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Plutarchus in Plutarcho: de primo frigido e quaest. conv. VI, 4-5 Autor(es): Publicado por: URL persistente: Cacciatore, Paola Volpe International Plutarch Society URI:http://hdl.handle.net/10316.2/37630 Accessed : 4-Mar-2017 13:36:52 A navegação consulta e descarregamento dos títulos inseridos nas Bibliotecas Digitais UC Digitalis, UC Pombalina e UC Impactum, pressupõem a aceitação plena e sem reservas dos Termos e Condições de Uso destas Bibliotecas Digitais, disponíveis em https://digitalis.uc.pt/pt-pt/termos. Conforme exposto nos referidos Termos e Condições de Uso, o descarregamento de títulos de acesso restrito requer uma licença válida de autorização devendo o utilizador aceder ao(s) documento(s) a partir de um endereço de IP da instituição detentora da supramencionada licença. Ao utilizador é apenas permitido o descarregamento para uso pessoal, pelo que o emprego do(s) título(s) descarregado(s) para outro fim, designadamente comercial, carece de autorização do respetivo autor ou editor da obra. Na medida em que todas as obras da UC Digitalis se encontram protegidas pelo Código do Direito de Autor e Direitos Conexos e demais legislação aplicável, toda a cópia, parcial ou total, deste documento, nos casos em que é legalmente admitida, deverá conter ou fazer-se acompanhar por este aviso. impactum.uc.pt digitalis.uc.pt

Paola Volpe Cacciatore Università di Salerno Plutarchus in Plutarcho: de primo frigido e quaest. conv. VI, 4-5 The repetition of the same argument - as van der Stock has pointed out - is frequent in Plutarchs Moralia. This method of work has the aim to make clear the arguments, especially when the philosopher deals with moral and philosophical matters. This article is an investigation on same similar passages of de primo frigido and quaestiones convivales: the repetition of arguments allows to lay stress on the relationships between the two works. A mio padre a treni anni dalla sua scomparsa. In un intervento al IX convegno plutarcheo Luc van der Stockt invitava gli studiosi ad immaginare Plutarco nel suo studio «in the act of rummaging in his own notes, not in the writings of other» 1. Insomma uno studioso che legge, medita, prende appunti per «support his meditations, substantiate his teaching, support his memory, prepare a publication». Ma vi è anche un altra immagine che appare: è quella di un filosofo che riprende temi già affrontati nell intento di chiarirli a se stesso e ai suoi amici. Mi sembra che questo accada spesso sia quando tratta di temi morali - come ha dimostrato van der Stockt - sia quando tratta di argomenti filosofici che necessitano di approfondimenti. Uno di questi casi coinvolge alcune questioni trattate nel de primo frigido e riprese poi in queste due quaestiones convivale^ dove, evidentemente, il linguaggio più discorsivo prende il posto di quello più tecnico e, direi, accademico. Nel de primo frigido Plutarco, sulla base dell aiogqaig, si chiede se il freddo (του ψυχροί) δύυαμις) è principio e sostanza (πρώτη και ουσία) o se piuttosto è privazione di calore (ή στέρησις θερμότητος) e conclude che esso non può essere στέρησις, perché se lo fosse, non potrebbero ad esso essere attribuite qualità e proprietà (ποιότητες καί εξεις). E piuttosto privazione di tali qualità come avviene nel confronto della pesantezza (βαρύτης) con la leggerezza (κουφότης), della durezza con la morbidezza, del nero col bianco, dell amaro col dolce. È infatti del tutto percepibile che il freddo, non meno del caldo, determini affezioni e cambiamenti di stato e pertanto esso è una forza che agisce con maggiore o minore intensità (946 DE): sicché il freddo non può in alcun modo definirsi privazione perché «nessuna privazione permette il più e il meno» e neppure si potrebbe dire che tra quelli che non vedono l uno è più 1 2 3 L. van der Stockt, Plutarch in Plutarch: the problem of the hypomnemata, in I. Gallo, La Biblioteca di Plutarco, Atti del IX Convegno plutarcheo (Pavia 13-15 giugno 2002), Napoli, 2004, p. 333. L. van der Stockt, 2004, p. 334. Il de primo frigido è dedicato al filosofo Favorino di Arelate, col quale Plutarco ebbe rapporti di amicizia fin dal tempo, forse, della guerra dacica (101-106) alla quale si accenna in 949 F. F. R. Hirzel {Der Dialog, II, Leipzig, 1895, 1213) ipotizza inoltre un soggiorno di Favorino a Delfi con Plutarco {quaest. conv. Vili 10). Cfr. Favorino di Arelate, Opere. Introduzione, testo critico e commento a cura di A. Barigazzi, Firenze, 1966, p. 5 e Favorinus d'arles,oeuvres - tome l. Introduction générale, Témoignages, Discours aux Corinthiens, Sur la fortune.texte établi et commenté par E. Amato, traduit par Y. Julien, Paris 2005, p. 3-5; p. 163 e s.; p. 171 e s. PLOUTARCHOS, n.s4 (2006/2007) 97-102. ISSN 0258-655X

98 Paola Volpe Cacciatore cieco di un altro, né che tra quelli che non possono parlare Tuno è più muto di un altro» (946 D). Nel freddo come nel caldo è, invece, possibile sentire tò μάλλον και το ήττον καί τό λίαν καί το μή λίαν καί ολως έπιτάσ^ις καί ανέσεις (946 D-E). Stabilita, dunque, la 4 non privazione del freddo è compito del filosofo ricercarne Γάρχή, la φύσις: «A chi investiga la natura (...) ή των έσχατων γνώσις ού τέλος έστίν άλλ αρχή τής έττί τά πρώτα καί άνωστάτω πορ ΐας» (948 C). Plutarco esamina così la posizione di Anassimene che pensava che «non dobbiamo ammettere il freddo e il caldo esistenti nella sostanza, ma affezioni comuni della materia che sopravvengono alle mutazioni. Egli afferma infatti che la parte dell aria che si contrae e si condensa è fredda, la parte invece, che si dilata, è rarefatta e calda. Sicché non si sbaglia quando si dice che l uomo emette dalla bocca il caldo e il freddo: si raffredda il soffio trattenuto e compresso dalle labbra, mentre diviene caldo per la rarefazione quando esce dalla bocca aperta. Ma Aristotele considera questo un errore del filosofo» (fr. 1). Ed ancora cita Platone (Jim. 62 ab) e Democrito (fr. 120) che «ritenendo che seguivano un procedimento grossolano coloro che riponevano le cause prime nel caldo e nel freddo, risalì agli atomi (..) considerando cause del caldo e del freddo le figure e le grandezze: infatti le cose disgregabili portano con sé la sensazione del caldo, di freddo, invece, quelle compatte e compresse». L attenzione è poi rivolta agli Stoici 4 i quali attribuiscono all aria il principio del freddo. A Crisippo, infatti, contesta che «dopo aver affermato che l aria è il freddo originario in quanto è oscura, si limitava a ricordare coloro che affermano che l acqua differisce dall etere più che dall aria e, desiderando confutarli, aggiungeva: così potremmo dire che la terra è freddo primordiale per il fatto che differisce maggiormente dall etere. Respinge così come del tutto inammissibile e assurda tale ipotesi, ma, a mio parere, fare riferimento alla terra non è un ipotesi esente da argomentazioni probabili e convincenti, usando quelle stesse premesse che Crisippo ha usato per l aria che è prima oscurità e primo freddo» (de prim. frig. 952 CD) 5. La terra infatti tra i corpi è sempre priva di luce, non può essere trafitta né dal sole né dalla luna, perché i raggi in nessun modo possono attraversarla a causa della sua solidità e compattezza. Parimenti «neppure le pelli e i corni interi degli animali ricevono luce proprio per la loro solidità, mentre quando essi sono segati e puliti, diventano lucenti perché ad essi si mescola l aria» (9533 B). A Plutarco sembra fin troppo evidente ciò, anche perché spesso i poeti hanno chiamato nera la terra: tò σκοτώδβς καί tò άφώτιστον: «così che l antitesi tanto apprezzata delle tenebre con la luce conviene più alla terra che all aria» (935 B). Fin qui si 4 5 Plutarco cita anche Stratone (F. R. Wehrli, Die Schule des Aristoteles, V, Basel-Stuttgart, 1969, fr. 49) ed Empedocle (Diels-Kranz, Frag. Der Vorok., I, p. 319, fr. B 21): «dopo aver detto molte cose, aggiunge anche i caratteri delle cose dette, chiamando il fuoco sole, l aria splendore e cielo e l acqua pioggia e mare». De stoic, repugn. 1053 F: «(Crisippo) sostiene che l aria è per natura tenebrosa e, per provarlo, cita il fatto che è in origine fredda: dal momento che essa è oscura si oppone alla luminosità e dal momento che è fredda al calore del fuoco».

Plutarchus in Plutarcho: de primo frigido e quaest. conv. VI, 4-5 99 potrebbe dire conclusa la parte teorica che sembra terminare con un velato scetticismo allorquando, rivolgendosi a Favorino, lo invita a sospendere il giudizio là dove non vi è chiarezza piuttosto che dare il proprio assenso a casi non certi e chiari 6. Tale discorso, a volte incalzante, è corredato come avviene di frequente da esempi tesi ad avvalorare le convinzioni dell autore. Non si sottrae a tale usus scribendi il de primo frigido, anzi questi stessi esempi sono ripresi in due quaestiones convivales (VI 4 e 5), nelle quali i simposiasti si chiedono «per quale ragione l acqua tirata dal pozzo diventa più fredda se trascorrerà la notte sospesa nell aria» (VI 4) e «per quale ragione i ciottoli e i pezzi di piombo posti nell acqua, rendono questa più fredda» (VI 5) Viene da chiederne il motivo. Forse è la necessità di chiarire ancora una volta in un diverso contesto la sua convinzione. Nel contestare che sia l acqua il primum egli così argomenta: de prim. frig. 949 CD αν δε τις ψυχρόν έκ φρέατος ύδωρ λαβών έν άγγείω καί καθείς αύθις εις το φρέαρ ώστε μή ψαύειν του υδατος το άγγειον άλλ έν τω αέρι κρέμασθαι, περιμείνη χρόνον ου πολύν, έσται ψυχρότερου τόυδωρω μάλιστα δηλουται τό μή του υδατος είναι την πρώτην αιτίαν τής ψυχρότητος αλλά του άέρος. quaest. conv. 690 BC άρυσάμενοι γάρ άγγείω καί κρεμάσαντες τό άγγειον έν τω φρεατι τής πηγής μή άπτόμενον ειασαν έπινυκτερεϋσαι, καί προς τό δείπνου έκο^ιί ετο του προσφάτου ψυχρότερου. Il rapporto acqua-aria è chiarito ancora una volta quando egli distingue quantità piccole e quantità più grandi: solo su piccole quantità infatti l aria può agire. de prim. frig. 949 C έτι τοίνυν τα μεν άποσπασθέντα τής πηγής υδατα μάλλον πηγνυται μάλλον γάρ ό άήρ έπι κρατεί του έλάττονος. de prim. frig. 949 D των γε μήν μεγάλων ποταμών ούδείς πήγνυται διά βάθους ου γάρ καθίησιν εις δλον ό άήρ, άλλ όσα τη ψυχρότητι περιλαμβάνει ψαύων καί πλησιά ων, ταϋθ ϊστησιν. 6 7 8 9 G. Boys-Stones, Plutarch on the Probable Principle of Cold: Epistemology and the de primo frigido, CQ, 47 (1997) 227-238. «(...) Se qualcuno dopo aver preso acqua da un pozzo in un vaso e dopo averla sospesa al pozzo, in modo che non tocchi l acqua, ma che sia fatto penzolare nelfaria, aspetta non molto tempo, l acqua sarà più fredda: si dimostrerà soprattutto che non dell acqua è la prima causa del freddo, ma dell aria». «(...) infatti avendo attinto (gli schiavi) con un vaso l acqua e avendo appeso questo stesso vaso all interno del pozzo curando che non toccasse la superficie dell acqua per l intera notte, al momento del pranzo fu portata acqua più fredda di quella allora attinta». La spiegazione del fenomeno è data dall ospite (Favorino?) cui l acqua era stata offerta. Citando Aristotele (fr. 216 Rose = 729 Gigon ) egli afferma che l acqua all aria, subendo una pressione facilmente si raffredda allo stesso modo dei corpi che subiscono il freddo in modo violento dopo un bagno. «ed ancora porzioni di acqua maggiormente si induriscono; infatti l aria agisce di più su parti piccole».

100 Paola Volpe Cacciatore quaest. conv. 690 E ό ψυχρός ούτος αήρ την μέν πηγήν δια πλήθος ού δύναται μεταβάλλεΐν, άν δέ τις άφαιρή κατ ολίγον, μάλλον κρατών περιψύξεί. Il raffreddamento dell acqua - Plutarco ritiene - è causato anche dai ciottoli e dai pezzi di piombo. È la quaestio VI 5 che riprende in modo più discorsivo quanto enunciato nel de primo frigido. L interlocutore, a sostegno della sua tesi, ricorda Aristotele, così in de primo frigido 949 C: Αριστοτέλης δέ και τάς άκόνας του μολίβδου τήκεσθαί φησι και pciv ύπό κρύους καί χ ΐμώνος, ύδατος μόνου πλησιάξοντος αύταις ό δ αήρ, ώς εοικε, συνελαύνων τά σώματα τή ψυ^ότητι καταθραύεΐ καί ρήγνυσιν. e in quaest. conv. 690 F: Αλλά μήν <τό> περί τών χαλίκων, έφη, ή τών άκμόνων, ούς έμβάλλοντβς Εις το ύδωρ ψύχ ΐν αύτό καί στομοϋν δοκοϋσιν, Εΐρη[ΐένον, ΆριστοτέλΕΐ μνημονβύας; I pezzi di piombo e i ciottoli, se gettati nell acqua, la rendono pure più leggera, cosicché, venendo meno ciò che in essa è di fangoso, diventa più fredda. Sono quegli stessi ciottoli che nel profondo del mare o di un fiume appaiono essere roccia (πάγος), πας λίθος (...) κατεψυγμένης καί περιπλημένης ύπό κρύους γής (691 Β). La terra in profondità è roccia: ώς ΕίπΕίν καί κρύσταλλος άπασα το γάρ ψυχρόν άκρατον οίκουρεί καί άμάλακτον άπ ωσμόνον εκει τού άιθέρος άπωτάτω {de prim. frig. 953 E). La terra diviene così sede del freddo, Γούσία, cioè, su cui esso agisce per la sua stessa costituzione: στοιχείον αύτής ού τμητικόν ούδέ κινητικόν ούδέ λείπον ούδ έχον οξύτητας ούδέ μαλθακόν ούδ ΕύπΕρίχυτον γέγονεν, άλλ έδράίον ώς ό κύος καί συνερείστικόν (954 D). Non dunque mobile come l acqua né leggera come l aria, ma solida e compatta come il cubo. Plutarco non ricorda qui il triangolo platonico, ma il passaggio è pieno di ovvi riferimenti a Tim. 10 11 12 13 «Nessuno dei grandi fiumi si gela per la profondità; infatti l aria non penetra in profondità ma col freddo indurisce ciò che tocca, solo sfiorandolo e toccandolo». È la conclusione del discorso dell ospite definito τρυφών: «l aria fredda non può mutare l acqua completamente ma la raffredderà grazie alla sua forza, se se ne prende un a piccola quantità». Il medesimo concetto è espresso in 691 B. «Aristotele ancora dice che i pezzi di piombo trasudano e traspirano a causa del freddo e in inverno, se solo ad essi si avvicina l acqua: e l aria, come sembra, restringendo i corpi con il freddo, li spezza e li frantuma». Il riferimento è al fr 213 Rose = 730 Gigon : tale opera non è presente nel Corpus Aristotelicum ma - come suppone F. H. Sandbach, Plutarch and Aristotle, ICS, 7 (1982) p. 224) Plutarco potrebbe aver pensato ai προβλήματα φυσικά. «Ma circa i ciottoli e i pezzi di piombo - dice - che gettandoli nell acqua, sembrano raffreddarla e indurirla, non ricordi forse quanto è detto da Aristotele?». Cfr. anche 690 C e de prim. frig. 955 B ove, come dice S.-T. Teodorsson, A commentary on Plutarch s Table Talks, II, Goteborg, 1990, p. 264, vi è «a less fanciful explanation»: «quelli che desiderano una bevanda più fredda gettano ciottoli nell acqua: questa diviene più increspata e quasi si addensa per il freddo delle pietre (πρόσφατον καί άκρατον)».

Plutarchus in Plutarcho: de primo frigido e quaest. conv. VI, 4-5 101 55 d-56 b, dove Platone attribuisce alla terra una figura cubica: «perché delle quattro specie la terra è la più immobile e dei corpi il più plasmabile» 14. A tale conclusione il filosofo di Cheronea giunge nel de primo frigido, ma qual è il motivo per il quale egli ritorna anche nelle quaestiones sul medesimo argomento? Per desiderio di ribadire la sua ipotesi? E quale dei due testi scrisse prima? Come si è detto, all inizio, il de primo frigido è dedicato a Favorino, che di certo fu ad Atene ma anche a Delfi come si deduce da 953 CD 15 : «tu stesso ascoltavi che le clamidi di coloro che salivano al Parnaso per soccorrere le Baccanti, colpite dal vento freddo e dalla neve, diventavano per il freddo così dure e simili al legno che, stese, si laceravano e si strappavano». L airròs* f K0U 9 indica una presenza forse certa a Delfi, ma quando questi visitò tale città? Forse non saremmo troppo lontani dal vero se supponiamo una data che oscilla tra il 106 (fine della II guerra dacica) e il 110 d. C. In questo periodo Plutarco potrebbe aver scritto il de primo frigido (come risulterebbe da un riferimento a 949 F) e terminato di comporre le quaestiones convivales. Si potrebbe a questo punto avanzare un ipotesi: le due quaestiones qui trattate potrebbero essere state redatte nel tentativo di ribadire e spiegare con la ripresa di alcuni esempi la sua posizione epistemologica riguardo al πρώτως ψυχρόν. Non dunque l aria, non l acqua ma la terra nera, fredda e tenebrosa al pari del Tartaro chiamato così perché freddo, come ricorda Esiodo in Th. 119:Τάρταρά τ ή^ροεντα 16. Bibliografia Boys-Stones, G., - Plutarch on the Probable Principle of Cold: Epistemology and the de primo frigido, CQ, 47 (1997) 227-238. Diels, FI., - Kranz, W., - Fragmente der Vorsokratiker, Berlin, 1934 5. Favorino di Arelate, - Opere. Introduzione, testo critico e commento a cura di A. Barigazzi, Firenze, 1966. Favorinus d'arles, Oeuvres - tome /. Introduction générale, Témoignages, Discours aux Corinthiens, Sur la fortune.texte établi et commenté par E. Amato, traduit par Y. Julien, Paris, 2005. Hirzel, R., - Der Dialog, II, Leipzig, 1895. Sandbach, F. H., - Plutarch and Aristotle, ICS, 7 (1982) 207-232. Teodorsson, S.-T., - A commentary on Plutarch s Table Talks, II, Goteborg, 1990. Van der Stockt, L., - Plutarch in Plutarch: the problem of the hypomnemata, in 1. Gallo, La Biblio- 14 15 16 Cfr. G. Boys-Stones, 1997, pp. 237-238. Lo studioso richiama anche Platone (Tim. 54b5-56c7 e 61d5-62a8) e Macrobio, che nel Somnium Scipionis (1.6.24-27) dice che «terra et sicca et frigida, aqua vero frigida umecta est (...) aer umectus et calidus est». R. Hirzel, 1895. Plutarco da Τάρταρος* fa derivare il verbo ταρταρί αν, che è poi il tremare per il freddo e rabbrividire (948 F).

102 Paola Volpe Cacciatore teca di Plutarco, Atti del IX Convegno plutarcheo (Pavia 13-15 giugno 2002), Napoli, 2004, pp. 331-340. Wehrli, F.R., - Die Schule des Aristoteles, Basel- Stuttgart, V, 1969.