Esiodo Platone e le scuole socratiche
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- Ἱεριχώ Γερμανός
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1 Platone e le scuole socratiche Critone I l Critone si pone cronologicamente nel primo gruppo dei dialoghi platonici, cioè tra quelli composti fra il 399 e il 390/89. È questo il periodo compreso tra la morte di Socrate e il primo viaggio di Platone in Sicilia, infatti, dopo la morte del maestro (399), insieme con altri discepoli, il filosofo trascorse un certo periodo lontano da Atene, a Megara, presso Euclide. Deve aver fatto ritorno in patria dopo non molto, quando s era dissolto il rischio che la reazione della restaurata democrazia si abbattesse sui Socratici. È nel 390 o 389 che egli lascia Atene per un viaggio nell Italia meridionale e in Sicilia, da cui rientrerà nella primavera del 388. Nei primi dieci anni dopo la morte di Socrate si collocano appunto i dialoghi Lachete, Carmide, Eutifrone, Liside, Protagora, Ippia Minore, Ione, Ippia Maggiore, Apologia e Critone. Il dialogo prende il titolo dall amico di Socrate che, saputo dell imminente arrivo della nave sacra da Delo, il giorno dopo del quale era legge che Socrate bevesse la cicuta, cerca di indurre il filosofo a fuggire, per trovare dopo la fuga, in Tessaglia o altrove, quell accoglienza ospitale che Critone stesso e gli altri amici hanno predisposto per il maestro. Senza contare osserva Critone che Socrate, accettando passivamente la morte, mostrerebbe di non preoccuparsi granché degli obblighi verso i suoi famigliari, in primis i suoi figli, che ha il dovere di allevare ed educare. Oltre che per i suoi obblighi di padre, egli deve mettersi in salvo per riguardo agli amici, che, nel caso Socrate resti in carcere e muoia, si dirà che non hanno voluto impegnare se stessi e i loro averi per salvarlo. A queste argomentazioni seducenti, Socrate risponde, però, che per lui è primaria la necessità della coerenza: l esito del processo non può fargli mutare i suoi principi. Proprio in virtù di questa coerenza, non possono avere peso le ragioni di Critone, ispirate al timore per quel giudizio dei più, che nel corso della vita, in tante altre discussioni, Socrate aveva dimostrato di nessun valore. È vero che i Esiodo
2 2 PLATONE P E LE SCUOLE SOCRATICHE Dialogo di preludio più possono usare la loro forza prepotente e condannarti a morte se non ti adegui alla loro pensiero, ma non è tanto importante il vivere, quanto il vivere virtuosamente, che è quanto dire δικαίως. Per di più Socrate richiama il principio, sostenuto con forza prima e dopo il processo, che (come espresso anche nel Gorgia) commettere un torto sia una cosa cattiva per chi lo fa e dunque, contrariamente all opinione dei più, non è mai lecito ἀνταδικεῖν, «rispondere ad uno torto con un altro torto». Ora, è evidente che lasciare il carcere senza una motivazione legale è fare un torto a chi meno lo merita, cioè alle leggi dello Stato e Socrate invita Critone a considerare che cosa direbbero le leggi, nel caso in cui egli se la svignasse con l inganno. La personificazione delle «Leggi» anticipa la funzione che Platone affiderà al mito: non si tratta di un procedimento dimostrativo di una tesi, quanto di un modo per imprimere nella mente i concetti affermati; attraverso questa prosopopea, che suscita un incondizionata riverenza, Socrate afferma che chi ha scelto di legare la propria esistenza a una comunità cittadina, approvandone il sistema sociale, ha contratto il tacito obbligo di difendere le istituzioni dalle quali l ordine sociale dipende: venire meno al contratto per pura convenienza personale è un delitto. L intera vita di Socrate sta a dimostrare che gli è piaciuto il sistema della città in cui egli ha ininterrottamente vissuto, senza mai cercare di emigrare altrove: non ha alcun senso il ribellarsi ora, incoerentemente, alle decisioni di un tribunale legittimamente costituito. È evidente che Platone rielabora e attualizza, in queste famose pagine, le teorie sofistiche sulla natura contrattualistica dello Stato. Di fronte all appello che Socrate immagina gli sia rivolto dalle Leggi, a rimanere fedele a loro, accettando serenamente la morte, Critone non può avere argomenti da opporre e il breve dialogo si chiude con le semplici, alte parole di Socrate che invita a seguire la via per la quale il dio ci conduce. Non si può certo non essere colpiti dalla tensione morale e dal pathos che pervade questo colloquio, ma si deve senz altro osservare che il Platone degli anni 90 nel IV secolo a.c. è ancora fiducioso di poter riacquistare il favore di una Atene, della quale egli riconosce la sacralità delle Leggi, con un atteggiamento dunque lontano dal distacco dalla polis che il filosofo maturerà negli anni della Politeia e delle Leggi. Siamo nel carcere in cui Socrate sta attendendo il giorno dell esecuzione della sentenza. Svegliandosi, quando ancora non è giorno, si trova accanto, seduto sul letto, l amico Critone, che da un po sta osservando, non senza stupore, quanto serenamente Socrate dorma: la ragione di questa sua venuta anzitempo, egli chiarisce, è la necessità di comunicare all amico una brutta notizia: sta per arrivare nel porto la nave sacra e dunque il giorno successivo Socrate dovrà morire. La reazione di Socrate è pacata e composta: egli non crede che la nave, ferma miei pressi di capo Sunio arriverà in giornata, bensì l indomani, e questo sulla base di un sogno che ha appena fatto.
3 PLATONE E LE SCUOLE SOCRATICHE 3 Capitoli I-II (43a-44b) Ι [43a] Τί τηνικάδε ἀφῖξαι, ὦ Κρίτων; ἢ οὐ πρῲ ἔτι ἐστίν; Πάνυ μὲν οὖν. Πηνίκα μάλιστα; Ὄρθρος βαθύς. Θαυμάζω ὅπως ἠθέλησέ σοι ὁ τοῦ δεσμωτηρίου φύλαξ ὑπακοῦσαι. Συνήθης ἤδη μοί ἐστιν, ὦ Σώκρατες, διὰ τὸ πολλάκις δεῦρο φοιτᾶν, καί τι καὶ εὐεργέτηται ὑπ ἐμοῦ. Αρτι δὲ ἥκεις ἢ πάλαι; Επιεικῶς πάλαι. [43b] Εἶτα πῶς οὐκ εὐθὺς ἐπήγειράς με, ἀλλὰ σιγῇ παρακάθησαι; Οὐ μὰ τὸν Δία, ὦ Σώκρατες, οὐδ ἂν αὐτὸς ἤθελον ἐν τοσαύτῃ τε ἀγρυπνίᾳ καὶ λύπῃ εἶναι, ἀλλὰ καὶ σοῦ πάλαι θαυμάζω αἰσθανόμενος ὡς ἡδέως καθεύδεις καὶ ἐπίτηδές σε οὐκ ἤγειρον ἵνα ὡς ἥδιστα διάγῃς. Καὶ πολλάκις μὲν δή σε καὶ πρότερον ἐν παντὶ τῷ βίῳ ηὐδαιμόνισα τοῦ τρόπου, πολὺ δὲ μάλιστα ἐν τῇ νῦν παρεστώσῃ συμφορᾷ, ὡς ῥᾳδίως αὐτὴν καὶ πρᾴως φέρεις. Cap. I 43a Tί ἐστίν;: «Perché sei già qui a quest ora, Critone? Non è troppo presto ancora?». - Τί: vale cur. - τηνικάδε: è avverbio dal tema del dimostrativo - ἀφῖξαι: è perfetto di ἀφικνέομαι. - πρῴ: è forma attica di πρωΐ = «di mattino», «qui», «presto». Socrate è sorpreso di trovare l amico e coetaneo Critone già lì, quando ancora è buio, mentre sapeva che il carcere si apriva a giorno inoltrato. - Πάνυ μὲν οὖν: risposta affermativa frequente in Platone. - Πηνίκα μάλιστα;: «che ora è, più precisamente?»; πηνίκα è avverbio interrogativo, mentre μάλιστα sottolinea la richiesta di precisazione (ma secondo alcuni meno bene indica approssimazione). - Ὄρθρος βαθύς: «alba profonda». Se ὄρθρος è crepuscolo dell alba, la determinazione βαθύς suggerisce l idea che è ancora buio. - Θαυμάζω ὑπακοῦσαι: «Mi meraviglio di come ti abbia dato retta il guardiano del carcere». La congiunzione ὅπως ha qui valore dichiarativo, pressoché equivalente a ὅτι. Si noti come θέλω sottolinei la propensione (βούλομαι invece la decisione) e ὑπακούω in- dichi un ascolto in posizione di subordine. - Συνήθης φοιτᾶν: «ormai è mio amico, o Socrate, per il mio frequente presentarmi qui». In διὰ τὸ φοιτᾶν il soggetto με è sottinteso, in quanto facilmente deducibile dal μοι precedente; φοιτάω è il verbo del visitatore abituale, dello scolaro e simili. - Καί τι εὐεργέτηται: «e in qualcosa è stato da me anche beneficato». Si tratta di piccoli favori, espressione più di gentilezza che di volontà corruttrice; tant è vero che Socrate non ha nulla da obiettare. - Ἄρτι πάλαι;: «Ma dunque sei qui da poco o da un pezzo?»; ἥκεις ha il solito valore perfettivo. La risposta di Critone attenua, con ἐπιεικῶς («ragionevolmente») un troppo reciso πάλαι di rimando. 43b Εἶτα παρακάθησαι;: «e allora, come mai non mi hai subito svegliato, e invece te ne stai seduto qui in silenzio?». - Εἶτα: esprime meraviglia. - ἐπήγειρας: è aoristo ingressivo o puntuale. - παρακάθησαι: ha valore perfettivo: «ti sei seduto e ora stai qui a sedere»: il preverbo (παρα-) lascia intendere che è sottin- teso μοι. - οὐδ ἄν εἶναι: «neppure io avrei voluto essere in una così dolorosa insonnia» (= avrei come te desiderato dormire ). - ἂν ἤθελον: è irreale. - αὐτός = ipse. - ἐν τοιαύτῃ τε ἀγρυπνίᾳ καὶ λύπῃ: equivale ad una endiadi. - ἀλλά θαυμάζω: «ma da un po mi stupisco di te»; σοῦ pare dipendere più da θαυμάζω che da αἰσθανόμενος successivo. - καὶ ἐπίτηδές σε διάγῃς: «e di proposito non volevo svegliarti, perché tu potessi trascorrere il tempo nel modo più piacevole». L aggettivo ἐπίτηδες ha qui valore avverbiale ed è in certo qual modo prolettico della finale successiva introdotta da ἵνα. Si noti l imperfetto durativo (di conato), a differenza dell aoristo ἤγειρα, che ha valore puntuale. - διάγῃς: ci si attenderebbe l ottativo, in dipendenza dal tempo storico: il congiuntivo indica il desiderio di Critone che l azione duri anche nel presente. - ηὐδαιμόνισα τοῦ τρόπου: «ti ho ritenuto felice per il tuo carattere»; τρόπου è genitivo di causa, che riceverà spiegazione più sotto in ὡς ῥᾳδίως «come riesci a sopportarlo con facilità e mitezza».
4 4 PLATONE P E LE SCUOLE SOCRATICHE Καὶ γὰρ ἄν, ὦ Κρίτων, πλημμελὲς εἴη ἀγανακτεῖν τηλικοῦτον ὄντα εἰ δεῖ ἤδη τελευτᾶν. [43c] Καὶ ἄλλοι, ὦ Σώκρατες, τηλικοῦτοι ἐν τοιαύταις συμφοραῖς ἁλίσκονται, ἀλλ οὐδὲν αὐτοὺς ἐπιλύεται ἡ ἡλικία τὸ μὴ οὐχὶ ἀγανακτεῖν τῇ παρούσῃ τύχῃ. Εστι ταῦτα. ἀλλὰ τί δὴ οὕτω πρῲ ἀφῖξαι; Ἀγγελίαν, ὦ Σώκρατες, φέρων χαλεπήν, οὐ σοί, ὡς ἐμοὶ φαίνεται, ἀλλ ἐμοὶ καὶ τοῖς σοῖς ἐπιτηδείοις πᾶσιν καὶ χαλεπὴν καὶ βαρεῖαν, ἣν ἐγώ, ὡς ἐμοὶ δοκῶ, ἐν τοῖς βαρύτατ ἂν ἐνέγκαιμι. Τίνα ταύτην; ἢ τὸ πλοῖον ἀφῖκται ἐκ Δήλου, οὗ δεῖ ἀφικομένου τεθνάναι με; [43d] Οὔτοι δὴ ἀφῖκται, ἀλλὰ δοκεῖν μέν μοι ἥξει τήμε ρον ἐξ ὧν ἀπαγγέλλουσιν ἥκοντές τινες ἀπὸ Σουνίου καὶ καταλιπόντες ἐκεῖ αὐτό. Δῆλον οὖν ἐκ τούτων ὅτι ἥξει τήμερον, καὶ ἀνάγκη δὴ εἰς αὔριον ἔσται, ὦ Σώκρατες, τὸν βίον σε τελευτᾶν. IΙ Ἀλλ, ὦ Κρίτων, τύχῃ ἀγαθῇ, εἰ ταύτῃ τοῖς θεοῖς φίλον, ταύτῃ ἔστω οὐ μέντοι οἶμαι ἥξειν αὐτὸ τήμερον. - πλημμελές τελευτᾶν: «sarebbe stonato indignarsi a tale età, se è vero che ormai si deve morire». L aggettivo πλημμελές indica ciò che «è fuori dal canto» (πλήν e μέλος). - εἰ δεῖ = siquidem necesse est. 43c Καὶ ἄλλοι, ἁλίσκονται: «Anche altri, o Socrate, di tale età, si trovano in simili disgrazie». Critone ribatte tenendosi sulla falsariga della risposta precedente di Socrate. Si noti che συμφορά è vox media che indica «circostanza», «caso» (ma nel greco classico è normalmente di senso negativo). - οὐδὲν αὐτοὺς ἐπιλύεται τύχῃ: «non li dispensa per nulla dall indignarsi per la sorte presente». - τὸ μὴ οὐχί ἀγανακτεῖν: è infinito sostantivato con doppia negazione, in quanto retto da un verbum impediendi negativo. - ἔστι ταῦτα: «è così». Dopo aver riconosciuto la verità dell osservazione di Critone, Socrate riprende dalla domanda iniziale. - Ἀγγελίαν, χαλεπήν: «portando, o Socrate, una notizia dolorosa». - φέρων: pare avere valore finale. Dopo la sincera e immediata definizione della notizia come χαλεπή, Critone pare fermarsi indotto dall atteggiamento di Socrate, evidentemente non in linea con il suo giudizio. - καὶ χαλεπὴν καὶ βαρεῖαν: dopo πᾶσιν l antitesi dovrebbe chiudersi; ma, con andamento naturale, che tradisce tutta la sua accorata partecipazione, Critone aggiunge di nuovo χαλεπὴν καὶ βαρεῖαν: così il periodo assume una struttura per così dire chiastica. - ἐν τοῖς ἐνέγκαιμι: «potrei sopportare tra quelli che più gravemente la sopportano». - ἐν τοῖς βαρύτατ(α): l espressione sottintende φέρουσι, o meglio, è uguale a ἐν τοῖς βαρέως φέρουσι βαρύτατ ἂν ἐνέγκαιμι (= tra quanti la sopportano con pena io la sopporto nel modo più grave). Espressioni analoghe si trovano anche in Erodoto e Tucidide. Il potenziale ἂν ἐνέγκαιμι è un mezzo per far apparire la morte dell amico ancor solo come una possibilità eventuale. - Τίνα ταύτην;: «Qual è (questa notizia che porti)?». L ellissi è naturale (= τίνα ταύτην ἀγγελίαν φέρων ἥκεις;). - τὸ πλοῖον: si tratta della nave che ogni anno gli Ateniesi inviavano a Delo in ricordo della liberazione operata da Teseo dal tributo al Minotauro. Tale missione sacra (θεωρία) poteva durare anche un mese; durante tale missione erano sospese in Atene le esecuzioni capitali. - οὗ δεῖ τεθνάναι με;: «dopo il cui ar- rivo è inevitabile che io muoia?». - οὗ ἀφικομένου: genitivo assoluto. 43d Οὔτοι δὴ ἀφῖκται: «no davvero, non è proprio arrivata». Οὔτοι dà enfasi alla negazione. - ἀλλά αὐτό: «ma, secondo il mio parere, arriverà oggi, a quanto riferiscono alcuni che vengono dal Sunio e che l hanno lasciata là». - δοκεῖν μέν μοι: infinito assoluto, lett. = «quanto al mio credere», con il μέν solitarium (senza il correlativo). Con ogni probabilità la nave, cosa che si verificava spesso, era ferma a capo Sunio in attesa di migliori condizioni di vento. - Δῆλον τήμερον: «è chiaro da queste notizie che sarà qui oggi» ἐκ τούτων è neutro («da queste notizie»). - εἰς αὔριον ἔσται: «sarà per domani che». Si noti che τὸν βίον σε τελευτᾶν è espressione in qualche modo meno cruda del τεθνάναι usato da Socrate. Cap. II Ἀλλ(ά) ἀγαθῇ: «orbene, o Critone, con buona sorte». In questo caso ἀλλά ha valore introduttivo. - τύχῃ ἀγαθῇ: (seguito da ἔστω o εἴη) è formula di buon augurio che si ritrova anche nei decreti e nei trattati. - εἰ ταύτῃ φίλον: «se così piace agli
5 PLATONE E LE SCUOLE SOCRATICHE 5 [44a] Πόθεν τοῦτο τεκμαίρῃ; Εγώ σοι ἐρῶ. Τῇ γάρ που ὑστεραίᾳ δεῖ με ἀποθνῄσκειν ἢ ᾗ ἂν ἔλθῃ τὸ πλοῖον. Φασί γέ τοι δὴ οἱ τούτων κύριοι. Οὐ τοίνυν τῆς ἐπιούσης ἡμέρας οἶμαι αὐτὸ ἥξειν ἀλλὰ τῆς ἑτέρας. τεκμαίρομαι δὲ ἔκ τινος ἐνυπνίου ὃ ἑώρακα ὀλίγον πρότερον ταύτης τῆς νυκτός καὶ κινδυνεύεις ἐν καιρῷ τινι οὐκ ἐγεῖραί με. Ην δὲ δὴ τί τὸ ἐνύπνιον; [44b] Εδόκει τίς μοι γυνὴ προσελθοῦσα καλὴ καὶ εὐειδής, λευκὰ ἱμάτια ἔχουσα, καλέσαι με καὶ εἰπεῖν «Ω Σώκρατες, ἤματί κεν τριτάτῳ φθίην ἐρίβωλον ἵκοιο». Ατοπον τὸ ἐνύπνιον, ὦ Σώκρατες. Εναργὲς μὲν οὖν, ὥς γέ μοι δοκεῖ, ὦ Κρίτων. dei» (ταύτῃ è avverbio). Socrate riconosce sempre come superiore la volontà divina, alla quale sempre si rimette. 44a Εγώ σοι ἐρῶ: «te lo dirò io», ἐγώ è enfatico. - τῇ γάρ τὸ πλοῖον: «infatti credo è legge che io debba morire il giorno successivo a quello in cui arrivi la nave»; - τῇ ὑστεραίᾳ ἤ = postero die quam. - που: ha il solito valore attenuativo: «se non sbaglio». - ἂν ἔλθῃ: è espressione di eventualità in proposizione relativa. - οἱ τούτων κύριοι: «gli arbitri di queste cose», che è quanto dire gli Undici, che sovrintendevano all esecuzione delle sentenze. - Οὐ τοίνυν τῆς ἑτέρας: «non penso dunque che arriverà in questo giorno che sta per giungere, ma in quello successivo». - τῆς ἐπιούσης ἡμέρας: è genitivo di tempo (ἐπιούσης è composto di εἶμι, «vado»), come il successivo ἑτέρας (sottinteso ἡμέρας). Il τοίνυν iniziale serve a confermare la battuta precedente. - τεκμαίρομαι τῆς νυκτός: «lo deduco da un certo sogno che ho fatto poco fa, questa notte». Il greco dice vedere un sogno, dove noi diciamo fare un sogno. - ὀλίγον πρότερον: è avverbio: «poco prima». - κινδυνεύεις ἐγεῖραί με: «c è il caso che tu non mi abbia svegliato a proposito». Il verbo κινδυνεύω in costruzione personale è frequente in Platone: lett. = «rischi di» + infinito; καιρός è «momento adatto, favorevole» (τινι è attenuativo). 44b ἐδόκει ἔχουσα: è una visione leggiadra, in cui questa mes- saggera di morte non ha alcunché di tetro o di inquietante e affida il suo annuncio al verso di Omero. - ἤματί κεν τριτάτῳ φθίην ἐρίβωλον ἵκοιο: è il v. 363 di Iliade IX, adattato nella forma al contesto, secondo l abitudine platonica. Ftia, la patria di Achille, è il simbolo della meta ultraterrena dell anima: «al terzo giorno potresti giungere a Ftia dalle ampie zolle». - κεν: alterna in Omero con ἄν. - Ἄτοπον τὸ ἐνύπνιον, ὦ Σώκρατες: «strano il sogno, Socrate». Critone, ovviamente, ha capito benissimo il senso del sogno, ma vorrebbe deviare il discorso altrove. - Ἐναργὲς μὲν ὦ Κρίτων: «Chiaro, anzi, a mio parere, Critone». All ἄτοπον di Critone, Socrate risponde con un intrepido ἐναργές. Critone consiglia la fuga Un giorno di vita in più non modifica la situazione: Socrate deve fuggire dal carcere; secondo l amico, egli lo deve all affetto di chi, come lui, rimarrebbe solo, privo del maestro e compagno che dà senso alla sua vita; lo deve agli amici, che esporrebbe all infamante accusa di non essersi impegnati a metterlo in salvo: l opinione dei più può essere causa di grandissimi mali, come l attuale condizione di Socrate conferma. Quest ultimo, però, ribadisce tutta la sua indifferenza per una massa che opera a casaccio. Critone allora aggiunge altre ragioni: se Socrate è preoccupato dal rischio di mettere in pericolo le sostanze degli amici, stia pur tranquillo: gli amici sono tanti, anche non ateniesi, e il denaro occorrente non è molto; per di più lui, Critone, ha amici in Tessaglia che potranno eventualmente garantirgli un esistenza tranquilla e onorata, nel caso che scel-
6 6 PLATONE P E LE SCUOLE SOCRATICHE ga di andare a vivere là. E come ulteriore argomento, nel difficile tentativo di persuasione, Critone fa presente a Socrate che, restandosene lì in attesa della morte, egli tradirà se stesso, i suoi figli e tutti gli amici che esporrà all accusa di viltà e inettitudine, per non aver saputo intervenire efficacemente in nessuna fase del dramma, dall accusa, al processo e appunto, da ultimo all esecuzione della sentenza. Dunque non c è tempo da perdere: entro la notte prossima l evasione dovrà essere un fatto compiuto. Capitoli III-V (44b-46a) ΙII Λίαν γε, ὡς ἔοικεν. Ἀλλ, ὦ δαιμόνιε Σώκρατες, ἔτι καὶ νῦν ἐμοὶ πιθοῦ καὶ σώθητι ὡς ἐμοί, ἐὰν σὺ ἀποθάνῃς, οὐ μία συμφορά ἐστιν, ἀλλὰ χωρὶς μὲν τοῦ ἐστερῆσθαι τοιούτου ἐπιτηδείου οἷον ἐγὼ οὐδένα μή ποτε εὑρήσω, ἔτι δὲ καὶ πολλοῖς δόξω, οἳ ἐμὲ καὶ σὲ μὴ σαφῶς ἴσασιν, ὡς οἷός τ ὤν σε σῴζειν εἰ ἤθελον ἀναλίσκειν χρήματα, ἀμελῆσαι. [44c] Καίτοι τίς ἂν αἰσχίων εἴη ταύτης δόξα ἢ δοκεῖν χρήματα περὶ πλείονος ποιεῖσθαι ἢ φίλους; οὐ γὰρ πείσονται οἱ πολλοὶ ὡς σὺ αὐτὸς οὐκ ἠθέλησας ἀπιέναι ἐνθένδε ἡμῶν προθυμουμένων. Ἀλλὰ τί ἡμῖν, ὦ μακάριε Κρίτων, οὕτω τῆς τῶν πολλῶν δόξης μέλει; οἱ γὰρ ἐπιεικέστατοι, ὧν μᾶλλον ἄξιον φροντίζειν, ἡγήσονται αὐτὰ οὕτω πεπρᾶχθαι ὥσπερ ἂν πραχθῇ. [44d] Αλλ ὁρᾷς δὴ ὅτι ἀνάγκη, ὦ Σώκρατες, καὶ τῆς τῶν πολλῶν δόξης Cap. III Λίαν γε, ὡς ἔοικεν: «Anche troppo (scil. ἐναργές), a quanto sembra». C è malinconia e tristezza nella risposta di Critone. - Ἀλλ, ὦ δαιμόνιε σώθητι: «Ma, incredibile Socrate, anche adesso, lasciati persuadere e salvati». Δαιμόνιος è chi è pervaso dal δαίμων: da qui il valore positivo o negativo del termine, potendo essere il demone buono o cattivo. Qui esso è usato affettuosamente, anche se non manca un ombra di velato rimprovero. Si noti la successione di un imperativo presente (πείθου = lasciati convincere) e di uno aoristo (σώθητι = mettiti immediatamente in salvo). - ἔτι καὶ νῦν: sembra alludere a precedenti tentativi di persuasione. - ὡς ἐμοί, συμφορά ἐστιν: «perché per me, se tu morirai, non è una la disgrazia». - ἐὰν σὺ ἀποθάνῃς ἐστιν: è periodo ipotetico misto, con protasi eventuale e apodosi reale. La disgrazia dunque non sarà solo quella della perdita dell amico, ma anche quella del danno alla reputazione nell apparire ingrato. - ἀλλὰ χωρὶς ἔτι δὲ καὶ: «ma oltre al fatto di per di più anche». - οἷον ἐγὼ εὑρήσω: «quale non mi capiterà mai di trovare alcuno». La negazione μή si spiega pensando che l espressione sottintenda un «non c è da temere che», con il futuro εὑρήσω che prende il posto di un congiuntivo aoristo. - οἳ ἐμὲ ἴσασιν: «se non conoscono bene né me né te». La negazione μή si spiega con il valore condizionale della relativa. - ὡς οἷός τ ὤν ἀμελῆσαι: «che, pur essendo in grado di salvarti, se fossi stato disposto a spendere denaro, non me ne sono dato cura». - ὡς: dichiarativo è seguito, anacoluticamente, dall infnito; οἷός τ(ε) ὤν ha valore concessivo e costituisce l apodosi di εἰ ἤθελον, irreale. 44c τίς ἂν αἰσχίων εἴη ἢ φίλους;: «che nomea più vergognosa potrebbe esserci di questa, che il sembrare cioè di dar più valore al denaro che agli amici?». La comparativa ἢ δοκεῖν è epesegetica del genitivo di paragone ταύτης (sc. τῆς δόξης); - περὶ πλείονος ποιεῖσθαι: è, come al solito, pluris facere. - οὐ γὰρ πείσονται ἡμῶν προθυμουμένων: «infatti non si convinceranno i più che proprio tu non hai voluto andartene di qui, nonostante il nostro zelo». - πείσονται: futuro di πείθομαι. - ἡμῶν προθυμουμένων: genitivo assoluto con valore avversativo-concessivo. - ὦ μακάριε: «o amico mio», detto in tono bonario. - οὕτω μέλει;: «ci importa tanto l opinione dei più?»: οὕτω va con μέλει che regge il genitivo. - οἱ γὰρ ἐπιεικέστατοι ἂν πραχθῇ: «le persone assennate, delle quali è più giusto darsi pensiero, riterranno che le vicende si siano svolte proprio come si sono svolte». La relativa modale ha il congiuntivo dell eventulità ( ἂν πραχθῇ) perché la realtà non si è ancora realizzata. 44d Ἀλλ ὁρᾷς δὴ μέλειν: «Ma vedi appunto che è inevitabile, o Socrate, tener conto dell opinione anche dei
7 PLATONE E LE SCUOLE SOCRATICHE 7 μέλειν. Αὐτὰ δὲ δῆλα τὰ παρόντα νυνὶ ὅτι οἷοί τ εἰσὶν οἱ πολλοὶ οὐ τὰ σμικρότατα τῶν κακῶν ἐξεργάζεσθαι ἀλλὰ τὰ μέγιστα σχεδόν, ἐάν τις ἐν αὐτοῖς διαβεβλημένος ᾖ. Εἰ γὰρ ὤφελον, ὦ Κρίτων, οἷοί τ εἶναι οἱ πολλοὶ τὰ μέγιστα κακὰ ἐργάζεσθαι, ἵνα οἷοί τ ἦσαν καὶ ἀγαθὰ τὰ μέγιστα, καὶ καλῶς ἂν εἶχεν. νῦν δὲ οὐδέτερα οἷοί τε οὔτε γὰρ φρόνιμον οὔτε ἄφρονα δυνατοὶ ποιῆσαι, ποιοῦσι δὲ τοῦτο ὅτι ἂν τύχωσι. ΙV [44e]. Ταῦτα μὲν δὴ οὕτως ἐχέτω τάδε δέ, ὦ Σώκρατες, εἰπέ μοι. Ἆρά γε μὴ ἐμοῦ προμηθῇ καὶ τῶν ἄλλων ἐπιτηδείων μή, ἐὰν σὺ ἐνθένδε ἐξέλθῃς, οἱ συκοφάνται ἡμῖν πράγματα παρέχωσιν ὡς σὲ ἐνθένδε ἐκκλέψασιν, καὶ ἀναγκασθῶμεν ἢ καὶ πᾶσαν τὴν οὐσίαν ἀποβαλεῖν ἢ συχνὰ χρήματα, ἢ καὶ ἄλλο τι πρὸς τούτοις παθεῖν; εἰ γάρ τι τοιοῦτον φοβῇ, ἔασον αὐτὸ χαίρειν [45a] ἡμεῖς γάρ που δίκαιοί ἐσμεν σώσαντές σε κινδυνεύειν τοῦτον τὸν κίνδυνον καὶ ἐὰν δέῃ ἔτι τούτου μείζω. Ἀλλ ἐμοὶ πείθου καὶ μὴ ἄλλως ποίει. Καὶ ταῦτα προμηθοῦμαι, ὦ Κρίτων, καὶ ἄλλα πολλά. più». Critone riprende l espressione socratica δόξα τῶν πολλῶν. - Aὐτὰ δὲ δῆλα διαβεβλημένος ᾖ: «ma la situazione al presente di per sé e chiara, che cioè sono in grado i più di produrre non i più piccoli dei mali, ma quasi i più grandi, se uno davanti a loro venga colpito da calunnia». L aggettivo δῆλος è qui costruito personalmente. - ὅτι οἷοί τε: è epesegetica di τὰ παρόντα νυνί. - ἀλλὰ τὰ μέγιστα: è contrapposizione che intensifica οὐ τὰ σμικρότατα. - ἐν αὐτοῖς: vale πρὸς αὐτούς. - διαβεβλημένος ᾖ: è congiuntivo perfetto passivo perifrastico. Sulla διαβολή Socrate imperniava già all inizio dell Apologia la sua difesa. - Εἰ γὰρ ὤφελον, ἵνα οἷοί τ ἦσαν καὶ ἀγαθά: «magari fossero capaci i più di produrre i più grandi mali, affinché fossero capaci di fare anche i più grandi beni». - Εἰ γὰρ ὤφελον: introduce un desiderio irrealizzabile. - ἵνα: è costruito con l indicativo, perché dipendente da un irreale. Si afferma qui che colui che è capace di far del male è capace anche di fare del bene, secondo la dottrina socratica che la virtù è conoscenza e che chi conosce il bene lo fa, ma può compiere anche il male. - καλῶς ἂν εἶχεν: «e sarebbe veramente cosa buona». C è qui la nota costruzione di ἔχω con l avverbio (ἂν εἶχεν è irreale). - νῦν δὲ οὐδέτερα ὅτι ἂν τύχωσι: «ora invece non sono capaci di nessuna delle due cose; infatti non essendo in grado di rendere uno né assennato né dissennato, fanno ciò che loro capita». - νῦν: ha qui valore avversativo. - φρόνιμον: così come ἄφρονα è predicativo di un τινα sottinteso. - ὅτι ἂν τύχωσι: sottintende naturalmente ποιοῦντες. Cap. IV 44e Ταῦτα μὲν δὴ εἰπέ μοι: «E dunque, quanto a ciò, vada bene così; ma adesso dimmi questo». Ταῦτα e τάδε si riferiscono il primo alla discussione precedente, il secondo alle nuove ragioni con cui Critone conta di vincere le esitazioni dell amico. - ἆρά γε μὴ ἐμοῦ προμηθῇ ἐνθένδε ἐκκλέψασιν: «Non è che ti dai pensiero di me e degli altri amici che, se tu uscirai di qui, i sicofanti ci creino problemi per la ragione che ti abbiamo sottratto di qui». - ἆρά γε μὴ: introduce un interrogativa retorica, che attende risposta negativa. - προμηθέομαι: è costruito con μή + congiuntivo (παρέχωσιν) come i verba timendi. - ἐκκλέψασιν: va con ἡμῖν e ha valore causale soggettivo. I sicofanti sono i delatori che il diritto attico ammette dato che non esiste un pubblico ministero (vedi scheda vol. II, pag. 534). - πᾶσαν τὴν οὐσίαν: «tutto il patrimonio famigliare». - οὐσία: equivale al latino res familiaris. - ἄλλο τι: allude a provvedimenti come l ἀτιμία o addirittura la condanna a morte. - ἔασον χαίρειν: «lascialo stare». È espressione idiomatica (χαῖρε è la formula usuale di congedo). 45a ἡμεῖς γάρ που ἔτι τούτου μείζω: «noi infatti siamo per così dire obbligati, se abbiamo deciso di salvarti, a correre questo rischio e, se necessario, uno anche più grande di questo». - δίκαιοί ἐσμεν: è costruzione personale (qui: «siamo giustificati», «siamo quasi obbligati»). - κινδυνεύειν κίνδυνον: figura etimologica (con l accusativo dell oggetto interno). - ἐὰν δέῃ: è protasi eventuale con il congiuntivo di δεῖ. - μὴ ἄλλως ποίει: «non dire di no», letteralmente: «non fare diversamente», frase idiomatica con l imperativo negativo (μή ποίει). - Καὶ ταῦτα καὶ ἄλλα πολλά: «mi preoccupo sia di queste ragioni che di molte altre». Gli ἄλλα πολλά saranno quelle
8 8 PLATONE P E LE SCUOLE SOCRATICHE Μήτε τοίνυν ταῦτα φοβοῦ καὶ γὰρ οὐδὲ πολὺ τἀργύριόν ἐστιν ὃ θέλουσι λαβόντες τινὲς σῶσαί σε καὶ ἐξαγαγεῖν ἐνθένδε. Ἔπειτα οὐχ ὁρᾷς τούτους τοὺς συκοφάντας ὡς εὐτελεῖς, καὶ οὐδὲν ἂν δέοι ἐπ αὐτοὺς πολλοῦ ἀργυρίου; [45b] Σοὶ δὲ ὑπάρχει μὲν τὰ ἐμὰ χρήματα, ὡς ἐγὼ οἶμαι, ἱκανά ἔπειτα καὶ εἴ τι ἐμοῦ κηδόμενος οὐκ οἴει δεῖν ἀναλίσκειν τἀμά, ξένοι οὗτοι ἐνθάδε ἕτοιμοι ἀναλίσκειν εἷς δὲ καὶ κεκόμικεν ἐπ αὐτὸ τοῦτο ἀργύριον ἱκανόν, Σιμμίας ὁ Θηβαῖος, ἕτοιμος δὲ καὶ Κέβης καὶ ἄλλοι πολλοὶ πάνυ. Ὥστε, ὅπερ λέγω, μήτε ταῦτα φοβούμενος ἀποκάμῃς σαυτὸν σῶσαι, μήτε, ὃ ἔλεγες ἐν τῷ δικαστηρίῳ, δυσχερές σοι γενέσθω ὅτι οὐκ ἂν ἔχοις ἐξελθὼν ὅτι χρῷο σαυτῷ πολλαχοῦ μὲν γὰρ καὶ ἄλλοσε ὅποι ἂν ἀφίκῃ ἀγαπήσουσί σε [45c] ἐὰν δὲ βούλῃ εἰς Θετταλίαν ἰέναι, εἰσὶν ἐμοὶ ἐκεῖ ξένοι οἵ σε περὶ πολλοῦ ποιήσονται καὶ ἀσφάλειάν σοι παρέξονται, ὥστε σε μηδένα λυπεῖν τῶν κατὰ Θετταλίαν. V Ἔτι δέ, ὦ Σώκρατες, οὐδὲ δίκαιόν μοι δοκεῖς ἐπιχειρεῖν πρᾶγμα, σαυτὸν προδοῦναι, ἐξὸν σωθῆναι, καὶ τοιαῦτα σπεύδεις περὶ σαυτὸν γενέσθαι ἅπερ ἂν καὶ οἱ ἐχθροί σου σπεύσαιέν τε καὶ ἔσπευσαν σὲ ragioni etiche, o meglio etico-politiche che troveranno espressione più volte nella successiva prosopopea delle Leggi. Critone non capisce e pensa che si tratti di ragioni di ordine materiale. - Μήτε τοίνυν ταῦτα φοβοῦ: «ma tu non temere né questo». Il μήτε correlativo si troverà molto più avanti: μήτε δυσχηρές; in mezzo c è un lungo inciso in cui Critone vuole assicurare Socrate che non ha ragione di preoccuparsi dei sacrifici finanziari degli amici. L andamento, come è stato rilevato, è quello anacolutico del sermo familiaris. - θέλουσι ἐξαγαγεῖν ἐνθένδε: «che alcuni chiedono per metterti in salvo e farti uscire di qui», lett.: «avendo ricevuto il quale sono disposti». Naturale è l ὕστερον πρότερον, dato che l idea che si affaccia per prima è quella della necessità di salvare Socrate. Questi τινες sono complici già reperiti. - ἔπειτα ὡς εὐτελεῖς: «poi non vedi come sono a buon mercato questi sicofanti?». Frequente il movimento sintattico per cui il soggetto dell oggettiva viene fatto oggetto del verbo reggente: «non vedi questi sicofanti, come». - καὶ οὐδὲν ἂν δέοι ἐπ αὐτοὺς πολλοῦ ἀργυρίου;: «e non ci sarebbe per nulla bisogno di molto dena- ro per loro?». - δεῖ: è qui costruito con il gen. di privazione (οὐδέν è avverbiale) - ἐπ αὐτούς: indica (come spesso ἐπί) scopo: «per arrivare a loro». 45b σοι δὲ ὑπάρχει: ὑπάρχω, più forte di εἰμί, vale qui: «sono a disposizione». - εἴ τι κηδόμενος: «se in qualche modo preoccupandoti per me»: κήδομαι indica il «darsi vivo pensiero». - ξένοι οὗτοι ἐνθάδε: «ci sono questi forestieri qua». Il valore deittico di οὗτοι non implica che siano presenti ora, ma che si tratta di persone che Socrate ha ben presenti, in quanto hanno comunque assistito al processo. - εἷς ὁ Θηβαῖος: «uno ha già portato proprio per questo denaro sufficiente, Simmia di Tebe». Simmia e Cebete, nominato subito dopo, saranno personaggi principali del Fedone. - ἄλλοι πολλοὶ πάνυ: oltre agli Ateniesi, anche i Megaresi come Euclide e Terpsione, ecc. - ὥστε χρῴο σαυτῷ: «cosicché, ti ripeto, né, temendo queste cose, lasciarti vincere dalla disperazione di poterti salvare, né, come dicevi in tribunale, ti dia pena il fatto che non sapresti che fare di te stesso una volta che tu sia uscito da Atene». - μήτε φοβούμενος: riprende il μήτε φοβοῦ di sopra. - ἀποκάμνω: vale qui «rinunciare per stanchezza a» e regge l infinito. - πολλαχοῦ ἀγαπήσουσί σε: «infatti in molti luoghi e in ogni altra parte dove tu eventualmente giunga, ti accoglieranno con affetto». Si noti l avverbio di moto ἄλλοσε al posto dell atteso ἄλλοθι (di stato), per attrazione di ὅποι (di moto). 45c ἐὰν δὲ βούλῃ: «ma se poi tu vorrai». Pare cogliersi in questa protasi eventuale la scarsa probabilità che Critone annette ad una tale scelta da parte di Socrate. - ξένοι Θετταλίαν: «ospiti, che ti stimano molto e presteranno garanzia cosicché nessuno in Tessaglia ti possa dar fastidio»; ἀσφάλειαν παρέχομαι è appunto uguale a «io presto garanzia», fornendo sicurezza. Cap. V σαυτόν προδοῦναι: «tradire te stesso», consegnandoti nelle mani dei nemici: è apposizione dichiarativa di ἐπιχειρεῖν πρᾶγμα. - ἐξὸν σωθῆναι: «pur essendoti possibile salvarti»; ἐξόν (da ἔξεστι) è participio accusativo assoluto con valore concessivo. - ἅπερ ἄν βουλόμενοι: «(cose tali) che proprio i tuoi nemici si
9 PLATONE E LE SCUOLE SOCRATICHE 9 διαφθεῖραι βουλόμενοι. [45d] Πρὸς δὲ τούτοις καὶ τοὺς ὑεῖς τοὺς σαυτοῦ ἔμοιγε δοκεῖς προδιδόναι, οὕς σοι ἐξὸν καὶ ἐκθρέψαι καὶ ἐκπαιδεῦσαι οἰχήσῃ καταλιπών, καὶ τὸ σὸν μέρος ὅτι ἂν τύχωσι τοῦτο πράξουσιν τεύξονται δέ, ὡς τὸ εἰκός, τοιούτων οἷάπερ εἴωθεν γίγνεσθαι ἐν ταῖς ὀρφανίαις περὶ τοὺς ὀρφανούς. Ἢ γὰρ οὐ χρὴ ποιεῖσθαι παῖδας ἢ συνδιαταλαιπωρεῖν καὶ τρέφοντα καὶ παιδεύοντα, σὺ δέ μοι δοκεῖς τὰ ῥᾳθυμότατα αἱρεῖσθαι. χρὴ δέ, ἅπερ ἂν ἀνὴρ ἀγαθὸς καὶ ἀνδρεῖος ἕλοιτο, ταῦτα αἱρεῖσθαι, φάσκοντά γε δὴ ἀρετῆς διὰ παντὸς τοῦ βίου ἐπιμελεῖσθαι [45e] ὡς ἔγωγε καὶ ὑπὲρ σοῦ καὶ ὑπὲρ ἡμῶν τῶν σῶν ἐπιτηδείων αἰσχύνομαι μὴ δόξῃ ἅπαν τὸ πρᾶγμα τὸ περὶ σὲ ἀνανδρίᾳ τινὶ τῇ ἡμετέρᾳ πεπρᾶχθαι, καὶ ἡ εἴσοδος τῆς δίκης εἰς τὸ δικαστήριον ὡς εἰσῆλθεν ἐξὸν μὴ εἰσελθεῖν, καὶ αὐτὸς ὁ ἀγὼν τῆς δίκης ὡς ἐγένετο, καὶ τὸ τελευταῖον δὴ τουτί, ὥσπερ κατάγελως τῆς πράξεως, κακίᾳ τινὶ καὶ ἀνανδρίᾳ τῇ ἡμετέρᾳ διαπεφευγέναι ἡμᾶς δοκεῖν, οἵτινές σε οὐχὶ ἐσώσαμεν οὐδὲ σὺ σαυτόν, οἷόν τε ὂν καὶ δυνατὸν εἴ τι καὶ μικρὸν ἡμῶν ὄφελος ἦν. adoprerebbero (a che ti capitassero) e si sono adoprati, decisi a rovinarti». Si noterà l opposizione del potenziale all indicativo della realtà: ἂν σπεύσειαν, contrapposto a ἔσπευσαν. 45d τοὺς ὑεῖς τοὺς σαυτοῦ: Socrate aveva tre figli, Lamprocle, Sofronisco e Menesseno. - οὕς σοι καταλιπών: «che tu, pur essendoti possibile e allevarli e educarli, pianterai in asso andandotene». - ἐκθρέψαι: è pressoché sinonimo di ἐκπαιδεῦσαι, per quanto il primo verbo alluda al nutrimento, l altro all educazione: il preverbo ἐκ indica compimento dell azione sino al suo scopo («allevare fino a che siano diventati adulti»). - οἴχομαι: seguito dal participio di significato a lui affine, è spesso un eufemismo per «morire», come da noi «andarsene». - καὶ τὸ σόν τοὺς ὀρφανούς: «e, per parte tua, faranno quel che capiterà loro di fare e otterranno in sorte verosimilmente cose tali quali di solito si verificano in condizione di orfanezza per gli orfani». - τὸ σὸν μέρος: è accusativo di relazione con valore avverbiale. - τεύξουσι: (futuro) riprende il precedente ἂν τύχωσι: il primo sottintende il participio predicativo πράττοντες, il secondo regge il genitivo. - τὸ εἰκός: indica «il verosimile», «il naturale» (participio perfetto neutro). - ἢ γὰρ οὐ παιδεύοντα: «infatti o non bisogna far figli o sopportare con loro duri travagli tirandoli su ed educandoli». I participi τρέφοντα e παιδεύοντα che riprendono la precedente coppia di infiniti ἐκθρψαι e ἐκπαιδεῦσαι sono appositivi dell infinito a soggetto indeterminato (συνδιαταλαιπωρεῖν) e, come tali, sono all accusativo. - δοκεῖς αἱρεῖσθαι: «sembri aver scelto le cose meno faticose». C è un tono di famigliare, affettuoso rimprovero. - χρὴ δέ ἐπιμελεῖσθαι: «bisogna invece, le cose che un uomo virtuoso e coraggioso sceglierebbe, queste scegliere, tanto più se si afferma di darsi cura della virtù, per tutta la vita». - φάσκοντά γε: ha valore ipotetico (o causale) ed è appositivo dell infinito αἱρεῖσθαι. 45e ὣς ἔγωγε αἰσχύνομαι: «cosicché io almeno provo vergogna sia per te che per noi, tuoi amici». - ὥς: consequenziale, è da alcuni, meno bene, inteso come causale soggettivo. - μὴ δόξῃ πεπρᾶχθαι: «che non appaia che tutta questa faccenda che ti riguarda sia accaduta per una certa viltà da parte nostra». - αἰσχύνομαι: è costruito come un verbum timendi e sottintende un espressione come «per il timore che». - δόξῃ: è naturalmente il congiuntivo aoristo di δοκέω. - ἡ εἴσοδος τῆς δίκης ὁ ἀγὼν τὸ τελευταῖον δὴ τουτί: sono i tre momenti della vicenda finale di Socrate: il suo presentarsi in tribunale, il processo, la conclusione con la sentenza di morte: ἡ εἴσοδος è appunto l apertura del processo. - ὡς εἰσῆλθεν: «come venne introdotto». - ἐξὸν μὴ εἰσελθεῖν: «pur essendo possibile non introdurlo» Socrate avrebbe potuto sfruttare la possibilità prevista dalla legge di andarsene in esilio volontario da Atene. - ὡς ἐγένετο: «come si svolse» Critone infatti ritiene che il modo di difendersi di Socrate sia stato sconcertante e autolesionistico. - τὸ τελευταῖον τουτί: «proprio questa conclusione», una sorta di eufemismo. - καταγέλως τῆς πράξεως: «l aspetto ridicolo della faccenda». Critone pensa ancora una volta all impressione che molti potranno avere di inadeguatezza da parte degli amici. - κακίᾳ διαπεφευγέναι δοκεῖν: «che cioè sembri che ci sia sfuggita (scil. la conclusione) per una sorta di inettitudine e viltà da parte nostra». Meglio interpretare ἡμᾶς come oggetto di διαπεφευγέναι (se lo si considera soggetto, il senso diviene: «che noi ci siamo sottratti per»). La proposizione infinitiva è apposizione di τὸ τελευταῖον τουτί. - οἷόν τε δυνατόν: «pur essendo senz altro possibile». È un accusativo assoluto: οἷόν τε e δυνατόν sono una coppia sinonimica con effetto intensificante. - εἴτε καί ἦν: «solo che ci fosse stato un piccolo aiuto da parte nostra». - εἰ ἦν: è protasi irreale: Critone immagina le critiche dei più.
10 10 PLATONE P E LE SCUOLE SOCRATICHE [46a] Ταῦτα οὖν, ὦ Σώκρατες, ὅρα μὴ ἅμα τῷ κακῷ καὶ αἰσχρὰ ᾖ σοί τε καὶ ἡμῖν. Ἀλλὰ βουλεύου μᾶλλον δὲ οὐδὲ βουλεύεσθαι ἔτι ὥρα ἀλλὰ βεβουλεῦσθαι μία δὲ βουλή τῆς γὰρ ἐπιούσης νυκτὸς πάντα ταῦτα δεῖ πεπρᾶχθαι, εἰ δ ἔτι περιμενοῦμεν, ἀδύνατον καὶ οὐκέτι οἷόν τε. Ἀλλὰ παντὶ τρόπῳ, ὦ Σώκρατες, πείθου μοι καὶ μηδαμῶς ἄλλως ποίει. 46a Ταῦτα οὖν καὶ ἡμῖν: «bada che queste cose non siano oltre che un male, anche vergognose per te e per noi». - ὅρα μὴ ᾖ: vide ne sint. - ἅμα τῷ κακῷ: è neutro sostantivato: «insieme con un male», «un danno». - ἀλλὰ βουλεύου βουλή: «ma tu stai pur lì a deliberare ma piuttosto non è più tempo di conti- provero. - εἰ δὲ μή χαλεπωτέρα: «se no, quanto è maggiore, tanto è più incresciosa». - εἰ δὲ μή: cfr. latino sin minus; ὅσῳ e τοσούτῳ hanno la solita terminazione ablativale (in greco dativo) di misura, degli avverbi di quannuare a decidere, bensì di aver deciso e una sola è la decisione». L opposizione tra il presente e il perfetto di βουλεύομαι risulta evidente e voluta: il presente pare sottolineare, nella sua continuità, l inerzia di Socrate più che una scelta stabile. - τῆς γάρ πεπρᾶχθαι: «nella notte prossima tutte queste cose debbono essere un fatto compiuto». - εἰ δέ οἷόν τε: «ma se continueremo ad aspettare non sarà più assolutamente possibile»: εἰ con il futuro, al posto di ἐάν con congiuntivo, sottolinea con decisione l angoscia dell avvertimento. - μηδαμῶς ποίει: è la stessa espressione di 45a. La prima replica di Socrate Capitoli VI-VIII (46b-48b) Cap. VI 46b Ὦ φίλε εἴη: «Critone mio, il tuo zelo è degno di molta considerazione, se fosse unito ad una qualche rettitudine». - πολλοῦ: è genitivo di stima, retto da ἀξία; μετὰ τῆς ὀρθότητος è sociativo, ma con La risposta di Socrate è calma e riflessiva: dopo aver lodato lo zelo dell amico, egli richiama la necessità di attenersi, come sempre, al logos per ogni decisione: da sempre egli riconosce il dovere di seguire solo i ragionamenti che risulteranno essere i migliori, rigettando le opinioni che, alla luce del logos, appaiano cattive. E anche Critone approva tale modo di procedere. Sviluppando dunque la sua argomentazione, Socrate mostra come un atleta si attiene solo alle direttive di chi è esperto e così è infatti di chi è esperto e così è in tutti i casi; se invece ci si atterrà al giudizio di chi non sa, perché inesperto, si devono attendere i più grandi mali. Lo stesso dunque vale per i grandi temi che vertono sul giusto e l ingiusto, in cui deve prevalere il parere di quell «uno» che se ne intende. Se non si può vivere con un corpo malato, allo stesso modo non si può con un anima che è corrotta dall ingiustizia e si devono apprezzare solo i consigli di chi si intende della salute del corpo e di chi si intende di quella dell anima. Quanto alle preoccupazioni per il giudizio dei più, Socrate rammenta a Critone i ragionamenti fatti già in passato, concludendo che quel che va tenuto più in conto non è tanto il vivere, quanto il vivere bene, che è quanto dire vivere con giustizia. VI [46b] Ω φίλε Κρίτων, ἡ προθυμία σου πολλοῦ ἀξία εἰ μετά τινος ὀρθότητος εἴη εἰ δὲ μή, ὅσῳ μείζων τοσούτῳ χαλεπωτέρα. Σκοπεῖσθαι sfumatura modale. - εἰ εἴη: è protasi della possibilità (l apodosi, con ἐστι sottinteso, è invece della realtà). La sintassi è quella del sermo familiaris e la posizione anticipata del vocativo pare tradire un aria di bonario rim-
11 PLATONE E LE SCUOLE SOCRATICHE 11 οὖν χρὴ ἡμᾶς εἴτε ταῦτα πρακτέον εἴτε μή ὡς ἐγὼ οὐ νῦν πρῶτον ἀλλὰ καὶ ἀεὶ τοιοῦτος οἷος τῶν ἐμῶν μηδενὶ ἄλλῳ πείθεσθαι ἢ τῷ λόγῳ ὃς ἄν μοι λογιζομένῳ βέλτιστος φαίνηται. Τοὺς δὴ λόγους οὓς ἐν τῷ ἔμπροσθεν ἔλεγον οὐ δύναμαι νῦν ἐκβαλεῖν, ἐπειδή μοι ἥδε ἡ τύχη γέγονεν, ἀλλὰ σχεδόν τι ὅμοιοι φαίνονταί μοι, καὶ τοὺς αὐτοὺς πρεσβεύω καὶ τιμῶ οὕσπερ καὶ πρότερον [46c] ὧν ἐὰν μὴ βελτίω ἔχωμεν λέγειν ἐν τῷ παρόντι, εὖ ἴσθι ὅτι οὐ μή σοι συγχωρήσω, οὐδ ἂν πλείω τῶν νῦν παρόντων ἡ τῶν πολλῶν δύναμις ὥσπερ παῖδας ἡμᾶς μορμολύττηται, δεσμοὺς καὶ θανάτους ἐπιπέμπουσα καὶ χρημάτων ἀφαιρέσεις. Πῶς οὖν ἂν μετριώτατα σκοποίμεθα αὐτά; Εἰ πρῶτον μὲν τοῦτον τὸν λόγον ἀναλάβοιμεν, ὃν σὺ λέγεις περὶ τῶν δοξῶν. Πότερον καλῶς ἐλέγετο ἑκάστοτε ἢ οὔ, ὅτι ταῖς μὲν δεῖ τῶν δοξῶν προσέχειν τὸν νοῦν, ταῖς δὲ οὔ; [46d] Ἢ πρὶν μὲν ἐμὲ δεῖν ἀποθνῄσκειν καλῶς ἐλέγετο, νῦν δὲ κατάδηλος ἄρα ἐγένετο ὅτι ἄλλως ἕνεκα λόγου ἐλέγετο, ἦν δὲ παιδιὰ καὶ φλυαρία ὡς ἀληθῶς; Ἐπιθυμῶ δ ἔγωγ ἐπισκέψασθαι, ὦ Κρίτων, κοινῇ μετὰ σοῦ εἴ τί μοι ἀλλοιότερος φανεῖται, ἐπειδὴ ὧδε ἔχω, ἢ ὁ αὐτός, καὶ ἐάσομεν χαίρειν ἢ πεισόμεθα αὐτῷ. Ἐλέγετο δέ πως, ὡς tità davanti a comparativi. - εἴτε εἴτε μή: «se queste azioni siano da farsi o no». - εἴτε εἴτε μή: cfr. latino utrum necne, disgiuntivi. Si noti la costruzione, peraltro solita in greco, con l aggettivo verbale neutro impersonale seguito dall accusativo dell oggetto (ταῦτα). - ὡς ἐγώ φαίνηται: «poiché io, non ora per la prima volta, ma da sempre, sono tale da prestare ascolto, tra le mie possibilità, a nessun altra che al criterio razionale, che a me, mentre ragiono, appaia il migliore». Da οἷος dipende una consecutiva con l infinito. - τῶν ἐμῶν: è partitivo, retto da μηδενὶ ἄλλῳ, neutro sostantivato. - ἂν φαίνηται: ha valore di eventualità, come di solito nelle relative. - τοὺς δή γέγονεν: «i ragionamenti che facevo in precedenza non posso ora rigettarli, perché mi è capitata questa disavventura». Si noterà la figura etimologica τοὺς λόγους οὓς ἔλεγον. - τύχη: vox media, ha qui il senso di δυστυχία. - σχεδόν τι ὅμοιοι: «su per giù gli stessi». - καὶ τούς καὶ πρότερον: «e io venero ed onoro gli stessi che prima». - πρεσβεύω: sinonimo di τιμῶ. 46c ὦν ἐάν συγχωρήσω: «e se al momento non abbiamo argomenti migliori di questi da esporre, sappi bene che non cederò a te». - ὧν: è genitivo di paragone. - ἐὰν μὴ ἔχωμεν: è protasi eventuale. - οὐ μὴ συγχωρήσω: è congiuntivo aoristo che sottintende un idea di timore. - οὐδ ἄν ἀφαιρέσεις: «neppure se la forza dei più ci agitasse davanti, come a dei bambini, più spauracchi di quelli attuali, infliggendoci prigioni, morti, espropri di beni». - μορμολύττομαι: è derivato da Μορμώ, figura femminile immaginaria a cui si ricorreva per spaventare i bambini: il verbo è costruito con doppio accusativo (della persona e della cosa); i plurali δεσμούς, θανάτους, ἀφαιρέσεις hanno valore enfatico; difficile dire se ἐπιπέμπουσα abbia un valore strumentale-causale o epesegetico di τῶν νῦν παρόντων. - πῶς οὖν αὐτά;: «come dunque potremmo considerare nel modo più adeguato questa questione?». - μετριώτατα: avverbio. - εἰ πρῶτον δοξῶν: «se in primo luogo ci rifacessimo al ragionamento tuo riguardo alle opinioni». È la risposta al quesito e, propriamente, protasi dell interrogativa precedente. - πότερον ταῖς δὲ οὔ: «se fosse affermato correttamente che ad alcune opinioni bisogna prestare attenzione, ad altre no». - πότερον ἤ: è interrogativa indiretta disgiuntiva, retta da un sottinteso «considerando». 46d πρὶν μέν νῦν δέ: è la contrapposizione che sottolinea l incoerenza, colpa da cui Socrate vuole restare esente; πρίν è qui costruito con accusativo e infinito. - κατάδηλος ἀληθῶς: «è divenuto dunque evidente che lo si diceva a vanvera, così per parlare, ma era in realtà gioco e chiacchiera». - κατάδηλος ἦν: ha come soggetto sottinteso λόγος (costruzione personale). - ἄρα: è particella di valore conclusivo che lascia trasparire sorpresa. - ἄλλως: significa qui «inutilmente», «senza ragioni». - φλυαρία: è «vaniloquio», ciò che appunto si dice ἕνεκα λόγου («tanto per parlare»). - κοινῇ μετὰ σοῦ: «in comune con te», è situazione tipica della dialettica socratica. - εἴ τί μοι πεισόμεθα αὐτῷ: «se mi si rivelerà sotto qualche aspetto diverso (soggetto è il λόγος) perché sono messo così, o sempre lo stesso, e se lo lasceremo perdere o gli daremo ascolto». I futuri φανεῖται e πεισόμεθα derivano rispettivamente da φαίνομαι e πείθομαι. - ἐάσομεν χαίρειν: cfr. 45a. - Ἐλέγετο τὶ
12 12 PLATONE P E LE SCUOLE SOCRATICHE ἐγᾦμαι, ἑκάστοτε ὧδε ὑπὸ τῶν οἰομένων τὶ λέγειν, ὥσπερ νυνδὴ ἐγὼ ἔλεγον, ὅτι τῶν δοξῶν ἃς οἱ ἄνθρωποι δοξάζουσιν δέοι τὰς μὲν περὶ πολλοῦ ποιεῖσθαι, τὰς δὲ μή. [46e] Τοῦτο πρὸς θεῶν, ὦ Κρίτων, οὐ δοκεῖ καλῶς σοι λέγεσθαι; [47a] Σὺ γάρ, ὅσα γε τἀνθρώπεια, ἐκτὸς εἶ τοῦ μέλλειν ἀποθνῄσκειν αὔριον, καὶ οὐκ ἂν σὲ παρακρούοι ἡ παροῦσα συμφορά σκόπει δή οὐχ ἱκανῶς δοκεῖ σοι λέγεσθαι ὅτι οὐ πάσας χρὴ τὰς δόξας τῶν ἀνθρώπων τιμᾶν ἀλλὰ τὰς μέν, τὰς δ οὔ, οὐδὲ πάντων ἀλλὰ τῶν μέν, τῶν δ οὔ; τί φῄς; Ταῦτα οὐχὶ καλῶς λέγεται; Καλῶς. Οὐκοῦν τὰς μὲν χρηστὰς τιμᾶν, τὰς δὲ πονηρὰς μή; Ναί. Χρησταὶ δὲ οὐχ αἱ τῶν φρονίμων, πονηραὶ δὲ αἱ τῶν ἀφρόνων; Πῶς δ οὔ; VII φέρε δή, πῶς αὖ τὰ τοιαῦτα ἐλέγετο; [47b] Γυμναζόμενος ἀνὴρ καὶ τοῦτο πράττων πότερον παντὸς ἀνδρὸς ἐπαίνῳ καὶ ψόγῳ καὶ δόξῃ τὸν νοῦν προσέχει, ἢ ἑνὸς μόνου ἐκείνου ὃς ἂν τυγχάνῃ ἰατρὸς ἢ παιδοτρίβης ὤν; Ἑνὸς μόνου. Οὐκοῦν φοβεῖσθαι χρὴ τοὺς ψόγους καὶ ἀσπάζεσθαι τοὺς ἐπαίνους τοὺς τοῦ ἑνὸς ἐκείνου ἀλλὰ μὴ τοὺς τῶν πολλῶν. Δῆλα δή. Ταύτῃ ἄρα αὐτῷ πρακτέον καὶ γυμναστέον καὶ ἐδεστέον γε καὶ ποτέον, ᾗ ἂν τῷ ἑνὶ δοκῇ, τῷ ἐπιστάτῃ καὶ ἐπαΐοντι, μᾶλλον ἢ ᾗ σύμπασι τοῖς ἄλλοις. Εστι ταῦτα. λέγειν; «si diceva più o meno così, come credo, ogni volta da parte di quelli (tra noi) che pensavano di dire cose sensate». - ἐγῷμαι = ἐγὼ οἶμαι. - ἐκάστοτε: «ogni volta» che si discuteva; «dire qualcosa» e «non dire niente» significa per i Greci «dire cose sensate» e «dire cose senza valore». - ὅτι τῶν δοξῶν τὰς δὲ μή: «che delle opinioni che gli uomini concepiscono, alcune bisogna tenerle in gran conto, altre no». - τῶν δοξῶν: è partitivo. - δοξῶν δοξάζουσι: è evidente figura etimologica. - δέοι: ottativo obliquo. 46e Τοῦτο πρὸς θεῶν: è formula tipica delle invocazioni divine. 47a σὺ γάρ, ὅσα γε τἀνθρώπεια: «nei limiti della condizione umana», Critone non è condannato e non deve dunque morire (è «fuori dal dover morire domani»), ma su tutti gli uomini può abbattersi la morte in ogni momento. - καὶ οὐκ ἂν συμφορά: «e non dovrebbe condurti fuori strada la presente circostanza». Il verbo παρακρούω è «urtare», in particolare il piatto della bilancia, per ingannare sul peso. - οὐχ ἱκανῶς τῶν δ οὔ;: «non ti pare detto con fondate ragioni che non tutte le opinioni degli uomini bisogna apprezzare, ma le une sì, le altre no, né quelle di tutti, ma degli uni sì, degli altri no?». È ribadita la proposizione che sta alla base di tutta la ricerca filosofica di Socrate. - Οὐκοῦν πονηρὰς μή;: «Dunque non bisogna apprezzare le buone e le cattive no?». L infinito dipende da un sottinteso δεῖ; ma come si dirà subito dopo, opinioni buone e cattive significa opinioni degli uomini ragionevoli e di quelli irragionevoli. Cap. VII φέρε δή: «Via!», è formula della lingua parlata. 47b γυμναζόμενος παιδοτρίβης ὤν;: «un atleta che si allena professionalmente presta attenzione alla lode e al biasimo nonché all opinione di ogni uomo, o a quella di quel solo che si trovi ad essere o medico o istruttore?». - τοῦτο πράττων: è chi pratica il γυμνάζεσθαι di proposito (πράττω è «praticare», ποιέω «creare»); medico e istruttore sono nominati insieme anche nel Gorgia (452a). - Οὐκοῦν τῶν πολλῶν: «Dunque bisogna che tema i biasimi e gioisca delle lodi di quello solo e non dei più». Soggetto delle infinitive è γυμναζόμενος. - Ταύτῃ ἐπαΐοντι: «deve dunque agire ed allenarsi, mangiare e bere nel modo in cui sembri opportuno al solo istruttore e intenditore». ταύτῃ ᾗ = «nel modo in cui»: sono avverbi correlativi. - ἐπαΐων: indica «colui che se ne intende»: il verbo, in questo significato
13 PLATONE E LE SCUOLE SOCRATICHE 13 Εἶεν. [47c] Ἀπειθήσας δὲ τῷ ἑνὶ καὶ ἀτιμάσας αὐτοῦ τὴν δόξαν καὶ τοὺς ἐπαίνους, τιμήσας δὲ τοὺς τῶν πολλῶν λόγους καὶ μηδὲν ἐπαϊόντων, ἆρα οὐδὲν κακὸν πείσεται; Πῶς γὰρ οὔ; Τί δ ἔστι τὸ κακὸν τοῦτο, καὶ ποῖ τείνει, καὶ εἰς τί τῶν τοῦ ἀπειθοῦντος; Δῆλον ὅτι εἰς τὸ σῶμα τοῦτο γὰρ διόλλυσι. Καλῶς λέγεις. οὐκοῦν καὶ τἆλλα, ὦ Κρίτων, οὕτως, ἵνα μὴ πάντα διΐωμεν, καὶ δὴ καὶ περὶ τῶν δικαίων καὶ ἀδίκων καὶ αἰσχρῶν καὶ καλῶν καὶ ἀγαθῶν καὶ κακῶν, περὶ ὧν νῦν ἡ βουλὴ ἡμῖν ἐστιν, πότερον τῇ τῶν πολλῶν δόξῃ δεῖ [47d] ἡμᾶς ἕπεσθαι καὶ φοβεῖσθαι αὐτὴν ἢ τῇ τοῦ ἑνός, εἴ τίς ἐστιν ἐπαΐων, ὃν δεῖ καὶ αἰσχύνεσθαι καὶ φοβεῖσθαι μᾶλλον ἢ σύμπαντας τοὺς ἄλλους; Ὧι εἰ μὴ ἀκολουθήσομεν, διαφθεροῦμεν ἐκεῖνο καὶ λωβησόμεθα, ὃ τῷ μὲν δικαίῳ βέλτιον ἐγίγνετο τῷ δὲ ἀδίκῳ ἀπώλλυτο. Ἢ οὐδέν ἐστι τοῦτο; Οἶμαι ἔγωγε, ὦ Σώκρατες. VIII Φέρε δή, ἐὰν τὸ ὑπὸ τοῦ ὑγιεινοῦ μὲν βέλτιον γιγνόμενον, ὑπὸ τοῦ νοσώδους δὲ διαφθειρόμενον διολέσωμεν πειθόμενοι μὴ τῇ τῶν ἐπαϊόντων δόξῃ, ἆρα βιωτὸν ἡμῖν ἐστιν διεφθαρμένου αὐτοῦ; è spesso usato da Platone. - Εἶεν: «Sta bene». Nel dialogo viene usato come formula per passare ad una ulteriore articolazione del ragionamento. 47c ἆρα πείσεται;: «non avrà da patire un qualche danno?». L espressione equivale a ἆρ οὐ κακόν τι πείσεται (da πάσχω): è l apodosi al futuro, le cui protasi sono i participi ἀπειθήσας ἀτιμάσας τιμήσας, che equivalgono a protasi eventuali. - ποῖ τείνει τοῦ ἀπειθοῦντος;: «dove si indirizza a colpire e in quale delle parti di chi non ubbidisce?». - ποῖ: avverbio interrogativo di moto. - τῶν: è partitivo neutro. - τοῦτο γὰρ διόλλυσι: «è questo che rovina completamente», διόλλυμι è più forte di ἀπόλλυμι. - ἵνα μὴ πάντα διΐωμεν: «per non passare in rassegna tutte le altre analogie»: διίειμι indica l «esporre nei particolari». - καὶ δὴ καί: «e naturalmente anche». - περὶ τῶν δικαίων καὶ κακῶν: sono coppie di neutri sostantivati, che si susseguono in disposizione chiastica. Con questo, l indagine si sposta sul piano morale. - περὶ ὧν ἐστιν: «riguardo a cui ora verte la nostra deliberazione»: la βουλή «da prendersi» è appunto se fuggire o restare in carcere. 47d πότερον τοὺς ἄλλους;: «bisogna che noi seguiamo l opinione dei più e ne abbiamo timore, o quella del solo, se ci sia un intenditore, che occorre rispettare e temere più di tutti quanti gli altri?». - πότερον ἤ: è interrogativo disgiuntivo. - αἰσχύνεσθαι: significa propriamente «provar vergogna» e indica, in questo caso, il sentimento che si prova di fronte all intenditore che veda i nostri errori. - ᾧ εἰ μὴ ἀπώλλυτο: «e se non seguiremo costui, corromperemo e guasteremo ciò che con il giusto diventava migliore e con l ingiusto periva». - ἐκεῖνο ὅ: è neutro sostantivato generico, ma è ovvio che esso si riferisce all anima, la cui salute è la giustizia (τὸ δίκαιον) e malattia l ingiustizia (τὸ ἄδικον), come Platone affermerà più volte, come ad esempio nel Gorgia (511a) o nella Repubblica (444d). Il verbo λωβάω, che significa «sconciare», «oltraggiare», è più forte di διαφθείρω «rovinare». Gli imperfetti ἐγίγνετο e ἀπόλλυτο si riportano al passato di precedenti discussioni di Socrate con i suoi compagni. - Ἢ οὐδέν τοῦτο;: «O questo non ha senso?». È sottinteso il primo membro della disgiuntiva, qualcosa come: «è un ragionamento valido, o?». Cap. VIII ἐὰν τὸ ὑπὸ δόξῃ: «nel caso che distruggiamo ciò che è reso migliore da quel che è salutare ed è annientato da quel che è nocivo, lasciandoci convincere dall opinione non degli intenditori». È protasi dell eventualità. - πειθόμενοι: è participio appositivo con valore strumentale («con il lasciarci persuadere»). - μὴ τῶν ἐπαϊόντων: dovrebbe essere seguito da qualcosa come «ma dei più». - ἆρα αὐτοῦ;: «forse che è possibile per noi vivere, una volta che quello sia lì distrutto?». - βιωτόν: aggettivo verbale della possibilità. - διεφθαρμένου αὐτοῦ: genitivo assoluto con valore temporale.
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