Aevum Antiquum N.S.14 (2014), pp. 145-171 Antonietta Porro ANCORA SUGLI INFINITI AORISTI IN -έειν Abstract: The Homeric aorist infinitives in -έειν do not arise from a linguistic choice of an Ionian singer, but from his poetic performance; their origin is the distension in two syllables of the Ionic ending -εῖν, possibly caused by the circumflex accent. In this perspective the aorist infinitives in -έειν are a specific case of the Homeric diektasis. 0. Come non di rado succede nei nostri studi, la pubblicazione, nel 2013, di un articolo di Alexander Nikolaev sul Journal of Hellenic Studies mi ha colto ad occuparmi sostanzialmente della medesima questione. Da qualche anno, per la verità, lo specifico problema affrontato da Nikolaev aveva suscitato il mio interesse, a causa delle sue conseguenze in relazione a problemi quali la genesi della Kunstsprache omerica o l influenza delle recitazioni aediche in area ionica sulle modificazioni della dizione epica tradizionale 1. Le mie riflessioni sono per molti aspetti in sintonia con l analisi prodotta da Nikolaev: quanto verrò osservando nelle pagine seguenti, più che fornire una diversa spiegazione della forma linguistica in questione sul piano morfologico, vorrebbe aggiungere qualche elemento funzionale ad una lettura storica della sua genesi. 1. Oggetto dell indagine è una delle numerose forme non immediatamente giustificabili sul piano della morfologia storica attestate all interno della lingua dei poemi omerici e, più in generale, nella poesia esametrica di età arcaica (nonché in poeti epici omerizzanti di età ellenistica e imperiale 2 ) con 1 Ho iniziato ad interessarmi alla questione nel 2009, nel corso del Seminario omerico all Università Cattolica di Milano; a Mario Cantilena, ai partecipanti a quel Seminario e a quelli che, nei Seminari degli anni successivi, hanno discusso con me sull argomento sono grata, così come a coloro che, in anni più recenti, mi hanno offerto le loro osservazioni nel corso di conferenze tenute presso l Università di Genova (2010), di Palermo (2012), di Udine (2013), di Cagliari (2013). Ringrazio inoltre José Luis García Ramón per un preziosa opportunità di confronto sul tema. 2 In ambito prosastico, alcune attestazioni presenti nei testimoni manoscritti di autori che si valgono del dialetto ionico (in particolare Erodoto) sono state trattate alla stregua di errori della tradizione dai moderni editori, e quindi regolarizzate. Anche nel manoscritto più antico della tradizione del Corpus
146 ANTONIETTA PORRO l esclusione, come evidenzia Nikolaev, di Teogonia e Opere e giorni esiodei 3. Tale forma, cui non corrisponde attestazione alcuna in alcun dialetto greco 4, caratterizza alcuni infiniti aoristi tematici attivi (d ora innanzi IAor), uscenti inspiegabilmente in -έειν (ad es. φυγέειν, ἰδέειν, βαλέειν), analogamente a diversi infiniti presenti attivi di verbi con tema in vocale (come κρατέειν, φιλέειν, φορέειν): questi ultimi tuttavia si giustificano, almeno all apparenza, perfettamente 5 ; analogamente si spiegano quattro infiniti futuri attestati nei poemi omerici (κερέειν, μενέειν, κτενέειν, πημανέειν) 6. Per tornare alla terminazione di IAor, della quale si è cercato di dare ragione a partire soprattutto dal XIX secolo 7, Nikolaev legge la forma -έειν come esito della seguente evoluzione: -έhεν > -έεν > -εῖν => -έειν. Hippocraticum occorre per 5 volte la forma ἀφελέειν (De prisc. med. 14, 20; De diaet. in morb. ac. 9, 40; De capit. vuln. 21, 18, 36; De affect. inter. 21, 33): mentre il Littré (Oeuvres complètes d Hippocrate, par É. Littré, I-X, Paris 1839-1861 [= Amsterdam 1961-]) ancora manteneva la grafia tràdita, i più recenti editori nella collezione delle Belles Lettres (ad es. J. Jouanna o R. Joly) operano senz altro la scelta della normalizzazione. Cf. al riguardo anche quanto osservato da Nikolaev 2013, p. 83 n. 13. 3 Cf. Nikolaev 2013, pp. 85-87. 4 Cf. ibidem, p. 83. 5 Dico all apparenza perchè García Ramón 1977 ha dimostrato (sulla base del miceneo di forme come e-re-e [ = ἔρεhεν] e te-re-ja-e [= τελειαhεν] che verbi come φιλέω nel II millennio dovevano essere atematici, e che le forme omeriche come φιλέειν si sarebbero generate nella tradizione epica per diektasis artificiale di φίλειν in un epoca posteriore alla contrazione di εε (in sostanza, da φίλε-hεν > φίλε-εν > φίλειν > φιλέειν (e φιλεῖν) per il parallelismo φιλε- / ἐχ-). Anche le forme di infinito presente in -έειν sarebbero dunque in questa prospettiva artificiali e non etimologiche: tuttavia è possibile che anche nelle fasi meno recenti dello sviluppo della dizione epica esse fossero già percepite come etimologiche, e dunque giustificate, ciò che certo non si può dire delle forme di aoristo. 6 La loro giustificazione morfologica è palmare: e.g., κτενέειν deriva da *κτεν-εσ-εhεν. Dei quattro infiniti futuri solo κτενέειν è attestato tre volte, a Il. XIII 42, XV 702, XVII 496; una sola volta ricorrono κερέειν, μενέειν e πημανέειν, rispettivamente a Il. XXIII 146, XIV 375, XXIV 781. A questi casi si aggiunge inoltre la forma ἀμφανέειν di H.Hom. Herm. 16. 7 Queste le spiegazioni più attestate, su cui cf. anche Nikolaev 2013, p. 82 e bibliografia ivi citata: 1) a monte degli IAor in -έειν vi sarebbero forme etimologicamente ineccepibili in -έεν, secondo i sostenitori di questa tesi sempre sostituibili a quelle tradite per effetto della loro collocazione in sillaba chiusa ovvero per l essere seguite da cesura, donde, come sostiene Renner, deriverebbe una productio syllabae (cf. Curtius 1876, pp. 110-112; Renner 1868, pp. 34-35. La tesi è condivisa nella sostanza anche da Monro 1891, p. 74, il quale suggerisce che le forme in -έειν possano essere originarie, per analogia con i presenti del tipo di φιλέειν). Ad iniziativa dei copisti attici, nell età del μεταχαρακτηρισμός, la grafia sarebbe quindi diventata -εῖν coerentemente con la lingua parlata oppure -έειν per necessità metrica. La tesi tuttavia, come evidenzia già Chantraine 1958 (I, p. 493), non spiega perché lo stesso passaggio da -εεν a -έειν non sia mai attestato per forme di infinito presente, come πράττειν; 2) secondo altri, fra cui lo stesso Chantraine (I, p. 493; cf. inoltre Meyer 1865, p. 284; van Leeuwen 1918, p. 251), -έειν sarebbe il frutto della sostituzione della desinenza eolica, originaria, -έμεν da parte degli aedi ionici, i quali avrebbero sostituito alla forma di infinito eolico -έμεν la terminazione ionica -ειν; la necessità metrica avrebbe poi fatto il resto, restituendo la terminazione bisillabica che la struttura esametrica faceva attendere.
ANCORA SUGLI INFINITI AORISTI IN -έειν 147 Quanto alla sequenza dei passaggi formali presupposti la ricostruzione è ineccepibile. Il primo e il secondo si giustificano con l evoluzione della pronunzia in ambito ionico: -εῖν è il infatti risultato atteso di un processo di contrazione vocalica; il terzo passo sarebbe invece il frutto di una operazione atta a ripristinare la coerenza metrica, restituendo la forma bisillabica originaria. Il modello per quest ultimo passaggio sarebbe costituito da forme di infiniti in cui la sequenza -έειν è a differenza dagli IAor in questione morfologicamente giustificabile, come gli infiniti presenti del tipo di κρατέειν, φιλέειν, φορέειν di cui si è detto sopra 8, oppure (così preferisce pensare Nikolaev) come gli infiniti futuri dei temi in liquida o nasale, che nella lingua omerica sono attestati, oltre che nella forma contratta in -εῖν, anche in quella non contratta in -έειν (cf. supra e n. 6). Si può dunque rappresentare in linea con Nikolaev 9 la genesi degli IAor in questione in questo modo: φορεῖν : βαλεῖν = φορέειν : X (dove X viene risolto come βαλέειν) (Chantraine 1958) oppure βαλεῖν (IFut) : βαλεῖν (IAor) = βαλέειν (IFut) : X (dove X viene risolto come βαλέειν (IAor)) (Nikolaev 2013). Indagando le ragioni storiche per cui l aedo avrebbe provveduto ad introdurre la forma artificiale -έειν, Nikolaev sottolinea che essa avrebbe potuto grazie alla sua struttura metrica sia rimpiazzare una originaria forma ionica -έhεν quando la forma contratta -εῖν, esito dell evoluzione fonetica, fosse stata inadeguata metricamente, sia sostituire l eolico -έμεν: in linea di principio la genesi storica degli IAor in -έειν potrebbe trovare dunque giustificazione sia all interno della sola tradizione ionica, ritenuta parallela e indipendente rispetto a quella eolica, ancorché con diversi punti di tangenza tra le due (secondo la prospettiva che d ora innanzi denomineremo ipotesi diffusionista ), sia presupponendo la cosiddetta fase eolica della dizione epica (il cantore ionico avrebbe in questo caso sostituito con -έειν, laddove poteva, -έμεν eolico). La mancanza assoluta di IAor in -έειν nell epica esiodea autentica (Teogonia e Opere e Giorni) induce lo studioso a ritenere probabile che tali forme di infinito abbiano caratterizzato nello specifico una Kunstsprache ionico- 8 Così già Chantraine 1958, I, p. 493. Cf. supra, n. 5. 9 Cf. Nikolaev 2013, pp. 82-83.
148 ANTONIETTA PORRO orientale e siano state sconosciute alla scuola poetica esiodea (p. 86). È vero, tuttavia, che l individuazione di questa isoglossa separativa tra la lingua dell epica omerica e di quella esiodea a noi pervenuta non consente di per sé di interpretare meglio il fenomeno in esame e il suo sorgere, soprattutto se si tiene presente il fatto che Teogonia e Opere e Giorni ammontano complessivamente a circa 1850 versi, piuttosto pochi, se confrontati con le diverse migliaia di esametri omerici, perché si possa procedere a generalizzazioni. Nell ultima sezione del suo lavoro Nikolaev cerca di verificare per un altra strada se l attestarsi degli IAor in -έειν possa costituire un elemento a sostegno della cosiddetta fase eolica o dell ipotesi diffusionista. Perseguendo questo obiettivo, lo studioso passa attraverso le seguenti considerazioni: - mentre in concorrenza con infiniti presenti come φέρειν non si trova mai *φερέειν (e le ragioni sono evidentemente connesse con la loro accentazione parossitona, che non induce a individuare una analogia con futuri del tipo βαλεῖν/βαλέειν), al loro posto si può trovare, laddove metricamente necessario, la forma eolica in -έμεν (e.g. φερέμεν), più di frequente di quanto non accada per gli IAor. Questi ultimi infatti, pur conoscendo casi di uscita in -έμεν, ne limitano quasi del tutto l uso a circostanze in cui coprano un dattilo (è il caso di IAor come ἐλθέμεν) 10, mentre gli infiniti presenti con la medesima uscita possono trovarsi all interno sia di una sequenza dattilica sia di una anapestica. Quest ultima sequenza è coperta, nel caso di IAor, da forme come βαλέειν, appunto, che non trovano rispondenza in presenti come *φερέειν, per i motivi già detti; - per quale ragione si chiede Nikolaev l aedo ionico sarebbe ricorso per gli IAor a una forma artificiale, non attestata nel suo vernacolo, avendo a disposizione una terminazione eolica come -έμεν, della quale pure si serve per gli infiniti aoristi a struttura dattilica (ἐλθέμεν)? A suo avviso, i fautori della cosiddetta fase eolica devono rispondere a questo interrogativo, mentre i sostenitori dell ipotesi diffusionista dovranno spiegare il fatto che si evitino forme come *βαλέμεν per sostituire l ionico βαλεῖν, quando fosse ametrico, all interno di formule tradizionali. Nikolaev sottolinea la necessità di affrontare questo genere di problemi all interno di una più ampia discussione sugli eolismi nella dizione epica; tuttavia giudica senz altro «unclear» la sostituzione, ipotizzata dai sostenitori della fase eolica, di -έμεν da parte del cantore ionico con un -έειν che non faceva parte del suo vernacolo. Osservando poi che non esistono, nella lingua epica, altre circostanze in cui si possa sospettare la sostituzione di una forma 10 Esistono, in realtà, pochi IAor del tipo *βαλέμεν (cf. infra, punto 2.c), inseriti in una struttura anapestica, che anche Nikolaev 2013, p. 88 n. 39, segnala come «exceptionally rare» e individualmente giustificabili.
ANCORA SUGLI INFINITI AORISTI IN -έειν 149 eolica con una forma artificiale metricamente equivalente, approda alla conclusione che il caso degli IAor in -έειν potrebbe meglio supportare l ipotesi diffusionista, ancorché non ne sia la prova più cogente 11. 2. La ricostruzione prodotta da Nikolaev è, come si è già detto, altamente condivisibile per quanto concerne l individuazione dei possibili processi fonetici e fonologici che hanno generato la forma di IAor in esame. Un ulteriore approfondimento merita invece la questione dell orizzonte storico-linguistico entro cui considerare il fenomeno in discussione, alla luce dei dati numerici relativi al rapporto tra le diverse forme di IAor attestate nella tradizione epica, la cui rilettura consentirà forse di aggiungere qualche considerazione. Nikolaev, rilevando nella tradizione epica una pluralità di forme di IAor (-έειν, -εῖν, -έμεν), produce infatti dati che non paiono collimare del tutto con quanto si può dedurre dalle edizioni omeriche, soprattutto per quanto riguarda le attestazioni degli IAor in -εῖν: lo studioso parla infatti, per Omero, di 102 forme in -έειν, 35 in -εῖν e 55 in -έμεν 12, mentre, a quanto mi risulta, ben più numerose (106) sono almeno le forme in -εῖν; quelle in -έμεν invece sembrano essere 62. Si tratta di differenze non di poco peso, pur tenendo conto dei minimi scostamenti che possono derivare dall uso di differenti edizioni o da una diversa valutazione delle ripetizioni della medesima formula 13. Ritengo dunque necessario in primo luogo ricapitolare gli elementi oggettivi, rilevando non solo le cifre assolute relative alle diverse forme di IAor, ma anche la loro reciproca relazione e in particolare il loro eventuale essere organiche, cioè non sostituibili sul piano metrico con una delle forme concorrenti: a) nel corpus esiodeo (con l esclusione, come si è detto, di Teogonia e Opere e giorni, dove la forma non è attestata) e negli Inni omerici gli IAor in -έειν sono sistematicamente interscambiabili con IAor in -έμεν, in quanto la terminazione di infinito è seguita da parola iniziante per consonante; nei poemi omerici ciò accade nella grande maggioranza dei casi, ma non mancano significative eccezioni. Su poco più di un centinaio di attestazioni di IAor in -έειν (Tabella 1), pressoché equamente ripartite fra Iliade (52 casi) 11 Nikolaev 2013, p. 89. Sulla scia di Nikolaev, anche Miller 2014, p. 348, ritiene l argomento offerto dagli IAor in -έειν come «strong evidence against an Aeolic phase». 12 Nikolaev 2013, p. 81 n. 1; il conteggio è ribadito a p. 85 n. 23. 13 Il computo qui presentato si fonda sul testo delle edizioni a base del TLG, cioè Allen (Oxford 1931) per l Iliade e von der Mühll (Basel 1962) per l Odissea. Non mi pare tuttavia si possano registrare discrepanze significative rispetto alle principali edizioni critiche in uso. Quanto alle ripetizioni formulari, nel nostro conteggio ogni attestazione è stata valutata come un caso.
150 ANTONIETTA PORRO e Odissea (51, due dei quali incerti), 15 (contrassegnate da asterisco nella Tabella 1) sono organiche, in quanto seguite da parola iniziante per vocale. L aedo dunque, in questi ultimi casi, se ne serve come elemento compositivo originario, direttamente introdotto nel verso in fase di prima composizione e non in sostituzione di un altra forma ereditata dalla tradizione 14. b) Dei radicali verbali cui sono riconnesse le forme di IAor in -έειν nei poemi omerici (20) solo quattro conoscono anche una forma di IAor in -έμεν 15. c) Sono attestati nei poemi omerici casi di IAor in -έμεν che potrebbero essere sostituiti da forme in -έειν, poiché, essendo seguiti da parola iniziante per consonante, coprono un giambo (o, come direbbe Nikolaev, sono inseriti in una struttura anapestica). Essi sono, tuttavia, poco numerosi, assommando a 10 casi appena, solo 2 dei quali relativi all Iliade 16 (Tabella 2-B); di più, a parte una attestazione relativa a πεφραδέμεν (Od. VII 49), tutti gli altri, riguardanti le voci πιέμεν, τραφέμεν e φαγέμεν, sono evidentemente compresi all interno di un nesso formulare 17 ; in questi casi, fra l altro, la preferenza di -έμεν rispetto ad -έειν consente di evitare la cosiddetta superlunga, cioè la sillaba contenente un elemento vocalico lungo e collocato in sillaba chiusa. d) Esistono, nell Iliade e nell Odissea, 52 casi di IAor in -έμεν che non potrebbero essere sostituiti da una forma in -έειν, in quanto occupano il biceps di un dattilo (Tabella 2-A) 18. Essi tuttavia potrebbero essere rimpiazzati con una forma di IAor ionico in -εῖν, metricamente equivalente (cf. infra, punto e). Queste forme, in assoluto piuttosto numerose, sono nella stragrande maggioranza costituite dalla voce verbale ἐλθέμεν oppure, meno abbondantemente, da εἰπέμεν e loro composti. Con l aggiunta di poche attestazioni di ἀλαλκέμεν (1), ἐπαυρέμεν (2), πιέμεν (3), πεπληγέμεν (2), σχέμεν (4), τιέμεν (1), πεφνέμεν (1), esse coprono tutti i 52 casi in questione, nei quali la terminazione di infinito costituisce il biceps del primo (12), del quinto (6), ma soprattutto del quarto piede (34), dove, nell esametro arcaico, trova posto preferibilmente un dattilo. e) Va infine sottolineato il fatto, già anticipato sopra, che, nei poemi omerici in particolare, sono tutt altro che rare le attestazioni di IAor in -εῖν (106 casi complessivi; Tabella 3 19 ); in qualche circostanza tali forme si trova- 14 Questo elemento potrebbe supportare l osservazione di Nikolaev 2013, p. 86, che cioè la presenza di -έειν nei poemi omerici e l assenza da Esiodo ne fa uno strumento compositivo proprio di una scuola poetica ionico-orientale. 15 πεφραδέμεν, πιέμεν, σχέμεν (ἀνασχέμεν), φαγέμεν. 16 Peraltro i due casi iliadici (VII 199; XVIII 436) sono costituiti dalla replicazione della medesima clausola formulare γενέσθαι τε τραφέμεν τε, presente una volta anche a Od. III 28. 17 Cf. anche Nikolaev 2013, p. 88 e n. 39. 18 Cf. anche Nikolaev 2013, p. 88. 19 Si ricorda che Nikolaev 2013, p. 81 n. 1, 85 n. 23, riduce inspiegabilmente questi casi a 35.
ANCORA SUGLI INFINITI AORISTI IN -έειν 151 no all interno di strutture formulari, documentando la loro radicata integrazione nella dizione dei poemi. Se la terminazione -εῖν è organica (non potendo evidentemente essere sostituita da -έμεν né tantomeno da -έειν) quando copre il primo longum del piede o l ultimo elemento del verso (60 casi totali), essa tuttavia non è quasi mai organica (con la sola eccezione di Od. III 318, che costituisce il 61 caso) quando copre la lunga del secondo elemento, che potrebbe essere sostituita da due brevi, e quindi dalla terminazione -έμεν. La tavola riassuntiva alla pagina seguente consente di avere una sintesi visiva della distribuzione delle diverse forme di IAor all interno dell esametro e di farsi un idea sommaria della effettiva sovrapponibilità delle diverse terminazioni. 3. Questi dati permettono di proporre due ordini di riflessioni: il primo, apparentemente non pertinente, è in realtà preliminare al secondo e consiste in una valutazione di tipo sincronico della compresenza e della distribuzione delle tre terminazioni di IAor; il secondo riguarda invece le loro reciproche relazioni sul piano diacronico e ha lo scopo diretto di tentare una spiegazione della genesi della terminazione aberrante -έειν. La prima impressione che si ricava dai dati sopra esposti è infatti che le tre terminazioni la cui frequenza è pressoché identica per -έειν ed -εῖν e significativamente inferiore, ma non irrilevante, per -έμεν abbiano una funzione complementare sul piano della tecnica compositiva dei poemi omerici. Esse infatti, anche a giudicare dalla tabella relativa alla loro distribuzione nel verso, sembra soddisfacciano esigenze differenti: la forma in -έμεν vale soprattutto a completare un dattilo (34 attestazioni su 62 si trovano immediatamente prima della dieresi bucolica e nella maggior parte di questi casi la forma di IAor, trisillabica, coincide con il quarto piede dell esametro), quella in -εῖν costituisce il primo elemento del piede oppure completa uno spondeo (mai, tuttavia, uno spondeo in quinta sede!), quella in -έειν chiude un piede dattilico e copre il longum del piede successivo (consentendo di evitare la coincidenza tra la fine della parola e la fine del piede: notevole l elevato numero di attestazioni a metà del verso, tra il terzo e il quarto piede 20 ). Guardando, a puro scopo esemplificativo, a casi specifici, nel gran numero di attestazioni di cui disponiamo per ἐλθέμεν ed ἐλθεῖν è possibile verificare una netta preponderanza della terminazione eolica in quarta sede; nel caso di σχέμεν poi si rileva una esclusività d impiego di questa forma a costituire il quarto biceps (cf. Tabella 4). 20 Cf. anche Nikolaev 2013, p. 82 e n. 3, sulla collocazione usuale di -έειν.
152 ANTONIETTA PORRO εῖν 106 (100%) [61 organici] έμεν 62 (100%) έειν 103 (100%) [15 organici] 1 piede: 28 (26,5%) [1 organ.] 12 (19,4%) DISTRIBUZIONE TERMINAZIONI NELL ESAMETRO 2 piede: 6 (5,7%) 2 (3,2%) 11 (10,7%) [2 organici] 3 piede: 14 (13,2%) 3 (4,8%) 30 (29,1 %) [7 organ.] 1 (0,9%) 4 piede: 14 (13,2%) 1 (1,6%) 47 (45,6%) [5 organ.] 17 (16%) 34 (54,9%) 5 piede: 2 (1,9%) 1 (1,6%) 15 (14,6%) [1 organ.] 6 (9,7%) 3 (4,8%) 6 piede: 24 (22,6%) Posizioni nelle quali la terminazione non può trovar posto, per incompatibilità col metro. Le percentuali indicate sono relative al numero di attestazioni di una terminazione in una certa posizione rispetto al totale delle attestazioni di quella medesima terminazione. Nel caso di -έμεν, la prima riga indica le circostanze in cui la parola successiva alla terminazione inizia per vocale, la seconda quelle in cui inizia per consonante.
ANCORA SUGLI INFINITI AORISTI IN -έειν 153 Sembra dunque ragionevole pensare che la compresenza delle tre forme concorrenti non sia tanto l indizio di un processo di adattamento morfologico quanto uno strumento compositivo per il cantore, non diversamente da quanto accade per le formule in distribuzione complementare all interno di un sistema. La selezione fra le tre forme è fortemente determinata anche dalla prosodia del radicale verbale e dalla sua possibilità di integrazione nell esametro. Come rileva Nikolaev 2013 (p. 81), gli IAor in -έειν si formano solo da radici con struttura (C)V C: è ovvio che per un radicale come ἐλθ-, che non sarebbe compatibile con la struttura esametrica se chiuso da una terminazione -έειν, le uniche forme di IAor attestate siano ἐλθέμεν e soprattutto ἐλθεῖν. È evidente che, in quest ottica, non solo la conservazione di forme eoliche laddove esse potrebbero essere sostituite da terminazioni ioniche non desta meraviglia, ma essa è anzi del tutto consona con la natura della dizione epica, della quale fanno strutturalmente parte stilemi e morfemi estranei alla lingua corrente. È questo, certamente, il caso dell infinito τραφέμεν, attestato per tre volte all interno della medesima clausola formulare γενέσθαι τε τραφέμεν τε, nonché di φαγέμεν, che ricorre quattro volte su sei in unione con πιέμεν/πιεῖν e non è sostituito, se non una sola volta (Od. XVI 429: ἠδὲ κατὰ ζωὴν φαγέειν μενοεικέα πολλήν), da φαγέειν, anche se il metro lo consentirebbe: Od. X 386: ἀλλ εἰ δὴ πρόφρασσα πιεῖν φαγέμεν τε κελεύεις Od.XV 378: καὶ φαγέμεν πιέμεν τε, ἔπειτα δὲ καί τι φέρεσθαι Od. XVI 143: οὔ πώ μίν φασιν φαγέμεν καὶ πιέμεν αὔτως Od. XVII 404: αὐτὸς γὰρ φαγέμεν πολὺ βούλεαι ἢ δόμεν ἄλλῳ Od. XVIII 3: ἀζηχὲς φαγέμεν καὶ πιέμεν οὐδέ οἱ ἦν ἲς 21. Un altra osservazione è possibile proporre all interno di questa prospettiva, ad ulteriore interpretazione della tabella sulla distribuzione delle tre terminazioni: se le sovrapposizioni fra -εῖν e -έμεν(+v) sono piuttosto numerose (le due forme sono in reciproca concorrenza nel primo e nel quarto piede, benché la distribuzione sia ora a favore dell una, ora dell altra), sostanzialmente irrilevanti sono quelle fra -έμεν(+c) ed -έειν, in quanto la terminazione eolica è mantenuta, come già si è osservato (cf. supra, 2.c), solo in casi sporadici, in connessione con contesti manifestamente formulari: la spiegazione del fenomeno è palmare, giacché sul piano del ritmo -εῖν e -έμεν(+v) non sono mai perfettamente assimilabili, benché formalmente sostituibili all interno dell e- 21 Si noti che a Od. XVI 143 e XVIII 3 πιέμεν prevede ι lungo, probabilmente per effetto della formula ἐσθιέμεν καὶ πινέμεν (Od. II 302; XXI 69; cf. anche VII 220: ἐσθέμεναι κέλεται καὶ πινέμεν, ἐκ δέ με πάντων).
154 ANTONIETTA PORRO sametro, mentre -έμεν(+c) ed -έειν lo sono, corrispondendo ambedue ad una sequenza giambica. Questa osservazione ci consente di spostarci dal piano sincronico a quello diacronico: nell orizzonte dell esistenza di una fase eolica della tradizione epica, se -εῖν e -έειν debbono vedersi come possibili adattamenti, nell ambito della recitazione ionica, delle corrispondenti terminazioni eoliche in -έμεν, -έειν gode certamente a priori di maggiori probabilità di affermazione, a motivo della suddetta identità ritmica. Analoga osservazione si potrebbe fare peraltro partendo dall ipotesi diffusionista: l esigenza di ricorrere alla desinenza eolica è evidentemente più forte laddove l aedo non disponga di un alternativa ionica che risponda alle medesime esigenze ritmiche. Dunque fin qui nulla supporta la teoria della fase eolica più di quella diffusionista: il fatto che si debba rilevare l assenza quasi totale di -έμεν quando essa è equivalente ad -έειν e se ne debba constatare la conservazione in specifici e limitati contesti formulari è coerente con il quadro, già definito, di -έειν come un fenomeno connesso con la recitazione ionica, entro la quale devono trovare adeguato riconoscimento la particolare natura della dizione formulare e la libertà compositiva del cantore, senza che possano essere tratte ulteriori deduzioni in merito all origine della dizione epica. L unica congiuntura in cui, come si è detto sopra, Nikolaev 2013 (p. 89) ritiene, pur cautamente, che si possano rinvenire elementi contrari alla teoria della fase eolica risiede nel fatto che, stando ai presupposti di questa teoria, il cantore ionico avrebbe incomprensibilmente provveduto a sostituire una forma a lui non familiare (l eolico -έμεν) con una come -έειν, che non faceva parte del suo vernacolo; per di più, sottolinea lo studioso, questa sarebbe una procedura del tutto singolare nella dizione epica, giacché non si conoscono altre circostanze in cui si possa ipotizzare la sostituzione di una forma eolica con una forma metricamente equivalente ma del tutto artificiale. A mio avviso però anche queste argomentazioni non sono incontrovertibili. Il punto cruciale, infatti, consiste nel fatto che il cantore non introduce deliberatamente e direttamente nel verso la terminazione -έειν, la quale, certo, sarebbe stata in sé un vero e proprio monstrum linguistico. In un processo naturale di avvicinamento della dizione poetica ereditata dalla tradizione al proprio vernacolo l aedo ionico non avrebbe potuto servirsi che della forma a lui familiare, -εῖν, sia che con questa andasse a sostituire l ionico -έhεν sia che intendesse rimpiazzare l eolico -έμεν. Proprio l abbondanza di attestazioni della terminazione -εῖν nell epica omerica, che Nikolaev, per effetto di un conteggio anomalo, non rileva, documenta la familiarità della tradizione poetica ionica con questa forma, né ci si poteva attendere qualcosa di diverso. Tutto il resto lo fa la recitazione, non la consapevolezza linguistica: cercheremo nelle pagine seguenti di individuarne il modo.
ANCORA SUGLI INFINITI AORISTI IN -έειν 155 4. Per quanto poco noi si sappia sulla recitazione aedica e nonostante la comprensibile scarsità di elementi oggettivi al riguardo, abbiamo significativi indizi di una tolleranza del cantore antico di fronte ad irregolarità metriche, le quali a volte furono trasmesse come tali dalla tradizione manoscritta (e qualche volta ossessivamente emendate dagli editori moderni) e a volte diedero origine ad adattamenti prosodici da parte del cantore stesso o dei grammatici delle età successive che generarono forme aberranti (com è il caso di vocali etimologicamente brevi registrate come lunghe perché richiesto dal metro) 22. Tra questi adattamenti trovano posto quelli miranti a regolarizzare il numero degli elementi che formano il verso: «quando questo numero sia messo in pericolo dalle esigenze della grammatica, il rapsodo reagisce subordinando o sacrificando quest ultima con vari espedienti: ricorso a forme dialettali arcaiche o allotrie, violazioni della morfologia, della sintassi o altro ancora» 23. Ho l impressione che in alcune circostanze la tolleranza del cantore e il suo intervento correttivo possano essere stati, per così dire, favoriti dalla forma stessa delle parole e dalla loro pronunzia e forse il caso degli IAor in -έειν può offrirne un esempio. Lo stesso Nikolaev, come altri prima di lui, ha sottolineato, pur senza portarlo alle estreme conseguenze, un fattore di affinità fra infiniti del tipo φορεῖν e βαλεῖν vs φέρειν, tale da giustificare per i primi due l attestarsi di terminazioni in -έειν, ciò che non poteva accadere per il terzo. Questo fattore è la presenza dell accento sulla terminazione: i primi due infiniti sono nella forma ionica perispomeni, mentre l ultimo è parossitono 24. Sospetto che proprio questo fattore abbia contribuito alla sostituzione di una terminazione di infinito bisillabica (quella eolica in -έμεν oppure quella ionica in -έhεν: qui poco importa) con quella, più familiare al cantore ionico, in -εῖν, avvertita come del tutto tollerabile sul piano metrico in virtù di quello che chiamerei il suo bisillabismo fonetico e per questo tradotta, nella recitazione prima e nella grafia poi, nell aberrante (almeno nel caso degli IAor) -έειν. Sul piano fonetico, infatti, la parte vocalica della terminazione contratta -εῖν corrisponde ad un suono /ē /, le cui due more vengono distintamente percepite poiché pronunziate a due diverse altezze, in virtù dell accento tonale (l accento circonflesso implica, com è noto, un ascesa del tono sulla prima mora e una discesa sulla seconda). Per questa ragione è possibile che l aedo venisse indotto a valersi di questa terminazione per coprire lo spazio metrico corrispondente a due sillabe più facilmente di quanto non sarebbe accaduto 22 Cf. al riguardo Cantilena 2007 e bibliografia ivi citata. 23 Cantilena 2007, p. 148. 24 Cf. Nikolaev 2013, p. 83: «The key then becomes the accentuation of the infinitive: the presents of the type φέρω (inf. φέρειν) never have infinitives of the type *φερέειν, because they never had a circumflex suffix -εῖν»; cf. inoltre Chantraine 1958, I, p. 493; Passa 2008, p. 124.
156 ANTONIETTA PORRO nel caso di -ειν atono, che probabilmente doveva essere avvertito come un suono unitario, ancorché lungo, poiché le due more della sua durata avevano una medesima tonalità. Le due sillabe di -έμεν (o di -έhεν) venivano così coperte dalle due distinte more di -εῖν (/é-en/); l aedo stesso poi, più probabilmente che un grammatico di età successiva, avrebbe provveduto ad un aggiustamento prosodico, rendendo la seconda delle due sillabe consona alla correttezza metrica: /é-ēn/ (έ-ειν). In quest ottica la terminazione -έειν non sarebbe una forma artificiale, estranea all uso linguistico del cantore ionico, ma il frutto dell adattamento prosodico di una terminazione grammaticalmente corretta ma metricamente inadeguata. Cadrebbe così l obiezione di Nikolaev, secondo cui rimarrebbe oscuro il motivo per il quale «an Ionian bard would replace a foreign form in -έμεν by a form in -έειν which likewise did not belong to his own vernacular»: il bardo ionico infatti non avrebbe introdotto altro che una forma a lui perfettamente familiare (-εῖν), che sarebbe stata adattata poi, attraverso la recitazione, alla struttura del verso. 5. Per una simile ipotetica ricostruzione che implicherebbe, almeno in questo caso, un ruolo non secondario dell accento delle parole nella recitazione aedica non esistono, né potrebbero esistere, prove documentarie di alcun tipo: essa dunque parrebbe condannata ad essere annoverata tra le congetture, se non infondate, almeno indimostrabili. Tuttavia proprio all interno della dizione epica si può forse individuare un parallelo per la ricostruzione sopra esposta. Alludo al fenomeno tanto discusso quanto variamente spiegato dai protagonisti della discussione della diektasis o distrazione omerica, entro il quale si inquadrano forme come ὁρόω per ὁράω o ἡβώωσα per ἡβάουσα. Alla diektasis si richiama anche Nikolaev come parallelo per l artificialità degli IAor in -έειν, segnalandone la natura di compromesso tra «the original metrical value of traditional forms (*ὁράοντες) and the singers habits of daily speech (ὁρῶντες)» 25. Non è certo questo il luogo per passare in rassegna i termini del dibattito sulla natura della distrazione omerica, neppure per sommi capi: mi limito dunque a ricordare le posizioni estreme nella controversa interpretazione del fenomeno, inteso ora come assimilazione, cioè come fase intermedia nel processo di contrazione vocalica (ὁράω > ὁρόω > ὁρῶ) 26, ora invece come 25 Nikolaev 2013, pp. 83-84 e n. 15. 26 Fra i sostenitori di questa lettura del fenomeno si dovranno ricordare in particolare Göttling 1835, pp. 97-101; Meyer 1861; Curtius 1863, p. 96 (trad. it., p. 78); Mangold 1873 (lo studio è ampio
ANCORA SUGLI INFINITI AORISTI IN -έειν 157 distrazione artificialmente imposta dalla necessità metrica dopo una contrazione vocalica verificatasi in ambiente ionico o attico (ὁράω > ὁρῶ => ὁρόω). Ricordo, in proposito, la ricostruzione di Wackernagel 1878 (pp. 259 ss.) e 1916 (p. 226), tradizionalmente ritenuto il primo rappresentante di questa scuola di pensiero: la sua posizione è particolarmente degna di nota in quanto pone in stretta relazione il fenomeno verificabile nella tradizione scritta dei poemi omerici con il contesto delle recitazioni aediche in area ionica, ove la scomposizione in due sillabe della forma contratta si sarebbe prodotta come fenomeno compensatorio rispetto al metro. Fra i propugnatori della teoria di Wackernagel 27 segnalo la dissertazione berlinese del rumeno Julius Valaori 28, il quale, a corroborare la tesi che «le forme cosiddette distratte si possono spiegare non altrimenti che in virtù della musica, o meglio della recitazione» 29, riporta l opinione del suo maestro Hermann Diels, che riferisco integralmente, in traduzione, in quanto degna a mio avviso di grande considerazione: «Se è verisimile che l uso di distrarre si possa spiegare su base musicale (scil. recitativa), ci si deve dispiacere del fatto che in simili questioni non si sia fatto conto in maniera più accurata dell accento; infatti, se è vero che l accento circonflesso consiste nella voce modulata verso l alto e verso il basso attraverso due suoni, forme come εὐχετῶντο non poterono essere pronunziate in altro modo (anche nella lingua comune) se non εὐχετόὸντο» 30. In sostanza, il fenomeno della diektasis si spiegherebbe come una distrazione nella recitazione di forme contratte secondo l uso ionico che abbisognavano di una compensazione metrica. La distrazione era indotta dalla distensione in due suoni dell elemento lungo esito della contrazione sul quale stava l accento; era l accento a far percepire con chiarezza le due more, collocate su due tonalità diverse. Un dato reale, che non mi pare sia stato fino ad oggi messo in luce, è proprio il fatto a mio avviso non irrilevante che la cosiddetta distrazione omerica si abbia solo in presenza di una forma contratta che reca l accento. e dettagliatissimo, ma la tesi di fondo è la teoria dell assimilazione); Simmerle 1874, p. 8; una sintetica rassegna bibliografica delle loro teorie e di quelle dei loro oppositori in Schwyzer 1934, pp. 104-105. 27 Rinvio anche in questo caso alla breve rassegna di Schwyzer 1934, p. 105. Solo apparentemente analoga alla teoria di Wackernagel è quella espressa da Ehrlich 1908 (e sostanzialmente ripresa da van Leeuwen 1918, pp. 325-326, e da Kretschmer 1923, p. 93): le forme distratte sarebbero il frutto di una consapevole libertà intrinseca al dialetto ionico in età arcaica; per effetto dell accento i cantori si accorderebbero il diritto di distrarre, nella composizione del verso, una sola sillaba in più d una. 28 Cf. Valaori 1902, sp. p. 12. 29 formae quae dicuntur distractae haud aliter nisi musices vel potius recitationis vi explicari possunt. 30 Valaori 1902, p. 12, n. 1: Quidsi veri simile est ex musicis rationibus distrahendi morem explicandum esse, dolendum est, quod in his quaestionibus computus accentus non accuratius habitus est; nam si verum est circumflexum in voce per binos sonos sursum ac deorsum flexa consistere formae velut εὐχετῶντο ne potuerunt quidem aliter pronuntiari (etiam in vulgari sermone) nisi εὐχετόὸντο.
158 ANTONIETTA PORRO Lo stesso Chantraine 1958 (p. 78) segnala come «remarquable» l assenza della diektasis nelle forme in -αον dell imperfetto attivo alla I persona singolare e alla III plurale: sarà un caso che proprio in queste forme l accento non si trovi sulla terminazione? 6. Intesa in questo modo la diektasis, ne discende che gli IAor in -έειν altro non sono che un caso particolare del medesimo fenomeno 31. La loro genesi dunque si colloca come quella della diektasis nell ambito della recitazione ionica, della quale non certo della sostituzione deliberata da parte dell aedo di una terminazione a lui non familiare con un altra altrettanto estranea deve considerarsi il frutto. Se poi l aedo in questione erediti una precedente fase eolica della tradizione poetica ovvero si muova sostanzialmente in un contesto ionico, come l ipotesi diffusionista suggerisce, non è dato dedurlo attraverso questo specifico caso. Mette conto tuttavia richiamare l esistenza, sopra rilevata 32, di una quindicina di casi nei poemi omerici in cui la terminazione -έειν è organica: in queste circostanze essa non rappresenta quindi la sostituzione di un altra terminazione, ma costituisce un elemento compositivo originario, direttamente introdotto nel verso in fase di prima composizione. Questo elemento dunque attesta che la forma è diventata a pieno titolo uno strumento compositivo dell aedo ionico, che se ne vale ormai come di un elemento morfologico consentito, svincolato dalla funzione di adattamento alla lingua del suo tempo di una forma avvertita come obsoleta. BIBLIOGRAFIA Cantilena 2007 = M. Cantilena, Due versi di Platone, QUCC 85, 1 (2007), pp. 143-149. Chantraine 1958 = P. Chantraine, Grammaire homérique, I-II, Paris 1958. Curtius 1863 = G. Curtius, Erläuterungen zu meiner Griechischen Schulgrammatik, Prag 1863 (trad. it. Illustrazioni filologico-comparative alla Grammatica greca del dott. Giorgio Curtius, per cura di F.-G. Fumi, Napoli 1869). Curtius 1876 = G. Curtius, Das Verbum der griechischen Sprache, II, Leipzig 1876. Ehrlich 1908 = H. Ehrlich, Die epische Zerdehnung, RhM 63 (1908), pp. 107-126. García Ramón 1977 = J.L. García Ramón, Le prétendu infinitif occidental du type ἔχεν vis-à-vis du mycénien e-ke-e, Minos 16 (1977), pp. 179-206. Göttling 1835 = C. Göttling, Allgemeine Lehre vom Accent der griechischen Sprache, Jena 1835. 31 Cf. al riguardo Nikolaev 2013, p. 84 n. 15, ove richiama l opinione di altri studiosi, tra cui, da ultimo Latacz 2009, p. 2, che segnalano la somiglianza tra i due fenomeni. 32 Cf. supra, punto 2.a.
ANCORA SUGLI INFINITI AORISTI IN -έειν 159 Kretschmer 1923 = P. Kretschmer, Sprache, Leipzig-Berlin 1923 (Einleitung in die Altertumswissenschaft, hrsg. von A. Gercke und E. Norden, I.6). K.-G. = R. Kühner, F.W. Blass und B. Gerth, Ausführliche Grammatik der griechischen Sprache, I-II, Hannover-Leipzig 1890-1904 3. van Leeuwen 1918 = J. van Leeuwen, Enchiridium dictionis epicae, Lugduni Batavorum 1918 2. Mangold 1873 = B. Mangold, De diectasi Homerica imprimis verborum in -αω, in Studien zur griechischen und lateinischen Grammatik, hrsg. von G. Curtius, VI, Leipzig 1873 (= Hildesheim-New York 1972), pp. 139-213. Meyer 1861 = L. Meyer, Vocalvorschlag, Vocalzerdehnung, Distraction, Zeitschrift für vergleichende Sprachforschung 10 (1861), pp. 45-58. Meyer 1865 = L. Meyer, Vergleichende Grammatik der Griechischen und Lateinischen Sprache, II, Berlin-Göttingen 1865. Miller 2014 = D. Gary Miller, Ancient Greek Dialects and Early Authors. Introduction to the Dialect Mixture in Homer, with Notes on Lyric and Herodotus, Boston-Berlin 2014. Monro 1891 = D.B. Monro, A Grammar of the Homeric Dialect, Oxford 1891 2 (= Hildesheim 1986). Nikolaev 2013 = A. Nikolaev, The aorist infinitives in -eein in early Greek hexameter poetry, JHS 133 (2013), pp. 81-92. Passa 2008 = E. Passa, L epica, in A.C. Cassio (cur.), Storia delle lingue letterarie greche, Milano 2008, pp. 99-144. Renner 1868 = J.G. Renner, Quaestiones de dialecto antiquioris Graecorum poesis elegiacae et iambicae (Schluss), in Studien zur griechischen und lateinischen Grammatik, hrsg. von G. Curtius, II, Leipzig 1868 (= Hildesheim-New York 1972), pp. 1-62. Schwyzer 1934 = E. Schwyzer, Griechische Grammatik, auf der Grundlage von K. Brugmanns, I.1, München 1934. Simmerle 1874 = P.M. Simmerle, Zur Bildung der homerischen Infinitiv-Formen, Innsbruck 1874. Valaori 1902 = J. Valaori, De vocalibus αα, αε, αη, αο, αω apud Homerum non contractis, Dissertatio inauguralis philologica Univ. Berolin. die XXI m. junii MDCCCCII, Berolini 1902. Wackernagel 1878 = J. Wackernagel, Die epische Zerdehnung, in Festschrift zur Feier seines fünfzigjährigen DoctorJubiläums Herrn Professor Th. Benfey, Göttingen 1878 (= Bezzenberger Beiträge 4, 1878), pp. 259-312. Wackernagel 1916 = J. Wackernagel, Sprachliche Untersuchungen zu Homer, Göttingen 1916.
160 ANTONIETTA PORRO TABELLA 1 IAor omerici in -έειν Le occorrenze sono state disposte secondo l ordine alfabetico dei radicali verbali; le forme composte con preverbo sono aggregate alle corrispondenti forme semplici. All interno dell elenco relativo a ogni radicale verbale sono stati raggruppati insieme i versi in cui l IAor compare nella medesima sede metrica e, nei limiti del possibile, quelli in cui l IAor è compreso in una espressione formulare. L asterisco (*) segnala le occorrenze nelle quali un IAor in -έμεν non sarebbe metricamente compatibile. Od. 9.489 Od. 10.129 Il. 13.629 Il. 16.383 Il. 16.866 Il. 24.645 Od. 4.298 Od. 7.337 *Od. 9.137 Od. 11.597 Od. 22.174 Il. 2.414 Il. 7.242 Il. 8.299 Il. 8.301 Il. 8.310 Il. 8.322 Il. 8.417 *Il. 10.368 Od. 4.198 *Od. 5.349 *Od. 8.508 Od. 14.399 Il. 17.572 Il. 18.585 Il. 14.163 Il. 15.558 Il. 22.142 Od. 11.206 Od. 11.205 [ἐμβαλέειν κώπῃσ, ἵν ὑπὲκ κακότητα φύγοιμεν,] ἐμβαλέειν κώπῃσ, ἵν ὑπὲκ κακότητα φύγοιμεν πῦρ ὀλοὸν βαλέειν, κτεῖναι δ ἥρωας Ἀχαιούς ἵετο γὰρ βαλέειν τὸν δ ἔκφερον ὠκέες ἵπποι. ἵετο γὰρ βαλέειν τὸν δ ἔκφερον ὠκέες ἵπποι. πορφύρε ἐμβαλέειν, στορέσαι τ ἐφύπερθε τάπητας, πορφύρε ἐμβαλέειν, στορέσαι τ ἐφύπερθε τάπητας, πορφύρε ἐμβαλέειν, στορέσαι τ ἐφύπερθε τάπητας, οὔτ εὐνὰς βαλέειν οὔτε πρυμνήσι ἀνάψαι, ἄκρον ὑπερβαλέειν, τότ ἀποστρέψασκε Κραταιΐς [ἐς θάλαμον βαλέειν, σανίδας δ ἐκδῆσαι ὄπισθε,] πρίν με κατὰ πρηνὲς βαλέειν Πριάμοιο μέλαθρον ἀλλ οὐ γάρ σ ἐθέλω βαλέειν τοιοῦτον ἐόντα τοῦτον δ οὐ δύναμαι βαλέειν κύνα λυσσητῆρα. Ἕκτορος ἀντικρύ, βαλέειν δέ ἑ ἵετο θυμός Ἕκτορος ἀντικρύ, βαλέειν δέ ἑ ἵετο θυμός. βῆ δ ἰθὺς Τεύκρου, βαλέειν δέ ἑ θυμὸς ἀνώγει. αὐτὰς δ ἐκ δίφρου βαλέειν κατά θ ἅρματα ἄξειν φθαίη ἐπευξάμενος βαλέειν, ὃ δὲ δεύτερος ἔλθοι. κείρασθαί τε κόμην βαλέειν τ ἀπὸ δάκρυ παρειῶν. ἂψ ἀπολυσάμενος βαλέειν εἰς οἴνοπα πόντον ἢ κατὰ πετράων βαλέειν ἐρύσαντας ἐπ ἄκρης, δμῶας ἐπισσεύας βαλέειν μεγάλης κατὰ πέτρης, ἰσχανάᾳ δακέειν, λαρόν τέ οἱ αἷμ ἀνθρώπου οἳ δ ἤτοι δακέειν μὲν ἀπετρωπῶντο λεόντων, εἴ πως ἱμείραιτο παραδραθέειν φιλότητι Ἴλιον αἰπεινὴν ἑλέειν κτάσθαι τε πολίτας. ταρφέ ἐπαΐσσει, ἑλέειν τέ ἑ θυμὸς ἀνώγει τρὶς μὲν ἐφωρμήθην, ἑλέειν τέ με θυμὸς ἀνώγει, μητρὸς ἐμῆς ψυχὴν ἑλέειν κατατεθνηυίης.
ANCORA SUGLI INFINITI AORISTI IN -έειν 161 Od. 11.426 Od. 11.210 *Il. 5.262 Od. 3.144 Od. 11.105 *Od. 20.313 *Od. 1.59 Il. 15.289 *Il. 22.426 Od. 4.562 Od. 5.308 Od. 12.342 Od. 14.274 Il. 12.53 Il. 16.256 *Od. 12.446 *Il. 19.15 Il. 22.47 Il. 24.36 Od. 6.230 Od. 23.157 Il. 3.236 Il. 5.475 Il. 17.643 Il. 23.463 Od. 11.567 Od. 13.334 Od. 17.142 Od. 8.410 Od. 4.475 Od. 5.41 Od. 5.114 Od. 6.314 Od. 7.76 Od. 9.532 Od. 16.296 χερσὶ κατ ὀφθαλμοὺς ἑλέειν σύν τε στόμ ἐρεῖσαι. μῆτερ ἐμή, τί νύ μ οὐ μίμνεις ἑλέειν μεμαῶτα, αὐτοῦ ἐρυκακέειν ἐξ ἄντυγος ἡνία τείνας, λαὸν ἐρυκακέειν ῥέξαι θ ἱερὰς ἑκατόμβας, αἴ κ ἐθέλῃς σὸν θυμὸν ἐρυκακέειν καὶ ἑταίρων, καὶ σίτου χαλεπὸν γὰρ ἐρυκακέειν ἕνα πολλούς. ἧς γαίης, θανέειν ἱμείρεται. οὐδέ νυ σοί περ χερσὶν ὑπ Αἴαντος θανέειν Τελαμωνιάδαο. Ἕκτορος ὡς ὄφελεν θανέειν ἐν χερσὶν ἐμῇσι Ἄργει ἐν ἱπποβότῳ θανέειν καὶ πότμον ἐπισπεῖν, ὡς δὴ ἐγώ γ ὄφελον θανέειν καὶ πότμον ἐπισπεῖν λιμῷ δ οἴκτιστον θανέειν καὶ πότμον ἐπισπεῖν. ποίησ - ὡς ὄφελον θανέειν καὶ πότμον ἐπισπεῖν εὐρεῖ, οὔτ ἄρ ὑπερθορέειν σχεδὸν οὔτε περῆσαι εἰσιδέειν Τρώων καὶ Ἀχαιῶν φύλοπιν αἰνήν. εἰσιδέειν οὐ γάρ κεν ὑπέκφυγον αἰπὺν ὄλεθρον. ἄντην εἰσιδέειν, ἀλλ ἔτρεσαν. αὐτὰρ Ἀχιλλεὺς οὐ δύναμαι ἰδέειν Τρώων εἰς ἄστυ ἀλέντων, ᾗ τ ἀλόχῳ ἰδέειν καὶ μητέρι καὶ τέκεϊ ᾧ μείζονά τ εἰσιδέειν καὶ πάσσονα, κὰδ δὲ κάρητος μείζονά τ εἰσιδέειν καὶ πάσσονα, κὰδ δὲ κάρητος δοιὼ δ οὐ δύναμαι ἰδέειν κοσμήτορε λαῶν τῶν νῦν οὔ τιν ἐγὼ ἰδέειν δύναμ οὐδὲ νοῆσαι, ἀλλ οὔ πῃ δύναμαι ἰδέειν τοιοῦτον Ἀχαιῶν νῦν δ οὔ πῃ δύναμαι ἰδέειν πάντῃ δέ μοι ὄσσε τῶν ἄλλων ψυχὰς ἰδέειν κατατεθνηώτων. ἵετ ἐνὶ μεγάροισ ἰδέειν παῖδάς τ ἄλοχόν τε φῆ μιν ὅ γ ἐν νήσῳ ἰδέειν κρατέρ ἄλγε ἔχοντα, σοὶ δὲ θεοὶ ἄλοχόν τ ἰδέειν καὶ πατρίδ ἱκέσθαι οὐ γάρ τοι πρὶν μοῖρα φίλους τ ἰδέειν καὶ ἱκέσθαι ὣς γάρ οἱ μοῖρ ἐστὶ φίλους τ ἰδέειν καὶ ἱκέσθαι ἀλλ ἔτι οἱ μοῖρ ἐστὶ φίλους τ ἰδέειν καὶ ἱκέσθαι ἐλπωρή τοι ἔπειτα φίλους τ ἰδέειν καὶ ἱκέσθαι ἐλπωρή τοι ἔπειτα φίλους ἰδέειν καὶ ἱκέσθαι ἀλλ εἴ οἱ μοῖρ ἐστὶ φίλους τ ἰδέειν καὶ ἱκέσθαι καλλιπέειν καὶ δοιὰ βοάγρια χερσὶν ἑλέσθαι,
162 ANTONIETTA PORRO Il. 17.32 Il. 20.198 Il. 18.77 Od. 5.347 Il. 6.82 Il. 6.307 *Il. 23.467 Il. 23.595 Il. 7.481 *Il. 4.263 Od. 11.584 Od. 11.585 *Il. 18.511 Il. 9.532 Il. 7.32 Il. 23.466 Od. 5.320 Il. 13.501 Il. 16.761 Il. 19.197 *Il. 24.608 Od. 16.429 *Od. 19.477 Il. 21.66 Od. 5.289 Od. 12.99 Od. 19.157 Od. 19.231 Il. 2.393 Il. 13.436 Il. 14.80 Od. 4.504 πρίν τι κακὸν παθέειν ῥεχθὲν δέ τε νήπιος ἔγνω. πρίν τι κακὸν παθέειν ῥεχθὲν δέ τε νήπιος ἔγνω. σεῦ ἐπιδευομένους, παθέειν τ ἀεκήλια ἔργα. ἄμβροτον οὐδέ τί τοι παθέειν δέος οὐδ ἀπολέσθαι. φεύγοντας πεσέειν, δηΐοισι δὲ χάρμα γενέσθαι. πρηνέα δὸς πεσέειν Σκαιῶν προπάροιθε πυλάων, ἔνθά μιν ἐκπεσέειν ὀΐω σύν θ ἅρματα ἆξαι, ἐκ θυμοῦ πεσέειν καὶ δαίμοσιν εἶναι ἀλιτρός. πρὶν πιέειν πρὶν λεῖψαι ὑπερμενέϊ Κρονίωνι. ἕστηχ, ὥς περ ἐμοί, πιέειν ὅτε θυμὸς ἀνώγοι. στεῦτο δὲ διψάων, πιέειν δ οὐκ εἶχεν ἑλέσθαι ὁσσάκι γὰρ κύψει ὁ γέρων πιέειν μενεαίνων, ἠὲ διαπραθέειν ἢ ἄνδιχα πάντα δάσασθαι Κουρῆτες δὲ διαπραθέειν μεμαῶτες Ἄρηϊ. ὑμῖν ἀθανάτῃσι, διαπραθέειν τόδε ἄστυ. εὖ σχεθέειν περὶ τέρμα καὶ οὐκ ἐτύχησεν ἑλίξας αἶψα μάλ ἀνσχεθέειν μεγάλου ὑπὸ κύματος ὁρμῆς ἵεντ ἀλλήλων ταμέειν χρόα νηλέϊ χαλκῷ. ἵεντ ἀλλήλων ταμέειν χρόα νηλέϊ χαλκῷ. κάπρον ἑτοιμασάτω ταμέειν Διί τ Ἠελίῳ τε. φῆ δοιὼ τεκέειν, ἣ δ αὐτὴ γείνατο πολλούς ἠδὲ κατὰ ζωὴν φαγέειν μενοεικέα πολλήν πεφραδέειν ἐθέλουσα φίλον πόσιν ἔνδον ἐόντα. ἐκφυγέειν θάνατόν τε κακὸν καὶ κῆρα μέλαιναν. ἐκφυγέειν μέγα πεῖραρ ὀϊζύος, ἥ μιν ἱκάνει. παρφυγέειν σὺν νηΐ φέρει δέ τε κρατὶ ἑκάστῳ νῦν δ οὔτ ἐκφυγέειν δύναμαι γάμον οὔτε τιν ἄλλην αὐτὰρ ὁ ἐκφυγέειν μεμαὼς ἤσπαιρε πόδεσσι. ἄρκιον ἐσσεῖται φυγέειν κύνας ἠδ οἰωνούς. οὔτε γὰρ ἐξοπίσω φυγέειν δύνατ οὔτ ἀλέασθαι, οὐ γάρ τις νέμεσις φυγέειν κακόν, οὐδ ἀνὰ νύκτα. φῆ ῥ ἀέκητι θεῶν φυγέειν μέγα λαῖτμα θαλάσσης.
ANCORA SUGLI INFINITI AORISTI IN -έειν 163 Od. 12.120 Il. 8.243 Od. 12.216 Od. 5.414 Il. 14.34 οὐδέ τις ἔστ ἀλκή φυγέειν κάρτιστον ἀπ αὐτῆς. αὐτοὺς δή περ ἔασον ὑπεκφυγέειν καὶ ἀλύξαι, δώῃ τόνδε γ ὄλεθρον ὑπεκφυγέειν καὶ ἀλύξαι στήμεναι ἀμφοτέροισι καὶ ἐκφυγέειν κακότητα αἰγιαλὸς νῆας χαδέειν, στείνοντο δὲ λαοί
164 ANTONIETTA PORRO TABELLA 2 IAor omerici in -έμεν A. CASI IN CUI -έμεν POTREBBE ESSERE SOSTITUITO DA -εῖν (occupa un biceps): 1) La desinenza occupa il primo biceps Il. 7.373 Od. 23.76 Od. 23.265 Il. 23.197 Od. 3.320 Od. 14.374 Od. 17.304 Od. 17.509 Od. 18.183 Od. 19.569 Od. 22.432 Il. 6.180 εἰπέμεν Ἀτρεΐδῃς Ἀγαμέμνονι καὶ Μενελάῳ εἰπέμεν ἀλλά με κεῖνος ἑλὼν ἐπὶ μάστακα χερσὶν εἰπέμεν; αὐτὰρ ἐγὼ μυθήσομαι οὐδ ἐπικεύσω. ἐλθέμεν, ὄφρα τάχιστα πυρὶ φλεγεθοίατο νεκροί, ἐλθέμεν, ὅν τινα πρῶτον ἀποσφήλωσιν ἄελλαι ἐλθέμεν ὀτρύνῃσιν, ὅτ ἀγγελίη ποθὲν ἔλθῃ. ἐλθέμεν αὐτὰρ ὁ νόσφιν ἰδὼν ἀπομόρξατο δάκρυ, ἐλθέμεν, ὄφρα τί μιν προσπτύξομαι ἠδ ἐρέωμαι, ἐλθέμεν, ὄφρα κέ μοι παρστήετον ἐν μεγάροισιν ἐλθέμεν ἦ κ ἀσπαστὸν ἐμοὶ καὶ παιδὶ γένοιτο. ἐλθέμεν, αἵ περ πρόσθεν ἀεικέα μηχανόωντο. πεφνέμεν ἣ δ ἄρ ἔην θεῖον γένος οὐδ ἀνθρώπων, 2) La desinenza occupa il quarto biceps Od. 3.237 Il. 18.302 Od. 17.81 Il. 9.688 Od. 3.89 Od. 17.106 Od. 1.91 Od. 4.215 Il. 4.247 Il. 10.308 Il. 10.320 Il. 10.395 Il. 15.146 καὶ φίλῳ ἀνδρὶ δύνανται ἀλαλκέμεν, ὁππότε κεν δὴ τῶν τινὰ βέλτερόν ἐστιν ἐπαυρέμεν ἤ περ Ἀχαιούς. αὐτὸν ἔχοντα σὲ βούλομ ἐπαυρέμεν ἤ τινα τῶνδε ὣς ἔφατ εἰσὶ καὶ οἵδε τάδ εἰπέμεν, οἵ μοι ἕποντο, οὐ γάρ τις δύναται σάφα εἰπέμεν ὁππόθ ὄλωλεν, νόστον σοῦ πατρὸς σάφα εἰπέμεν, εἴ που ἄκουσας. πᾶσι μνηστήρεσσιν ἀπειπέμεν, οἵ τέ οἱ αἰεὶ Τηλεμάχῳ καὶ ἐμοὶ διαειπέμεν ἀλλήλοισιν. ἦ μένετε Τρῶας σχεδὸν ἐλθέμεν ἔνθά τε νῆες νηῶν ὠκυπόρων σχεδὸν ἐλθέμεν, ἔκ τε πυθέσθαι νηῶν ὠκυπόρων σχεδὸν ἐλθέμεν, ἔκ τε πυθέσθαι ἀνδρῶν δυσμενέων σχεδὸν ἐλθέμεν, ἔκ τε πυθέσθαι Ζεὺς σφὼ εἰς Ἴδην κέλετ ἐλθέμεν ὅττι τάχιστα
ANCORA SUGLI INFINITI AORISTI IN -έειν 165 Il. 15.508 Il. 24.565 Od. 3.188 Od. 5.99 Od. 24.307 Od. 19.533 Il. 6.109 Od. 11.475 Il. 8.239 Il. 20.100 Il. 24.716 Od. 6.304 Od. 18.3 Il. 16.728 Il. 23.660 Il. 8.254 Il. 19.140 Il. 19.147 Il. 24.301 Od. 15.543 Od. 17.56 οὐ μὰν ἔς γε χορὸν κέλετ ἐλθέμεν, ἀλλὰ μάχεσθαι. οὐ γάρ κε τλαίη βροτὸς ἐλθέμεν, οὐδὲ μάλ ἡβῶν, εὖ μὲν Μυρμιδόνας φάσ ἐλθέμεν ἐγχεσιμώρους, Ζεὺς ἐμέ γ ἠνώγει δεῦρ ἐλθέμεν οὐκ ἐθέλοντα πλάγξ ἀπὸ Σικανίης δεῦρ ἐλθέμεν οὐκ ἐθέλοντα καὶ δή μ ἀρᾶται πάλιν ἐλθέμεν ἐκ μεγάροιο, Τρωσὶν ἀλεξήσοντα κατελθέμεν, ὡς ἐλέλιχθεν. πῶς ἔτλης Ἄϊδόσδε κατελθέμεν, ἔνθα τε νεκροὶ νηῒ πολυκλήϊδι παρελθέμεν ἐνθάδε ἔρρων, πρὶν χροὸς ἀνδρομέοιο διελθέμεν. εἰ δὲ θεός περ εἴξατέ μοι οὐρεῦσι διελθέμεν αὐτὰρ ἔπειτα ὦκα μάλα μεγάροιο διελθέμεν, ὄφρ ἂν ἵκηαι ἀζηχὲς φαγέμεν καὶ πιέμεν οὐδέ οἱ ἦν ἲς ἵππους ἐς πόλεμον πεπληγέμεν. αὐτὰρ Ἀπόλλων πὺξ μάλ ἀνασχομένω πεπληγέμεν ᾧ δέ κ Ἀπόλλων εὔξατο Τυδεΐδαο πάρος σχέμεν ὠκέας ἵππους δῶρα δ ἐγὼν ὅδε πάντα παρασχέμεν ὅσσά τοι ἐλθὼν δῶρα μὲν αἴ κ ἐθέλῃσθα παρασχέμεν, ὡς ἐπιεικές, ἐσθλὸν γὰρ Διὶ χεῖρας ἀνασχέμεν αἴ κ ἐλεήσῃ. ἐνδυκέως φιλέειν καὶ τιέμεν, εἰς ὅ κεν ἔλθω ἐνδυκέως φιλέειν καὶ τιέμεν, εἰς ὅ κεν ἔλθω 3) La desinenza occupa il quinto biceps Il. 10.18 Il. 24.203 Il. 24.519 Od. 23.138 Il. 16.825 Od. 16.143 Νέστορ ἔπι πρῶτον Νηλήϊον ἐλθέμεν ἀνδρῶν, πῶς ἐθέλεις ἐπὶ νῆας Ἀχαιῶν ἐλθέμεν οἶος πῶς ἔτλης ἐπὶ νῆας Ἀχαιῶν ἐλθέμεν οἶος ἀνδρῶν μνηστήρων, πρίν γ ἡμέας ἐλθέμεν ἔξω πίδακος ἀμφ ὀλίγης ἐθέλουσι δὲ πιέμεν ἄμφω οὔ πώ μίν φασιν φαγέμεν καὶ πιέμεν αὔτως, B. CASI IN CUI -έμεν POTREBBE ESSERE SOSTITUITO DA -έειν: Il. 7.199 Il. 18.436 ἔλπομαι ἐν Σαλαμῖνι γενέσθαι τε τραφέμεν τε. υἱὸν ἐπεί μοι δῶκε γενέσθαι τε τραφέμεν τε