L EDUCAZIONE A PArOLE

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1 Luciano Lanzi Roberto Rossi L EDUCAZIONE A PArOLE R. Rossi, L. Lanzi Con parole ornate Cappelli Editore

2 Essere giovani in Grecia Breve excursus sulla παιδεία del mondo antico Nelle diverse poleis le leggi ed i costumi erano differenti e differente era anche il modo in cui si diventava cittadini, cioè il percorso di formazione che i giovani dovevano compiere per giungere a ricoprire quel privilegiato ruolo sociale cui la loro nascita li aveva destinati. Se scendiamo nel particolare e osserviamo i due modelli di riferimento, vedremo che i processi educativi si distinguevano già nel nome perché, se il programma ateniese era universalmente conosciuto come παιδεία, a Sparta si parlava piuttosto di ἀγωγή, e la diversa terminologia può suggerire la differenza di tenore. Stele funeraria greca, dal Museo dell Abbazia di Grottaferrata. L ἀγωγή spartana era intesa piuttosto come una marcia militare forzata che i bambini e i giovani dovevano compiere per abituarsi a serrare i ranghi da coraggiosi e obbedienti soldati; significativamente il termine ha anche questa accezione. Al centro c è Sparta, la guida cui conformarsi per essere davvero uguali: i piccoli spartiati dovevano sicuramente trovare una grande forza fisica e morale per resistere alle prove, imitando l esempio dei migliori e dei più grandi, fino all iniziazione vera e propria che era costituita da prove di coraggio e di resistenza. L ἀγωγή spartana probabilmente rispecchiava la formula più antica di formazione greca, irrigidita tuttavia dal conservatorismo tipico della città: lo stato, infatti, letteralmente controllava e assumeva la proprietà del bambino dai sette anni fino alla sua morte. La παιδεία era un progetto di educazione/istruzione fisica, culturale e psicologica, che doveva garantire l armonica partecipazione dell individuo al consorzio sociale, previa la consapevole interiorizzazione dei valori universali dell ethos ateniese. Al centro è il παῖς, che concluderà la sua formazione con un biennio di efebia, preparandosi ai compiti militari dell oplita: il futuro cittadino insomma doveva dimostrare di condividere l ideologia della polis e di potersi assumere doveri e responsabilità nei confronti della collettività, come contropartita di quei diritti di cui avrebbe goduto. Ma fino all efebia, per diciotto anni dunque, ogni famiglia aveva assoluta libertà di scegliere maestri e percorsi, naturalmente anche in base alla propria disponibilità economica. E. Degas, Giovani spartane. 2 R. Rossi, L. Lanzi Con parole ornate Cappelli Editore 2010

3 Comunque si articolasse il processo, in entrambi i casi l educazione era una questione di stato: infatti lo spirito di appartenenza era un pilastro fondamentale dell ordinamento delle poleis e l individuo era inglobato in un insieme di norme che ne costituivano la vera identità. Il πολίτης, cioè il soggetto di diritto, derivava la sua stessa esistenza dalla πόλις, al di fuori della quale era solo un mondo di sudditi e oggetti di potere altrui. Nei passi che seguono vedremo descritti i due modelli certamente antitetici, ma pur sempre accomunati da analogie di fondo: innanzi tutto sia nella παιδεία che nell ἀγωγή l elemento fisico aveva un ruolo fondamentale, ancorché più spiccatamente bellico a Sparta, dove la preparazione militare era il vero obiettivo, e più ginnico ad Atene, dove prevaleva l idea che un corpo sano favorisce un pensiero sano e viceversa. Inoltre in entrambe le città, per un periodo più o meno lungo, i giovani vivevano esperienze di gruppo, quasi a ricreare in piccolo e artificialmente le future forme di associazione tra cittadini. Tre illustri pensatori ci accompagnano in questo percorso: Platone, che si dimostra maggiormente interessato alla paideia psichica e a partire dal modello ateniese fonderà le basi del suo progetto di rinnovamento dell uomo greco; Aristotele, che tratta di aspetti istituzionali; e Plutarco, che, da ammiratore di Licurgo, ne descrive uno dei meriti maggiori, l organizzazione dell agoghè spartana. L infanzia ad Atene: gli insegnamenti di base Nel Protagora, il sofista sostiene che non solo la virtù può essere insegnata, ma che essa è il fondamento dell educazione che viene impartita in vario modo a tutti i cittadini nelle diverse fasi della vita: questo è il motivo per cui viene descritto il cammino educativo dei piccoli ateniesi. Ἐκ παίδων σμικρῶν ἀρξάμενοι, μέχρι οὗπερ ἂν ζῶσι, καὶ διδάσκουσι καὶ νουθετοῦσιν. Ἐπειδὰν θᾶττον συνιῇ τις τὰ λεγόμενα, καὶ τροφὸς καὶ μήτηρ καὶ παιδαγωγὸς καὶ αὐτὸς ὁ πατὴρ περὶ τούτου διαμάχονται, ὅπως ὡς βέλτιστος ἔσται ὁ παῖς, παρ' ἕκαστον καὶ ἔργον καὶ λόγον διδάσκοντες καὶ ἐνδεικνύμενοι ὅτι Τὸ μὲν δίκαιον, τὸ δὲ ἄδικον, καὶ τόδε μὲν καλόν, τόδε δὲ αἰσχρόν, καὶ τόδε μὲν ὅσιον, τόδε δὲ ἀνόσιον, καὶ τὰ μὲν ποίει, τὰ δὲ μὴ ποίει. Καὶ ἐὰν μὲν ἑκὼν πείθηται εἰ δὲ μή, ὥσπερ ξύλον διαστρεφόμενον καὶ καμπτόμενον εὐθύνουσιν ἀπειλαῖς καὶ πληγαῖς. Μετὰ δὲ ταῦτα εἰς διδασκάλων πέμποντες πολὺ μᾶλλον ἐντέλλονται ἐπιμελεῖσθαι εὐκοσμίας τῶν παίδων ἢ γραμμάτων τε καὶ κιθαρίσεως οἱ δὲ διδάσκαλοι τούτων τε ἐπιμελοῦνται, καὶ ἐπειδὰν αὖ γράμματα μάθωσιν καὶ μέλλωσιν συνήσειν τὰ γεγραμμένα ὥσπερ τότε τὴν φωνήν, παρατιθέασιν αὐτοῖς ἐπὶ τῶν βάθρων ἀναγιγνώσκειν ποιητῶν ἀγαθῶν ποιήματα καὶ ἐκμανθάνειν ἀναγκάζουσιν, ἐν οἷς πολλαὶ μὲν νουθετήσεις ἔνεισιν πολλαὶ δὲ διέξοδοι καὶ ἔπαινοι καὶ ἐγκώμια παλαιῶν ἀνδρῶν ἀγαθῶν, ἵνα ὁ παῖς ζηλῶν μιμῆται καὶ ὀρέγηται τοιοῦτος γενέσθαι. (Platone, Protagora 325c-326a) Cominciando fin da quando sono bambini piccoli, fino a quando vivono, (i genitori) sia insegnano (ai figli), sia li rimproverano. Non appena poi uno capisce le cose che gli vengono dette, sia la nutrice, sia la madre, sia il pedagogo, sia il padre stesso si danno un gran da fare, perché il bambino sia quanto possibile migliore, dando insegnamenti e raccomandazioni di fronte a ciascuna azione e discorso: «Questo è giusto, questo ingiusto; questo è bello, questo è brutto; questo è onorevole, questo è spregevole; fa queste cose, non fare queste altre». E se ubbidisce di buon grado, (va bene), altrimenti, come un legno contorto e incurvato, cercano di raddrizzarlo con minacce e percosse. Dopo di ciò, mandando (i figli) dai maestri, pretendono che si curino della buona condotta dei fanciulli molto di più che delle lettere e dell arte di suonare la cetra; i maestri, a loro volta, si curano di queste cose e quando poi abbiano imparato l uso delle lettere e siano in grado di riconoscere le cose scritte, come allora la voce, propongono loro da leggere sui banchi di scuola e costringono a imparare a memoria, le opere dei buoni poeti, nelle quali vi sono molti ammonimenti, molte traversie ed elogi e encomi degli uomini del passato valorosi, in modo che il ragazzo, preso da spirito di emulazione, li imiti e aspiri a diventare come loro. R. Rossi, L. Lanzi Con parole ornate Cappelli Editore

4 L infanzia ad Atene: musica e ginnastica In un secondo momento, ma sempre con le stesse finalità, i bambini sono istruiti anche nella musica e nella ginnastica. Οἵ τ' αὖ κιθαρισταί σωφροσύνης τε ἐπιμελοῦνται καὶ ὅπως ἂν οἱ νέοι μηδὲν κακουργῶσιν πρὸς δὲ τούτοις, ἐπειδὰν κιθαρίζειν μάθωσιν, ἄλλων αὖ ποιητῶν ἀγαθῶν ποιήματα διδάσκουσι μελοποιῶν, εἰς τὰ κιθαρίσματα ἐντείνοντες, καὶ τοὺς ῥυθμούς τε καὶ τὰς ἁρμονίας ἀναγκάζουσιν οἰκειοῦσθαι ταῖς ψυχαῖς τῶν παίδων, ἵνα ἡμερώτεροί τε ὦσιν, καὶ εὐρυθμότεροι καὶ εὐαρμοστότεροι γιγνόμενοι χρήσιμοι ὦσιν εἰς τὸ λέγειν τε καὶ πράττειν πᾶς γὰρ ὁ βίος τοῦ ἀνθρώπου εὐρυθμίας τε καὶ εὐαρμοστίας δεῖται. Ἔτι τοίνυν πρὸς τούτοις εἰς παιδοτρίβου πέμπουσιν, ἵνα τὰ σώματα βελτίω ἔχοντες ὑπηρετῶσι τῇ διανοίᾳ χρηστῇ οὔσῃ, καὶ μὴ ἀναγκάζωνται ἀποδειλιᾶν διὰ τὴν πονηρίαν τῶν σωμάτων καὶ ἐν τοῖς πολέμοις καὶ ἐν ταῖς ἄλλαις πράξεσιν. Καὶ ταῦτα ποιοῦσιν οἱ μάλιστα δυνάμενοι μάλιστα μάλιστα δὲ δύνανται οἱ πλουσιώτατοι καὶ οἱ τούτων ὑεῖς, πρῳαίτατα εἰς διδασκάλων τῆς ἡλικίας ἀρξάμενοι φοιτᾶν, ὀψιαίτατα ἀπαλλάττονται. (Platone, Protagora 326a-c) I maestri di musica, poi, si prendono cura della saggezza dei giovani e che non si rendano colpevoli di nessuna cattiva azione: oltre a ciò, una volta che abbiano imparato a suonare la cetra, insegnano loro i componimenti di altri buoni poeti melici, intonandoli sulla cetra, e fanno in modo che ritmi e armonie diventino familiari alle menti dei ragazzi, perché siano più miti, e una volta che siano diventati più sensibili all armonia ed equilibrati, siano abili per la parola e per l azione; infatti tutta la vita dell uomo ha bisogno di equilibrio e di armonia. E oltre a queste cose, mandano (i figli) dal maestro di ginnastica, perché con un corpo prestante, seguano i dettami dell intelletto, che è l elemento che conta, e non si trovino costretti, per l inadeguatezza del corpo, a commettere atti di vigliaccheria, sia in guerra sia in tutte le altre circostanze. E fanno questo soprattutto coloro che hanno più possibilità i più ricchi sono coloro che hanno più possibilità e i loro figli, cominciando a frequentare la scuola più precocemente, vengono congedati da scuola più tardi (rispetto agli altri). La maturità ad Atene: iscrizione nelle liste dei cittadini Ne La costituzione degli Ateniesi, dopo aver elencato le diverse forme di governo succedutesi ad Atene, Aristotele passa a parlare della πολιτεία sua contemporanea. Il primo passo è ovviamente la formazione del corpo dei cittadini. Ἔχει δ' ἡ νῦν κατάστασις τῆς πολιτείας τόνδε τὸν τρόπον. Μετέχουσιν μὲν τῆς πολιτείας οἱ ἐξ ἀμφοτέρων γεγονότες ἀστῶν, ἐγγράφονται δ' εἰς τοὺς δημότας ὀκτωκαίδεκα ἔτη γεγονότες. Ὅταν δ' ἐγγράφωνται, διαψηφίζονται περὶ αὐτῶν ὀμόσαντες οἱ δημόται, πρῶτον μὲν εἰ δοκοῦσι γεγονέναι τὴν ἡλικίαν τὴν ἐκ τοῦ νόμου, κἂν μὴ δόξωσι, ἀπέρχονται πάλιν εἰς παῖδας, δεύτερον δ' εἰ ἐλεύθερός ἐστι καὶ γέγονε κατὰ τοὺς νόμους. Ἔπειτ' ἂν μὲν ἀποψηφίσωνται μὴ εἶναι ἐλεύθερον, ὁ μὲν ἐφίησιν εἰς τὸ δικαστήριον. Μετὰ δὲ ταῦτα δοκιμάζει τοὺς ἐγγραφέντας ἡ βουλή, κἄν τις δόξῃ νεώτερος ὀκτωκαίδεκ' ἐτῶν εἶναι, ζημιοῖ τοὺς δημότας τοὺς ἐγγράψαντας. Ἐπὰν δὲ δοκιμασθῶσιν οἱ ἔφηβοι, συλλεγέντες οἱ πατέρες αὐτῶν κατὰ φυλάς, ὀμόσαντες αἱροῦνται τρεῖς ἐκ τῶν φυλετῶν τῶν ὑπὲρ τετταράκοντα ἔτη γεγονότων, οὓς ἂν ἡγῶνται βελτίστους εἶναι καὶ ἐπιτηδειοτάτους ἐπιμελεῖσθαι τῶν ἐφήβων, ἐκ δὲ τούτων ὁ δῆμος ἕνα τῆς φυλῆς ἑκάστης χειροτονεῖ σωφρονιστήν, καὶ κοσμητὴν ἐκ τῶν ἄλλων Ἀθηναίων ἐπὶ πάντας. (Aristotele, Athen. Resp. 42, 1-2) L organizzazione attuale della costituzione segue questi criteri. Sono compartecipi della costituzione coloro che sono figli di entrambi i genitori cittadini, e vengono registrati fra i demoti al compimento dei diciotto anni d età. Quando vengono iscritti, i demoti, dopo aver giurato, esprimono il proprio voto su di loro, per verificare in primo luogo se sembrano avere R. Rossi, L. Lanzi Con parole ornate Cappelli Editore

5 l età prevista dalla legge, e in caso contrario essi ritornano fra i ragazzi; in secondo luogo verificano se il candidato è di nascita libera ed è nato secondo quanto contemplano le leggi. Poi, se giudicano che non è di nascita libera, egli si può appellare al tribunale. Dopo questa procedura il Consiglio esegue l ispezione degli iscritti e, se qualcuno risulta essere più giovane di diciotto anni, impone una multa ai demoti che lo hanno iscritto. Una volta che gli efebi abbiano superato l ispezione, i loro padri, riuniti per tribù, dopo aver prestato giuramento, scelgono tra i membri della tribù di più di quarant anni, tre uomini che essi ritengono i migliori e più adatti a occuparsi degli efebi; tra costoro l assemblea del popolo ne elegge per alzata di mano uno da ciascuna tribù in qualità di sofronista ed elegge fra gli altri Ateniesi un cosmeta responsabile di tutti gli efebi. La maturità ad Atene: efebia L efebia consiste poi in una specie di servizio di leva biennale, durante il quale i giovani cominciano a prendersi le proprie responsabilità come cittadini. Συλλαβόντες δ' οὗτοι τοὺς ἐφήβους, πρῶτον μὲν τὰ ἱερὰ περιῆλθον, εἶτ' εἰς Πειραιέα πορεύονται, καὶ φρουροῦσιν οἱ μὲν τὴν Μουνιχίαν, οἱ δὲ τὴν Ἀκτήν. Χειροτονεῖ δὲ καὶ παιδοτρίβας αὐτοῖς δύο καὶ διδασκάλους, οἵτινες ὁπλομαχεῖν καὶ τοξεύειν καὶ ἀκοντίζειν καὶ καταπάλτην ἀφιέναι διδάσκουσιν. Δίδωσι δὲ καὶ εἰς τροφὴν τοῖς μὲν σωφρονισταῖς δραχμὴν α ἑκάστῳ, τοῖς δ' ἐφήβοις τέτταρας ὀβολοὺς ἑκάστῳ τὰ δὲ τῶν φυλετῶν τῶν αὑτοῦ λαμβάνων ὁ σωφρονιστὴς ἕκαστος ἀγοράζει τὰ ἐπιτήδεια πᾶσιν εἰς τὸ κοινόν (συσσιτοῦσι γὰρ κατὰ φυλάς), καὶ τῶν ἄλλων ἐπιμελεῖται πάντων. Καὶ τὸν μὲν πρῶτον ἐνιαυτὸν οὕτως διάγουσι τὸν δ' ὕστερον ἐκκλησίας ἐν τῷ θεάτρῳ γενομένης, ἀποδειξάμενοι τῷ δήμῳ τὰ περὶ τὰς τάξεις, καὶ λαβόντες ἀσπίδα καὶ δόρυ παρὰ τῆς πόλεως, περιπολοῦσι τὴν χώραν καὶ διατρίβουσιν ἐν τοῖς φυλακτηρίοις. Φρουροῦσι δὲ τὰ δύο ἔτη χλαμύδας ἔχοντες, καὶ ἀτελεῖς εἰσι πάντων καὶ δίκην οὔτε διδόασιν οὔτε λαμβάνουσιν, ἵνα μὴ πρόφασις ᾖ τοῦ ἀπιέναι, πλὴν περὶ κλήρου καὶ ἐπικλήρου, κἄν τινι κατὰ τὸ γένος ἱερωσύνη γένηται. Διεξελθόντων δὲ τῶν δυεῖν ἐτῶν, ἤδη μετὰ τῶν ἄλλων εἰσίν. (Aristotele, Athen. Resp. 42, 3-4) Costoro, dopo aver radunato gli efebi, prima di tutto fanno il pellegrinaggio dei santuari, poi vanno al Pireo e prestano servizio di guardia, alcuni a Munichia, altri ad Acte. (L Assemblea) elegge anche, per gli efebi, due allenatori e degli istruttori che insegnino a combattere con le armi pesanti, a tirare con l arco, con il giavellotto e a fare i lanci con la catapulta. Inoltre, per il loro mantenimento versa ai sofronisti una dracma ciascuno, agli efebi quattro oboli ciascuno; ciascun sofronista, prendendo la somma che compete a quelli della sua tribù, acquista il cibo necessario per tutti, mettendolo in comune (consumano infatti i pasti insieme, divisi per tribù) e provvede a tutte le altre necessità. E in questo modo trascorrono il primo anno di efebia; nel secondo anno, riunitasi l assemblea nel teatro, gli efebi, dando dimostrazione al popolo delle loro capacità nelle manovre di schieramento, e, ricevendo dalla città scudo e lancia, pattugliano il territorio e rimangono nelle guarnigioni. Prestano servizio di guardia per due anni, vestiti di clamide e sono esentati da ogni altra prestazione; non possono né intentare né subire un processo, perché questo non possa essere un pretesto per allontanarsi dal servizio; le uniche eccezioni sono le cause per ricevere o contestare un eredità e se a uno, a seconda della famiglia cui appartiene, tocca una carica sacerdotale. Trascorsi i due anni, sono ormai cittadini a tutti gli effetti [lett.: insieme con gli altri (cittadini)]. L infanzia a Sparta: eugenetica e rigore Nella Vita di Licurgo Plutarco passa in rassegna le istituzioni che il mitico legislatore ha dato alla città. Tra queste norme alcune regolano l allevamento e l educazione dei futuri spartiati. A partire dalla nascita i piccoli sono abituati a essere spartani! R. Rossi, L. Lanzi Con parole ornate Cappelli Editore

6 Τὸ δὲ γεννηθὲν οὐκ ἦν κύριος ὁ γεννήσας τρέφειν, ἀλλ' ἔφερε λαβὼν εἰς τόπον τινὰ λέσχην καλούμενον, ἐν ᾧ καθήμενοι τῶν φυλετῶν οἱ πρεσβύτατοι καταμαθόντες τὸ παιδάριον, εἰ μὲν εὐπαγὲς εἴη καὶ ῥωμαλέον, τρέφειν ἐκέλευον, κλῆρον αὐτῷ τῶν ἐνακισχιλίων προσνείμαντες εἰ δ' ἀγεννὲς καὶ ἄμορφον, ἀπέπεμπον εἰς τὰς λεγομένας Ἀποθέτας, παρὰ Ταΰγετον βαραθρώδη τόπον, ὡς οὔτε αὐτῷ ζῆν ἄμεινον ὂν οὔτε τῇ πόλει τὸ μὴ καλῶς εὐθὺς ἐξ ἀρχῆς πρὸς εὐεξίαν καὶ ῥώμην πεφυκός. Ὅθεν οὐδὲ ὕδατι τὰ βρέφη, ἀλλ' οἴνῳ περιέλουον αἱ γυναῖκες, βάσανόν τινα ποιούμεναι τῆς κράσεως αὐτῶν. Λέγεται γὰρ ἐξίστασθαι τὰ ἐπιληπτικὰ καὶ νοσώδη πρὸς τὸν ἄκρατον ἀποσφακελίζοντα, τὰ δ' ὑγιεινὰ μᾶλλον στομοῦσθαι καὶ κρατύνεσθαι τὴν ἕξιν. Ἦν δὲ περὶ τὰς τροφοὺς ἐπιμέλειά τις μετὰ τέχνης, ὥστ' ἄνευ σπαργάνων ἐκτρεφούσας τὰ βρέφη τοῖς μέλεσι καὶ τοῖς εἴδεσιν ἐλευθέρια ποιεῖν, ἔτι δὲ εὔκολα ταῖς διαίταις καὶ ἄσικχα καὶ ἀθαμβῆ σκότου καὶ πρὸς ἐρημίαν ἄφοβα καὶ ἄπειρα δυσκολίας ἀγεννοῦς καὶ κλαυθμυρισμῶν. Διὸ καὶ τῶν ἔξωθεν ἔνιοι τοῖς τέκνοις Λακωνικὰς ἐωνοῦντο τίτθας. (Plutarco, Licurgo 16, 1-4) Il genitore non era padrone di allevare il figlio, ma doveva prenderlo e portarlo in un luogo chiamato lesche. Là erano in seduta i più anziani della tribù, che esaminavano il piccolo: se era ben conformato e robusto, ordinavano di allevarlo e gli assegnavano uno dei novemila lotti di terra. Se invece era malnato e deforme, lo inviavano ai cosiddetti «depositi», una voragine sulle pendici del Taigeto, nella convinzione che né per lui stesso né per la città fosse meglio che vivesse uno che fin dall inizio non era naturalmente disposto alla salute e alla forza fisica. Perciò le donne non lavavano i neonati con l acqua ma con il vino, per saggiare in certo qual modo la loro costituzione. Si dice infatti che i piccoli epilettici e malaticci siano colti dalle convulsioni sotto l effetto del vino e non resistano, mentre quelli sani si temprano e irrobustiscono ancor più nella loro costituzione. Anche le nutrici dimostravano una particolare cura e abilità: allevando i neonati senza fasce, li rendevano liberi nelle membra e nelle forme, e li abituavano a mangiar di tutto e non schifiltosi, senza paura dell oscurità o timore della solitudine, ignari di indegni capricci e piagnucolii. Perciò anche alcuni stranieri compravano balie spartane per i propri figli. [Trad. di M. Manfredini, 1980] L infanzia a Sparta: piccoli soldati crescono Con il progredire dell età aumentava la severità e la durezza dell educazione, tutta volta ad ottenere soldati obbedienti ed audaci. Οὐδ' ἐξῆν ἑκάστῳ τρέφειν οὐδὲ παιδεύειν ὡς ἐβούλετο τὸν υἱόν, ἀλλὰ πάντας εὐθὺς ἑπταετεῖς γενομένους παραλαμβάνων αὐτὸς εἰς ἀγέλας κατελόχιζε, καὶ συννόμους ποιῶν καὶ συντρόφους μετ' ἀλλήλων εἴθιζε συμπαίζειν καὶ συσχολάζειν. Ἄρχοντα δ' αὐτοῖς παρίστατο τῆς ἀγέλης τὸν τῷ φρονεῖν διαφέροντα καὶ θυμοειδέστατον ἐν τῷ μάχεσθαι καὶ πρὸς τοῦτον ἀφεώρων καὶ προστάττοντος ἠκροῶντο καὶ κολάζοντος ἐκαρτέρουν, ὥστε τὴν παιδείαν εἶναι μελέτην εὐπειθείας. Ἐπεσκόπουν δὲ οἱ πρεσβύτεροι παίζοντας αὐτούς, καὶ τὰ πολλὰ μάχας τινὰς ἐμβάλλοντες ἀεὶ καὶ φιλονεικίας, οὐ παρέργως κατεμάνθανον ὁποῖός ἐστι τὴν φύσιν ἕκαστος αὐτῶν πρὸς τὸ τολμᾶν καὶ μὴ φυγομαχεῖν ἐν ταῖς ἁμίλλαις. Γράμματα μὲν οὖν ἕνεκα τῆς χρείας ἐμάνθανον ἡ δ' ἄλλη πᾶσα παιδεία πρὸς τὸ ἄρχεσθαι καλῶς ἐγίνετο καὶ καρτερεῖν πονοῦντα καὶ νικᾶν μαχόμενον. Διὸ καὶ τῆς ἡλικίας προερχομένης ἐπέτεινον αὐτῶν τὴν ἄσκησιν, ἐν χρῷ τε κείροντες καὶ βαδίζειν ἀνυποδήτους παίζειν τε γυμνοὺς ὡς τὰ πολλὰ συνεθίζοντες. Γενόμενοι δὲ δωδεκαετεῖς ἄνευ χιτῶνος ἤδη διετέλουν, ἓν ἱμάτιον εἰς τὸν ἐνιαυτὸν λαμβάνοντες, αὐχμηροὶ τὰ σώματα καὶ λουτρῶν καὶ ἀλειμμάτων ἄπειροι πλὴν ὀλίγας ἡμέρας τινὰς τοῦ ἐνιαυτοῦ. Ἐκάθευδον δὲ ὁμοῦ κατ' ἴλην καὶ ἀγέλην ἐπὶ στιβάδων, ἃς αὑτοῖς συνεφόρουν, τοῦ παρὰ τὸν Εὐρώταν πεφυκότος καλάμου τὰ ἄκρα ταῖς χερσὶν ἄνευ σιδήρου κατακλάσαντες. (Plutarco, Licurgo 16, 6-13) R. Rossi, L. Lanzi Con parole ornate Cappelli Editore

7 Nessuno poteva allevare o educare il figlio come voleva: appena i fanciulli raggiungevano i sette anni, egli li prendeva e li divideva in gruppi e, facendoli vivere e crescere in comune, li abituava ad essere compagni nei giochi e nelle attività serie. Come capo del gruppo, si sceglievano colui che si distingueva per intelligenza ed era più risoluto nel combattere; guardavano a lui, obbedivano ai suoi ordini e ne sopportavano le punizioni, così che l educazione era un esercizio di obbedienza. Gli anziani li osservavano giocare, ed erano soliti provocare delle finte battaglie e delle rivalità fra di loro, notando con cura quale attitudine naturale avesse ciascuno di loro nell osare e nel non fuggire nelle lotte. A leggere e scrivere imparavano nei limiti dell'indispensabile; per il resto tutta la loro educazione era rivolta a obbedire disciplinatamente, a resistere alle fatiche e a vincere in battaglia. Col progredire dell età, rendevano anche più duro il loro addestramento: li rasavano a zero e li abituavano per lo più a camminare scalzi e a giocare nudi. Raggiunti i dodici anni, vivevano ormai senza tunica, con lo stesso mantello per tutto l anno, con i corpi sporchi e secchi, ignari di bagni e di unguenti, tranne pochi giorni all anno in cui conoscevano questi piaceri. Dormivano insieme divisi per squadre e per gruppi sopra pagliericci che si preparavano da sé, spezzando con le mani, senza l aiuto di coltelli, le cime delle canne che crescono lungo l Eurota. [Trad. di M. Manfredini, 1980] Verso la maturità a Sparta: ladri d onore I giovani dopo i dodici anni erano abituati alla gerarchia, alla lealtà e all autonomia. Anche con una pratica che a noi può sembrare un tantino poco ortodossa Παιδονόμος ἐκ τῶν καλῶν καὶ ἀγαθῶν ἀνδρῶν ἐτάττετο, καὶ κατ' ἀγέλας αὐτοὶ προΐσταντο τῶν λεγομένων εἰρένων ἀεὶ τὸν σωφρονέστατον καὶ μαχιμώτατον. Οὗτος οὖν ὁ εἴρην, εἴκοσι ἔτη γεγονώς, ἄρχει τε τῶν ὑποτεταγμένων ἐν ταῖς μάχαις, καὶ κατ' οἶκον ὑπηρέταις χρῆται πρὸς τὸ δεῖπνον. Ἐπιτάσσει δὲ τοῖς μὲν ἁδροῖς ξύλα φέρειν, τοῖς δὲ μικροτέροις λάχανα καὶ φέρουσι κλέπτοντες, οἱ μὲν ἐπὶ τοὺς κήπους βαδίζοντες, οἱ δὲ εἰς τὰ τῶν ἀνδρῶν συσσίτια παρεισρέοντες εὖ μάλα πανούργως καὶ πεφυλαγμένως ἂν δ' ἁλῷ, πολλὰς λαμβάνει πληγὰς τῇ μάστιγι, ῥᾳθύμως δοκῶν κλέπτειν καὶ ἀτέχνως. Κλέπτουσι δὲ καὶ τῶν σιτίων ὅ τι ἂν δύνωνται, μανθάνοντες εὐφυῶς ἐπιτίθεσθαι τοῖς καθεύδουσιν ἢ ῥᾳθύμως φυλάττουσι. Τῷ δὲ ἁλόντι ζημία πληγαὶ καὶ τὸ πεινῆν. Γλίσχρον γὰρ αὐτοῖς ἐστι δεῖπνον, ὅπως δι' αὑτῶν ἀμυνόμενοι τὴν ἔνδειαν ἀναγκάζωνται τολμᾶν καὶ πανουργεῖν. Καὶ τοῦτο μὲν ἔργον τῆς ὀλιγοσιτίας παρέργον δέ φασι τὴν τῶν σωμάτων αὔξησιν. Τὸ δ' αὐτὸ τοῦτο καὶ καλοὺς δοκεῖ ποιεῖν. (Plutarco, Licurgo 17, 2-8) Fra gli uomini di merito veniva designato anche un prefetto dei fanciulli, e gruppo per gruppo essi stessi si preponevano il più assennato e combattivo fra i cosiddetti ireni. Dunque questo irene, un ventenne, nelle battaglie comanda ai fanciulli a lui sottoposti e, quando sono in casa, li utilizza come servitori per il pranzo: a quelli grandi ordina di portargli legna, ai più piccoli verdure. E gliene portano rubandole, alcuni entrando negli orti, altri introducendosi nelle mense comuni degli adulti con grande scaltrezza e cautela; e se uno viene colto sul fatto, riceve molti colpi di sferza, perché mostra di rubare con incuria e senza abilità. Rubano anche qualunque cibo possono, imparando ad assalire bellamente chi dorme o fa cattiva guardia; frustate e digiuno sono la pena per chi è colto sul fatto. Ricevono un pasto scarso, perché si difendano da soli contro la fame e siano costretti a diventare audaci e astuti. E questo è l effetto della scarsità del cibo; un risultato secondario, a quanto dicono, è la crescita fisica. Questo sistema pare che renda anche belli. [Trad. di M. Manfredini, 1980] R. Rossi, L. Lanzi Con parole ornate Cappelli Editore

8 Un rito di passaggio Questa valenza antropologica aveva probabilmente la famigerata κρυπτεία. Ἐν μὲν οὖν τούτοις οὐδέν ἐστιν ἀδικίας ἴχνος οὐδὲ πλεονεξίας, ἣν ἐγκαλοῦσιν ἔνιοι τοῖς Λυκούργου νόμοις, ὡς ἱκανῶς ἔχουσι πρὸς ἀνδρείαν, ἐνδεῶς δὲ πρὸς δικαιοσύνην. Ἡ δὲ καλουμένη κρυπτεία παρ' αὐτοῖς, εἴ γε δὴ τοῦτο τῶν Λυκούργου πολιτευμάτων ἕν ἐστιν, ὡς Ἀριστοτέλης ἱστόρηκε, ταύτην ἂν εἴη καὶ τῷ Πλάτωνι περὶ τῆς πολιτείας καὶ τοῦ ἀνδρὸς ἐνειργασμένη δόξαν. Ἦν δὲ τοιαύτη τῶν νέων οἱ ἄρχοντες διὰ χρόνου τοὺς μάλιστα νοῦν ἔχειν δοκοῦντας εἰς τὴν χώραν ἄλλως ἐξέπεμπον, ἔχοντας ἐγχειρίδια καὶ τροφὴν ἀναγκαίαν, ἄλλο δὲ οὐδέν οἱ δὲ μεθ' ἡμέραν μὲν εἰς ἀσυνδήλους διασπειρόμενοι τόπους, ἀπέκρυπτον ἑαυτοὺς καὶ ἀνεπαύοντο, νύκτωρ δὲ κατιόντες εἰς τὰς ὁδοὺς τῶν εἱλώτων τὸν ἁλισκόμενον ἀπέσφαττον. Πολλάκις δὲ καὶ τοῖς ἀγροῖς ἐπιπορευόμενοι τοὺς ῥωμαλεωτάτους καὶ κρατίστους αὐτῶν ἀνῄρουν. Ἀριστοτέλης δὲ μάλιστά φησι καὶ τοὺς ἐφόρους, ὅταν εἰς τὴν ἀρχὴν καταστῶσι πρῶτον, τοῖς εἵλωσι καταγγέλλειν πόλεμον, ὅπως εὐαγὲς ᾖ τὸ ἀνελεῖν. (Plutarco, Licurgo 28, 1-7) In queste norme non c è dunque nessuna traccia di quella ingiustizia o di quella sopraffazione che alcuni imputano alle leggi di Licurgo, affermando che sono adeguate a rendere gli uomini valorosi, ma insufficienti a renderli giusti. Tuttavia la cosiddetta krypteia in uso a Sparta, se davvero anche questa è una delle istituzioni di Licurgo, come ha scritto Aristotele, potrebbe aver provocato anche in Platone queste riserve verso la costituzione e la persona di Licurgo. Si svolgeva così. I capi dei giovani di tanto in tanto mandavano nel territorio, chi da una parte chi dall altra, i giovani che sembravano più svegli, armati di pugnali e forniti dei viveri indispensabili, e di nient altro. Di giorno essi si disperdevano in luoghi inesplorati, vi si nascondevano e riposavano; di notte scendevano sulle strade e, se sorprendevano qualche ilota, lo sgozzavano. Spesso facevano anche delle scorrerie per i campi e uccidevano i più robusti e forti degli iloti. Aristotele asserisce persino che gli efori, appena si insediano nella loro carica, dichiarano guerra agli iloti, affinché non sia sacrilego ucciderli. [Trad. di M. Manfredini, 1980] (Da: Elena Guidi, Agòn, Cappelli Editore, Bologna 2010, pp ) R. Rossi, L. Lanzi Con parole ornate Cappelli Editore

9 Isocrate al lavoro coi suoi studenti La scena scolastica del Panatenaico La sezione dialogica inserita nel Panatenaico (200 ss.) è di gran lunga la più complessa. La scena è dichiaratamente scolastica: Isocrate stava correggendo il discorso composto fino a quel momento con tre o quattro allievi. Poiché il testo sembrava soddisfacente e mancava soltanto la conclusione, Isocrate decise di mandare a chiamare un antico discepolo, di tendenza oligarchica e filo spartano, per sottoporre a verifica la parte del discorso che riguardava Sparta. Il discepolo loda il discorso, ma mostra di non gradire le affermazioni relative a Sparta, perché non veniva riconosciuto a Sparta il merito di aver introdotto τὰ κάλλιστα τῶν ἐπιτηδευμάτων (202). Isocrate si ritiene in dovere di replicare e quindi di ampliare il discorso rispetto al progetto originario. Alla replica di Isocrate ( ) fa seguito la risposta del discepolo ( ) e un ulteriore replica di Isocrate ( ). L anonimo discepolo si allontana sconfitto e Isocrate riceve i complimenti degli altri presenti, ma rivedendo il discorso non è soddisfatto di quello che ha detto sugli Spartani (231 s.). Allora convoca tutti i discepoli residenti ad Atene per sottoporre al loro giudizio il discorso. Il caloroso apprezzamento degli ascoltatori è una sorta di imprimatur per il discorso (233), ma, durante le conversazioni successive alla lettura, interviene nuovamente il discepolo filospartano ( ). Si tratta di un discorso all interno del discorso nel quale il discepolo, sorta di ipostasi dell autore alla quale l autore stesso dà temporanea vita e apparente autonomia, analizza il testo del Panatenaico e cerca di spiegarne le presunte ambiguità, inserendo in questo modo motivi encomiastici nei confronti di Sparta. Il lungo intervento del discepolo filospartano è tutto incentrato sull ambiguità del discorso di Isocrate (240: λόγους ἀμφιβόλους), ambiguità che lo stesso Isocrate apparentemente tiene in vita anche dopo l esegesi del discepolo. Difatti, dopo le entusiastiche acclamazioni dei presenti, Isocrate aggiunge: Οὐ μὴν οὐδ ἐγὼ παρεστὼς ἐσιώπων, ἀλλ ἐπῄνεσα τήν τε φύσιν αὐτοῦ καὶ τὴν ἐπιμέλειαν, περὶ δὲ τῶν ἄλλων οὐδὲν ἐφθεγξάμην ὧν εἶπεν, οὔθ ὡς ἔτυχεν ταῖς ὑπονοίαις τῆς ἐμῆς διανοίας, οὔθ ὡς διήμαρτεν, ἀλλ εἴων αὐτὸν οὕτως ἔχειν ὥσπερ αὐτὸς αὑτὸν διέθηκεν (265). Ιo non rimasi certo in silenzio accanto a lui, ma elogiai la sua indole e il suo impegno, ma sul resto, su quello che aveva detto, non dissi nulla, né che aveva colto nel segno interpretando il mio pensiero né che si era sbagliato, ma gli permisi di rimanere nel suo atteggiamento. In questo modo i lettori rimangono sospesi tra i dati emersi dal confronto tra Atene e Sparta e l esegesi del discepolo, che però, suggerisce Isocrate, non risolve l enigma del suo discorso. Prima di affrontare in dettaglio alcune delle questioni poste dall esegesi del discepolo, dobbiamo cercare di comprendere il senso della lunga sezione dialogica che occupa la seconda parte del Panatenaico. Una chiave di lettura si può trovare accostando un passaggio del discorso del discepolo con la breve sezione conclusiva ( ). Proprio all inizio del suo intervento il discepolo afferma che il vero motivo per cui Isocrate ha convocato i suoi allievi è quello di metterli alla prova, verificando le loro capacità intellettuali e cercando di capire se ricordavano qualcosa di quello che avevano appreso e se erano in grado di comprendere in che modo il discorso era stato scritto (236). Nella conclusione Isocrate ricorda l iter compositivo del discorso, interrotto a causa di una malattia e ripreso in seguito all insistenza di alcuni amici che erano a conoscenza della parte già composta ( ). Non manca un breve cenno al genere del discorso, contrapposto a quelli epidittici e giudiziari. In particolare del discorso viene sottolineato il carattere didattico e tecnico, cioè rivolto all insegnamento della τέχνη perché costruito secondo le sue regole. Dopo R. Rossi, L. Lanzi Con parole ornate Cappelli Editore

10 aver dichiarato che scopo del discorso è spiegare τὰ περὶ ἐμὲ γεγενημένα e averne sottolineato le caratteristiche, Isocrate continua (272): (scil.: βουλόμενος) συμβουλεῦσαι δὲ τοῖς τἀναντία τούτων γιγνώσκουσιν πρῶτον μὲν μὴ πιστεύειν ταῖς αὑτῶν γνώμαις, μηδὲ νομίζειν ἀληθεῖς εἶναι τὰς κρίσεις τὰς ὑπὸ τῶν ῥᾳθυμούντων γιγνομένας, ἔπειτα μὴ προπετῶς ἀποφαίνεσθαι περὶ ὧν οὐκ ἴσασιν, ἀλλὰ περιμένειν ἕως ἂν ὁμονοῆσαι δυνηθῶσι τοῖς τῶν ἐπιδεικνυμένων πολλὴν ἐμπειρίαν ἔχουσιν τῶν γὰρ οὕτω διοικούντων τὰς αὑτῶν διανοίας οὐκ ἔστιν ὅστις ἂν τοὺς τοιούτους ἀνοήτους εἶναι νομίσειεν. e volevo anche consigliare quelli che hanno opinioni contrarie, in primo luogo di diffidare delle loro stesse opinioni e di non considerare veri i giudizi formulati da persone oziose e irriflessive, e poi di non e- sprimersi precipitosamente su quello che non conoscono, ma di aspettare il momento in cui siano in grado di pensarla allo stesso modo di chi ha molta esperienza sui temi esposti; se daranno questo ordine ai loro pensieri, non vi è chi potrebbe considerarli dissennati. A che cosa si riferiscono le parole che Isocrate pone a suggello del discorso? La prima ipotesi che si può formulare consiste nel riferirle al mutato atteggiamento del discepolo filospartano dopo la seconda lettura del discorso. Infatti la sua prima reazione è una risposta secca (201 s.), che viene riferita in discorso indiretto e che provoca una replica piuttosto elaborata da parte di Isocrate. A questa segue una precisazione che attenua la polemica e limita la portata di quello che aveva detto in precedenza. Anche a questa Isocrate risponde in modo talmente convincente da inibire il proseguimento della discussione. Il discepolo se ne va mortificato, dopo aver provato su di sé la massima delfica (230). Dopo la seconda lettura il tenore delle parole del discepolo è completamente diverso e l analisi del discorso di Isocrate si traduce in un elaborato encomio del vecchio maestro. Dunque, il confronto tra Atene e Sparta si risolve, dopo il dialogo, nella riaffermazione della superiorità di Atene e della bontà degli argomenti di Isocrate. Nel Panatenaico Isocrate traduce in procedimento retorico (l ambiguità supposta dal discepolo e non esplicitamente negata) l ironia caratteristica dell argomentare socratico. Il motivo di questa complessa costruzione è duplice: da un lato c è il desiderio di inserire il dialogo nell orazione (come Platone aveva inserito l orazione nel dialogo: Fedro, Menesseno), quasi a voler dare prova della sua capacità di dominare anche la forma letteraria caratteristica dell educazione filosofica; dall altro si deve certamente tenere presente una forte motivazione politica. Isocrate non amava gli eccessi in cui talvolta era incorsa la democrazia ateniese, anzi la sua predilezione andava a forme ben ordinate di democrazia, come la costituzione degli antenati delineata nell Areopagitico. Come tutti i moderati correva facilmente il rischio di essere accusato di sentimenti oligarchici o, peggio, di essere considerato fautore della monarchia e sostenitore dell espansionismo di Filippo. L encomio di Atene contenuto nel Panatenaico può essere inteso come una risposta a chi gli chiedeva una presa di posizione politica più decisa. In quest ottica si può parzialmente recuperare la tesi di Wendland, secondo cui il Panatenaico sarebbe un discorso deliberativo (cioè politico) rivestito delle forme di un encomio e, al tempo stesso sarebbe una pseudologia educativa, giacché l autore era ben consapevole della libertà con cui aveva lavorato sulla materia storica, L importanza della tematica educativa nel Panatenaico è stata di recente sottolineata da Simon Coldhill, secondo cui Isocrate non mirerebbe soltanto a formare oratori, ma lettori e ascoltatori dotati degli strumenti critici per analizzare e valutare un discorso, in definitiva cittadini abili nell uso e nella ricezione della parola. In conclusione, l ambiguità, scelta come chiave di lettura dal discepolo filospartano, si rivela come un espediente per mascherare la linearità del pensiero di Isocrate: l elogio di Atene richiede il confronto con Sparta; questo confronto viene presentato in forma di dialogo, del quale si lascia allettare l esegesi. Ma l interpretazione non può che essere la seguente: l encomio di Atene esce sottolineato e precisato dal dialogo, da cui emerge anche l immagine di Isocrate educatore som- R. Rossi, L. Lanzi Con parole ornate Cappelli Editore

11 mo. Parallelamente il lettore è indotto a respingere il metodo esegetico del discepolo filospartano che, secondo un ipotesi recente e ben argomentata, coincide con il metodo allegorico praticato nell Accademia di Platone. [Da: R. Nicolai, Studi su Isocrate. La comunicazione letteraria nel IV sec. a.c. e i nuovi generi della prosa, Ed. Quasar, Roma 2004, pp ] Isocrate, Panatenaico Vi proponiamo adesso una traduzione di questa sezione scolastica del Panatenaico di Isocrate. [199] Vedo che gli altri oratori terminano i loro discorsi con il racconto dei fatti più importanti e più degni di essere ricordati; quanto a me, ritengo bensì assennati quelli che pensano e agiscono così, ma le circostanze non mi consentono di fare lo stesso, e sono costretto a parlare ancora. Ne spiegherò il motivo fra poco, dopo aver premesso alcune brevissime considerazioni. [200] Correggevo il discorso, composto fino al punto dove è giunta la lettura, insieme con tre o quattro giovani soliti a lavorare con me. Poiché, rivedendolo, ci sembrava che andasse bene e mancasse solo della chiusa, ritenni opportuno mandar a chiamare uno dei miei antichi discepoli, scelto fra quelli che avevano partecipato alla vita politica sotto l oligarchia e che si erano dati per norma di lodare i Lacedemoni, perché, se ci fosse sfuggita qualche affermazione falsa, potesse individuarla e segnalarcela. [201] Il chiamato venne, lesse il discorso perché perdere tempo a riferire ciò che accadde nel frattempo?, non si adombrò per nessuna delle cose che avevo scritto, lo lodò in sommo grado ed espresse su ciascuna delle sue parti vedute press a poco simili alle nostre. Tuttavia era manifesto che non gli andava a genio quanto avevo detto a proposito dei Lacedemoni. [202] E lo rivelò ben presto, perché osò affermare che, se essi non hanno arrecato alcun altro beneficio agli Elleni, meritano comunque la riconoscenza generale per aver inventato le più belle consuetudini, che essi stessi seguono e hanno insegnato agli altri. [203] Questa affermazione così breve e concisa fu la causa per cui non conclusi il mio discorso al punto dove avrei voluto, ma considerai che avrei commesso un atto vergognoso e indegno se avessi lasciato che, in mia presenza, uno dei miei antichi discepoli tenesse discorsi così infondati. Convinto di ciò, gli chiesi se non faceva nessun conto dei presenti e non si vergognava di aver espresso un giudizio empio, falso e pieno di svariate contraddizioni. [204] «Riconoscerai che il tuo giudizio è da qualificare così, se chiederai a qualcuno dei ben pensanti quali sono, a loro avviso, le più belle consuetudini, e dopo di ciò da quanto tempo gli Spartani abitano nel Peloponneso. Non c è nessuno che fra le consuetudini non dia la preminenza alla pietà verso gli dèi, alla giustizia verso gli uomini e alla saggezza nelle altre azioni; e aggiungeranno che gli Spartani abitano nel loro paese da non più di settecento anni. [205] Fissati questi punti, se per caso dici la verità quando sostieni che costoro sono stati gl inventori delle più belle consuetudini, necessariamente coloro che sono vissuti molte generazioni prima che gli Spartani si stanziassero là, non ne erano partecipi, non gli eroi che fecero la spedizione contro Troia né i contemporanei di Eracle e di Teseo né Minosse figlio di Zeus né Radamanti né Eaco né alcuno degli altri celebrati per queste virtù, ma tutti costoro hanno usurpato la loro fama. [206] Se invece dici delle sciocchezze, e se è conveniente che i discendenti degli dèi non solo pratichino queste virtù più degli altri ma ne siano il modello per i posteri, è impossibile che tu non sia giudicato pazzo da tutti gli ascoltatori, dato che lodi così alla leggera e ingiustamente i primi incontrati. Inoltre se tu li elogiassi senza aver ascoltato niente di quanto ho detto, diresti sì delle sciocchezze, ma non appariresti in contraddizione con te stesso. [207] Ora, poiché hai lodato il mio discorso, R. Rossi, L. Lanzi Con parole ornate Cappelli Editore

12 che addita nei Lacedemoni gli autori di molti gravi crimini contro i loro consanguinei e contro gli altri Elleni, come ti sarebbe ancora possibile dire che i responsabili di questi crimini sono stati gli iniziatori delle più belle consuetudini? [208] Inoltre ti è sfuggito un particolare: le lacune nelle consuetudini, nelle arti e in tutte le attività non sono colmate dai primi venuti, ma da spiriti di natura superiore, capaci di assimilare moltissime delle nozioni precedentemente acquisite e più degli altri disposti ad applicare la mente alla ricerca. Doti, queste, da cui i Lacedemoni sono più lontani dei barbari. [209] Si troverà infatti che di molte invenzioni questi sono stati discepoli o maestri, mentre quelli sono tanto arretrati rispetto alla cultura e al sapere comuni che non apprendono neppure le lettere le quali hanno tanta efficacia che chi le conosce e se ne serve acquista esperienza non solo dei fatti del suo tempo ma anche di ogni vicenda del passato. [210] Tuttavia tu hai anche osato affermare a proposito di uomini così grossolanamente ignoranti, che sono stati gl inventori delle più belle consuetudini, pur sapendo che abituano i loro figli a esercitarsi in pratiche, per effetto delle quali si a- spettano non che possano diventare benefattori degli altri, ma che siano capaci di nuocere in sommo grado agli Elleni. [211] Se le passassi in rassegna tutte procurerei grande molestia a me e agli a- scoltatori, ma riferendone una sola, che apprezzano e curano in modo particolare, penso di rivelare nel suo insieme il loro carattere. Ogni giorno essi mandano fuori, appena alzati, i loro figli, con i compagni che ciascuno vuole, di nome, per cacciare, di fatto, per derubare gli abitanti della campagna. [212] Ed ecco quel che accade nella spedizione: quelli che sono presi, pagano una multa e ricevono busse, quelli invece che commettono il più gran numero di ribalderie e riescono a farla franca, finché sono fanciulli godono stima superiore agli altri, quando entrano nell età adulta, se conservano i costumi che avevano nella fanciullezza, hanno buone speranze di raggiungere le più alte cariche. [213] E se mi si dimostrerà che esiste presso di loro un metodo di educazione più apprezzato e ritenuto migliore di questo, sono disposto a riconoscere di non aver mai detto nulla di vero su qualsiasi punto. Eppure che cosa c è in simili azioni che sia bello od onesto, e non piuttosto da doversene vergognare? E come non reputare dissennati coloro che esaltano chi si è tanto discostato dalle leggi comuni a tutti gli uomini, e non si accorda in nulla né con le idee degli Elleni né con quelle dei barbari? [214] Gli altri popoli considerano i malfattori e i ladri alla stregua degli schiavi più scellerati, mentre essi stimano quelli che primeggiano in simili azioni i migliori dei loro giovani e li onorano particolarmente. Eppure quale uomo di buon senso non preferirebbe morire tre volte che essere noto per seguire la virtù con tali mezzi?». [215] Udito ciò, egli non ribatté con arroganza nessuno dei miei argomenti, ma neppure tacque del tutto, e disse indicandomi: «Tu hai parlato come se io approvassi tutto ciò che accade a Sparta e lo considerassi buono. Ora, mi sembra che tu abbia ragione quando biasimi i Lacedemoni per la libertà concessa ai fanciulli e per molti altri riguardi, ma che tu non sia nel giusto quando accusi me. [216] Io, leggendo il tuo discorso, mi addolorai per quanto vi è detto contro i Lacedemoni, ma ben di più per non poter ribattere una sola parola a quello che hai scritto su loro, mentre nel tempo andato ero solito lodarli. Trovandomi in tale imbarazzo, dissi ciò che solo mi restava da dire, che se non per altro, per questo almeno sarebbe giusto che tutti fossero loro grati, perché praticano le più belle consuetudini. [217] E dissi ciò non tenendo presenti la pietà o la giustizia o la saggezza, a cui tu hai accennato, ma gli esercizi ginnici là in uso, l addestramento al coraggio, lo spirito di concordia e, in generale, la loro cura per l attività guerresca; e queste cose tutti possono lodarle, e riconoscere che essi le praticano al disopra di chiunque altro». [218] Accolsi le spiegazioni da lui fornite, non perché confutasse qualcuna delle mie accuse, ma perché velava, non da persona ineducata, ma con finezza, ciò che v era di più aspro nelle sue affermazioni precedenti, e perché il resto della sua difesa era stato condotto in modo più discreto della brusca franchezza usata prima. Tuttavia, lasciato da parte quel punto, dichiarai che avevo da muovere, sugli stessi argomenti, un accusa molto più grave di quella relativa al furto tra i fanciulli. [219] «Con quelle consuetudini guastavano i loro figli, ma con le altre, di cui parlavi poco fa, rovinarono gli Elleni. È facile comprendere che la cosa andava così. Tutti saranno d accordo, penso, che gli uomini peggiori e meritevoli del più grande castigo sono quelli che si servono delle invenzioni fatte a fine di R. Rossi, L. Lanzi Con parole ornate Cappelli Editore

13 utilità, per recare danno, [220] e non ai barbari o a chi li offende o agli invasori del loro paese, ma ai loro amici più stretti e ai fratelli di stirpe. Così appunto facevano gli Spartani. Dunque, come si può affermare senza empietà che coltiva bene l arte della guerra chi non ha mai smesso di rovinare proprio quelli che avrebbe dovuto salvare? [221] Ma tu non sei davvero il solo a ignorare quali siano gli uomini che si comportano bene nelle varie circostanze; quasi tutti gli Elleni sono come te. Quando vedono o sentono dire che dei tali si applicano con zelo a occupazioni ritenute belle, li lodano e ne parlano molto, senza sapere quale sarà il seguito. [222] Al contrario, chi vuoi dare un ponderato giudizio su questi tali, in principio deve stare in attesa e non formarsi alcuna opinione sul loro conto; ma, una volta giunto il momento in cui li vedrà parlare e agire in pubblico e in privato, allora deve osservare diligentemente ciascuno di loro [223] e, se esercitano correttamente e nobilmente le attività a cui si sono dedicati, lodarli e onorarli, se invece fanno il male per errore o per scelta, biasimarli, odiarli e guardarsi dall imitare i loro costumi, tenendo presente che non sono le cose di per sé a giovarci o a danneggiarci, ma che l uso e l impiego che ne fanno gli uomini sono la causa di tutto quanto ci accade. [224] Lo si può comprendere da questo: le medesime cose, dovunque si trovino e senza che differiscano in nulla, ad alcuni riescono utili, ad altri dannose. Eppure è illogico che ciascuna delle cose esistenti abbia natura contraria a se stessa e non identica; d altra parte che le conseguenze non siano assolutamente le stesse per chi agisce con rettitudine e giustizia e per chi agisce con insolenza e malvagità, a quale dei ben pensanti non sembrerà un fatto normale? [225] Questo stesso ragionamento potrebbe applicarsi anche ai vari tipi di concordia, ché anch essi non sono dissimili per natura dalle cose sopra ricordate, ma possiamo trovare che alcuni sono causa di molti beni, altri di grandissimi mali e sventure. Al secondo tipo appartiene anche la concordia praticata dagli Spartani; dirò la verità, anche se a qualcuno sembrerà che le mie parole siano in aperto contrasto con la comune opinione. [226] Essi, forti della loro unità di vedute sul mondo esterno, riuscivano a far sì che gli Elleni fossero in discordia fra loro, come se in ciò avessero un abilità particolare, e la più grave delle sventure che capitava alle altre città era da loro considerata la più utile di tutte: quando esse erano ridotte così, era lecito a loro dirigerle come volevano. Perciò nessuno avrebbe ragione di lodarli per la loro concordia più di quanto loderebbe i pirati, i briganti e i malfattori d ogni specie: anche questi sono concordi fra loro allo scopo di rovinare gli altri. [227] Se a qualcuno sembra che io abbia usato un paragone sconveniente in rapporto alla loro fama, lo lascio perdere e cito i Triballi, i quali se, per affermazione generale, vivono in concordia come nessun altro popolo, sono però la rovina non solo dei loro confinanti e vicini, ma anche di quanti altri possono raggiungere. [228] Non sono questi i modelli che deve imitare chi fa professione di virtù, ma piuttosto la forza derivante dalla saggezza, dalla giustizia e dalle altre virtù, perché queste non operano a beneficio di sé stesse, ma rendono felici e simili agli dèi coloro nel cui animo si sono durevolmente insediate. Al contrario i Lacedemoni portano rovina a quelli a cui si avvicinano e si appropriano di tutti i beni degli altri». [229] Con questo ragionamento chiusi la bocca al mio interlocutore, uomo abile, di molta esperienza e addestrato nell arte oratoria non meno di qualsiasi altro dei miei discepoli. Però i giovani che avevano assistito a tutte queste dispute non si formarono la mia stessa opinione, ma si complimentarono con me perché avevo parlato più giovanilmente di quanto si sarebbero aspettato e perché mi ero battuto bene, mentre mostrarono disprezzo per il mio avversario; giudizio non esatto, perché si sbagliavano su entrambi noi. [230] Quegli se ne andò, reso più saggio e con lo spirito mortificato, come conviene alle persone intelligenti; aveva sperimentato su di sé la massima incisa a Delfi, e aveva imparato a conoscere meglio di prima se stesso e la natura dei Lacedemoni. Io, d altra parte, mi sentivo scontento: forse avevo parlato con successo, ma proprio per questo ero stato più superficiale e più orgoglioso di quanto si addica a uno della mia età e pieno di agitazione giovanile. [231] Si vedeva bene che ero in questo stato d animo, perché, appena trovato un po di calma, non cessai prima di aver dettato al servo il discorso che poco prima avevo pronunziato con tanto piacere, ma che poco dopo era destinato ad affliggermi. Passati tre o quattro giorni, rileggendolo ed esaminandolo attentamente, non ebbi motivo di pentirmi per ciò che avevo detto sulla no- R. Rossi, L. Lanzi Con parole ornate Cappelli Editore

14 stra città, su di essa mi ero espresso sempre in modo nobile e giusto, [232] ma provai dolore ed ero rammaricato per ciò che avevo detto dei Lacedemoni. Mi sembrava di non aver parlato di loro con misura né allo stesso modo con cui mi ero espresso sugli altri, ma sprezzantemente, con eccessiva acrimonia e proprio senza discernimento; perciò più volte mi accinsi a cancellare o a bruciare il discorso, ma poi cambiavo idea, avendo riguardo alla mia vecchiaia e alla fatica che mi era costato. [233] Mentre ero in preda a tale agitazione e mutavo idea di continuo, mi parve che il partito migliore fosse quello di chiamare i discepoli che abitavano in città e deliberare insieme con loro se il mio discorso fosse senz altro degno di essere distrutto o pubblicato per chi volesse leggerlo, fermo restando che avrei seguito quella delle due soluzioni che essi avessero preferita. Deciso così, non posi tempo in mezzo, ma subito furono convocati gli allievi di cui ho parlato, fu premesso loro il motivo per cui erano stati riuniti e fu letto il discorso. Salutato da lodi e applausi, esso ottenne lo stesso successo di quelli che trionfano nelle recitazioni pubbliche. [234] Quando tutto ciò era terminato, gli altri conversavano fra loro, manifestamente del discorso che era stato loro letto; ma il discepolo che avevo mandato a chiamare la prima volta per consultarlo, il lodatore dei Lacedemoni, con cui avevo discusso più del necessario, chiesto il silenzio e fissandomi negli occhi, dichiarò di non sapere come comportarsi nella presente circostanza: non voleva negar fede alle mie parole né poteva crederci completamente. [235] «Mi meraviglio sia che tu abbia provato un sentimento di dolore e rammarico, come affermi, per quanto hai detto dei Lacedemoni, in verità non vedo nel tuo scritto niente che lo giustifichi, sia che tu, volendo avere da qualcuno consigli sul tuo discorso, abbia radunato noi che, come ben sai, lodiamo qualunque cosa tu dica o faccia. Le persone intelligenti sono solite consultarsi sulle opere a cui attendono preferibilmente con chi ha più senno di loro, o almeno con chi è in grado di esprimere liberamente il proprio pensiero. Ma tu hai fatto il contrario. [236] Ora, io non accetto né l una né l altra di queste tue spiegazioni, ma mi sembra che tu ci abbia convocati e abbia fatto l elogio della nostra città non semplicemente, né per i motivi che ci hai dichiarati, ma perché volevi metterci alla prova e vedere se ci applicavamo allo studio, se ci ricordavamo di quello che era stato trattato durante le lezioni e se eravamo in grado di capire in quale modo il discorso era stato composto; [237] e d altra parte mi sembra che tu abbia scelto, e scelto saggiamente, di fare l elogio della città, per ingraziarti la massa dei cittadini e acquistare buona fama presso i popoli che sono ben disposti nei nostri riguardi. Dopo avere deciso in questo senso, tu capisti che, se avessi parlato solo di Atene e riferito le storie mitiche relative ad essa, che sono sulla bocca di tutti, il tuo discorso sarebbe risultato simile agli scritti degli altri oratori, e di ciò tu ti saresti vergognato e addolorato moltissimo. [238] Ma se, tralasciando quelle favole, tu avessi narrato le gesta universalmente riconosciute come vere e che sono state causa di molti benefici per gli Elleni, e le avessi confrontate con quelle dei Lacedemoni, lodando le imprese dei nostri progenitori e biasimando quelle compiute dai nostri rivali, il discorso sarebbe sembrato più brillante all uditorio e tu saresti rimasto fedele al tuo proposito; e alcuni avrebbero ammirato questa forma data alla materia più che le cose scritte da altri. [239] Dunque in un primo momento mi pare che tu abbia così stabilito e deliberato al riguardo. Ma, consapevole come sei di avere lodato il regime degli Spartani quant altri mai, temevi di fare davanti al tuo uditorio la figura di essere simile a quegli oratori che dicono qualunque cosa venga loro in bocca, e di biasimare ora quelli che prima lodavi più degli altri. Riflettendo su ciò, cercavi come caratterizzare i due popoli perché potesse sembrare che dicevi il vero su entrambi, e ti fosse possibile lodare i nostri antenati a tuo piacimento e sembrar accusare gli Spartani agli occhi di coloro che sono prevenuti nei loro confronti, pur senza fare niente del genere, anzi lodandoli copertamente. [240] Impegnandoti in tale ricerca mi sembra che tu abbia trovato facilmente argomenti ambigui, che non si adattano più ai lodatori che ai denigratori, ma che possono essere presi in un senso o nell altro e danno motivo a numerose controversie: ora, servirsene intorno a questioni di affari e ad interessi sarebbe vergognoso e testimonierebbe non poca malvagità, ma ricorrervi quando si parla della natura degli uomini e delle cose è bello e rivela spirito filosofico. 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