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Il teatro greco: esperienze da un TFA Uomini e dei nel teatro di Euripide di Giorgia Parlato CLASSE E DISCIPLINA II liceo classico (IV anno) letteratura greca PROGRAMMAZIONE all interno del programma di letteratura greca si ipotizza di dedicare circa sei ore al teatro di Euripide; lezione conclusiva di un ora dedicata alla trattazione della tematica religiosa in Euripide; illustrazione delle caratteristiche drammaturgiche e delle tematiche e problematiche del teatro euripideo nelle lezioni immediatamente precedenti. PREREQUISITI conoscenza della storia greca del V sec. a.c., del teatro tragico greco di Eschilo e Sofocle e, per buona parte, di Euripide lettura in traduzione italiana delle Baccanti. OBIETTIVI discutere criticamente le tematiche trattate a lezione (competenze critico-letterarie); acquisire le competenze necessarie per trattare analogamente, a partire dai testi, altri filoni tematici all interno della produzione teatrale euripidea; inquadrare testi e tematiche nel contesto storico e nel confronto con la produzione teatrale di Eschilo e di Sofocle (capacità di interpretare e storicizzare). CONTENUTI il rapporto tra uomini e divinità nel teatro di Euripide dal punto di vista storico-letterario; testi di riferimento: Alcesti, 747-802; Ippolito, 1-57; Oreste, 28-30; 1625-1665; Eracle, 1313-1321; 1341-1346; Baccanti, 787-861. 1

STRATEGIE DIDATTICHE E STRUMENTI lezione frontale e interattiva a partire da uno schema riassuntivo delle caratteristiche del teatro euripideo, presentato alla lavagna o sulla LIM o fornito in fotocopia; lettura in traduzione italiana con riferimenti al testo greco di brani scelti di tragedie di Euripide, con testo greco e traduzione italiana a fronte, forniti in fotocopia o proiettati sulla LIM; organizzazione di laboratori di gruppo: assegnare a ciascun gruppo la lettura integrale in traduzione italiana di una tragedia di Euripide. PERCORSI DI APPROFONDIMENTO assegnazione agli studenti di altri testi tratti da tragedie E DI ECCELLENZA euripidee a loro già note, esemplificativi di altre tematiche dell autore; individuazione da parte degli studenti stessi, individualmente o in gruppo, di brani tratti dalle medesime tragedie, significativi per illustrare altri filoni tematici della produzione teatrale euripidea. IPOTESI DI VERIFICA verifica orale nell ambito di una interrogazione su Euripide. PERCORSI DI RECUPERO assegnazione di due testi, uno precedentemente letto e commentato in classe e un altro tratto da una tragedia euripidea nota agli studenti, in cui individuare e commentare le tematiche nel contesto della produzione di Euripide; lettura in traduzione italiana di un altra tragedia di Euripide, in cui individuare le tematiche e inquadrarle nella produzione dell autore. 2

Uomini e dei nel teatro di Euripide La presente proposta didattica, incentrata sul rapporto tra uomini e divinità nel teatro di Euripide, è destinata a un II liceo classico (IV anno). All interno del programma di letteratura greca, si ipotizza di dedicare circa sei ore alla trattazione di questo autore del teatro greco e di affrontare la tematica religiosa qui in oggetto in una lezione conclusiva di un ora. Come prerequisiti, si richiede agli studenti la conoscenza della storia greca del V sec. a.c., e in particolare degli avvenimenti storici compresi nell arco temporale in cui si colloca la produzione teatrale di Euripide, ai fini di una corretta contestualizzazione e di una puntuale comprensione della stessa. È richiesta inoltre la conoscenza, in generale, del teatro tragico greco e del teatro di Eschilo e Sofocle, argomenti già precedentemente affrontati nel corso dello svolgimento del programma di letteratura greca, e, per buona parte, la conoscenza del teatro euripideo, trattato nelle lezioni immediatamente precedenti. Queste si pensano strutturate nel seguente modo (ALLEGATO 1): in una prima lezione introduttiva all autore, della durata di un ora, vengono esposte le caratteristiche principali del suo teatro mediante uno schema sintetico, presentato alla lavagna o proiettato sulla LIM, ed eventualmente fornito anche in fotocopia, per proporre sin dall inizio agli studenti un quadro generale. Le successive cinque ore di lezione sono dedicate ciascuna alla trattazione approfondita di una tematica o problematica portata da Euripide sulla scena. Si potranno così delineare cinque percorsi, a ciascuno dei quali dedicare una lezione di un ora: la condizione della donna; la condizione dello straniero; la condizione dell intellettuale; il rapporto con la polis; la presenza del divino. Ciascun percorso sarà trattato a partire dalla lettura in traduzione italiana, ma con riferimenti al testo greco, fornito in fotocopia o proiettato sulla LIM, di brani tratti da drammi euripidei, scelti come particolarmente esemplificativi della tematica di volta in volta trattata. La lezione qui proposta, della durata di un ora, è pensata come lezione conclusiva di questo ciclo di percorsi: essa è interamente dedicata alla trattazione della tematica religiosa nel teatro euripideo e può essere considerata come paradigmatica per i percorsi delle lezioni precedenti. Come prerequisito per la fruizione della lezione qui proposta, ai fini di una maggiore interazione da parte degli studenti, si richiede una conoscenza approfondita delle Baccanti di Euripide, di cui è stata precedentemente assegnata agli studenti stessi la lettura integrale in traduzione italiana, almeno una settimana prima dello svolgimento di questa lezione. Analogamente, si potrebbe rendere più interattivo l intero ciclo di lezioni su Euripide dividendo la classe in gruppi ed assegnando a ciascun gruppo la lettura integrale in traduzione italiana anche di un altra differente tragedia dell autore, di modo che ciascuno studente ne legga integralmente due opere. I drammi che verranno assegnati saranno quelli dai quali verranno tratti i brani esemplificativi delle caratteristiche del teatro euripideo, in modo che ciascun gruppo, durante le lezioni, venga direttamente coinvolto nella lettura e nel commento dei brani tratti dalla tragedia assegnatagli. Le tragedie oggetto della scelta potrebbero essere Alcesti, Medea, Ippolito, Oreste, Eracle (oltre alle Baccanti, assegnate, come si è detto, all intera classe). 3

Alla tematica religiosa del teatro euripideo viene dedicata un intera lezione di un ora per l importanza di questo argomento: il rapporto tra l uomo e la divinità è infatti il nucleo concettuale centrale di tutto il teatro tragico greco e in Euripide, in concomitanza con il mutare del contesto storico-sociale e culturale, esso si presenta particolarmente problematico. I contenuti di questa lezione saranno dunque articolati nel seguente modo. Si partirà da un rapido accenno alla maniera in cui il rapporto tra uomini e dei è portato sulla scena nel teatro di Eschilo e nel teatro di Sofocle. Dal momento che tali argomenti sono stati già trattati nel programma di Letteratura greca, e ai fini di una lezione frontale che preveda l interazione degli studenti, tale accenno alle concezioni religiose eschilea e sofoclea potrà essere richiesto agli studenti stessi. Si procederà poi all esposizione della concezione religiosa euripidea, a partire da brani tratti dai drammi dell autore, in parte letti in traduzione italiana e in parte riassunti (i testi con traduzione italiana a fronte saranno forniti in fotocopia o proiettati sulla LIM, vd. ALLEGATO 2), con riferimento al testo in lingua originale nei punti salienti di ciascun brano scelto (evidenziati con il sottolineato nell ALLEGATO 2). A partire dalla lettura dei testi si ripercorrerà la produzione drammaturgica euripidea seguendo l evoluzione e gli sviluppi del rapporto tra uomini e dei in Euripide e si vedrà come nel teatro euripideo gli dei sono visti ora come elemento mitico tradizionale, ora come metafora delle passioni umane, ora come oggetto di una critica dissacrante. Il primo dei testi ad essere letti sarà Alcesti 747-802, in cui Eracle viene presentato, con tratti marcatamente comici e dissacranti, come il peggior ospite possibile (vv. 750-751), dedito al vino e al canto in modo irrispettoso nei confronti del lutto che ha colpito la casa di Admeto (vv. 760 ss.). Dopo un rapido accenno alla Medea, una singolare tragedia senza divinità, tutta incentrata sui rapporti umani, si procederà alla lettura del prologo dell Ippolito, vv. 1-57, in cui le divinità sembrano tornare ad essere le capricciose divinità omeriche, con i loro reciproci risentimenti e le loro vendette nei confronti dei mortali, ma sono state anche interpretate come simbolo, metafora di passioni in realtà tutte umane: Afrodite, che rappresenta le pulsioni sfrenate dell istinto, si vendica dei mancati onori da parte di Ippolito, travolgendo in una morte spietata lui e la matrigna Fedra (vv. 21 ss. e 47 ss.); Artemide, che simboleggia la dimensione esclusivamente spirituale della cultura, nulla fa per salvare il ragazzo a lei devoto. Per illustrare l impiego euripideo delle divinità come elemento tradizionale, che mediante l espediente del deus ex machina riconduce al loro esito tradizionale vicende mitiche condotte a sviluppi imprevisti dall inventiva di Euripide, si leggerà l esodo dell Oreste, vv. 1625-1665, in cui Apollo ex machina ordina il duplice matrimonio tra Oreste ed Ermione e tra Pilade ed Elettra, paradossalmente proprio nel momento in cui Oreste punta la spada contro Ermione (vv. 1653-1654). Altrove nel teatro euripideo gli dei sono oggetto di una forte critica razionalistica: a questo proposito si leggeranno i vv. 28-30 del prologo ancora dell Oreste, in cui viene messa in discussione la giustizia dell operato di Apollo, responsabile del matricidio di Oreste, e soprattutto i vv. 1341-1346 dell esodo dell Eracle, in cui Eracle, negando quanto sostenuto da Teseo ai vv. 1313-1321, rifiuta fermamente la tradizione mitica che fa degli dei degli adulteri e dei despoti. Le Baccanti, di cui si presuppone la lettura integrale in traduzione italiana da parte dell intera classe, costituiscono a questo punto occasione per un dibattito che coinvolga attivamente gli studenti. È singolare infatti che in questa tragedia, rappresentata postuma 4

nell ultima trilogia dell autore, Euripide torni a trattare il rapporto tra uomo e dio nei termini tradizionali dell originaria concezione tragica, quasi a lasciare un testamento contraddittorio rispetto all intera sua produzione giunta a noi, maggiormente focalizzata sui rapporti interpersonali e sulle problematiche umane e sociali. Non si può poi non tenere in debito conto il fatto che il dio rappresentato nelle Baccanti non è una divinità qualsiasi, ma è Dioniso, una divinità del tutto particolare in sé in rapporto al pantheon tradizionale, ma soprattutto LA divinità del teatro, quella a cui sono consacrati gli spettacoli e l'opera stessa in cui è rappresentato. Le Baccanti sono infatti la tragedia di un uomo, Penteo, colpevole di essersi opposto al culto del dio Dioniso, che lo punisce infondendogli una fatale curiositas che lo condurrà alla rovina. La lettura dei vv. 787-861 del terzo episodio, tratti dal dialogo in cui Dioniso ispira a Penteo il folle desiderio di spiare, travestito da donna, i riti bacchici delle donne sul Citerone, costituirà lo spunto per una discussione sulle motivazioni che indussero il tragediografo, sul finire della sua vita e della sua produzione teatrale, a ripensare il rapporto con le divinità, e sulle possibili interpretazioni di questa scelta. I contenuti di questa lezione saranno verificati oralmente nell ambito di una interrogazione sul teatro di Euripide. Interesserà verificare che gli studenti abbiano acquisito la capacità di discutere criticamente una tematica fondamentale come la concezione del rapporto tra l umano e il divino nell arco della carriera teatrale di Euripide e nel confronto con la produzione drammaturgica di Eschilo e di Sofocle, e che abbiano inoltre acquisito le competenze necessarie per trattare autonomamente, a partire dai testi, altri filoni tematici all interno della produzione teatrale euripidea. A tal fine saranno loro assegnati altri testi tratti dalle tragedie a loro già note, esemplificativi di altre tematiche, o sarà loro richiesto di individuare essi stessi dei testi, tratti dalle medesime tragedie, significativi per illustrare altri filoni tematici della produzione teatrale euripidea. Questo lavoro, svolto a casa individualmente o in gruppo, sarà verificato nell ambito della suddetta interrogazione orale, che potrà essere valutata in base ai criteri della griglia di valutazione proposta in ALLEGATO 3. 5

ALLEGATO 1 Il teatro di Euripide: caratteristiche e percorsi Caratteristiche generali del teatro di Euripide (lezione introduttiva): dettagliati prologhi espositivi; dibattiti di tipo argomentativo; progressione verso una sempre maggiore spettacolarità dalle tragedie ad azione unica e a dittico alle tragedie a intreccio; attribuzione di un ruolo scenico di rilievo a personaggi appartenenti a ceti sociali medio-bassi; maggiore focalizzazione dell azione drammaturgica su problematiche umane e sociali. Tematiche e problematiche legate allo sviluppo socio-politico e culturale di Atene: primo percorso: la condizione della donna; secondo percorso: la condizione dello straniero; terzo percorso: la condizione dell intellettuale; quarto percorso: rapporto critico nei confronti delle politiche della classe dirigente e della polis ateniesi; quinto percorso: la presenza del divino ora come elemento tradizionale, ora come metafora delle passioni umane, ora come oggetto di forte critica. 6

ALLEGATO 2 Testi FONTE: Alcesti, 747-802 TESTO TRADUZIONE 1 750 755 760 765 770 ΘΕΡΑΠΩΝ πολλοὺς μὲν ἤδη κἀπὸ παντοίας χθονὸς ξένους μολόντας οἶδ ἐς Ἀδμήτου δόμους, οἷς δεῖπνα προύθηκ ἀλλὰ τοῦδ οὔπω ξένου κακίον ἐς τήνδ ἑστίαν ἐδεξάμην. ὃς πρῶτα μὲν πενθοῦντα δεσπότην ὁρῶν ἐσῆλθε κἀτόλμησ ἀμείψασθαι πύλας. ἔπειτα δ οὔτι σωφρόνως ἐδέξατο τὰ προστυχόντα ξένια, συμφορὰν μαθών, ἀλλ, εἴ τι μὴ φέροιμεν, ὤτρυνεν φέρειν. ποτῆρα δ ἐν χείρεσσι κίσσινον λαβὼν πίνει μελαίνης μητρὸς εὔζωρον μέθυ, ἕως ἐθέρμην αὐτὸν ἀμφιβᾶσα φλὸξ οἴνου. στέφει δὲ κρᾶτα μυρσίνης κλάδοις, ἄμουσ ὑλακτῶν δισσὰ δ ἦν μέλη κλύειν ὁ μὲν γὰρ ἦιδε, τῶν ἐν Ἀδμήτου κακῶν οὐδὲν προτιμῶν, οἰκέται δ ἐκλαίομεν δέσποιναν, ὄμμα δ οὐκ ἐδείκνυμεν ξένωι τέγγοντες Ἄδμητος γὰρ ὧδ ἐφίετο. καὶ νῦν ἐγὼ μὲν ἐν δόμοισιν ἑστιῶ ξένον, πανοῦργον κλῶπα καὶ ληιστήν τινα, ἡ δ ἐκ δόμων βέβηκεν, οὐδ ἐφεσπόμην οὐδ ἐξέτεινα χεῖρ ἀποιμώζων ἐμὴν δέσποιναν, ἣ μοὶ πᾶσί τ οἰκέταισιν ἦν μήτηρ κακῶν γὰρ μυρίων ἐρρύετο, ὀργὰς μαλάσσουσ ἀνδρός. ἆρα τὸν ξένον στυγῶ δικαίως, ἐν κακοῖς ἀφιγμένον; ΗΡΑΚΛΗΣ οὗτος, τί σεμνὸν καὶ πεφροντικὸς βλέπεις; SERVO Molti ospiti da ogni parte della terra ho visto venire alla casa di Admeto, e ho dato loro da mangiare ma mai nessuno peggiore di questo, che prima di tutto ha avuto il coraggio di entrare pur vedendo che il padrone era in lutto, e poi non ha accettato con buon garbo quello che c era, tenuto conto della nostra disgrazia, ma se non gli portavamo qualcosa, insisteva. E tenendo in mano una coppa d edera, bevve il vino puro, finché la fiamma del vino lo avvolse e lo riscaldò: allora s incoronò la testa di mirto, abbaiando un canto stonato, così che in casa si sentivano due specie di rumori: lui cantava, infischiandosene delle disgrazie di Admeto, e noi servi piangevamo la nostra padrona, senza però far vedere all ospite gli occhi umidi: Admeto ce l aveva vietato. E mentre io do da mangiare all ospite, un ladro e un pirata, lei se ne va dalla casa, e io non l ho accompagnata, non l ho salutata e pianta, lei che per tutti i servi era una madre: ci proteggeva da mille guai addolcendo l ira del padrone. Non ho forse ragione a odiare l ospite che è capitato qui in mezzo alle disgrazie? ERACLE Tu! Cosa guardi con l aria cupa e pensierosa? Un servo non deve essere così scuro con gli ospiti, ma accoglierli con animo affabile. Tu invece, vedendo un amico del tuo padrone, lo ricevi con volto ostile e accigliato, preoccupandoti di un lutto estraneo. Vieni qui che ti insegno. Sai qual è la 1 Traduzione di Guido Paduano, in Euripide. Alcesti, Milano, BUR, 1997. 7

775 780 785 790 795 800 οὐ χρὴ σκυθρωπὸν τοῖς ξένοις τὸν πρόσπολον εἶναι, δέχεσθαι δ εὐπροσηγόρωι φρενί. σὺ δ ἄνδρ ἑταῖρον δεσπότου παρόνθ ὁρῶν στυγνῶι προσώπωι καὶ συνωφρυωμένωι δέχηι, θυραίου πήματος σπουδὴν ἔχων. δεῦρ ἔλθ, ὅπως ἂν καὶ σοφώτερος γένηι. τὰ θνητὰ πράγματ οἶδας ἣν ἔχει φύσιν; οἶμαι μὲν οὔ πόθεν γάρ; ἀλλ ἄκουέ μου. βροτοῖς ἅπασι κατθανεῖν ὀφείλεται, κοὐκ ἔστι θνητῶν ὅστις ἐξεπίσταται τὴν αὔριον μέλλουσαν εἰ βιώσεται τὸ τῆς τύχης γὰρ ἀφανὲς οἷ προβήσεται, κἄστ οὐ διδακτὸν οὐδ ἁλίσκεται τέχνηι. ταῦτ οὖν ἀκούσας καὶ μαθὼν ἐμοῦ πάρα εὔφραινε σαυτόν, πῖνε, τὸν καθ ἡμέραν βίον λογίζου σόν, τὰ δ ἄλλα τῆς τύχης. τίμα δὲ καὶ τὴν πλεῖστον ἡδίστην θεῶν Κύπριν βροτοῖσιν εὐμενὴς γὰρ ἡ θεός. τὰ δ ἄλλ ἔασον πάντα καὶ πιθοῦ λόγοις ἐμοῖσιν, εἴπερ ὀρθά σοι δοκῶ λέγειν. οἶμαι μέν. οὔκουν τὴν ἄγαν λύπην ἀφεὶς πίηι μεθ ἡμῶν [τάσδ ὑπερβαλὼν τύχας, στεφάνοις πυκασθείς]; καὶ σάφ οἶδ ὁθούνεκα τοῦ νῦν σκυθρωποῦ καὶ ξυνεστῶτος φρενῶν μεθορμιεῖ σε πίτυλος ἐμπεσὼν σκύφου. ὄντας δὲ θνητοὺς θνητὰ καὶ φρονεῖν χρεών ὡς τοῖς γε σεμνοῖς καὶ συνωφρυωμένοις ἅπασίν ἐστιν, ὥς γ ἐμοὶ χρῆσθαι κριτῆι, οὐ βίος ἀληθῶς ὁ βίος ἀλλὰ συμφορά. natura delle cose umane? Penso di no: come faresti a saperlo? Ascoltami: tutti i mortali devono morire, e nessuno di loro sa se vivrà il giorno di domani: è oscuro il cammino della sorte, non si può apprendere e non si afferra con l arte. Ora che hai imparato questo, divertiti, bevi, pensa che a te appartiene la vita giorno per giorno: il resto è della sorte. E onora anche Afrodite, la dea più dolce per gli uomini: è una dea benigna. Il resto lascialo perdere dammi retta se ti pare che dica bene. A me pare di sì. Lascia questo dolore eccessivo e bevi con me, incoronandoti di fiori e mettendoti al di sopra di queste vicende: so bene che il gorgoglio della coppa ti porterà lontano dall angoscia e dalla stretta del cuore. I mortali devono avere sentimenti mortali: per la gente oscura e accigliata la vita secondo me non è vita ma disgrazia. FONTE: Ippolito, 1-57 TESTO TRADUZIONE 2 ΑΦΡΟΔΙΤΗ Πολλὴ μὲν ἐν βροτοῖσι κοὐκ ἀνώνυμος θεὰ κέκλημαι Κύπρις οὐρανοῦ τ ἔσω ὅσοι τε Πόντου τερμόνων τ Ἀτλαντικῶν AFRODITE Dea possente e non ignota tra i mortali e nel cielo, Cipride io sono. Di quanti abitano tra il Ponto e i confini dell Atlante e vedono la luce del sole, 2 Traduzione di Raffaele Cantarella, in Euripide. Medea Ippolito, Milano, Oscar Mondadori, 2009. 8

5 10 15 20 25 30 35 40 ναίουσιν εἴσω, φῶς ὁρῶντες ἡλίου, τοὺς μὲν σέβοντας τἀμὰ πρεσβεύω κράτη, σφάλλω δ ὅσοι φρονοῦσιν εἰς ἡμᾶς μέγα. ἔνεστι γὰρ δὴ κἀν θεῶν γένει τόδε τιμώμενοι χαίρουσιν ἀνθρώπων ὕπο. δείξω δὲ μύθων τῶνδ ἀλήθειαν τάχα. ὁ γάρ με Θησέως παῖς, Ἀμαζόνος τόκος, Ἱππόλυτος, ἁγνοῦ Πιτθέως παιδεύματα, μόνος πολιτῶν τῆσδε γῆς Τροζηνίας λέγει κακίστην δαιμόνων πεφυκέναι ἀναίνεται δὲ λέκτρα κοὐ ψαύει γάμων, Φοίβου δ ἀδελφὴν Ἄρτεμιν, Διὸς κόρην, τιμᾶι, μεγίστην δαιμόνων ἡγούμενος, χλωρὰν δ ἀν ὕλην παρθένωι ξυνὼν ἀεὶ κυσὶν ταχείαις θῆρας ἐξαιρεῖ χθονός, μείζω βροτείας προσπεσὼν ὁμιλίας. τούτοισι μέν νυν οὐ φθονῶ τί γάρ με δεῖ; ἃ δ εἰς ἔμ ἡμάρτηκε τιμωρήσομαι Ἱππόλυτον ἐν τῆιδ ἡμέραι τὰ πολλὰ δὲ πάλαι προκόψασ, οὐ πόνου πολλοῦ με δεῖ. ἐλθόντα γάρ νιν Πιτθέως ποτ ἐκ δόμων σεμνῶν ἐς ὄψιν καὶ τέλη μυστηρίων Πανδίονος γῆν πατρὸς εὐγενὴς δάμαρ ἰδοῦσα Φαίδρα καρδίαν κατέσχετο ἔρωτι δεινῶι τοῖς ἐμοῖς βουλεύμασιν. καὶ πρὶν μὲν ἐλθεῖν τήνδε γῆν Τροζηνίαν, πέτραν παρ αὐτὴν Παλλάδος, κατόψιον γῆς τῆσδε, ναὸν Κύπριδος ἐγκαθείσατο, ἐρῶσ ἔρωτ ἔκδημον, Ἱππολύτωι δ ἔπι τὸ λοιπὸν ὀνομάσουσιν ἱδρῦσθαι θεάν. ἐπεὶ δὲ Θησεὺς Κεκροπίαν λείπει χθόνα μίασμα φεύγων αἵματος Παλλαντιδῶν καὶ τήνδε σὺν δάμαρτι ναυστολεῖ χθόνα ἐνιαυσίαν ἔκδημον αἰνέσας φυγήν, ἐνταῦθα δὴ στένουσα κἀκπεπληγμένη κέντροις ἔρωτος ἡ τάλαιν ἀπόλλυται σιγῆι, ξύνοιδε δ οὔτις οἰκετῶν νόσον. ἀλλ οὔτι ταύτηι τόνδ ἔρωτα χρὴ πεσεῖν, δείξω δὲ Θησεῖ πρᾶγμα κἀκφανήσεται. καὶ τὸν μὲν ἡμῖν πολέμιον νεανίαν tengo in conto quelli che venerano il mio potere, ma abbatto quanti sono orgogliosi verso di me. Anche nella stirpe degli dei questo è insito: essi gioiscono di ricevere onori dagli uomini. E dimostrerò subito la verità di queste parole. Ippolito, il figlio di Teseo e prole dell Amazzone, alunno del virtuoso Pitteo, unico fra i cittadini di questa terra trezenia, afferma che io sono per natura la peggiore delle divinità, e rifiuta l amore e fugge le nozze. E la sorella di Febo, Artemide, figlia di Zeus, egli onora e stima la più grande delle divinità. E sempre insieme con la vergine, per la verde selva stermina le fiere della terra con cagne veloci, in una familiarità più grande che a mortale convenga. Io non ne sono gelosa: e perché mai dovrei? Ma delle sue colpe verso di me io punirò Ippolito in questo giorno: e avendo da tempo preparato il più, non mi occorrerà gran fatica. Allorché dalle case di Pitteo si recò nella terra di Pandione per assistere alla celebrazione dei sacri misteri, Fedra, la nobile sposa di suo padre, secondo i miei disegni, nel vederlo fu presa nel cuore da terribile amore. E prima di venire in questa terra trezenia, ha edificato sulla rupe sacra a Pallade, di fronte a questa nostra terra, un tempio in onore di Cipride, amando un suo manifesto amore: e lo denominò da Ippolito per fondare in avvenire il culto della dea. E da quando Teseo, lasciata la terra cecropia, andò in esilio per la contaminazione del sangue dei Pallantidi e giunse per nave a questa terra con sua moglie, accettando di essere bandito dalla città per un anno, da allora, trafitta dal pungolo d amore, essa piange e si strugge in silenzio: e nessuno dei familiari conosce il suo male. Ma questo amore non deve finire così: rivelerò la cosa a Teseo, e sarà manifesta. E il padre ucciderà questo giovane, a noi nemico, con le imprecazioni che Poseidon signore del mare concesse a Teseo in dono, che per tre volte non avrebbe pregato invano il dio. Anche lei, Fedra, pur nobilmente, tuttavia perirà. E io non rinunzierò alla sua rovina per la pena che i nemici mi debbono a mia soddisfazione. Ma ecco, 9

45 50 55 κτενεῖ πατὴρ ἀραῖσιν ἃς ὁ πόντιος ἄναξ Ποσειδῶν ὤπασεν Θησεῖ γέρας, μηδὲν μάταιον ἐς τρὶς εὔξασθαι θεῶι ἡ δ εὐκλεὴς μὲν ἀλλ ὅμως ἀπόλλυται Φαίδρα τὸ γὰρ τῆσδ οὐ προτιμήσω κακὸν τὸ μὴ οὐ παρασχεῖν τοὺς ἐμοὺς ἐχθροὺς ἐμοὶ δίκην τοσαύτην ὥστε μοι καλῶς ἔχειν. ἀλλ εἰσορῶ γὰρ τόνδε παῖδα Θησέως στείχοντα, θήρας μόχθον ἐκλελοιπότα, Ἱππόλυτον, ἔξω τῶνδε βήσομαι τόπων. πολὺς δ ἅμ αὐτῶι προσπόλων ὀπισθόπους κῶμος λέλακεν, Ἄρτεμιν τιμῶν θεὰν ὕμνοισιν οὐ γὰρ οἶδ ἀνεωιγμένας πύλας Ἅιδου, φάος δὲ λοίσθιον βλέπων τόδε. vedo qui Ippolito, il figlio di Teseo, che arriva, lasciate le fatiche della caccia: e io me ne andrò via da questi luoghi. Vasto stuolo di servi lo segue con festose grida, e rende con inni onore ad Artemide. E non sa che le porte di Ade sono aperte e che vede per l ultima volta questa luce! FONTE: Oreste, 1625-1665 TESTO TRADUZIONE 3 1625 1630 1635 1640 ΑΠΟΛΛΩΝ Μενέλαε, παῦσαι λῆμ ἔχων τεθηγμένον Φοῖβός σ ὁ Λητοῦς παῖς ὅδ ἐγγὺς ὢν καλῶ σύ θ ὃς ξιφήρης τῆιδ ἐφεδρεύεις κόρηι, Ὀρέσθ, ἵν εἰδῆις οὓς φέρων ἥκω λόγους. Ἑλένην μέν, ἣν σὺ διολέσαι πρόθυμος ὢν ἥμαρτες, ὀργὴν Μενέλεωι ποιούμενος, [ἥδ ἐστὶν ἣν ὁρᾶτ ἐν αἰθέρος πτυχαῖς, σεσωμένη τε κοὐ θανοῦσα πρὸς σέθεν.] ἐγώ νιν ἐξέσωσα χὐπὸ φασγάνου τοῦ σοῦ κελευσθεὶς ἥρπασ ἐκ Διὸς πατρός. Ζηνὸς γὰρ οὖσαν ζῆν νιν ἄφθιτον χρεών, Κάστορί τε Πολυδεύκει τ ἐν αἰθέρος πτυχαῖς σύνθακος ἔσται, ναυτίλοις σωτήριος. [ἄλλην δὲ νύμφην ἐς δόμους κτῆσαι λαβών.] ἐπεὶ θεοὶ τῶι τῆσδε καλλιστεύματι Ἕλληνας εἰς ἓν καὶ Φρύγας συνήγαγον θανάτους τ ἔθηκαν, ὡς ἀπαντλοῖεν χθονὸς ὕβρισμα θνητῶν ἀφθόνου πληρώματος. APOLLO Menelao, poni fine alla tua collera affilata: sono io che ti chiamo, Febo, il figlio di Latona, qui vicino a te. E altrettanto fai tu, che armato di spada sorvegli questa fanciulla, Oreste, per poter conoscere il messaggio che sono venuto a portarvi. Elena, che tu non sei riuscito ad uccidere, pur desiderandolo tanto nella tua ira contro Menelao, eccola, è questa che vedete nelle pieghe dell etere, salva e non morta per mano tua. Io l ho salvata e per ordine di Zeus padre l ho sottratta alla tua spada. Poiché è figlia di Zeus ella deve vivere immortale, e nelle profondità dell etere siederà accanto a Castore e Polluce, come protettrice dei marinai. Tu prenditi in casa un altra sposa, perché la sua bellezza fu il mezzo col quale gli dei fecero scontrare i Frigi e gli Elleni, e causarono molte morti, allo scopo di liberare la terra dall oltraggioso peso di un immensa massa d uomini. Così stanno le cose riguardo a Elena: tu invece, Oreste, dovrai varcare i confini di questa terra e 3 Traduzione di Enrico Medda, in Euripide. Oreste, Milano, BUR, 2004 2. 10

1645 1650 1655 1660 1665 τὰ μὲν καθ Ἑλένην ὧδ ἔχει σὲ δ αὖ χρεών, Ὀρέστα, γαίας τῆσδ ὑπερβαλόνθ ὅρους Παρράσιον οἰκεῖν δάπεδον ἐνιαυτοῦ κύκλον κεκλήσεται δὲ σῆς φυγῆς ἐπώνυμον [Ἀζᾶσιν Ἀρκάσιν τ Ὀρέστειον καλεῖν]. ἐνθένδε δ ἐλθὼν τὴν Ἀθηναίων πόλιν δίκην ὑπόσχες αἵματος μητροκτόνου Εὐμενίσι τρισσαῖς θεοὶ δέ σοι δίκης βραβῆς πάγοισιν ἐν Ἀρείοισιν εὐσεβεστάτην ψῆφον διοίσουσ, ἔνθα νικῆσαί σε χρή. ἐφ ἧς δ ἔχεις, Ὀρέστα, φάσγανον δέρηι, γῆμαι πέπρωταί σ Ἑρμιόνην ὃς δ οἴεται Νεοπτόλεμος γαμεῖν νιν, οὐ γαμεῖ ποτε θανεῖν γὰρ αὐτῶι μοῖρα Δελφικῶι ξίφει, δίκας Ἀχιλλέως πατρὸς ἐξαιτοῦντά με. Πυλάδηι δ ἀδελφῆς λέκτρον, ὧι ποτ ἤινεσας, δός ὁ δ ἐπιών νιν βίοτος εὐδαίμων μένει. Ἄργους δ Ὀρέστην, Μενέλεως, ἔα κρατεῖν, ἐλθὼν δ ἄνασσε Σπαρτιάτιδος χθονός, φερνὰς ἔχων δάμαρτος, ἥ σε μυρίοις πόνοις διδοῦσα δεῦρ ἀεὶ διήνυσεν. τὰ πρὸς πόλιν δὲ τῶιδ ἐγὼ θήσω καλῶς, ὅς νιν φονεῦσαι μητέρ ἐξηνάγκασα. vivere per il ciclo di un anno nella pianura Parrasia. E in ricordo del tuo esilio sarà dato a quel luogo dagli Arcadi e dagli Azani il nome di Oresteo. Da lì, poi, vai alla città di Atene e affronta il processo per il matricidio contro le tre Eumenidi: gli dei, giudici della tua causa, sulla collina di Ares daranno un voto giustissimo, ed è stabilito che tu vinca. La donna cui tu, Oreste, tieni la spada al collo, Ermione, è destino che la sposi. Neottolemo, che pensa di sposarla, non la sposerà mai. Il suo destino è di morire ucciso da una spada delfica, mentre mi chiede un risarcimento per la morte di suo padre Achille. E concedi a Pilade, cui un tempo l hai promesso, di sposare tua sorella: lo attende una vita felice per il resto dei suoi giorni. Tu, Menelao, lascia stare che Oreste abbia il potere su Argo, e torna a regnare in terra spartana, con la dote di tua moglie, che ha continuato sino ad ora a procurarti molte sofferenze. E per quanto riguarda i rapporti con la città per lui aggiusterò le cose io, che l ho costretto ad assassinare sua madre. FONTE: Oreste, 28-30 TESTO TRADUZIONE 4 30 ΗΛΕΚΤΡΑ [ ] Φοίβου δ ἀδικίαν μὲν τί δεῖ κατηγορεῖν; πείθει δ Ὀρέστην μητέρ ἥ σφ ἐγείνατο κτεῖναι, πρὸς οὐχ ἅπαντας εὔκλειαν φέρον. ELETTRA E Febo, come accusarlo di ingiustizia? Eppure convinse Oreste ad uccidere la madre che l aveva generato, un atto che non presso tutti porta buona fama. 4 Traduzione di Enrico Medda, in Euripide. Oreste, Milano, BUR, 2004 2. 11

FONTE: Eracle, 1313-1321; 1341-1346 TESTO TRADUZIONE 5 1315 1320 1345 ΘΗΣΕΥΣ παραινέσαιμ ἂν μᾶλλον ἢ πάσχειν κακῶς. οὐδεὶς δὲ θνητῶν ταῖς τύχαις ἀκήρατος, οὐ θεῶν, ἀοιδῶν εἴπερ οὐ ψευδεῖς λόγοι. οὐ λέκτρ ἐν ἀλλήλοισιν, ὧν οὐδεὶς νόμος, συνῆψαν; οὐ δεσμοῖσι διὰ τυραννίδα πατέρας ἐκηλίδωσαν; ἀλλ οἰκοῦσ ὅμως Ὄλυμπον ἠνέσχοντό θ ἡμαρτηκότες. καίτοι τί φήσεις, εἰ σὺ μὲν θνητὸς γεγὼς φέρεις ὑπέρφευ τὰς τύχας, θεοὶ δὲ μή; [ ] ΗΡΑΚΛΗΣ [ ] ἐγὼ δὲ τοὺς θεοὺς οὔτε λέκτρ ἃ μὴ θέμις στέργειν νομίζω δεσμά τ ἐξάπτειν χεροῖν οὔτ ἠξίωσα πώποτ οὔτε πείσομαι οὐδ ἄλλον ἄλλου δεσπότην πεφυκέναι. δεῖται γὰρ ὁ θεός, εἴπερ ἔστ ὀρθῶς θεός, οὐδενός ἀοιδῶν οἵδε δύστηνοι λόγοι. TESEO < Resisti, > te lo consiglio, piuttosto che accasciarti. Nessun essere umano è indenne dalle offese del caso e neppure gli dei, se sono veri i discorsi dei poeti. Gli dei non si sono forse congiunti in connubi illegali? Non hanno forse empiamente gettato in catene i loro padri, per impadronirsi del trono? E tuttavia abitano l Olimpo e sopportano tranquilli il peso delle loro colpe. E tu, creatura mortale, perché reagisci alla mala sorte in modo spropositato quando non lo fanno gli dei? [ ] ERACLE Ma io non credo che gli dei si compiacciano di amori illeciti e non ho mai ritenuto e mai ne sarò persuaso che qualcuno di loro getti in catene un altro dio o che lo comandi da despota. Un dio, se è davvero tale, non ha bisogno di nulla: questi sono sproloqui di poeti. FONTE: Baccanti, 787-861 TESTO TRADUZIONE 6 790 ΔΙΟΝΥΣΟΣ πείθηι μὲν οὐδέν, τῶν ἐμῶν λόγων κλύων, Πενθεῦ κακῶς δὲ πρὸς σέθεν πάσχων ὅμως οὔ φημι χρῆναί σ ὅπλ ἐπαίρεσθαι θεῶι, ἀλλ ἡσυχάζειν Βρόμιος οὐκ ἀνέξεται κινοῦντα βάκχας <σ > εὐίων ὀρῶν ἄπο. ΠΕΝΘΕΥΣ οὐ μὴ φρενώσεις μ, ἀλλὰ δέσμιος φυγὼν DIONISO Tu non ti fai convincere, Penteo, pur ascoltando le mie parole. Tuttavia, anche se tu mi tratti male, io te lo voglio dire: non devi muovere le armi contro il dio, devi startene tranquillo. Bromio non lo sopporterà, che tu cacci le baccanti dai monti sacri all euoè. PENTEO Non vuoi smettere di darmi consigli? Sei sfuggito alle catene, conserva questa posizione. Oppure contro di te 5 Traduzione di Umberto Albini, in Euripide. Eracle, Milano, Garzanti, 2006 2. 6 Traduzione di Vincenzo Di Benedetto, in Euripide. Le Baccanti, Milano, BUR, 2004. 12

795 800 805 810 815 820 825 830 σώσηι τόδ ; ἤ σοι πάλιν ἀναστρέψω δίκην. ΔΙ. θύοιμ ἂν αὐτῶι μᾶλλον ἢ θυμούμενος πρὸς κέντρα λακτίζοιμι θνητὸς ὢν θεῶι. ΠΕ. θύσω, φόνον γε θῆλυν, ὥσπερ ἄξιαι, πολὺν ταράξας ἐν Κιθαιρῶνος πτυχαῖς. ΔΙ. φεύξεσθε πάντες καὶ τόδ αἰσχρόν, ἀσπίδας θύρσοισι βάκχας ἐκτρέπειν χαλκηλάτους. ΠΕ. ἀπόρωι γε τῶιδε συμπεπλέγμεθα ξένωι, ὃς οὔτε πάσχων οὔτε δρῶν σιγήσεται. ΔΙ. ὦ τᾶν, ἔτ ἔστιν εὖ καταστῆσαι τάδε. ΠΕ. τί δρῶντα; δουλεύοντα δουλείαις ἐμαῖς; ΔΙ. ἐγὼ γυναῖκας δεῦρ ὅπλων ἄξω δίχα. ΠΕ. οἴμοι τόδ ἤδη δόλιον ἐς ἐμὲ μηχανᾶι. ΔΙ. ποῖόν τι, σῶσαί σ εἰ θέλω τέχναις ἐμαῖς; ΠΕ. ξυνέθεσθε κοινῆι τάδ, ἵνα βακχεύητ ἀεί. ΔΙ. καὶ μὴν ξυνεθέμην τοῦτό γ, ἴσθι, τῶι θεῶι. ΠΕ. ἐκφέρετέ μοι δεῦρ ὅπλα, σὺ δὲ παῦσαι λέγων. ΔΙ. ἆ βούληι σφ ἐν ὄρεσι συγκαθημένας ἰδεῖν; ΠΕ. μάλιστα, μυρίον γε δοὺς χρυσοῦ σταθμόν. ΔΙ. τί δ εἰς ἔρωτα τοῦδε πέπτωκας μέγαν; ΠΕ. λυπρῶς νιν εἰσίδοιμ ἂν ἐξωινωμένας. ΔΙ. ὅμως δ ἴδοις ἂν ἡδέως ἅ σοι πικρά; ΠΕ. σάφ ἴσθι, σιγῆι γ ὑπ ἐλάταις καθήμενος. ΔΙ. ἀλλ ἐξιχνεύσουσίν σε, κἂν ἔλθηις λάθραι. ΠΕ. ἀλλ ἐμφανῶς καλῶς γὰρ ἐξεῖπας τάδε. ΔΙ. ἄγωμεν οὖν σε κἀπιχειρήσεις ὁδῶι; ΠΕ. ἄγ ὡς τάχιστα τοῦ χρόνου δέ σοι φθονῶ. ΔΙ. στεῖλαί νυν ἀμφὶ χρωτὶ βυσσίνους πέπλους. ΠΕ. τί δὴ τόδ ; ἐς γυναῖκας ἐξ ἀνδρὸς τελῶ; ΔΙ. μή σε κτάνωσιν, ἢν ἀνὴρ ὀφθῆις ἐκεῖ. ΠΕ. εὖ γ εἶπας αὖ τόδ ὥς τις εἶ πάλαι σοφός. ΔΙ. Διόνυσος ἡμᾶς ἐξεμούσωσεν τάδε. ΠΕ. πῶς οὖν γένοιτ ἂν ἃ σύ με νουθετεῖς καλῶς; ΔΙ. ἐγὼ στελῶ σε δωμάτων ἔσω μολών. ΠΕ. τίνα στολήν; ἦ θῆλυν; ἀλλ αἰδώς μ ἔχει. ΔΙ. οὐκέτι θεατὴς μαινάδων πρόθυμος εἶ; ΠΕ. στολὴν δὲ τίνα φὴις ἀμφὶ χρῶτ ἐμὸν βαλεῖν; ΔΙ. κόμην μὲν ἐπὶ σῶι κρατὶ ταναὸν ἐκτενῶ. ΠΕ. τὸ δεύτερον δὲ σχῆμα τοῦ κόσμου τί μοι; invertirò il corso di giustizia. DI. Mortale di fronte a un dio, io piuttosto gli offrirei sacrifici, anziché spinto dall ira recalcitrare contro il suo pungolo. PE. Glielo offrirò il sacrificio: strage di donne e se lo meritano -, una grande strage farò sulle balze del Citerone, e senza ritegno. DI. Sarete messi in fuga, tutti; e sarà un onta per voi rivoltare gli scudi di bronzo a fronte dei tirsi delle baccanti. PE. Ci siamo invischiati in questo straniero, non ne verremo a capo: né quando subisce, né quando ha lui l iniziativa, non starà mai zitto. DI. Mio caro, ancora è possibile sistemare bene questa faccenda. PE. Che devo fare? Farmi schiavo delle mie schiave? DI. Agirò io, porterò qui le donne, senza usare armi. PE. Ohimè. Ecco contro di me tu già trami l inganno. DI. Quale inganno, se io voglio salvarti con le arti che conosco. PE. Questo è un complotto fra di voi, per continuare sempre a fare i vostri riti. DI. E invece è con il dio che su questo mi sono messo d accordo, sappilo bene. PE. Portatemi qui fuori le armi. E tu smetti di parlare. DI. Ah! Vuoi tu vederle sui monti, raccolte tranquillamente tutte insieme? PE. Certamente. Tanto oro darei in cambio, tantissimo. DI. Come mai te n è venuta tanta voglia? PE. Non avrei certo piacere a vederle avvinazzate. DI. Ma tuttavia tu sei pronto a vederle, queste cose che ti fanno dispiacere. PE. Sia ben chiaro: seduto però in silenzio sotto gli abeti. DI. Ma ti rintracceranno, anche se giungerai di nascosto. PE. Allora: allo scoperto; questo lo hai detto bene. DI. Vuoi dunque intraprendere il cammino? Io sono pronto a condurti. PE. Al più presto, non ti concedo altro tempo. DI. Indossa dunque su di te una veste di bisso. PE. Che cosa? Da uomo che ero passerò al rango di donna? DI. Per evitare che ti uccidano qualora tu sia visto lì quale uomo. PE. Questa è un altra cosa giusta che hai detto. Tu sei scaltro, e non da ora. DI. In tutto ciò il mio maestro è stato Dioniso. PE. Giusti sono i consigli che mi dai; ma come metterli in pratica? 13

835 840 845 850 855 860 ΔΙ. πέπλοι ποδήρεις ἐπὶ κάραι δ ἔσται μίτρα. ΠΕ. ἦ καί τι πρὸς τοῖσδ ἄλλο προσθήσεις ἐμοί; ΔΙ. θύρσον γε χειρὶ καὶ νεβροῦ στικτὸν δέρος. ΠΕ. οὐκ ἂν δυναίμην θῆλυν ἐνδῦναι στολήν. ΔΙ. ἀλλ αἷμα θήσεις συμβαλὼν βάκχαις μάχην. ΠΕ. ὀρθῶς μολεῖν χρὴ πρῶτον ἐς κατασκοπήν. ΔΙ. σοφώτερον γοῦν ἢ κακοῖς θηρᾶν κακά. ΠΕ. καὶ πῶς δι ἄστεως εἶμι Καδμείους λαθών; ΔΙ. ὁδοὺς ἐρήμους ἴμεν ἐγὼ δ ἡγήσομαι. ΠΕ. πᾶν κρεῖσσον ὥστε μὴ γγελᾶν βάκχας ἐμοί. ΔΙ. < > ΠΕ. ἐλθόντ ἐς οἴκους ἃν δοκῆι βουλεύσομαι. ΔΙ. ἔξεστι πάντηι τό γ ἐμὸν εὐτρεπὲς πάρα. ΠΕ. στείχοιμ ἄν ἢ γὰρ ὅπλ ἔχων πορεύσομαι ἢ τοῖσι σοῖσι πείσομαι βουλεύμασιν. ΔΙ. γυναῖκες, ἁνὴρ ἐς βόλον καθίσταται, ἥξει δὲ βάκχας, οὗ θανὼν δώσει δίκην. Διόνυσε, νῦν σὸν ἔργον οὐ γὰρ εἶ πρόσω τεισώμεθ αὐτόν. πρῶτα δ ἔκστησον φρενῶν, ἐνεὶς ἐλαφρὰν λύσσαν ὡς φρονῶν μὲν εὖ οὐ μὴ θελήσηι θῆλυν ἐνδῦναι στολήν, ἔξω δ ἐλαύνων τοῦ φρονεῖν ἐνδύσεται. χρήιζω δέ νιν γέλωτα Θηβαίοις ὀφλεῖν γυναικόμορφον ἀγόμενον δι ἄστεως ἐκ τῶν ἀπειλῶν τῶν πρὶν αἷσι δεινὸς ἦν. ἀλλ εἶμι κόσμον ὅνπερ εἰς Ἅιδου λαβὼν ἄπεισι μητρὸς ἐκ χεροῖν κατασφαγεὶς Πενθεῖ προσάψων γνώσεται δὲ τὸν Διὸς Διόνυσον, ὡς πέφυκεν ἐν μέρει θεὸς δεινότατος, ἀνθρώποισι δ ἠπιώτατος. DI. Ci penso io: entro in casa e ti vesto. PE. Con quale addobbo? Forse un addobbo femminile? Ma io mi vergogno. DI. Non hai più voglia di fare lo spettatore di menadi? PE. Ma quale addobbo su di me tu dici che vuoi mettere? DI. Una lunga chioma distenderò sulla tua testa. PE. E il secondo pezzo del mio abbigliamento, quale sarà? DI. Un peplo lungo fino ai piedi. E sulla testa avrai una cuffietta. PE. Oltre a queste cose, c è dell altro che tu mi vuoi mettere addosso? DI. Sì, il tirso in mano e la pelle screziata di cerbiatto. PE. Non posso indossare un addobbo femminile. DI. Vorrai tu dunque ingaggiare battaglia con le baccanti e spargere sangue? PE. È giusto: prima occorre andare in ricognizione. DI. Certo è cosa più saggia che ricercare guai da aggiungere a guai. PE. E come attraverserò la città di nascosto dai Cadmei? DI. Andremo per strade diverse. Ti guiderò io. PE. Tutto è meglio piuttosto che essere deriso dalle baccanti. DI. PE. Entrerò in casa, e prenderò la decisione che mi sembrerà più opportuna. DI. Va bene: da parte mia c è piena disponibilità. PE. Mi avvio. E poi, o andrò armato oppure ubbidirò ai tuoi consigli. DI. Donne, l uomo si infila dentro la rete: andrà dalle baccanti e lì morirà: giusta punizione. Dioniso, ora tocca a te: non sei lontano. Facciamogliela pagare. Per prima cosa fallo uscire di senno, infondigli una leggera follia. Finché sarà in senno, non vorrà indossare un addobbo femminile; se invece esce fuori dal percorso della ragione, lo indosserà. Il mio desiderio è che paghi ai Tebani il tributo della derisione, mentre con apparenza di donna viene condotto attraverso la città, lui che una volta minacciava e faceva paura. Vado dunque: l addobbo con cui se ne andrà nell Ade, sgozzato dalle mani di sua madre, questo addobbo metterò a Penteo. E imparerà a conoscere Dioniso figlio di Zeus: è un dio nella pienezza dei poteri, un dio assai terribile per gli uomini e anche assai mite. 14

ALLEGATO 3 Griglia di valutazione interrogazione orale Conoscenza degli argomenti e pertinenza della trattazione 1-4 5 6 7 8 9 10 gravemente insufficiente insufficiente sufficiente discreto buono distinto ottimo Competenza nell utilizzo della lingua e del lessico specifico Capacità di rielaborazione critica delle conoscenze PUNTEGGIO TOTALE VOTO FINALE (in decimi) 15

ALLEGATO 4 Bibliografia di studio (per il docente) J. Blomqvist, Humane and divine action in Euripides Hippolytus, Hermes 1982, pp. 398 ss. L. Cilliers, Die Absurde Profesie van Apollo in Euripides se Orestes, Acta Classica, 28, 1985, pp. 13-19. E. R. Dodds, Euripides, Bacchae, edited with Introduction and Commentary, Oxford 1988 2. M. R. Lefkovitz, Apollo in the Orestes, Studi Italiani di Filologia Classica, n.s. 20, 2002, pp. 46-53. V. Longo, Deus ex machina e religione in Euripide, Genova 1963. E. Luschnig, Men and gods in Euripides Hippolytus, Ramus 1980, pp. 89 ss. T. Papadopoulou, Herakles and Euripidean Tragedy, Cambridge 2005. M. Massenzio, Dioniso e il teatro di Atene. Interpretazioni e prospettive critiche, Roma 1995. Approfondimenti bibliografici (per gli studenti) V. Di Benedetto, Euripide: teatro e società, Torino, Einaudi, 1971. V. Di Benedetto, Premessa a Euripide, Baccanti, Milano, BUR, 2004. 16