Il rovesciamento di alcune caratteristiche tragiche nell Alcesti di Euripide ( ) di Andrea Megna

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Il teatro greco: esperienze da un TFA Il rovesciamento di alcune caratteristiche tragiche nell Alcesti di Euripide (747-802) di Andrea Megna CLASSE E DISCIPLINA III liceo (V anno) Lettura della tragedia come testo d autore classico PROGRAMMAZIONE 2 ore di lezione + 1 ora di verifica. Della tragedia sono stati letti e tradotti già le due ὑποθέσεις e i vv. 1-76, 152-198, 280-368, 467-570, 606-628. Si tradurranno infine i vv. 1117-1163. PREREQUISITI Conoscenza del contenuto generale e della struttura dell Alcesti; Conoscenza delle caratteristiche strutturali di una tragedia greca; Conoscenza dei temi principali della letteratura simposiale. OBIETTIVI Individuare i nuclei tematici fondamentali del passo della tragedia analizzato; Distinguere le differenze fondamentali tra un testo tragico normalmente inteso e il testo affrontato; Analizzare alcune delle procedure tipicamente comiche operanti nell Alcesti. CONTENUTI TESTO (lettura in originale): Eur., Alc., vv. 747-772 La ῥῆσις del servo: Il racconto da parte del servo del simposio di Eracle nello spazio retroscenico L effetto delle parole del servo sullo spettatore TESTO (lettura in originale): Eur., Alc., vv. 773-802 La ῥῆσις di Eracle: La replica comica di Eracle al servo L invito a godere del vino e della vita TESTI DI SUPPORTO (lettura in traduzione): Eur., Cycl., vv. 409-440; 556-569 Alceo, fr. 38 V. 1

STRATEGIE DIDATTICHE E STRUMENTI PERCORSI DI APPROFONDIMENTO E DI ECCELLENZA Alceo, fr. 335 V. Alceo, fr. 346 V. Alceo, fr. 362 V. Il taglio della lezione è prettamente tematico. 1. Lezione frontale e interattiva: Lettura in metrica dei passi presentati in originale e loro traduzione; Analisi dei particolari legati alla tematica del rovesciamento dei caratteri tragici con particolare riferimento al passaggio dal σεμνόν al γελοῖον; Lettura in traduzione dei passi forniti in italiano, richiamando però il testo in lingua originale laddove sia necessaria la focalizzazione sui nuclei tematici legati all argomento specifico della sezione didattica trattata. 2. Attività di laboratorio: Stesura di una mappa inerente termini e locuzioni focali per un tema specifico (il dissidio θρῆνος / κῶμος) grazie ai richiami alla letteratura simposiale. 3. Strumenti: Testo integrale dell Alcesti; Fotocopie dei testi di supporto utilizzati; Manuale di letteratura in adozione, per avere un riferimento costante a Euripide e al contesto storicoculturale di appartenenza. Analisi di un altro passo a scelta della tragedia per evidenziare un ulteriore esempio di stravolgimento delle caratteristiche propriamente tragiche. IPOTESI DI VERIFICA Traduzione di un brano con questionario semistrutturato. PERCORSI DI RECUPERO Per coloro che risultassero insufficienti è prevedibile uno studio assistito dai ragazzi più bravi e un ulteriore prova di verifica in forma orale. 2

Il rovesciamento di alcune caratteristiche tragiche nell Alcesti di Euripide (747-802) La lezione è indirizzata ad una classe di III Liceo Classico che abbia già affrontato lo studio della tragedia, di Euripide, delle sue opere, della commedia nel quarto anno di scuola e abbia letto, tradotto e commentato un nutrito numero di versi dell Alcesti nel corso del quinto anno, oltre ad aver già affrontato la lettura della tragedia stessa, per intero, in traduzione italiana. Inoltre la classe ha avuto modo di leggere, in lingua originale e in traduzione, anche una buona parte di letteratura lirica di ambito simposiale. Tale lezione infatti si propone il fine di analizzare una delle possibili linee interpretative della Alcesti euripidea, quella che vede nell Alcesti una rappresentazione tragica a lieto fine. Gli studenti che hanno letto tutta l opera in italiano sono infatti al corrente che Alcesti, con la dignità propria di un eroina epica, dopo aver accettato di andare negli Inferi al posto del marito, proprio per onorare quest ultimo 1, in realtà non muore, perché Eracle la strappa ad Ade nel finale e la riconsegna allo sposo. Il lieto fine nel caso di una tragedia era un fatto indubbiamente inusuale (anche se nel corso del tempo ci furono altri esempi, soprattutto euripidei); gli spettatori del tempo, forse, in questa occasione specifica potevano in qualche modo essere preparati perché l Alcesti fu l ultima all interno della tetralogia tragica presentata da Euripide alle rappresentazioni del 438 a.c. e, come è opportuno ricordare agli studenti, il quarto posto era destinato tradizionalmente ad un dramma satiresco per rispetto al culto di Dioniso. Satiri e altre divinità connesse con Dioniso sono estranee a questa tragedia ed è Apollo a tenere le redini della vicenda, però, grazie ad un personaggio in particolare, cioè Eracle, nel dramma si insinuano tematiche e comportamenti estranei alla abituale atmosfera tragica 2. Ci si trova perciò, nell Alcesti, di fronte a divinità o eroi sui generis che spesso poco hanno a che fare col loro tradizionale modo di essere. Sia Apollo sia soprattutto Eracle infatti assumono nel dramma atteggiamenti leggeri, poco seri, improntati ad idee di divertimento, baldoria, frivolezza. È bene anche richiamare ai ragazzi quello che è il pensiero di Aristotele sulla tragedia e in particolare sulla tragedia di Euripide; secondo lo Stagirita, Euripide è stato un ottimo tragico in quanto ha costruito drammi che si sono indirizzati dalla buona alla cattiva sorte per un grave errore di una persona singola. Aristotele sostiene che Euripide è riuscito a suscitare nel pubblico φόβος e ἔλεος ed è stato il più bravo a straziare il cuore degli spettatori: in effetti in alcuni drammi la realtà è così lacerata da non lasciare consolazione (cf. Medea, Troiane ecc.) ma soltanto rassegnazione (ad es. Fedra che si uccide nell Ippolito). Risulta evidente che l uomo da eroe è quindi diventato una vittima. Ma al genio di Euripide si devono anche tre tragedie (Ione, Ifigenia in Tauride ed Elena), collocabili nel periodo tardo, in cui l autore abbandona la tematica politica e nelle quali il motivo salvifico è accompagnato da una nuova concezione dell uomo, che comincia a sentire il predominio della τύχη ma spesso sfrutta e piega 1 PATTONI-CARPANI 2004, p. 350. 2 BACCINI 2007, p. 11. 3

a proprio favore il caso attraverso la razionalità. È soprattutto a proposito di questi tre drammi che è sorta la discussione dei critici in merito alla loro natura (ilarotragedie, melodrammi, commedie vere e proprie, drammi satireschi ecc.). Sicuramente l attribuzione del termine commedia rispecchia una concezione moderna e non arcaica della commedia stessa; non basterebbe infatti il lieto fine a far sì che siano considerate commedie, in quanto il cardine di una tragedia o di una commedia è nella materia e nei personaggi (nobili in tragedia, comuni in commedia), non nel finale luttuoso o lieto. È altrettanto vero però, come già accennato, che il lieto fine è stato spesso sfruttato dai tragediografi, a partire da Eschilo con l Orestea (458 a. C.), passando per Sofocle (ad esempio nel Filottete del 409 a. C., in cui Neottolemo è protettore dell amico e nel finale il malato esce appoggiato al suo salvatore) fino ad arrivare ad Euripide stesso, che ha sfruttato più di altri il lieto fine, infrangendo dunque la regola per una perfetta tragedia, cosa che invece gli è stata riconosciuta appunto da Aristotele (cf. Poetica 1453 a 14-17). Si possono ricordare ancora, tra gli esempi euripidei, Andromaca che nella tragedia omonima non cade nelle trame di Ermione o Eracle salvato da Teseo nel finale dell Eracle; l antecedente però di tutti i motivi soterici (dove cioè la vicenda comporta un pericolo che alla fine viene evitato, per cui l azione, dopo una grave minaccia, trova una σωτηρία) si ritrova proprio nella nella più antica tragedia euripidea per noi conservata, l Alcesti. Nel corso della lezione traspare come in questa opera non soltanto il finale ma tanti altri elementi contribuiscono a smitizzare la tragedia stessa. Una di queste deviazioni dalla norma di una tragedia vera e propria è contenuta nei vv. 747-802. Per mezzo di Eracle e della sua festa inappropriata Euripide inserisce infatti una contaminazione con il genere satiresco per smorzare i toni tragici e alleggerire l atmosfera particolarmente cupa e funebre del dramma. Tracce di tragedia sicuramente rimangono, poiché «la rappresentazione drammatica è tutta interiore e giocata sulla delicatezza dei sentimenti piuttosto che su aspri contrasti e conflitti di personalità» 3. Come è già noto alla classe, nell Alcesti Eracle al suo arrivo non si rende conto di essere giunto sulla scena di una tragedia: egli si autoinvita al banchetto nella casa di Admeto (che lui ritiene sia in lutto per un estranea e non per la moglie) e assume la parte del parassita, figura originariamente non negativa ma rappresentante di colui che sedeva a fianco di un sacerdote in un rito sacro; nel caso specifico, tuttavia, Eracle stride fortemente con il contesto e il suo farsi simposiasta in casa di Admeto non ha nulla di sacrale ma è quanto di più inopportuno si possa immaginare. In questa parte della tragedia sono rintracciabili dal docente due resoconti che subiscono una sostanziale trasformazione 4 : la ῥῆσις ἀγγελική del servo che racconta il simposio di Eracle nello spazio retroscenico e la ῥῆσις di Eracle al servo (ad esse segue poi il dialogo chiarificatore fra i due). È appropriato allora sottoporre alla classe il confronto con i vv. 409-440; 556-569 del Ciclope euripideo: in tale sezione del dramma satiresco Odisseo ha il ruolo di coppiere e racconta il simposio di Polifemo che non è visibile sulla scena; subito dopo il simposiasta, cioè Polifemo, appare sulla scena e dialoga con i personaggi presenti, Odisseo e Sileno. Si ribadisce alla classe come il Ciclope euripideo sia l unico esempio integrale rimasto di un genere letterario, il dramma satiresco, che 3 PADUANO-BONCINELLI 2012, p. V. 4 PATTONI 2006, pp. 193 sg. 4

sostanzialmente differisce dalla tragedia per la presenza di un coro composto da Satiri e per una preponderante presenza di battute dal tono scherzoso e ironico volte ad attenuare la solennità dei contenuti mitici tradizionali 5. Nell Alcesti paradossalmente si tratta di una festa che avviene in una situazione drammatica: non è infatti un banchetto di giubilo e sfrenatezza, come i simposi tipici della commedia greca e latina, bensì un simposio del tutto inopportuno che come tale è percepito dal servo, il quale ne parla con disapprovazione sottolineandone la sconvenienza. Proprio come nel Ciclope, dove la scena può addirittura definirsi «antisimposio» 6, in quanto Polifemo si è appena cibato dei compagni di Odisseo, il simposio di Eracle avviene mentre il funerale di Alcesti è in pieno svolgimento. «Perciò mentre Admeto piange, Eracle ride; di là c è mortorio, di qua c è gozzoviglia» 7 : eppure non ci si trova nel finale della rappresentazione come invece sarebbe accaduto in una commedia ad indicare una καταστροφή gioiosa, ma in un momento critico dell azione che prelude alla λύσις finale 8. Nell Alcesti la prima sezione della scena, ovvero la ῥῆσις ἀγγελική del θεράπων, è quella che presenta analogie maggiori con le situazioni della commedia o anche del mimo, genere letterario, quest ultimo, che i ragazzi in III Classico hanno cominciato a conoscere fin dall inizio dell anno scolastico nello studio della letteratura. Lo stesso incipit, con le lamentele del servo nei confronti del padrone, è un tratto tipico delle scene di apertura della commedia, ed è accentuato dal fatto che il coro è uscito per il funerale di Alcesti e dunque il servo è solo sulla scena. Per quanto riguarda l aspetto contenutistico, la ῥῆσις del servo sintetizza vari motivi che nel Ciclope si trovano sparpagliati nell intera scena e che erano in gran parte abituali nelle situazioni di simposio inopportuno. È proprio questo aspetto che potrebbe essere oggetto di verifica da sottoporre agli studenti: dopo aver assegnato loro la traduzione di un ragionevole numero di versi, corrispondenti esattamente alla ῥῆσις del servo (vv. 747-772), le domande verterebbero sul cogliere le sorprendenti riprese che l Alcesti presenta rispetto al Ciclope in merito all atteggiamento, agli oggetti usati, alle reazioni dei presenti. Nello specifico, la classe è tenuta a riscontrare che: il comasta è sfacciato poiché continuamente chiede vino (cf. Cycl. vv. 558 e 568); il comasta beve vino puro e non mischiato con acqua (Cycl. vv. 557-58); l assunzione del vino ha come conseguenza il riscaldamento del corpo di chi beve (Cycl. v. 423); il comasta ha una corona in testa (Cycl. vv. 558-559); il comasta stona nel cantare (Cycl. vv. 425-26); tale canto del comasta è poi in contrasto con i pianti dei presenti, cioè i compagni di Odisseo (Cycl. v. 425) in lutto per la morte dei loro compagni e timorosi della propria sorte 9. Dopo questo primo aspetto, in sede di verifica i ragazzi sono stimolati a considerare che la ῥῆσις del servo nell Alcesti, anche qualora non rappresentasse un rimando esplicito al genere satiresco, ha in sé sicuramente degli elementi che lasciano pensare ad una contaminazione di generi, insieme alla notizia, che i ragazzi dovrebbero tenere sempre presente, che l opera fu rappresentata al quarto posto 5 ROSSI-GALLICI 2005, p. 79. 6 NAPOLITANO 2005, p. 51. 7 BACCINI 2007, p. 12. 8 PATTONI 2006, p. 194. 9 PATTONI 2006, pp. 195-196. 5

nella tetralogia. Se quest ultimo dato può essere confutato con la consapevolezza che la prassi delle rappresentazioni tragiche si modificò fortemente nel V sec., e venivano scritti sempre meno drammi satireschi 10, non si può non prendere in considerazione la raffigurazione grottesca di Eracle per bocca del servo. Conclusa la ῥῆσις del servo, accade nell Alcesti qualcosa di effervescente che scardina sempre di più le regole tipiche del genere tragico. Eracle infatti esce dalla casa e trova un servo in lutto per la morte della sua padrona (dunque in una situazione tragica) e per nulla cortese con lui: l eroe è così costretto a sospendere l atteggiamento del parassita. Comincia pertanto la sua ῥῆσις che stavolta non ha come termine di confronto il dramma satiresco ma la parodia della tragedia e la letteratura simposiale 11. Alla classe è opportuno spiegare quindi come in questa seconda ῥῆσις si assiste ad una raffinata messa alla berlina dei discorsi consolatori in tragedia. Nella tragedia infatti colui che va consolato è di norma l eroe tragico e nella funzione di consolatore c è il coro oppure un personaggio secondario, solitamente la nutrice o un servitore 12. Nell Alcesti la situazione è del tutto ribaltata: il destinatario del discorso consolatorio è un servo e la funzione di consolatore è assegnata a un personaggio molto importante per lo sviluppo drammatico e che è inoltre di statuto semidivino. La ῥῆσις di Eracle è divisibile perfettamente in due parti: all inizio Eracle sembra farsi serio partendo dalle stesse riflessioni teoriche dei consolatori tragici e le riassume in alcune sentenze sull inconoscibilità del destino. Queste sono tutte formulazioni che presuppongono l amara coscienza della fragilità delle sorte umana elaborata dalla cultura greca sin dalle origini (la classe ha presumibilmente come riferimenti letterari la similitudine con la caduta delle foglie di Omero e Mimnermo). Dopo tale preambolo la parodia diventa però palese nella parte propositiva del discorso di Eracle, ai vv. 788-789, dove vengono suggeriti come antidoto contro il dolore dei mortali il divertimento, il bere e il pensare che la vita ci appartiene giorno per giorno, ossia una parafrasi del successivo, oraziano, carpe diem, quasi come se in queste parole ci fosse «l edonismo di ogni tempo» 13 : gli studenti hanno dunque davanti una divinità particolare, che propone qualcosa di pratico per risolvere grandi problemi esistenziali; infatti Eracle prospetta una delle soluzioni elaborate dalla produzione letteraria greca soprattutto d ambito simposiale 14. Ciò rende questa scena comica e molto adatta ad alleggerire il tono 15. A disperdere gli affanni con le sue portentose, quasi magiche proprietà, era il vino fin dalla produzione relativa al ciclo omerico, come nei Cypria ( il vino, o Menelao, gli dei escogitarono come ottimo rimedio per gli uomini mortali, per dissipare le preoccupazioni ); nella lirica simposiale «Alceo applica a sé e ai suoi compagni questo principio. L ambiente simposiaco infatti, grazie alla compagnia, 10 PADUANO-BONCINELLI 2012, pp. 70-71, n. 127. 11 PATTONI 2006, pp. 196-197. 12 PATTONI 1988, pp. 246-249. 13 BACCINI 2007, p. 96, n. 789). 14 PATTONI 2006, pp. 197 sg. 15 BACCINI 2007, p. 12. 6

rafforza questo effetto con la solidarietà che crea» 16. Nel panorama della lirica greca arcaica c era stato anche chi, come Archiloco (fr. 13 W.), additava nella τλημοσύνη la «medicina» ai mali estremi anticipando di gran lunga i temi propri della riflessione sul dolore umano del genere tragico. Invece Alceo, più di tutti gli altri, rielaborando il tema con intento correttivo 17, riponeva la «medicina ai mali» nel vino (fr. 335 V.). Nell Alcesti è Eracle a incarnare i dettami di Alceo facendo propri gli insegnamenti della lirica simposiale. Il discorso del personaggio a partire dal v. 788 presenta infatti sub nuce temi simposiali diffusi nella poesia alcaica, che dovrebbero essere ben noti alla classe. In questo segmento del percorso didattico la lezione può diventare più interattiva se si propone agli studenti la stesura di una mappa che metta in luce i termini o le espressioni che hanno segnato il passaggio da un discorso funebre a un discorso dai toni più scherzosi grazie al richiamo alla letteratura simpotica. Ad esempio l invito di Eracle a bere pensando che la vita ci appartiene giorno per giorno (v. 788) ricorda l incipit del fr. 346 V. di Alceo. Oppure il v. 799 sull obbligo dei mortali di pensare a cose mortali richiama il fr. 38 V. che insisteva sull assoluta necessità da parte degli uomini di vivere col senso della misura. D altra parte, il motivo del bere ininterrotto, con una coppa che scaccia l altra, espresso da Alceo nel fr. 346 V. trova corrispondenza con i vv. 797 ss. dove Eracle, per lo stesso concetto, ricorre alla metafora nautica della cadenza dei remi : il vino, fuoriuscendo dal grosso mestolo con cui è stato attinto dal cratere, produce nella tazza un caratteristico gorgogliare 18. Continuando con la stesura della mappa di corrispondenze riconducibili al genere simposiale gli studenti possono individuarne altre: si tratta in particolare dell invito di Eracle al servo a bere con lui (v. 795), che rispecchia quanto detto da Alceo ad es. nel fr. 38 V., così come l invito a cingersi di ghirlande al v. 796, che richiama situazioni molto simili sia all interno della poesia alcaica (ad es. fr. 362 V.) sia all interno di quella simposiale in senso più generale 19. Attraverso delle domande-stimolo, il docente può far riflettere i ragazzi su come l operazione di sottile parodia è ben presente anche nelle parole finali di Eracle 20. Dopo un esordio dal sapore prettamente proverbiale (v. 799) che riassume quasi in maniera epigrafica il discorso sulla caducità umana (sempre Orazio, in età augustea a Roma dirà immortalia ne speres 21 ), Eracle conclude con una formulazione che di nuovo sottolinea una netta differenza col modo di vivere tipico di personaggi tragici 22 dicendo che la vita delle persone tristi non è vita ma disgrazia (vv. 800-02). Nel tirare le somme il docente può quindi ribadire che l Alcesti non ha solo un finale gioioso che la rende atipica, ma il finale, caratterizzato drammaturgicamente dall assenza di μηχάνημα e dalla presenza invece di un importante riconoscimento, che sarà il finale anche delle tre tragedie euripidee (Ione, Ifigenia in Tauride ed Elena), per le quali la critica ha ipotizzato una mescolanza col 16 CITTI 2009, p. 342. 17 DEGANI-BURZACCHINI 1977, pp. 228 ss. 18 BACCINI 2007, pp. 96-97, n. 798. 19 PATTONI 2006, pp. 198-200. 20 PATTONI 2006, pp. 202 sg. 21 BACCINI 2007, p. 97, n. 799. 22 GARNER 1990, pp. 65 ss. 7

genere comico, è preparato da altre scene non tragiche, come questo episodio nella sua interezza. «Attraverso il personaggio del servo in lutto, è il genere tragico stesso a essere preso di mira. La serietà è infatti un elemento caratteristico dell eroe tragico e in quanto tale compare spesso in commedia in contesti di paratragedia» 23. Anche in queste considerazioni conclusive di Eracle, il personaggio non fa altro che ribadire quanto ha affermato all inizio del suo discorso, invitando il servo ad adottare un atteggiamento cortese con gli ospiti 24 (Alc. vv. 773-75). Euripide si è perciò servito di un personaggio trasversale alla letteratura greca, in questo caso autentico portavoce di un materialismo edonistico 25, cioè Eracle, che «è abituato a fare la parte del mangione e del gozzovigliatore di gran classe» 26, quindi il più idoneo per far interagire due generi drammatici (ossia la tragedia propriamente detta e il dramma satiresco); questi due generi, in tale occasione specifica, si scontrano su temi importanti quali la morte e il dolore 27. Anche il fatto che già nel 438 a. C. Euripide avesse sostituito il dramma satiresco con la rappresentazione dell Alcesti può forse lasciar pensare che i Greci non avessero più bisogno di figure caricaturali come i Satiri ma fosse più appropriata una tragedia con un lieto fine e con tanti comportamenti burleschi come quelli di Eracle 28. L Alcesti, che poteva essere interpretata dagli spettatori stessi come dramma dell egoismo e dell autotutela, con l ovvio riferimento ad Admeto che lascia che sia la moglie ad andare nell Ade al suo posto, è assolutamente originale come tragedia e non solo, come già ripetuto, per il lieto fine (tra i drammi familiari euripidei la cui soluzione è tutto sommato sopportabile c è anche l Oreste): l episodio analizzato, con tutte le sfumature attinte dal dramma satiresco e dalla lirica simposiale, risponde perfettamente allo scopo di sollazzare il pubblico, pur se con toni sovente elegiaci, e ad insegnare che spesso, grazie alle divinità, invece di incorrere in un grande male, ci si può imbattere in un grande bene 29. 23 PATTONI 2006, p. 202: l autrice invita anche a prendere come esempio il commento di Euripide, nelle Rane, all atteggiamento austero di Eschilo nel suo primo ingresso in scena (vv. 833-834). 24 PATTONI 2006, p. 203. 25 DALE 1954, p. XXI. 26 BACCINI 2007, p. 11. 27 PATTONI 2006, p. 207. 28 ROSSI-GALLICI 2005, p. 80. 29 BACCINI 2007, p. 14. 8

Testi FONTE: Euripide, Alcesti, 747-802 TESTO TRADUZIONE 30 750 755 760 765 770 775 ΘΕΡΑΠΩΝ πολλοὺς μὲν ἤδη κἀπὸ παντοίας χθονὸς ξένους μολόντας οἶδ ἐς Ἀδμήτου δόμους, οἷς δεῖπνα προύθηκ ἀλλὰ τοῦδ οὔπω ξένου κακίον ἐς τήνδ ἑστίαν ἐδεξάμην. ὃς πρῶτα μὲν πενθοῦντα δεσπότην ὁρῶν ἐσῆλθε κἀτόλμησ ἀμείψασθαι πύλας. ἔπειτα δ οὔτι σωφρόνως ἐδέξατο τὰ προστυχόντα ξένια, συμφορὰν μαθών, ἀλλ, εἴ τι μὴ φέροιμεν, ὤτρυνεν φέρειν. ποτῆρα δ ἐν χείρεσσι κίσσινον λαβὼν πίνει μελαίνης μητρὸς εὔζωρον μέθυ, ἕως ἐθέρμην αὐτὸν ἀμφιβᾶσα φλὸξ οἴνου. στέφει δὲ κρᾶτα μυρσίνης κλάδοις, ἄμουσ ὑλακτῶν δισσὰ δ ἦν μέλη κλύειν ὁ μὲν γὰρ ἦιδε, τῶν ἐν Ἀδμήτου κακῶν οὐδὲν προτιμῶν, οἰκέται δ ἐκλαίομεν δέσποιναν, ὄμμα δ οὐκ ἐδείκνυμεν ξένωι τέγγοντες Ἄδμητος γὰρ ὧδ ἐφίετο. καὶ νῦν ἐγὼ μὲν ἐν δόμοισιν ἑστιῶ ξένον, πανοῦργον κλῶπα καὶ ληιστήν τινα, ἡ δ ἐκ δόμων βέβηκεν, οὐδ ἐφεσπόμην οὐδ ἐξέτεινα χεῖρ ἀποιμώζων ἐμὴν δέσποιναν, ἣ μοὶ πᾶσί τ οἰκέταισιν ἦν μήτηρ κακῶν γὰρ μυρίων ἐρρύετο, ὀργὰς μαλάσσουσ ἀνδρός. ἆρα τὸν ξένον στυγῶ δικαίως, ἐν κακοῖς ἀφιγμένον; ΗΡΑΚΛΗΣ οὗτος, τί σεμνὸν καὶ πεφροντικὸς βλέπεις; οὐ χρὴ σκυθρωπὸν τοῖς ξένοις τὸν πρόσπολον εἶναι, δέχεσθαι δ εὐπροσηγόρωι φρενί. σὺ δ ἄνδρ ἑταῖρον δεσπότου παρόνθ ὁρῶν SERVO Ho già visto giungere alla reggia d Admeto, e da ogni parte del mondo, molti forestieri, ai quali preparai il pranzo, ma non accolsi mai uno più scortese di costui in questa casa. Egli dapprima, pur vedendo il padrone in lutto, entrò e osò varcare le porte. Poi, avendo appreso la disgrazia, non accolse saggiamente i doni ospitali che c erano ma, se non portavamo qualcosa, insisteva di portarla. Dopo aver preso una coppa di legno d edera beve l inebriante liquido della nera madre finché la vampa del vino circuendolo lo scaldò. Si incorona la testa di corone di mirto urlando sguaiatamente. Era possibile sentire un doppio canto: lui infatti cantava non tenendo per niente in considerazione i mali di Admeto, noi servi invece piangevamo la padrona, non mostravamo però allo straniero di avere occhi umidi; Admeto infatti così ordinava. Ed io ora nella casa preparo il pranzo allo straniero, che ne combina di tutti i colori, ladro, pirata, mentre lei è uscita di casa, non l ho accompagnata, né ho teso la mano salutando la mia padrona, la quale per me e per tutti i servi era madre: infatti scacciò via moltissimi mali addolcendo le ire del padrone. Non odio dunque giustamente lo straniero che è giunto tra i mali? ERACLE Ehi tu perché mi guardi corrucciato e oscuro? Non è giusto che il servo sia scontroso con gli ospiti, ma li accolga con animo ben disposto. Tu vedendo che un uomo è venuto, amico del padrone, lo accogli con volto ostile e accigliato preoccupandoti di un lutto estraneo. Vieni qui 30 Traduzione di Andrea Megna. 9

780 785 790 795 800 στυγνῶι προσώπωι καὶ συνωφρυωμένωι δέχηι, θυραίου πήματος σπουδὴν ἔχων. δεῦρ ἔλθ, ὅπως ἂν καὶ σοφώτερος γένηι. τὰ θνητὰ πράγματ οἶδας ἣν ἔχει φύσιν; οἶμαι μὲν οὔ πόθεν γάρ; ἀλλ ἄκουέ μου. βροτοῖς ἅπασι κατθανεῖν ὀφείλεται, κοὐκ ἔστι θνητῶν ὅστις ἐξεπίσταται τὴν αὔριον μέλλουσαν εἰ βιώσεται τὸ τῆς τύχης γὰρ ἀφανὲς οἷ προβήσεται, κἄστ οὐ διδακτὸν οὐδ ἁλίσκεται τέχνηι. ταῦτ οὖν ἀκούσας καὶ μαθὼν ἐμοῦ πάρα εὔφραινε σαυτόν, πῖνε, τὸν καθ ἡμέραν βίον λογίζου σόν, τὰ δ ἄλλα τῆς τύχης. τίμα δὲ καὶ τὴν πλεῖστον ἡδίστην θεῶν Κύπριν βροτοῖσιν εὐμενὴς γὰρ ἡ θεός. τὰ δ ἄλλ ἔασον πάντα καὶ πιθοῦ λόγοις ἐμοῖσιν, εἴπερ ὀρθά σοι δοκῶ λέγειν. οἶμαι μέν. οὔκουν τὴν ἄγαν λύπην ἀφεὶς πίηι μεθ ἡμῶν [τάσδ ὑπερβαλὼν τύχας, στεφάνοις πυκασθείς]; καὶ σάφ οἶδ ὁθούνεκα τοῦ νῦν σκυθρωποῦ καὶ ξυνεστῶτος φρενῶν μεθορμιεῖ σε πίτυλος ἐμπεσὼν σκύφου. ὄντας δὲ θνητοὺς θνητὰ καὶ φρονεῖν χρεών ὡς τοῖς γε σεμνοῖς καὶ συνωφρυωμένοις ἅπασίν ἐστιν, ὥς γ ἐμοὶ χρῆσθαι κριτῆι, οὐ βίος ἀληθῶς ὁ βίος ἀλλὰ συμφορά. perché tu divenga più saggio. Sai quale natura possiedono gli eventi umani? Credo di no. E come potresti infatti? Ascoltami. Per tutti i mortali è stabilito morire e non c è chi tra gli uomini sa se vivrà il giorno di domani: è infatti oscuro il cammino per cui passa la sorte, non è insegnabile e non si afferra con l arte. Avendo ascoltato e imparato queste cose da me rallegrati, bevi, considera tua la vita giorno per giorno, mentre il resto è della sorte. Onora anche Cipride, di gran lunga la più dolce tra gli dei per i mortali: la divinità è infatti benevola. Lascia perdere tutto il resto e dai retta alle mie parole, se ti sembra che dica cose giuste. A me sì. Mettendo da parte l eccessivo dolore bevi con me dopo aver oltrepassato tali vicende essendoti cinto di corone. So bene che il gorgoglio della coppa ti porterà lontano dalla presente malinconia e dallo stato d animo. È necessario, essendo mortali, pensare anche cose mortali: come a tutti i pensierosi e gli accigliati, a stare al mio giudizio, la vita non è veramente vita, ma un agonia. FONTE: Euripide, Ciclope, 747-802 TRADUZIONE 31 ODISSEO Dopo che fu gonfio della carne dei compagni, e cadde supino, emettendo un fiato greve, qualche Dio m ispirò; colmata una coppa di vino maronio, gliel offersi, e dissi: «Figlio del Dio del mare, Ciclope, vedi che divino liquore dalle sue viti, bacchico refrigerio, l Ellade ti offre!». Ed egli, gonfio del nefando cibo, accetta, e trinca, e manda giù d un sorso, e se ne loda, e volge a me la mano: «Dopo un buon pranzo, ospite mio carissimo, tu m offri un buon bicchiere!». Ed io, veduto che ci pigliava gusto, gliene mesco un altra tazza: ben sapevo che il vino gli avrebbe dato alla testa, e gliel avrei fatta presto scontare. E lui si diede alle canzoni. Ed io gliene mescevo una sull altra; e bevi e bevi, andava in bollore. Egli strillava, e i miei compagni 31 Traduzione di Ettore Romagnoli. 10

piangevano; e nell antro era un rimbombo. Io zitto zitto sono uscito, e voglio salvarmi, e insieme anche voi, se lo bramate. Ditemi, via, volete o non volete fuggire questo selvaggio, e vivere nelle case di Bacco, insieme con le Naiadi? Il padre tuo, che è lì dentro, acconsente: ma troppo ubriaco, e troppo attaccato al vino, se ne sta vicino al bicchiere come un uccello vicino al vischio, e invano dibatte le ali. Tu che sei giovine, salvati con me, e torna a Dioniso, al vecchio amico tuo, che per nulla è simile al Ciclope. CORO Oh, se potessi, amico mio, vedere tale giorno, e fuggire l empio Ciclope! Poiché da gran tempo siamo a stomaco vuoto e non abbiamo da mangiare! [ ] CICLOPE Versa, colmando una tazza, e dammela. SILENO Come si mischia? Aspetta che ricordi. CI. Tu mi uccidi! Dammelo così. SI. Non te lo mescerò, per Zeus, se prima non t ho veduta la corona in capo! CI. Ingiusto coppiere! SI. Oh che! No, il vino è dolce! Ma se vuoi bere, prima devi pulirti. CI. Ecco, ho pulito labbra e baffi. SI. Adesso appoggia con bel garbo il gomito, e dopo bevi come faccio io, e smetti come me. CI. Ehi, ehi, che fai? SI. Ho fatto un sorso solo! Ah, che dolcezza! CI. Piglia, forestiero, sii tu mio coppiere. OD. Si riconoscono la vigna e la mia mano. CI. Mesci, via! OD. Mesco, basta che tu taccia! FONTE: Alceo, fr. 38 V. TRADUZIONE 32 Bevi e inebriati, o Melanippo, con me. Che mai? Quando i vortici dell Acheronte avrai passati attraversando il grande varco, pensi che ancora la pura luce del sole vedrai? Ma orsù, non avere grandi speranze. E infatti anche l Eolide re Sisifo tentò, il più saggio dei mortali, di sfuggire alla morte; ma pure essendo astuto, per volere della Parca un altra volta ripassò i vortici dell Acheronte, (e gl impose) il Cronide di sostenere una ben grave fatica sotto la terra nera. Ma suvvia, non pensare alle cose di laggiù, finché siamo giovani... 32 Traduzione di Carlo Gallavotti. 11

FONTE: Alceo, fr. 335 V. TRADUZIONE 33 Non bisogna abbandonare l animo alle sventure, poiché nulla ci gioverà l affliggerci, o Bucchi: ma il farmaco migliore è farsi portar vino e inebriarsi. FONTE: Alceo, fr. 346 V. TRADUZIONE 34 Beviamo. Perché aspettare le lucerne? Breve il tempo. O amato fanciullo, prendi le grandi tazze variopinte, perché il figlio di Zeus e di Semele diede agli uomini il vino per dimenticare i dolori. Versa due parti di acqua e una di vino; e colma le tazze fino all orlo: e l una segua subito l altra. FONTE: Alceo, fr. 362 V. TRADUZIONE 35 Ma d intrecciate corolle di aneto ora qualcuno ci circondi il collo e dolce olio profumato versi a noi sul petto. 33 Traduzione di Raffaele Cantarella. 34 Traduzione di Salvatore Quasimodo. 35 Traduzione di Salvatore Quasimodo. 12

Verifica Con questa prova di verifica si cerca di appurare la capacità di traduzione di un testo d autore, che comunque è stato già tradotto dal docente in classe, la capacità di comprensione del testo stesso, poiché spesso accade che gli studenti traducano, anche bene, dei brani senza però capirli a fondo, ed infine la loro capacità di approfondimento e analisi critica con richiami ad altri brani della stessa opera o a brani letterari di altri autori. 1. Traduci i seguenti versi dell Alcesti: TESTO TRADUZIONE 750 755 760 765 770 ΘΕΡΑΠΩΝ πολλοὺς μὲν ἤδη κἀπὸ παντοίας χθονὸς ξένους μολόντας οἶδ ἐς Ἀδμήτου δόμους, οἷς δεῖπνα προύθηκ ἀλλὰ τοῦδ οὔπω ξένου κακίον ἐς τήνδ ἑστίαν ἐδεξάμην. ὃς πρῶτα μὲν πενθοῦντα δεσπότην ὁρῶν ἐσῆλθε κἀτόλμησ ἀμείψασθαι πύλας. ἔπειτα δ οὔτι σωφρόνως ἐδέξατο τὰ προστυχόντα ξένια, συμφορὰν μαθών, ἀλλ, εἴ τι μὴ φέροιμεν, ὤτρυνεν φέρειν. ποτῆρα δ ἐν χείρεσσι κίσσινον λαβὼν πίνει μελαίνης μητρὸς εὔζωρον μέθυ, ἕως ἐθέρμην αὐτὸν ἀμφιβᾶσα φλὸξ οἴνου. στέφει δὲ κρᾶτα μυρσίνης κλάδοις, ἄμουσ ὑλακτῶν δισσὰ δ ἦν μέλη κλύειν ὁ μὲν γὰρ ἦιδε, τῶν ἐν Ἀδμήτου κακῶν οὐδὲν προτιμῶν, οἰκέται δ ἐκλαίομεν δέσποιναν, ὄμμα δ οὐκ ἐδείκνυμεν ξένωι τέγγοντες Ἄδμητος γὰρ ὧδ ἐφίετο. καὶ νῦν ἐγὼ μὲν ἐν δόμοισιν ἑστιῶ ξένον, πανοῦργον κλῶπα καὶ ληιστήν τινα, ἡ δ ἐκ δόμων βέβηκεν, οὐδ ἐφεσπόμην οὐδ ἐξέτεινα χεῖρ ἀποιμώζων ἐμὴν δέσποιναν, ἣ μοὶ πᾶσί τ οἰκέταισιν ἦν μήτηρ κακῶν γὰρ μυρίων ἐρρύετο, ὀργὰς μαλάσσουσ ἀνδρός. ἆρα τὸν ξένον στυγῶ δικαίως, ἐν κακοῖς ἀφιγμένον; 13

775 780 785 790 795 800 ΗΡΑΚΛΗΣ οὗτος, τί σεμνὸν καὶ πεφροντικὸς βλέπεις; οὐ χρὴ σκυθρωπὸν τοῖς ξένοις τὸν πρόσπολον εἶναι, δέχεσθαι δ εὐπροσηγόρωι φρενί. σὺ δ ἄνδρ ἑταῖρον δεσπότου παρόνθ ὁρῶν στυγνῶι προσώπωι καὶ συνωφρυωμένωι δέχηι, θυραίου πήματος σπουδὴν ἔχων. δεῦρ ἔλθ, ὅπως ἂν καὶ σοφώτερος γένηι. τὰ θνητὰ πράγματ οἶδας ἣν ἔχει φύσιν; οἶμαι μὲν οὔ πόθεν γάρ; ἀλλ ἄκουέ μου. βροτοῖς ἅπασι κατθανεῖν ὀφείλεται, κοὐκ ἔστι θνητῶν ὅστις ἐξεπίσταται τὴν αὔριον μέλλουσαν εἰ βιώσεται τὸ τῆς τύχης γὰρ ἀφανὲς οἷ προβήσεται, κἄστ οὐ διδακτὸν οὐδ ἁλίσκεται τέχνηι. ταῦτ οὖν ἀκούσας καὶ μαθὼν ἐμοῦ πάρα εὔφραινε σαυτόν, πῖνε, τὸν καθ ἡμέραν βίον λογίζου σόν, τὰ δ ἄλλα τῆς τύχης. τίμα δὲ καὶ τὴν πλεῖστον ἡδίστην θεῶν Κύπριν βροτοῖσιν εὐμενὴς γὰρ ἡ θεός. τὰ δ ἄλλ ἔασον πάντα καὶ πιθοῦ λόγοις ἐμοῖσιν, εἴπερ ὀρθά σοι δοκῶ λέγειν. οἶμαι μέν. οὔκουν τὴν ἄγαν λύπην ἀφεὶς πίηι μεθ ἡμῶν [τάσδ ὑπερβαλὼν τύχας, στεφάνοις πυκασθείς]; καὶ σάφ οἶδ ὁθούνεκα τοῦ νῦν σκυθρωποῦ καὶ ξυνεστῶτος φρενῶν μεθορμιεῖ σε πίτυλος ἐμπεσὼν σκύφου. ὄντας δὲ θνητοὺς θνητὰ καὶ φρονεῖν χρεών ὡς τοῖς γε σεμνοῖς καὶ συνωφρυωμένοις ἅπασίν ἐστιν, ὥς γ ἐμοὶ χρῆσθαι κριτῆι, οὐ βίος ἀληθῶς ὁ βίος ἀλλὰ συμφορά. 2. Quali analogie riscontri nella figura del comasta con i vv. dei Ciclope (409-440; 556-569) letti in classe? 3. In base a quanto appena evidenziato, quali sono le novità introdotte dalle parole del servo allo scopo di rendere l Alcesti un δρᾶμα σατυρικώτερον, come affermato nella seconda ὑπόθεσις della tragedia tradotta ad inizio anno? 14

4. Della tragedia sono già stati individuati, attraverso la lettura del testo in italiano, alcuni aspetti comici, come la caratterizzazione dei personaggi ribaltata rispetto all epica (Alcesti che muore da eroina, Admeto che la supplica di non farlo come Andromaca o che stenta a riconoscerla nel finale come Penelope). In che modo ti sembra che il testo esaminato si leghi a tali aspetti e contribuisca a creare una parodia del genere tragico? 15

Griglia di valutazione Esercizio 1 comprensione del testo conoscenze morfosintattiche qualità linguistica della traduzione Esercizio 2 Esercizio 3 Esercizio 4 fino a 5 punti 2 punti 2 punti 1 punto fino a 1,5 punti fino a 1,5 punti fino a 2 punti 16

Percorsi di approfondimento per le eccellenze 36 Qualora siano riscontrabili nella classe alunni al livello di eccellenza (una media voti pari o maggiore al 9 e uno spiccato interesse per l ambito umanistico) è possibile assegnare loro un percorso di approfondimento individuale. Tale percorso consiste nella lettura integrale dell articolo, fondamentale per questa lezione, dal titolo Δακρυόεν γελάσαι Sorridere tra le lacrime nell Alcesti di Euripide (di Pattoni M. P., in Mureddu P. Nieddu G., «Comicità e riso tra Aristofane e Menandro. Atti del Convegno di Studi Cagliari 29 settembre-1 ottobre 2005», Amsterdam 2006, pp. 187-227), nella scelta di un altro passo dell Alcesti nel quale sono infrante determinate norme proprie della tragedia (ad es. il prologo recitato da Apollo che fa intuire il lieto fine con la vittoria su Θάνατος, l ἀναγνώρισις finale tra marito e moglie ecc.) come ben illustra l autrice, e nella spiegazione alla classe di quanto studiato personalmente. 36 In base alla Raccomandazione Europea 1248 del 7 ottobre 1994, al D. Lgs. del 29 dicembre 2007 n.262 e al DM 8 settembre 2011. 17

Bibliografia di studio (per il docente) DALE 1954 = Euripides, Alcestis edited by A.M. Dale, Oxford 1954. DEGANI-BURZACCHINI 1977 = Degani E. Burzacchini G., Lirici greci. Antologia, Bologna 1977. GARNER 1990 = Garner R. K., From Homer to Tragedy: the Art of Allusion in Greek Poetry, London and New York 1990. NAPOLITANO 2005 = Napolitano M., Appunti sullo statuto letterario del Ciclope euripideo in «Dionisio» 4, 2005, pp. 42-55. PADUANO-BONCINELLI 2012 = Euripide, Alcesti. Traduzione e note di Guido Paduano, prefazione di Edoardo Boncinelli, Milano 2012. PATTONI 1988 = Pattoni M. P., L exemplum mitico consolatorio: variazioni di un topos nella tragedia greca in «Studi classici e orientali» 38, 1988, pp. 229-262. PATTONI-CARPANI 2004 = Pattoni M. P. Carpani R. (a cura di), Sacrifici al femminile. Alcesti in scena da Euripide a Raboni, in «Comunicazioni sociali» 26, 2004, pp. 273-577. Approfondimenti bibliografici (per gli studenti) BACCINI 2007 = Baccini D. (a cura di), Euripide, Alcesti, Roma 2007 o qualche altra edizione scolastica della tragedia. CITTI 2009 = Citti V. Casali C. Gubellini M. Pennesi A., Storia e autori della letteratura greca, vol. 1, Bologna 2009 o qualche altro manuale di storia letteraria in uso nelle scuole. PATTONI 2006 = Pattoni M. P., Δακρυόεν γελάσαι. Sorridere tra le lacrime nell Alcesti di Euripide, in Mureddu P. Nieddu G., «Comicità e riso tra Aristofane e Menandro. Atti del Convegno di Studi Cagliari 29 settembre-1 ottobre 2005», Amsterdam 2006, pp. 187-227 (già segnalato per le eccellenze). ROSSI-GALLICI 2005 = Rossi R., Gallici U. G., Vallarino G., Porcelli A., Hellenikà vol. 2B, Torino 2005 o qualche altro manuale di storia letteraria in uso nelle scuole. 18