragw/diva" oi " me;n ãwj" ei[desiã dei' crh'sqai provteron ei[pamen, kata; de; to; poso;n kai; eij" a} diairei'tai kecwrismevna tau't ejstivn (52b25-27). Schematizzando: a. parti comuni koinav b. parti speciali i[dia a.1 prologo provlogo" precede il primo intervento del coro mevro" to; pro; corou' parovdou a.2 episodio ejpeisovdion tra un canto completo del coro e un altro mevro" to; metaxu; o{lwn corikw'n melw'n a.3 esodo e[xodo" segue l ultimo canto corale mevro" meq o} oujk e[sti corou' mevlo" a.4 cori corikav a.4.1 parodo pavrodo" il primo intervento completo del coro hj prwvth levxi" o{lh corou' a.4.2 stasimo stavsimon canto del coro senza parti recitative mevlo" corou' to; a[neu ajnapaivstou kai; trocaivou b.1 ta; ajpo; skhnh'" canto degli attori dalla scena b.2 kommov" lamento del coro al quale partecipano gli attori qrh'no" koino;" corou' kai; ajpo; skhnh'" Sono state avanzate molte riserve sull efficacia descrittiva di questa partizione, anche se si deve presupporre che essa risponda alla percezione diffusa tra gli spettatori coevi. Si dovrà per esempio cogliere la differenza fra la parodo, che è 1

lexis, e lo stasimon, che è melos: la parodo ingloba, se c è, anche la sezione recitativa in anapesti con la quale il coro fa talora il suo ingresso (ma che è assente nell Elettra di Euripide come in non poche altre tragedie). Lo speciale carattere dell esposizione aristotelica richiede spesso integrazioni esegetiche, come a proposito dell episodio, che sarebbe compreso fra cori completi (metaxu; o{lwn corikw'n): abbiamo canti infraepisodici, sia astrofici (in Euripide, Elettra 585-95 e 1165-71) sia organizzati in coppie antistrofiche di stanze come p. es. in OT 649-67 = 678-96 e nel Filottete (391-402 = 507-18) dove strofe e antistrofe sono distanziate, ma anche in altri casi, nei quali i canti antistrofici sono effettivamente completi. 2. Versificazione Simboli k (elementum) breve l (elementum) longum t (elementum) biceps x (elementum) anceps (=i) ^ acefalia o catalessi fine di parola cercata, cesura fine di periodo, fine di verso H iato in fine di verso a (elementum) indifferens in fine di verso fine di strofa an anapesto ty ty ba baccheo kll cho coriambo lkkl cr cretico lkl d docmio xl lkl (tipo base) da dattilo lkk ia giambo xtkt ion ionico kkll mol molosso lll sp spondeo ll tro trocheo tktx La composizione del dramma attico del V secolo, tanto serio (tragedia, satiresco) quanto comico, ricorre a una varietà di tipologie performative concepite contestualmente e giustapposte organicamente. Con terminologia aristotelica diremo che la mimesis drammatica ricorre a ritmo, linguaggio e armonia, usandoli separatamente o congiuntamente. Po. 1447a22s.: a{pasai (scil. aij eijrhmevnai tevcnai, cioè ejpopoiiva, tragw/diva, kwmw/diva, diqurambopoihtikhv, aujlhtikhv, kiqaristikhv) me;n poiou'ntai th;n mivmhsin ejn rjuqmw/' kai; lovgw/ kai; ajrmoniva/, touvtoi" d h] cwri;" h] memigmevnoi" (tutte le arti menzionate: epica, tragedia, commedia, ditirambo, auletica e citaristica, realizzano l imitazione col ritmo, il linguaggio e l armonia, usandoli separatamente o congiuntamente). Ciascuna tipologia performativa corrispondente alle parti del dramma, come prologo, episodio, esodo, canto del coro, e questo si distingue in parodo e stasimo, per parlare solo di quelle comuni a tutti i drammi (vedi sopra) comporta l adozione di specifici procedimenti versificatôri, coi quali forme metriche con tradizioni contenutistiche ed esecutive diverse sono adattate al contesto drammatico; a questo proposito Aristotele parla, proprio per la tragedia, di diverse specie o forme (ei[dh), corrispondenti a parti (movria) del dramma e ciascuna caratterizzata da specifici tratti formali. Po. 49b25s.: (e[stin ou\n tragw/diva mivmhsi") hjdusmevnw/ lovgw/ cwri;" ejkavstw/ tw'n eijdw'n ejn toi'" morivoi", lett.: (la tragedia è imitazione eseguita) con linguaggio adorno distintamente per ciascuna delle forme nelle diverse parti. E continua (49b29-31): levgw de; hjdusmevnon me;n lovgon to;n e[conta rjuqmo;n kai; ajrmonivan kai; mevlo", to; de; cwri;" toi'" ei[desi to; dia; mevtrwn e[nia movnon peraivnesqai kai; pavlin e{tera dia; mevlou" (per linguaggio adorno intendo quello che possiede ritmo, armonia e canto, e con distintamente per ciascuna delle forme intendo che alcune forme si producono solo con i versi, altre poi con il canto). È opportuno non soltanto distinguere fra esecuzioni cantate e recitate, giusta la manualistica distinzione fra i metri, ma anche considerare la prassi di parti recitative, per servirci di un termine decodificabile, pur con le opportune cautele, grazie al melodramma sei-settecentesco. Designeremo come recitativo il «cantare per recitare» (così B. Castiglione, Il libro del cortegiano, 1528) su un accompagnamento strumentale. Sarà, cioè, opportuno distinguere fra le parti recitate, i recitativi e le parti cantate. (a) Le parti recitate. Per l età di cui ci sono conservati drammi integri e frammenti cospicui, le parti recitate, si tratti di monologhi o di dialoghi più o meno stretti, sono in trimetri giambici (3ia): xtkt x tk t xtka i. Risoluzioni. Il trimetro giambico drammatico contempla la possibilità di sostituzioni isosillabiche (una sillaba lunga [l] o una breve [k] negli elementi ancipiti [x]) e anisosillabiche (due brevi al posto di una lunga [t] tanto negli elementi lunghi quanto in quelli ancipiti). Il valore prosodico dell ultima sillaba del verso è indifferente: essa vale come lunga a prescindere dall occorrenza di pausa sintattica o di iato. La ricorrente breve obbligata nel terzo elemento di ciascun metro garantisce la riconoscibilità del pattern ritmico (analogamente alla breve nel secondo elemento del metro trocaico). Le sostituzioni anisosillabiche, dette risoluzioni, comportano di poter avere tribrachi (kkk), dattili o anapesti nel primo, nel terzo e nel quinto piede, e tribrachi nel secondo e nel quarto. Si riscontra che i drammi euripidei sicuramente databili presentano quote di risoluzioni progressivamente più frequenti (con piccole deviazioni che statisticamente non inficiano il rilievo): a prescindere dai nomi propri, si va dal 6,23% dell Alcesti (ma 4,25% nell Ippolito) al 2

21,15% delle Troiane (del 415), al 39,41% dell Oreste (del 408 [?]; ma 37,58% nelle Baccanti e 34,68% nell Ifigenia in Aulide, entrambe rappresentate postume). ii. Cesure e Ponte di Porson. Salvo un ridottissimo numero di casi, è rispettata la fine di parola in corrispondenza della quinta o (meno frequente) della settima posizione (cesura: ). In alcune occorrenze la fine di parola è ricercata (talora ciò dipende dalle scelte espressive dell autore) o evitata; nella tragedia la più rigorosamente evitata è la fine di parola polisillabica con sillaba lunga nella nona posizione, dove il terzo ancipite è realizzato da una lunga solo se si tratta di un monosillabo, di un bisillabo in elisione o di un polisillabo cui appartiene anche la sillaba successiva: è il cosiddetto ponte di Porson. In ogni caso il nucleo prosodico-ritmico è costituito dalla parola fonetica, che include prepositive e pospositive, cfr. OT 99: Poivw/ kaqarmw'/ tivç oj trovpoç th'ç xumfora'ç iii. Antilabai. Il 3ia recitato può essere diviso fra due personaggi, in due o più raramente in tre segmenti. Nell Elettra di Euripide ciò avviene a 579-81 e 693. iv. Enjambement. Questo fenomeno, già attestato nell epica arcaica e ricorrente anche nella versificazione moderna, consiste in una tensione fra la sintassi e il metro, quando la struttura sintattica non coincida con la fine di verso. Sull enjambement nel trimetro giambico della tragedia, ritenuto in antico una specificità dello stile sofocleo (sofovkleion ei\do"), sono ottime le intuizioni di Gottfried Hermann nella prefazione all Elettra sofoclea, dove il rilevamento delle fini di parola in rapporto alla struttura metrica, che a Porson aveva suggerito la formulazione di regulae, approda invece alla constatazione di una sorta di doppio registro, effetto dell interazione fra schema metrico e verbalizzazione. Hermann cerca di proporre anche per quest ultima una descrizione formale. In effetti l ei\do" sofovkleion pare talora postulare una segmentazione retorica che, concluso il giro espressivo dell enjambement, anticipa il movimento ritmico in levare che dovrebbe conseguire alla successiva cesura, o addirittura piuttosto che anticipare la cesura si sostituisce ad essa [Sicking van Raalte (1993): 95s.; Marcovich (1984)]. L esperienza moderna offre il riscontro prezioso dell esecuzione, nella quale si constata che «i versi che a volte si formano a cavallo di quelli veri difficilmente pervengono a indebolire ( ) la struttura metrica portante» [Menichetti (1993): 494]. v. Forme della recitazione. Anche nelle più antiche attestazioni della tragedia attica le interazioni fra i personaggi presentano una varietà sostanzialmente affine a quella del teatro moderno, dal discorso lungo (rhesis, rjh'si") al dialogo più o meno stretto. Monologica o dialogica che sia, la recitazione può avere esclusive o prevalenti finalità informative verso altre personae e/o il coro, e direttamente o indirettamente verso gli spettatori, oppure finalità agonistiche, nell interazione diretta con una o più personae. I caratteri formali, le tematiche e le funzioni delle parti recitate possono essere così schematizzati: 3

tipologia forma funzione collocazione svolgimento a. rhesis a1. monologo informativa prologo il prologivzwn definisce il qui e ora dell azione, espone i precedenti ecc. a2. soliloquio informativa episodi una persona manifesta il suo pensiero; solo spettatore interno il Coro a3. interazione informativa episodi un ruolo apposito (Nunzio) o una persona informa altre personae e il Coro su eventi accaduti altrove o nel passato a4. interazione agonistica episodi il personaggio espone le sue intenzioni, perora la propria causa, ecc. b. dialogo b1. interazione informativa prologo le personae definiscono il qui e ora dell azione ecc., nel corso di un dialogo con parti di una certa estensione b2. interazione agonistica episodi le personae interloquiscono con battute di una certa estensione, esponendo informazioni e/o intenzioni, argomentando ecc. b3. interazione agonistica episodi idem in un dialogo stretto, con la distribuzione di uno (stichomythia), due (distichomythia) o più versi a testa (b) Il recitativo (parakatalogé), cioè il «recitare» (levgein) distinto dal «cantare» (a[/dein) su un accompagnamento musicale» (para; th;n krou'sin). Così Ps. Plut. De musica 1141A. Utili descrizioni in Martinelli (1995): 159-66. Della parakataloghv come «stadio intermedio tra versi recitativi (sic) e versi lirici» e della corrispondente esecuzione «in forma solenne di recitazione con l accompagnamento del flauto» parla Korzeniewski (1998), a proposito delle sequenze anapestiche di marcia (90) e di giambi intercalati alle parti liriche (103 n. 39). Al carattere recitativo dei tetrametri trocaici catalettici accenna van Raalte (1984): 324 tuttavia si percepisce la mancanza di un ulteriore distinzione fra le esecuzioni di versi lirici e recitati, e le modalità di esecuzione in parakatalogé di anapesti, trochei e giambi. La parakatalogé si distingue sia dal recitare, assimilato da alcune fonti al pezh/' levgein (pedester sermo), cioè alla prosa (katalogé), giusta la constatazione che tragicus plerumque dolet sermone pedestri (Hor. P. 95) ma su questo si dovrà ritornare, sia dalla versificazione lirica, poiché questa è connotata dalla coloritura dialettale dorica, assente invece così nel recitativo come nel recitato. Nella tragedia il recitativo è certamente la modalità di esecuzione degli anapesti collegati al movimento del coro in entrata e in uscita (anapesti di marcia, per estensione dall uso militaresco spartano e tuttavia, giova ripeterlo, sprovvisti di tratti fonetici dorici) o, per bocca del coro o del corifeo, all annuncio o all arrivo di un personaggio (quanto alla funzione di annuncio nelle tragedie sopravissute si ricorre una trentina di volte a sistemi anapestici, oltre che, più raramente, ai tetrametri trocaici catalettici). Gli anapesti recitativi (metron: ty ty) sono organizzati in sequenze di dimetri (ty ty ty ty) connessi tra loro ( in sinafia ) fino alla pausa finale marcata un dimetro catalettico (paremiaco, di uso frequente nei proverbi: ty ty tll). Talora la sequenza finale di dimetri + paremiaco è preceduta da un monometro (ty ty). Nell Elettra abbiamo anapesti recitativi detti probabilmente dal Corifeo per salutare l arrivo di Clitennestra (988bis-997). Secondo la testimonianza di Arist. Po. 49a21-24 i tetrametri trocaici catalettici (4tro^) tktx tktx tktx tka erano in uso nella fase più antica della tragedia: to; me;n ga;r prw'ton tetramevtrw/ ejcrw'nto dia; to; saturikh;n kai; ojrchstikwtevran ei\nai th;n poivhsin (da principio usavano il tetrametro perché la composizione era satiresca e prevalentemente danzata). Essi vengono usati sia con funzione di annuncio (p. es. Eschilo Persiani), sia in fasi di commiato (spec. in Sofocle), sia in contesti dialogici intensamente marcati dal punto di vista emotivo (come p. es. nell Euripide della piena maturità, ma non nell Elettra). Nei Problemata (pseudo)aristotelici viene designata come parakatalogé anche l inserzione, in qualche modo straniante, di versi recitati in un contesto lirico. La pagina dei Problemata suggerisce che questa commistione esalti il patetico: Probl. 918a10: parakatalogh; ejn tai'" w/jdai'" tragikovn ( ) dia; th;n ajnwmalivan. paqhtiko;n ga;r to; ajnwmale;". (c) Le parti liriche, con diverse tipologie corrispondenti a diverse modalità esecutive, nelle quali si fa ricorso a un ampia varietà di metri e a una caratterizzazione linguistica non-attica grazie all introduzione di una modesta quota di dorismi, soprattutto fonetici; questi dovrebbero richiamare i tratti esecutivi della lirica corale ma vengono adottati anche nelle liriche individuali o nelle parti cantate dai personaggi nel quadro di dialoghi lirici (qui nella monodia di Elettra, p. es. ai vv. 112 ojrmavn, 115 ejgenovman, 121 zova", ecc.). Le parti liriche, individuali o corali, possono essere strutturate antistroficamente o astroficamente. Nell Elettra sono strutturati antistroficamente, cioè nella responsione fra coppie successive di stanze isometriche (στροφή = ἀντιστροφή): 1. la monodia di Elettra (2 coppie di stanze: 112-124 = 127-139, 140-149 = 157-166, con l interposizione di una mesodo [µεσῳδός] astrofica fra la prima strofe e la corrispondente antistrofe [125s.] e di un altra fra le due stanze seguenti [150-156]); 2. la parodo (πάροδος), ovvero canto d ingresso del Coro e dialogo lirico con Elettra (167-174 [Coro] + 175-189 [Elettra] = 190-197 [C.] + 198-212 [E.]); 3. il I stasimo (στάσιµον), ovvero canto e danza del Coro nella sua sede, l orchestra (ὀρχήστρα, il luogo dove danza il Coro, cfr. ὀρχέοµαι): due coppie di stanze, 423-476, e un epodo (ἐπῳδός) astrofico, 476-486. Secondo Aristotele lo stasimo, parte (µέρος) della struttura drammatica comune alle tragedie, marca la fine di un episodio (ἐπεισόδιον). Ancora Aristotele insiste sul fatto che lo stasimo è cantato e non recitativo. Esso è generalmente preceduto dall uscita di scena di uno o più o di tutti i personaggi; 4. il II stasimo (due coppie di stanze, 619-675); 4

5. il canto gioioso del Coro (859-879), strofe e antistrofe inframezzate dai 3ia recitati da Elettra; risponde alla tipologia del canto-danza mimetico definito hyporchema (ὑπόρχηµα); 6. l avvio corale (due coppie di stanze, 1147-1163) alla scena dell uccisione di Clitemestra e al successivo dialogo lirico; 7. il dialogo lirico fra Oreste, Elettra e il Coro (tre coppie di stanze, ciascuna simmetrica anche nella contrapposizione delle parti: 1177-1232). Sono invece integralmente astrofici i canti del Coro a 585-595 e 1165-1171. Si tratta di canti infraepisodici: al primo non corrisponde alcuna entrata né alcuna uscita di personaggi; il secondo, come già 859-879, (supra: 5.) è un epirrhema (ἐπίρρηµα), cioè un dialogo costituito di 3ia recitati (1165: Clitemestra dal retroscena, 1168: il Coro dall orchestra) e da versi cantati dal Coro. Tanto il dialogo astrofico fra Clitemestra e il Coro, quanto il dialogo strofico fra Oreste, Elettra e il Coro (supra: 7.) sono spesso definiti kommoi (κοµµοί), in quanto vi partecipano il Coro dall orchestra e uno o più personaggi dalla scena, con riferimento al tratto formale della definizione aristotelica: «il kommos è un lamento (θρῆνος) insieme del coro e di attori sulla scena». Tuttavia tanto questi quanto molti degli altri cosiddetti kommoi non sono propriamente lamentazioni (θρῆνοι) in E/El. abbiamo un azione accompagnata dal dialogo melodrammatico (1165-1171) e il racconto (e solo marginalmente il commento) del matricidio appena compiuto: il dialogo lirico (supra: 7.) ricopre la medesima funzione svolta dalla rhesis del Nunzio che ha raccontato l uccisione di Egisto (761-859). 3. Confronto fra Coefore di Eschilo, Elettra di Sofocle ed Elettra di Euripide: Aesch. reggia / tomba di Agamennone Soph. reggia / tomba di Agamennone Eur. casa agreste sui monti riconoscimento uccisione di Egisto uccisione di Clitennestra 5

4. Struttura dell Elettra di Euripide: 1-166 PROLOGO I 1-53 Contadino prologizon II 54-81 Entra Elettra. Dialogo col Cont. Exeunt III 82-111 Entrano Oreste [Pilade]. 107: rientra Elettra. O. e P. si nascondono IV 112-66 Monodia di Elettra 167-212 PARODO 167: entra il Coro. Parodo (Coro + Elettra) 213-431 I EPISODIO I 213-340 (215) O. e P. escono allo scoperto. Dialogo Elettra, Oreste, Corifea II 341-431 Torna il Contadino. Dialogo Elettra, Contadino, Oreste. Cont. exit 431. Gli altri entrano tutti nella casa 432-86 I STASIMO 487-698 II EPISODIO I 487-552 Arriva il Vecchio. Dialogo Vecchio, Elettra II 553-693a Oreste esce dalla casa. Dialogo Oreste, Elettra, Vecchio. (693) O. e P. escono coi Servi. 577 RICONOSCIMENTO 585-95 Canto di gioia del Coro III 693b-698 Elettra da sola. Entra in casa 699-746 II STASIMO 746bis-1146 III EPISODIO I 746bis-60 preannuncio della fine dello scontro fra Oreste ed Egisto II 761-73 arrivo del Nunzio III 774-858 racconto dell uccisione di Egisto IV 859-79 canto di gioia del Coro, inframezzato dal recitato di Elettra (866-72) V 880-987 ritorno di Oreste e dialogo tra i due fratelli VI 987a-1146 arrivo di Clitennestra e dialogo fra Cl. ed Elettra. 1147-76 III STASIMO (+ commento della Corifea: 1172-6) 1177-237 KOMMOS (+ la Corifea annuncia l arrivo dei Dioscuri: 1233-7) 1238-359 ESODO 5. Cronologia interna all Elettra di Euripide. Scena. Ingressi e uscite di personaggi e Coro: Cronologia interna. Lo spettatore sa che l azione è collocata nell ottavo anno dall uccisione di Agamennone (Od. 3.305-6), in concomitanza col ritorno di Menelao (ibidem, 311: αὐτῆµαρ κτλ.; qui 1278-9), il quale parteciperà alle esequie di Egisto e Clitennestra (Od. 4.546-7). Scena. Siamo in una zona montana dell Argolide, davanti alla povera (252, 404, 1139-40) abitazione del Contadino e di Elettra. Lontana dalla città (298), la casa è su un altura (210, 489), dalla quale si può scorgere da distante chi sta arrivando (963-6) Il fiume Inaco forse scorre vicino (1), e certamente è vicino un confine oltre il quale Oreste potrebbe, se necessario, fuggire (95-7, 251): possiamo dedurre si tratti del confine con l Arcadia, dove Oreste dovrà fondare una città (1273-4). La collocazione è quanto mai appropriata al tratto montano e selvatico che Oreste porta nel nome, cf. Pl. Crat. 394e: proprio come rischia di essere appropriato il nome di Oreste, gli sia stato dato dall caso o da un poeta, perché grazie al nome rende palese la natura ferina della sua indole e quanto possiede di selvatico e di montano (τὸ θηριῶδες τῆς φύσεως καὶ τὸ ἄγριον αὐτοῦ καὶ τὸ ὀρεινὸν). La notte, apparentemente senza luna (54), sta per finire (78-9; 102). Nell Orestea (a. 458) Eschilo, che non nomina mai Micene, ambienta Ag. e Co. ad Argo. In Sofocle la scena è collocata davanti alla reggia di Micene. La scena dell Oreste euripideo (comunque posteriore all Elettra) è ancora ad Argo. Il passaggio scenico centrale dà accesso alla casa di Elettra e del Contadino. Le due parodoi/eisodoi portano (A) nelle vicinanze della casa (campo, sorgente, abitazioni delle donne che compongono il Coro), e (B) verso Micene, la pianura dell'argolide, la zona montana percorsa dal fiume Tanao e confinante con la Laconia, dove abita il Vecchio (409-12). I Dioscuri compariranno insieme (1238; in part. 1240) sul theologeion (una struttura montata dietro la facciata scenica, cfr. Di Marco 2009: 58-9), piuttosto che sospesi alla macchina di volo, µηχανή o γέρανος ( gru ). 6

Questo il gioco scenico degli ingressi e delle uscite (in corsivo i personaggi muti; [ ] intra(n)t, [ ] exit/eunt, [ ] esce definitivamente): v. ingr. centrale A B theologeion 1 Contadino 54 Elettra 81 Cont. Elettra 82 Or. Pi. Servi 107 Elettra 167 Coro 139 Ancella 142 338 Contadino 400 Or. Pi. Servi 425 Elettra 431 Contadino 487 Vecchio 492 Elettra Anc. 500 Anc. 549 Or. Pi. 692 Or. Pi. Servi Ve. 698 Elettra 751 Elettra 760 Messaggero 858 Messaggero 872 Elettra 879 Elettra Or. Pi. Servi 961 Pi. Servi 987 Or. Clit. séguito 1141 Cl. 1146 Elettra 1172 Or. El. Pi. Servi 1233 Dioscuri 1356 Or. El. Pi. Servi séguito Dioscuri 1359 Coro 6, Distribuzione delle parti fra gli attori nell Elettra di Euripide: I: Elettra; II: Oreste, Messaggero (uno dei Servi di Oreste); III: Contadino, Vecchio, Clitemestra, Castore. Personaggi muti (kophà prosopa): Pilade, almeno un Servo di Oreste oltre a quello che svolgerà la funzione di Messaggero, un ancella di Elettra, Polluce, il séguito di Clitemestra. Per l impossibilità di utilizzare più di tre attori, Oreste rivolge ripetutamente la parola a Pilade senza che questi risponda (82, 105, 111, 1340-1; cfr. Di Marco 2009: 85) Si noti che nelle Coefore il I attore impersona solo Oreste e il II tanto Elettra quanto Clitemestra. Nell Elettra di Sofocle il protagonistés copre unicamente il ruolo di Elettra, mentre il deuteragonistés impersona Oreste, Crisotemide e Clitemestra. Quanto all estensione delle parti assegnate ai personaggi principali, la porzione assegnata a Oreste nelle Co. risulta dimezzata in Euripide e ridotta a meno di un terzo in Sofocle, mentre quella di Elettra viene raddoppiata da Euripide e quasi triplicata da Sofocle. In Euripide Oreste esegue parti cantate, anche se non estese quanto in Eschilo; invece Sofocle assegna al suo Oreste tutt al più parti recitate in dialoghi melodrammatici nei quali le parti liriche sono eseguite da Elettra e dal Coro. Il v. 1240 chiarisce che dei due fratelli di Clitemestra ed Elena il solo a parlare è Castore. 7

IL PROLOGO DELL ELETTRA DI EURIPIDE Coefore Sofocle Euripide scena Argo, tomba di Agamennone Micene, davanti alla reggia monti dell Argolide Oreste προλογίζων, Pilade Pedagogo προλογίζων, Or. Pi. Contadino προλογίζων I 77 Elettra da dentro 54 intrat Elettra II 81 exeunt Contadino Elettra III 82 intrant Or. Pi. 85 exeunt Ped. Or. Pi. 107 intrat Elettra IV 21 Or. Pi. si nascondono 86 intrat Elettra 112 Or. Pi. si nascondono 86 monodia di Elettra 112 monodia di Elettra 22 parodo 121 parodo 167 parodo ΑΥΤΟΥΡΓΟΣ Ὦ γῆς παλαιὸν Ἄργος, Ἰνάχου ῥοαί, ὅθεν ποτ ἄρας ναυσὶ χιλίαις Ἄρη ἐς γῆν ἔπλευσε Τρῳάδ Ἀγαµέµνων ἄναξ, κτείνας δὲ τὸν κρατοῦντ ἐν Ἰλιάδι χθονὶ 5 Πρίαµον ἑλών τε Δαρδάνου κλεινὴν πόλιν ἀφίκετ ἐς τόδ Ἄργος, ὑψηλῶν δ ἐπὶ ναῶν γ ἔθηκε σκῦλα πλεῖστα βαρβάρων. κἀκεῖ µὲν εὐτύχησεν ἐν δὲ δώµασιν θνῄσκει γυναικὸς πρὸς Κλυταιµήστρας δόλῳ 10 καὶ τοῦ Θυέστου παιδὸς Αἰγίσθου χερί. χὠ µὲν παλαιὰ σκῆπτρα Ταντάλου λιπὼν ὄλωλεν, Αἴγισθος δὲ βασιλεύει χθονός, ἄλοχον ἐκείνου Τυνδαρίδα κόρην ἔχων. οὓς δ ἐν δόµοισιν ἔλιφ, ὅτ ἐς Τροίαν ἔπλει, 15 ἄρσενά τ Ὀρέστην θῆλύ τ Ἠλέκτρας θάλος, τὸν µὲν πατρὸς γεραιὸς ἐκκλέπτει τροφεὺς µέλλοντ Ὀρέστην χερὸς ὕπ Αἰγίσθου θανεῖν Στροφίῳ τ ἔδωκε Φωκέων ἐς γῆν τρέφειν ἢ δ ἐν δόµοις ἔµεινεν Ἠλέκτρα πατρός, 20 ταύτην ἐπειδὴ θαλερὸς εἶχ ἥβης χρόνος µνηστῆρες ᾔτουν Ἑλλάδος πρῶτοι χθονός. δείσας δὲ µή τῳ παῖδ ἀριστέων τέκοι Ἀγαµέµνονος ποινάτορ, εἶχεν ἐν δόµοις Αἴγισθος οὐδ ἥρµοζε νυµφίῳ τινί. 25 ἐπεὶ δὲ καὶ τοῦτ ἦν φόβου πολλοῦ πλέων, µή τῳ λαθραίως τέκνα γενναίῳ τέκοι, κτανεῖν σφε βουλεύσαντος ὠµόφρων ὅµως µήτηρ νιν ἐξέσωσεν Αἰγίσθου χερός. ἐς µὲν γὰρ ἄνδρα σκῆψιν εἶχ ὀλωλότα, 30 παίδων δ ἔδεισε µὴ φθονηθείη φόνῳ. ἐκ τῶνδε δὴ τοιόνδ ἐµηχανήσατο Αἴγισθος ὃς µὲν γῆς ἀπηλλάχθη φυγὰς Ἀγαµέµνονος παῖς, χρυσὸν εἶφ ὃς ἂν κτάνῃ, ἡµῖν δὲ δὴ δίδωσιν Ἠλέκτραν ἔχειν 35 δάµαρτα, πατέρων µὲν Μυκηναίων ἄπο γεγῶσιν (οὐ δὴ τοῦτό γ ἐξελέγχοµαι λαµπροὶ γὰρ ἐς γένος γε, χρηµάτων δὲ δὴ πένητες, ἔνθεν ηὑγένει ἀπόλλυται), ὡς ἀσθενεῖ δοὺς ἀσθενῆ λάβοι φόβον. 8

40 εἰ γάρ νιν ἔσχεν ἀξίωµ ἔχων ἀνήρ, εὕδοντ ἂν ἐξήγειρε τὸν Ἀγαµέµνονος φόνον δίκη τ ἂν ἦλθεν Αἰγίσθῳ τότε. ἣν οὔποθ ἁνὴρ ὅδε (σύνοιδέ µοι Κύπρις) ἤισχυν ἐν εὐνῇ παρθένος δ ἔτ ἐστὶ δή. 45 αἰσχύνοµαι γὰρ ὀλβίων ἀνδρῶν τέκνα λαβὼν ὑβρίζειν, οὐ κατάξιος γεγώς. στένω δὲ τὸν λόγοισι κηδεύοντ ἐµοὶ ἄθλιον Ὀρέστην, εἴ ποτ εἰς Ἄργος µολὼν γάµους ἀδελφῆς δυστυχεῖς ἐσόψεται. 50 ὅστις δέ µ εἶναί φησι µῶρον, εἰ λαβὼν νέαν ἐς οἴκους παρθένον µὴ θιγγάνω, γνώµης πονηροῖς κανόσιν ἀναµετρούµενος τὸ σῶφρον ἴστω καὐτὸς αὖ τοιοῦτος ὤν. ΗΛΕΚΤΡΑ ὦ νὺξ µέλαινα, χρυσέων ἄστρων τροφέ, 55 ἐν ᾗ τόδ ἄγγος τῷδ ἐφεδρεῦον κάρᾳ φέρουσα πηγὰς ποταµίας µετέρχοµαι οὐ δή τι χρείας ἐς τοσόνδ ἀφιγµένη ἀλλ ὡς ὕβριν δείξωµεν Αἰγίσθου θεοῖς. {γόους τ ἀφίηµ αἰθέρ ἐς µέγαν πατρί,} 60 ἡ γὰρ πανώλης Τυνδαρίς, µήτηρ ἐµή, ἐξέβαλέ µ οἴκων, χάριτα τιθεµένη πόσει τεκοῦσα δ ἄλλους παῖδας Αἰγίσθῳ πάρα πάρεργ Ὀρέστην κἀµὲ ποιεῖται δόµων. ΑΥ. τί γὰρ τάδ, ὦ δύστην, ἐµὴν µοχθεῖς χάριν 65 πόνους ἔχουσα, πρόσθεν εὖ τεθραµµένη, ΗΛ. καὶ ταῦτ ἐµοῦ λέγοντος οὐκ ἀφίστασαι; ἐγώ σ ἴσον θεοῖσιν ἡγοῦµαι φίλον ἐν τοῖς ἐµοῖς γὰρ οὐκ ἐνύβρισας κακοῖς. µεγάλη δὲ θνητοῖς µοῖρα συµφορᾶς κακῆς 70 ἰατρὸν εὑρεῖν, ὡς ἐγὼ σὲ λαµβάνω. δεῖ δή µε κἀκέλευστον εἰς ὅσον σθένω µόχθου πικουφίζουσαν, ὡς ῥᾷον φέρῃς, συνεκκοµίζειν σοι πόνους. ἅλις δ ἔχεις τἄξωθεν ἔργα τἀν δόµοις δ ἡµᾶς χρεὼν 75 ἐξευτρεπίζειν. εἰσιόντι δ ἐργάτῃ θύραθεν ἡδὺ τἄνδον εὑρίσκειν καλῶς. ΑΥ. εἴ τοι δοκεῖ σοι, στεῖχε καὶ γὰρ οὐ πρόσω πηγαὶ µελάθρων τῶνδ. ἐγὼ δ ἅµ ἡµέρᾳ βοῦς εἰς ἀρούρας ἐσβαλὼν σπερῶ γύας. 80 ἀργὸς γὰρ οὐδεὶς θεοὺς ἔχων ἀνὰ στόµα βίον δύναιτ ἂν ξυλλέγειν ἄνευ πόνου. ΟΡΕΣΤΗΣ Πυλάδη, σὲ γὰρ δὴ πρῶτον ἀνθρώπων ἐγὼ πιστὸν νοµίζω καὶ φίλον ξένον τ ἐµοί µόνος δ Ὀρέστην τόνδ ἐθαύµαζες φίλων, 85 πράσσονθ ἃ πράσσω δείν ὑπ Αἰγίσθου παθών, ὅς µου κατέκτα πατέρα χἠ πανώλεθρος µήτηρ. ἀφῖγµαι δ ἐκ θεοῦ µυστηρίων Ἀργεῖον οὖδας οὐδενὸς ξυνειδότος, φόνον φονεῦσι πατρὸς ἀλλάξων ἐµοῦ. 9

90 νυκτὸς δὲ τῆσδε πρὸς τάφον µολὼν πατρὸς δάκρυά τ ἔδωκα καὶ κόµης ἀπηρξάµην πυρᾷ τ ἐπέσφαξ αἷµα µηλείου φόνου, λαθὼν τυράννους οἳ κρατοῦσι τῆσδε γῆς. καὶ τειχέων µὲν ἐντὸς οὐ βαίνω πόδα, 95 δυοῖν δ ἅµιλλαν ξυντιθεὶς ἀφικόµην πρὸς τέρµονας γῆς τῆσδ, ἵν ἐκβάλω πόδα ἄλλην ἐπ αἶαν εἴ µέ τις γνοίη σκοπῶν, ζητῶν τ ἀδελφήν (φασὶ γάρ νιν ἐν γάµοις ζευχθεῖσαν οἰκεῖν οὐδὲ παρθένον µένειν), 100 ὡς συγγένωµαι καὶ φόνου συνεργάτιν λαβὼν τά γ εἴσω τειχέων σαφῶς µάθω. νῦν οὖν (ἕω γὰρ λευκὸν ὄµµ ἀναίρεται) ἔξω τρίβου τοῦδ ἴχνος ἀλλαξώµεθα. ἢ γάρ τις ἀροτὴρ ἤ τις οἰκέτις γυνὴ 105 φανήσεται νῷν, ἥντιν ἱστορήσοµεν εἰ τούσδε ναίει σύγγονος τόπους ἐµή. ἀλλ εἰσορῶ γὰρ τήνδε πρόσπολόν τινα πηγαῖον ἄχθος ἐν κεκαρµένῳ κάρᾳ φέρουσαν, ἑζώµεσθα κἀκπυθώµεθα 110 δούλης γυναικός, ἤν τι δεξώµεσθ ἔπος ἐφ οἷσι, Πυλάδη, τήνδ ἀφίγµεθα χθόνα. 10