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PICCOLO MANUALE DI SOPRAVVIVENZA CLASSIFICAZIONE DELLE LETTERE Vocali brevi: ε, ο. Vocali lunghe: η, ω. Vocali ancipiti (brevi o lunghe): α, ι, υ Dittonghi propri (vocale breve α, ε, ο, υ + ι, υ): αι, ει, οι, υι, αυ, ευ, ου Dittonghi impropri (vocale lunga ᾱ, η, ω + ι sottoscritta, υ): ᾳ, ῃ, ῳ, ᾱυ, ηυ, ωυ Consonanti mute: quelle che non possono prolungare il suono 1) Velari o gutturali: κ (sorda), γ (sonora), χ (aspirata), ξ (doppia) 2) Labiali: π (sorda), β (sonora), ϕ (aspirata), ψ (doppia) 3) Dentali: τ (sorda), δ (sonora), θ (aspirata), ζ (doppia) Consonanti continue: quelle che possono prolungare il suono 1) Nasali: μ (labiale), ν (dentale), γ (velare: pronuncia n prima di velare muta) 2) Sibilanti: σ / ς 3) Liquide: λ, ρ FENOMENI VOCALICI 1) Contrazioni Regole fondamentali 2 vocali dello stesso timbro = vocale lunga corrispondente (ᾱ, η, ω) fatta eccezione per ε + ε = ει (e chiusa lunga) ed ο + ο = ου (o chiusa lunga) Quando il suono e (ε, η) contrae con il suono a (α) ha la meglio il suono che precede: α + ε = α / ε + α = η Tutte le contrazioni di vocale con il suono o (o, ω) danno come risultato ω tranne ε + ο = ου Quando una vocale contrae con un dittongo che inizia per la stessa vocale la prima si annulla. Quando una vocale contrae con un dittongo che inizia per vocale diversa, si effettua la contrazione delle prime due vocali; la ι finale si sottoscrive e la υ si elimina (a meno che il risultato della contrazione non sia già ου). Contrazioni strane: ο + ει / ῃ = οι ε + οι=οι 2) Crasi Quando su una vocale preceduta da consonante c è uno spirito dolce (cioè coronide) si tratta sempre di una crasi: è la contrazione (spesso irregolare) fra due vocali di parole diverse (che terminano ed iniziano per vocale) o fra preverbo προ- e aumento. Es. τὰ ἄλλα τἆλλα προέβαινον προὔβαινον 3) Metatesi E il trasferimento di una vocale o consonante fra due sillabe (τίτκω τίκτω) o o lo scambio della quantità fra due vocali (metatesi quantitativa. Es: πόληος πόλεως). 4) Apofonia E la variazione della quantità o qualità di una vocale nella formazione di parole derivanti da una stessa radice o nella flessione di un nome, aggettivo o verbo. Si distingue in a) Quantitativa, fondata sull alternanza fra un grado normale (detto anche medio o breve = vocale breve: es. πάτερ), un grado allungato (detto anche forte = vocale lunga: es: πατήρ) e, talora, un grado zero (detto anche ridotto = assenza di vocale: es. πατρός). Un tipo di apofonia quantitativa è l allungamento organico che ricorre nei nominativi singolari maschi e femminili non sigmatici della III declinazione. 1

b) Qualitativa, fondata sull alternanza fra un grado normale (detto anche medio = vocale ε: es. τρέπω), un grado forte (= vocale ο: es: τέτροπα) e, talora, un grado zero (detto anche ridotto = assenza di vocale, spresso tuttavia corrispondente ad una vocalizzazione in α di una liquida o nasale: es. ἔτραπον). 5) Allungamento di compenso E l allungamento di una vocale a seguito della caduta di una consonante continua (che cioè si prolunga nel tempo, come le liquide, le nasali e le sibilanti) e corrisponde in genere alla contrazione della vocale con se stessa (α + α = α; ε + ε= ει; ο + o = ου). Attenzione a non confondere l allungamento apofonico (che non è legato alla caduta di una lettera ma alle variazioni naturali di una radice) con quello di compenso. Vocale Allungamento organico (apofonico) Allungamento di compenso ᾰ ᾱ (se preceduta da ε, ι, ρ) ᾱ (=ᾰ + ᾰ) η (negli altri casi) ο ω oυ (o chiusa lunga = ο + ο) ε η ει (ε chiusa lunga = ε + ε) talora anche η ACCENTI L accento circonflesso può stare solo sull ultima o sulla penultima sillaba e solo se la sillaba ha vocale lunga (o dittongo). L accento acuto può stare solo sulle tre ultime sillabe, lunghe o brevi: ma sulla terzultima ci può stare solo se l ultima sillaba è breve. Quando l accento cade sulla penultima sillaba (e solo se deve cadere proprio lì) si applica la legge del trocheo finale: se la penultima è lunga e l ultima breve l accento sarà circonflesso (properispomena) altrimenti acuto. Tendenze fondamentali: 1) Nei sostantivi e aggettivi l accento tende a restare sulla vocale del nominativo singolare. 2) Nei modi finiti dei verbi, cioè indicativo, congiuntivo, ottativo (escluso quello dei verbi atematici) e imperativo l accento tende a retrocedere verso sinistra, ma mai oltre l aumento (compreso). Nella flessione di verbi e nomi, all interno delle regole precedenti, si verificano spesso queste due situazioni: 1) spostamento dell accento acuto dalla terzultima alla penultima quando l ultima diventa lunga. 2) mutamento dell accento sulla penultima da acuto a circonflesso o viceversa secondo la legge del trocheo finale. L accento acuto sull ultima sillaba diventa grave quando dopo non c è una parola enclitica o un segno di interpunzione. Quando una parola con l accento acuto sulla terzultima o circonflesso sulla penultima è seguita da un enclitica, aggiunge un secondo accento acuto sull ultima sillaba: δῶρόν τι Quando una parola con l accento acuto sulla penultima è seguito da un enclitica bisillabica si aggiunge un accento sull ultima sillaba dell enclitica: δώρου τινός, δόρων τινῶν 2

Nelle parole contratte l accento è in genere quello prima della contrazione (bisogna sempre partire dalla forma non contratta), ma se cade sulla prima delle due vocali che contraggono diventa circonflesso. Radice, tema, affissi La radice è l elemento minimo dotato di significato comune a più parole. Il tema è la forma base per la flessione di una parola (nome o verbo). Gli affissi sono elementi che si inseriscono prima del tema (prefissi), nel tema (infissi) o dopo il tema (suffissi) per formare le varie parole o modificarle. USO DELLE PARTICELLE La particella enclitica τε (= lat. que), se è seguita da καί, in genere non si traduce, oppure (solo se non risulta troppo pesante il senso) si rende come sia sia. Le particelle μέν e δέ vengono a rapportare o opporre (in maniera per lo più lieve) due proposizioni o due elementi di esse. Esse sono fondamentali per comprendere la struttura del periodo, ma non sono da tradurre necessariamente. Nel caso che il contesto consigli la loro esplicitazione (ma spesso si può non tradurle affatto) sono tendenzialmente da evitare forme pesanti come non solo ma anche; da una parte dall altra optando piuttosto per un semplice mentre (nella prima parte o nella seconda), o un invece (nel secondo membro, facendolo precedere preferibilmente da un punto e virgola). Quando queste due particelle ricorrono dopo un articolo esprimono il senso pronominale dell articolo stesso: l uno l altro; gli uni gli altri; questi quelli. Se vi è un articolo + δέ isolato all inizio di periodo non avra significato oppositivo, ma al massimo lievemente avversativo ed egli / ella / essi (o anche ma egli ) Posizione attributiva Quando un aggettivo o un complemento (anche preceduto da articolo) si colloca fra l articolo e il nome a cui si riferisce si parla di posizione attributiva. Es.: ἡ τῆς κόρης οἰκία: la casa della ragazza (lett. la della ragazza casa ) ἡ καλὴ κόρη: la bella fanciulla La posizione attributiva si può anche realizzare ripetendo l articolo del nome reggente e collocando subito dopo l aggettivo o il complemento Es.: ἡ οἰκία ἡ τῆς κόρης: la casa della ragazza (lett. la casa, quella della ragazza ) ἡ κόρη ἡ καλή: la bella fanciulla (lett. la fanciulla, quella bella) La posizione attributiva sottolinea la stretta dipendenza del complemento rispetto al nome reggente, da mantenere anche nella traduzione. Ad esempio Αἱ ἐν τῇ οἰκίᾳ κόραι (o anche Αἱ κόραι αἱ ἐν τῇ οἰκίᾳ) καθεύδουσιν non si dovrà tradurre Le ragazze dormono nella casa ma Le ragazze (che sono) nella casa dormono. Quando invece l aggettivo o il complemento non seguono l articolo si ha la posizione predicativa. SOSTANTIVAZIONE DELL AGGETTIVO L articolo serve spesso per determinare aggettivi non concordati con un nome ma utilizzati come sostantivi. Quando l articolo è maschile o femminile sono sottintese persone generiche oppure un nome già impiegato che si preferisce non ripetere. 3

Οἱ δειλοί = i vili, gli uomini vili Tῶν Περσῶν οἱ σοφοί fra i Persiani i saggi = I saggi persiani Quando l articolo è neutro, a meno che non si riferisca ad un nome già detto in precedenza, viene espresso un concetto astratto. Al singolare dovrà essere tradotto con il sostantivo astratto corrispondente, tenendo presente che in italiano un aggettivo sostantivato solo a volte può indicare anche un concetto oltre che una persona. Ad esempio τὸ καλόν = la bellezza, il bello, l essere bello ma τὸ εὐμενές = la benevolenza, la natura benevola, l essere benevolo (e non il benevolo, perché in italiano indica persona, non cosa); τό Ἑλληνικόν = la Grecità, la cultura greca, natura greca, civiltà greca, essere greco (e non il Greco, che indicherebbe persona). Al plurale il neutro viene ad indicare cose intese come realtà, situazioni, azioni, comportamenti, tradizioni, affari, argomenti, questioni, fatti, riti, territori, parti, ma τὰ ἀγαθά = i beni. SOSTANTIVAZIONE DELL INFINITO In greco è frequente trovare l infinito preceduto da articolo con funzione di sostantivo, spesso anche preceduto da preposizione e declinato con valore di complemento, di fatto corrispondente ad una subordinata implicita. Εἰς τό μάχεσθαι = per (il) combattere, al fine di combattere ἐν τῷ διαβαίνειν = nell attraversare, mentre attraversa(va)no διὰ τὸ μή πίνειν = per il (fatto di) non bere, per il fatto che / poiché non bevono / bevevano Al posto dell infinito ci può essere un infinitiva (con soggetto in accusativo!), che sarà da tradurre usando la formula (per) il fatto che oppure con una subordinata esplicita διὰ τὸ πλείστην σύνεσιν (oggetto) τοὺς ἄνδρας τούτους (soggetto) ἐκ παιδείας εἰσφέρεσθαι per il fatto che / poiché questi uomini ottengono dall educazione grande saggezza AGGETTIVI DELLA I CLASSE Si distinguono in 1. Aggettivi a 3 uscite. Il maschile e il neutro seguono la II declinazione, il femminile la prima dei temi in α lunga. Nel femminile plurale l accento si adegua al maschile. 2. Aggettivi a 2 uscite. Si trattai di aggettivi per lo più composti con un prefisso (preposizione, εὐ-, δυς-, ἀ-) e baritoni (cioè non accentati sull ultima). Il maschile=femminile e il neutro seguono la II declinazione. 3. Aggettivi contratti a 3 e a 2 uscite: seguono il modello dei corrispondenti sostantivi contratti (ma il vocativo singolare maschile è uguale al nominativo). Il femminile esce al singolare in α se prima delle vocali contratte abbiamo una ρ (alfa pura), altrimenti in η. DECLINAZIONE ATTICA E una II declinazione con tutte le vocali trasformate in ω, tranne le ι, che si sottoscrivono. L accento è sempre quello del nominativo. III DECLINAZIONE: Il tema si ricava dal genitivo singolare togliendo la desinenza ος: 4

Il nominativo Maschile e Femminile singolare può essere a) asigmatico con allungamento organico (=apofonico: α η; ε η; ο ω ): Es. tema ποιμεν ποιμήν. b) sigmatico (aggiunta della desinenza ς) senza allungamento organico. Ci può però essere un allungamento di compenso, legato alla caduta di una nasale (α ᾱ; ε ει; ο ου ): es. κτένς κτείς Il nominativo Neutro è sempre asigmatico senza allungamento=puro tema. Le consonanti dentali finali cadono sempre: σῶματ- σῶμα L accusativo singolare maschile, che usciva in semiconsonante nasale m, si vocalizza in ᾰ nei temi in consonante,, mentre diventa in genere consonante -ν nei temi in vocale (tranne qualche tema in dittongo). Un eccezione è l accusativo in -ιν o υν dei nomi baritoni (cioè non accentati sull ultima) in dentale che escono al nomaintivo in -ις e υς (χάριν da χάρις, χάριτος) L accusativo plurale maschile, che usciva in ns, si vocalizza in -ᾰς (breve, a differenza di ᾱς accusativo plurale della I declinazione!) nei temi in consonante, mentre nei temi in vocale abbiamo in genere la caduta del n e un allungamento di compenso (πόλεις) Il vocativo singolare maschile e femminile è in genere uguale al nominativo nei temi in consonante, esclusi i nomi baritoni in ντ-, liquida o nasale, che l hanno uguale al puro tema, come i sostantivi con tema in vocale e dittongo. Regola dell accento propria della III declinazione: nei sostantivi monosillabi al nominativo singolare l accento si sposta sulla terminazione nei casi obliqui (accento circonflesso quando l ultima è lunga) Alcune particolarità importanti I sostantivi πατήρ, μήτερ, θυγάτηρ presentano apofonia con grado lungo (vocale lunga η) nel N Sing, il grado zero (senza vocale) nei casi obliqui del singolare (πατρός) e nel dativo plurale (πατράσι, con vocalizzazione del ρ in ρα) e grado normale (vocale breve ε) negli altri casi (vocativo singolare con accento ritratto: πάτερ). Il sostantivo ἀνήρ estende il grado zero (nella forma ἀνδρ, con consonante δ aggiunta=epentesi) a tutti i casi tranne nominativo e vocativo singolare (ἀνήρ, ἄνερ). Sostantivi in sibilante con sigma elidente in posizione intervocalica. Il gruppo più importante è quello dei neutri con apofonia qualitativa in ες/ος. La forma ος si trova nei casi retti del neutro, quella ες nella altre forme ma il sigma cade in posizione intervocalica con contrazione successiva. Ricordare le omografie con la prima e seconda declinazione (al singolare i casi retti in ος e il genitivo in ους, al plurale i casi retti in η e il genitivo in -ῶν). Sempre neutri sono anche i temi in ας, che talora si confondono con quelli in dentale (κέρας, κέρατος O κέρως). Sostantivi in vocale e dittongo: si tratta di originari temi in iod e digamma che si vocalizzano in ι e υ ma cadono in posizione intervocalica. Il gruppo più importante è quello dei sostantivi apofonici in ις e υς (πόλις, πέλεκυς), che hanno la terminazione εως del genitivo dovuta a metatesi (=scambio) quantitativa (ηjος εως). L accento è irregolarmente quello antecedente alla metatesi (πόλεως: i grammatici lo giustificano come sinizesi). Stessa terminazione si trova anche nei sostantivi in dittongo ευς (βασιλέως) AGGETTIVI DELLA II CLASSE 5

1. A 3 uscite. Il maschile e il neutro seguono la 3ª declinazione, il femminile il modello in α breve della I declinazione con suffisso jα. Gruppi principali: participi, con tema in ντ- e nominativo maschile asigmatico o sigmatico. NB: per il dativo plurale maschile e neutro occorre guardare al nominativo femminile singolare sostuendo α con ι Aggettivi in -υς, -εῖα, -υ: seguono il modello dei sostantivi in υς (es. πέλεκυς, εως), ma il genitivo ha vocali brevi (-εος) 2. A 2 uscite. Il maschile è uguale al femminile e differisce dal neutro nei casi retti del singolare (tranne vocativo) e in quelli del plurale. Nei nomi baritoni (=non accentati sull ultima) l accento si ritrae al neutro (εὐδαίμων, εὔδαιμον). Gruppi principali: Aggettivi in ον (nominativo singolare maschile e femminile in ων) Aggettivi in ες: estendono al maschile=femminile il modello dei neutri in -ες (ma senza la variante apofonica -ος) 3. A 1 uscita: Si tratta in genere di sostantivi che vengono anche usati come aggettivi. Il maschile è uguale al femminile e differisce dal neutro nell accusativo singolare e nei casi obliqui del plurale. Negli aggettivi della II classe (esclusi i participi) il vocativo singolare maschile è quasi sempre uguale al puro tema, viene quindi a coincidere con i casi retti del neutro. COMPARATIVI E SUPERLATIVI DI MAGGIORANZA I tipo: comp. -τερος, α, ον; superl. τατος, η, ον II tipo: comp. ιων, ιον; superlativo. -ιστος, -η, -ον. Il comparativo in ιων segue il modello degli aggettivi a 2 uscite in ων della seconda classe. Tuttavia nell accusativo singolare maschile (= femminile) e in tutti i casi retti del plurale abbiamo anche forme contratte. καλλίονα (accusativo singolare MF e casi retti plurale N) καλλίω; καλλίονες (nominativo e vocativo plurale MF) / καλλίονας (accusativo plurale MF) καλλίους Per realizzare il COMPARATIVO DI UN AVVERBIO si usa l accusativo neutro singolare dell aggettivo al comparativo (ταχέως θᾶσσον), per realizzare il SUPERLATIVO DI UN AVVERBIO si usa l accusativo neutro plurale dell aggettivo al superlativo (ταχέως τάχιστα). Il comparativo si rafforza con avverbi, spesso accusativi singolari o dativi neutri di aggettivi: πολύ, πολλῷ. Il superlativo si rafforza con ὠς, oppure ὅτι ( ὠς τάχιστα = il più velocemente possibile ) Il comparativo richiede il secondo termine di paragone che si rende con il genitivo o con ἤ + aggettivo nel caso del primo termine. Il superlativo relativo ( il più ) richiede il complemento partitivo che si rende con il genitivo (anche preceduto da ἐξ) o con ἐν + dativo. ATTENZIONE: il comparativo greco preceduto dall articolo, sia come attributo sia come aggettivo sostantivato, in genere esprime semplicemente una opposizione alla qualità contraria, e andrà tradotto al grado positivo in italiano, evitando la formula articolo + comparativo, che equivale invece ad un superlativo relativo italiano (più bello = comparativo IL più bello = superlativo relativo). 6

Ad esempio non devo tradurre in italiano il comparativo οἱ πενέστεροι come i più poveri, perché diverrebbe uguale al superlativo οἱ πενέστατοι, ma come i poveri in quanto opposti a οἱ πλουσιώτεροι i ricchi (e non i più ricchi ). Lo stesso vale per οἱ πρεσβύτεροι gli anziani (e non i più vecchi ) opposto a οἱ νεώτεροι i giovani e ad altre formule simili. PRONOMI DIMOSTRATIVI I dimostrativi o deittici (da δείκνυμι, mostro) possono essere pronomi o aggettivi. 1. L articolo ὁ, ἡ, τό, il cui valore originario, presente di regola nella poesia omerica, era quello di pronome dimostrativo, mantiene nel greco classico funzione di pronome in varie espressioni a) Unito alla coppia μέν / δέ, senza sostantivo seguente, esprime una correlazione oppositiva ( l uno l altro; questo quello ) Οἱ μὲν καθεύδουσιν, οἱ δὲ ἀριστῶσιν: gli uni / questi riposano, gli altri / quelli mangiano b) Seguito solo da δέ (di rado solo da μέν), senza sostantivo seguente, ha funzione di pronome personale di III persona. Ὁ δὲ ἔλεγε: (Ma / Ed) egli / quello diceva. c) Al maschile o al femminile singolare seguito dal genitivo indica figlio/figlia di Άχιλλεὺς ὁ Πηλέως. Achille figlio di Peleo d) Al neutro singolare seguito dal genitivo indica il detto di.., il proverbio di. Ἔνδοξόν ἐστι τὸ τοῦ Σωκράτους. E famoso il detto di Socrate e) Al plurale maschile o femminile seguito da un genitivo, da un altro complemento o da un avverbio indica genericamente persone: quelli / quelle (cioè uomini, seguaci, servi, discepoli, sudditi ) di, con, ecc... Οἱ σὺν τῷ βασιλεῖ: Quelli con il re, i compagni del re. Οἱ νῦν: Quelli di adesso, i contemporanei. Οἱ πάλαι: Gli antichi f) Al plurale neutro seguito da un genitivo o da un altro complemento o avverbio indica genericamente cose: le cose (cioè affari, argomenti, ricchezze, territori..) di, riguardo, contro, attorno ecc. Τὰ περὶ τὸν πόλεμον: Gli affari della guerra. Τὰ νῦν: Le cose di adesso, l attualità g) Puo formare locuzioni avverbiali, anche con un aggettivo sostantivato (πρὸ τοῦ = prima di ciò, prima d ora ; ἐν δὲ τoῖς = fra l altro ; τὸ πρῶτον, τά πρῶτα = inizialmente ; τὸ πολύ, τὰ πολλά = per lo più; τὸ πλέον = maggiormente, τὸ παλαιόν = anticamente ; τὸ νῦν, τὰ νῦν attualmente ) 2. ὅδε, ἥδε, τόδε indica persona o cosa vicina a chi parla, al pari di hic, haec, hoc e si traduce con questo. Come aggettivo, si usa sempre in posizione predicativa, prima dell articolo (da non tradurre) o dopo il nome. ϕεῦγε τόνδε τὸν κόλακα (τὸν κόλακα τόνδε). fuggi questo adulatore! 3. οὗτος, αὕτη, τοῦτο indica persona o cosa vicina a chi ascolta, al pari di iste, ista, istud, ma ha un uso assai più ampio e frequente (anche come pronome personale di terza persona). Come aggettivo si usa sempre in posizione predicativa. I corrispettivi italiani diretti sarebbero 7

codesto (agg. e pronome), costui, costoro (pronomi), o, più comunemente questo (agg.), questo, ciò, egli, essi (pronomi). Τούτους τοὺς λόγους ἐπαινέω. Io lodo queste parole. Attenzione: Mentre οὗτος assume spesso valore epanalettico [ ], cioè si riferisce a qualche cosa di già noto o detto, ὅδε può avere valore prolettico [ ], cioè anticipa ciò che si dirà, specie quando segue un discorso diretto: Μετὰ ταῦτα, ὁ στρατηγὸς τάδε ἔλεγε: Dopo queste cose [ già riferite] lo stratega disse ciò [le cose che seguono ]:. Però οὗτος si trova frequentemente usato, in genere al neutro, anche con valore prolettico quando segue una proposizione epesegetica (cioè esplicativa del pronome stesso), infinitiva o dichiarativa Toῦτο ὁμολογῶ σοι, δεῖν (= ὅτι δεῖ) κολάζειν τοὺς προδότας. In questo sono d accordo con te, che bisogna punire i traditori. Da ricordare anche l espressione colloquiale Ὦ οὗτος. Ehi, tu!. 4. ἐκεῖνος, ἐκείνη, ἐκεῖνο indica persona o cosa lontana da chi parla ed ascolta, al pari di ille e si traduce con quello o, quando è pronome, con egli, lui. Come aggettivo si usa in posizione predicativa. Ἐκείνῃ τῆ ἡμέρᾳ πᾶσα ἡ πόλις ἐταράχθη. In quel giorno tutta la città fu sconvolta. Come ille latino può anche significare quel famoso. Ἐκεῖνος Σωκράτης: Il celebre Socrate (Socrates ille) 5. αὐτός, ή, όν: è un pronome e aggettivo intensivo che può assumere diversi significati a) Come pronome ha funzione di pronome personale di III persona singolare e plurale, equivalente al latino is, con valore anaforico (cioè si usa per non ripetere uno stesso nome) egli, lui, lo. Πολλὰ αὐτῷ ὑπισχνεῖτο: Gli (a lui) prometteva molte cose. (Ei multa promittebat) In particolare al nominativo corrisponde all uso latino di ipse come pronome. Αὐτὸς ταῦτα ἔλεγεν. Egli stesso (in persona) diceva queste cose. (ipse haec dicebat) Αὐτὸς τοῦτο ἔπραξα. Io stesso ho fatto ciò (Ipse hoc feci). b) In posizione attributiva come aggettivo o pronome ha il valore di idem, cioè stesso, medesimo, identico Τοὺς αὐτοὺς νόμους ἔχομεν: Abbiamo le medesime (le stesse, cioè identiche) leggi (Habemus easdem leges). Quando l articolo termina per vocale si può avere una crasi, che porta di fatto all annullamento della vocale dell articolo: nel nominativo maschile e femminile singolare e plurale resta tuttavia lo spirito aspro dell articolo sul dittongo iniziale, mentre quando l articolo inizia per τ la consonante resta immutata, e sul dittongo si aggiunge la coronide (in pratica resta immutato lo spirito dolce del pronome). ὁ αὐτός αὑτός ἡ αὐτή αὑτή οἱ αὐτοί αὑτοί αἱ αὐταί αὑταί τοῦ αὐτοῦ ταὐτοῦ τῷ αὐτῷ ταὐτῷ τῇ αὐτῇ ταὐτῇ τὸ αὐτὸ ταὐτό(ν) τὰ αὐτά ταὐτά Per esprimere il concetto di stesso di si usa il dativo sociativo oppure καί + nominativo: Οἱ Τρῶες τοὺς αὐτοὺς θεοὺς ἐσέβοντο τοῖς Ἀχαιοῖς / καὶ οἱ Ἀχαιοί: I Troiani veneravano gli stessi dei degli Achei (Troiani eosdem deos colebant atque Achaei). 8

c) In posizione predicativa ha il valore dell aggettivo ipse, ipsa, ipsum, cioè stesso, in persona, persino Ἐν τῇ μάχῃ αὐτὸς ὁ βασιλεὺς (oppure ὁ βασιλεύς αὐτός) ἔθανεν: Nella battaglia lo stesso re (persino il re) morì. (In pugna rex ipse occĭdit) d) al genitivo sostituisce l aggettivo possessivo di III persona quando non è riferito al soggetto (anche il genitivo degli altri dimostrativi può essere impiegato con analogo valore) Γιγνώσκω τὸν πατέρα αὐτοῦ: conosco suo padre (il padre di lui). PRONOMI PERSONALI Per esprimere il pronome personale di III persona si impiega, solo al nominativo, ὁ δὲ, ἡ δέ, ecc. oppure αὐτός, soprattutto nei casi diversi dal nominativo, oppure gli altri dimostrativi (οὗτος, ἐκεῖνος). Il pronome di terza persona οὗ, οἷ, ἕ nella forma tonica (accentata) si usa nelle subordinate, specie al dativo singolare e plurale (οἷ, σϕίσιν) con valore di riflessivo indiretto, cioè riferito al soggetto della reggente, quando è diverso da quello della subordinata, che ne esprime il pensiero. Le forme atone, piuttosto rare in prosa, si trovano utilizzate con valore non riflessivo. La distinzione fra forma non riflessiva e riflessiva è invece molto rigorosa per il pronome di III persona, in quanto elemento discriminante per il significato della frase. Φιλεῖ αὐτόν: Lo ama, ama lui Φιλεῖ ἑαυτόν (αὑτὸν): ama se stesso Nelle subordinate si può trovare il riflessivo diretto ἑαυτοῦ riferito al soggetto della subordinata e il riflessivo indiretto οὗ, οἷ, ἕ riferito al soggetto della reggente. Ὁ βασιλεύς ἐβούλετο πάντας τοὺς πολίτας οἷ (riflessivo indiretto riferito a βασιλεύς) ἑαυτοὺς (riflessivo diretto riferito a πολίτας) παραδιδόναι (Inf): Il re voleva che tutti i cittadini a lui si affidassero L aggettivo possessivo si usa soprattutto nel caso della I e II persona singolare e plurale, collocato in posizione attributiva e con valore sia riflessivo (cioè riferito al soggetto del verbo) sia non riflessivo. Mentre in latino l aggettivo possessivo, quando è riferito a nomina actionis, ha sempre valore soggettivo (= da parte mia), giacché il valore oggettivo si esprime con il genitivo del pronome personale, in greco il possessivo di I e II persona può avere valore sia soggettivo, sia oggettivo. Ἡ ἐμὴ ϕιλία: Il mio amore, l amore da parte mia (=amor meus), l amore verso di me (amor mei). Sono poco usati gli aggettivi possessivi di III persona ὅς e σϕέτερος, che hanno sempre valore riflessivo. Al posto dell aggettivo possessivo in posizione attributiva si può usare il genitivo del pronome personale in posizione predicativa e quello del pronome riflessivo in posizione attributiva. In pratica per esprimere il possessivo di I e II persona si può usare: l aggettivo possessivo in posizione attributiva. il genitivo del pronome personale in posizione predicativa il genitivo del pronome riflessivo in posizione attributiva, solo se riferito al soggetto. Έπαινῶ τὴν ἐμὴν ἀρετὴν / τὴν ἀρετήν μου / τὴν ἐμαυτοῦ ἀρετὴν: Lodo la mia virtù (riflessivo) Έπαινῶ τὴν σὴν ἀρετὴν / τὴν ἀρετήν σου: Lodo la tua virtù (non riflessivo) 9

Per esprimere il possessivo di III persona si può usare: l aggettivo possessivo in posizione attributiva (raramente), solo se riferito al soggetto della frase. il genitivo del pronome riflessivo in posizione attributiva, solo se riferito al soggetto della frase. il genitivo singolare o plurale di αὐτός (o di altro dimostrativo) in posizione predicativa, solo se non riferito al soggetto della frase Έπαινοῦσι τὴν σϕετέραν ἀρετὴν / τὴν ἑαυτὼν (αὑτῶν, σϕῶν αὐτῶν) ἀρετὴν: Lodano la propria virtù (riflessivo) Έπαινοῦσι τὴν ἀρετὴν αὐτῶν (τούτων, ἐκείνων): Lodano la loro virtù (lett: la virtù di quelli) (non riflessivo) ATTENZIONE: se non è strettamente necessario per la chiarezza del discorso, è da evitare la traduzione letterale del genitivo del dimostrativo in funzione possessiva, usando invece l aggettivo possessivo di cui fa normalmente le veci: quindi ἡ οἰκία αὐτοῦ: la sua casa (e non la casa di lui); ἡ οἰκία αὐτῶν: la loro casa (e non la casa di quelli ). E inoltre improprio aggiungere stesso all aggettivo possessivo per tradurre un genitivo di pronome riflessivo usato di regola come normale (e non rafforzato) possessivo riferito al soggetto: τὴν ἑαυτοῦ οἰκίαν = la sua casa (e non la sua stessa casa : il significato letterale sarebbe d altro lato la casa di lui stesso ) Se il riflessivo ἑαυτοῦ al plurale richiama per lo più il soggetto collettivo in maniera unitaria, il pronome riflessivo reciproco ἀλλήλων, che ha solo plurale e duale, implica relazione fra membri diversi dell insieme. Così Έπαινοῦσι αὐτούς: Lodano quelli. Έπαινοῦσι ἑαυτούς (αὑτούς): Lodano se stessi (in blocco) Έπαινοῦσι ἀλλήλους: Si lodano gli uni gli altri, si lodano tra loro. PRONOMI INDEFINITI τις, τι τις, τι (enclitico) è un pronome ed aggettivo indefinito generico che può corrispondere a vari pronomi e aggettivi latini, molto più selettivi nel significato: quis, quid (pron.) e qui, quae, quod (agg.): persona o cosa che può esistere; aliquis, aliquid (pron.) o aliqui, aliqua, aliquod (agg.): persona o cosa esistente ma non individuabile: quidam, quaedam, quiddam (pron.) / quoddam (agg.): persona o cosa individuata ma non specificata In italiano si può tradurre con un, uno, alcuni, qualche, dei, degli (aggettivo) qualcuno, qualcosa, uno, alcuni (pronome). Spesso corrisponde all articolo indeterminativo o partitivo. Ἄνθρωπός τις: un uomo (e non qualche uomo, che verrebbe ad assumere significato plurale!) ἄνθρωποί τινες: degli (=alcuni) uomini. Quando è unito ad altri pronomi può talora non essere tradotto. Οὐ πολλοί τινες: non molti. ἄλλος τις: un (qualcun) altro ἄλλοι τινές: (degli) altri Ἕκαστός τις= ciascuno 10

Con indicazioni di durata o quantità significa circa Ὲπτὰ δέ τινες: Più o meno sette. Ένιαυτόν τινα: circa un anno. Soprattutto quando τις è soggetto di un ottativo potenziale (con ἄν) è consigliabile la traduzione in italiano con il SI PASSIVANTE. Τίνας γὰρ ἂν ἡμῶν εὕροι τις δυστυχεστέρους; Chi si potebbe trovare più sventurato di noi? (lett. quali uomini uno potrebbe trovare più sventurati di noi? Attenzione: non esiste in italiano il plurale di chi? interrogativo per tradurre alla lettera Τίνας: quindi bisogna volgere tutto al singolare visto che il senso non cambia) ἕτερος e ἄλλος ἕτερος= l uno / l altro tra due (talora anche fra più di due), il secondo ἕτεροι μέν ἕτεροι δέ = gli uni gli altri Ἀπέθανεν καὶ ὁ ἕτερος στρατηγός = anche uno dei due strateghi morì. Con l articolo può avvenire una forma di crasi, che porta all aspirazione del τ dell articolo ἐπὶ θάτερα (=ἐπὶ τὰ ἕτερα) = da una / dall altra parte ἄλλος = (un) altro, diverso (fra più di due) πολλὰ ἄλλα εἶπε = diceva molte altre (=diverse) cose ἄλλοι μέν ἄλλοι δέ ἄλλοι δέ = alcuni altri altri ancora ἄλλος e ἕτερος impiegati in due casi diversi nella stessa proposizione possono indicare a) reciprocità, e in questo caso la alterità oppositiva è fra i due indefiniti (= uno fa qualcosa all altro ) b) struttura compendiaria, e in questo caso l alterità oppositiva degli indefiniti è rispetto a quelli di una precedente proposizione dalla identica struttura, ma lasciata sottointesa ( altri fanno altra cosa = alcuni fanno una cosa, altri ne fanno un altra ) ὁ ἕτερος τῷ ἑτέρῳ παραγγέλλει: l uno riferisce all altro ἄλλοι ἄλλα ἐποίουν = lett.: altri facevano altre cose alcuni facevano delle cose, altri delle altre (= tutti facevano cose diverse ). Il discorso è valido anche con avverbi derivati. ἄλλοι ἄλλοθεν ἐπέρχονται = lett.: altri giungono da un altra parte alcuni (=gli uni) vengono da una parte, (gli) altri da un altra (= tutti vengono da direzioni diverse ). ἄλλος in posizione attributiva (ὁ ἄλλος = ἅλλος) =l altro, il restante ὁ ἄλλος χρόνος = il tempo rimanente, il resto del tempo ἠ ἄλλη χώρα= il territorio restante, il resto della regione locuzioni particolari τὰ ἄλλα (τἆλλα) (anche avverbiale) = tutto il resto, per il resto, tra l altro καὶ τἆλλα καί = oltre al resto anche οἵ τε ἄλλοι καί = gli altri e in particolare anche NOTA BENE: Occorre tenere presente che in greco ἄλλος indica frequentemente alterità rispetto a quanto segue e non a quanto precede, spece se unito alla struttura τε καὶ; un uso chiaramente estraneo all italiano, che non ama strutture come Gli altri e. E quindi opportuno nella 11

traduzione o invertire l ordine degli elementi, quando non compromette la struttura della frase, o, preferibilmente, ppure ricorrere ad espressioni più libere, anche a costo di sostituire il concetto di altro. Es.: οἵ τε ἄλλοι Ἕλληνες καὶ οἱ Ἀθηναῖοι παρῆσαν = gli altri Greci e gli Ateniesi erano presenti gli Ateniesi e gli altri Greci erano presenti = oltre agli (tra gli) altri Greci anche gli Ateniesi erano presenti erano presenti tutti i Greci compresi gli Ateniesi ecc.. Καί με τά τε ἄλλα ἐτίμησε καὶ = E mi onorò in ogni altra cosa (accusativo di relazione = in tutto), e per giunta Fra i vari onori che mi tributò Ἄλλων τε πολλῶν καὶ καλῶν ἔργων ἕνεκα, ὦ ἄνδρες, ἄξιον Ἡρακλέους μεμνῆσθαι, καὶ ὅτι τόνδε τὸν ἀγῶνα πρῶτος συνήγειρε δι εὔνοιαν τῆς Ἑλλάδος: E giusto ricordare Eracle per molte e belle altre azioni e per il fatto che (ὅτι) per primo istituì questa gara in onore dell Ellade = Fra le molte e belle azioni per cui è giusto ricordare Eracle c è anche il fatto che Un valore più strettamente oppositivo si ha con l impiego di μέν + ἄλλος correlato ad un successivo δέ: in questo caso si può ottenere un adeguata traduzione italiana attraverso l impiego di un avversativa, che giustifica la presenza anticipata di altro rispetto al riferimento. Τῶν μὲν ἄλλων ἀγαθῶν οἱ ἄνθρωποι ἐπιμέλονται, περὶ δὲ τῆς σοϕίας ἀμελοῦνται. Mentre gli uomini si curano degli altri beni, della sapienza non si curano. ἄλλος con altri indefiniti e interrogativi εἴ τις ἄλλος, εἴ τις καὶ ἄλλος, ὡς εἴ τις καὶ ἄλλος= quant altri mai, più di ogni altro (in genere con aggettivi ). Es.. Δυστυχέστατος εἴ τις ἄλλος εἰμί: sono sventurato (lett.: sventuratissimo) quant altri mai. ἕτερος e ἄλλος possono reggere il II termine di paragone in genitivo o con ἤ + il caso del I termine τίς ἄλλος ἤ;= chi altri se non? τίς ἄλλος ἢ ὁ βασιλεύς πλούσιός ἐστι; = chi altri se non il re è ricco? οὐδὲν ἄλλο ἤ = nient altro che Es.: οὐδὲν ἄλλο ἢ τὴν νίκην βούλομαι= non voglio altro che la vittoria. PRONOMI INTERROGATIVI Il pronome e aggettivo interrogativo τίς τί ha sempre l accento acuto (mai grave) sulla iota. Esso corrisponde non solo al quis, quid (chi, che cosa?) pronome latino ma anche al qui, quae, quod aggettivo interrogativo (quale?). Come pronome si usa anche al plurale, a differenza dell italiano chi, dove sarà necessario volgere tutto al singolare o utilizzare un sostantivo generico (persone): ἐγὼ οἶδα τίνας ἐξελεξάμην = Io so quali persone / chi ho scelto. PRONOMI RELATIVI Anche in greco la subordinata relativa è introdotta da un pronome (o avverbio) relativo che si riferisce ad un antecedente, cioè a un nome o a un pronome della proposizione reggente, su cui la 12

relativa stessa fornisce informazioni. L antecedente e il relativo devono condividere ordinariamente numero e genere, ma non il caso, dal momento che ognuno dei due ha una funzione logica distinta nella proposizione di cui fa parte. ELLISSI DEL DIMOSTRATIVO In greco l antecedente se è un pronome dimostrativo indicante genericamente persone o cose si può del tutto eliminare, soprattutto (ma non esclusivamente) se l antecedente e il relativo sono entrambi in casi retti oppure nello stesso caso obliquo. Nella traduzione italiana il dimostrativo (o un sostantivo generico) sarà da ripristinare oppure si potrà sintetizzare il pronome dimostrativo e il relativo con un unico pronome misto italiano (chi, quanto, quanti). Οὑ θαυμάζω ταῦτα ἃ λέγεις. Non ammiro queste cose (ciò) che dici = Non ammiro quanto dici Οὐ δεῖ ἐξαπατᾶν ἐκείνους οὺς ϕιλοῦμεν. Non bisogna ingannare quelli che amiamo. = Non bisogna ingannare chi amiamo. ὅτῳ δὲ μὴ ἔνι κοινωνία, φιλία οὐκ ἂν εἴη. = (a colui) al quale / a chi non è comunità, non può essere amicizia = chi non ha comunità non può avere amicizia o più liberamente dove non c è comunità non c è amicizia. PROLESSI DEL RELATIVO E l anticipazione della subordinata relativa rispetto alla reggente. Mentre in italiano il pronome relativo deve sempre essere preceduto dall antecedente, in greco può essere invece elemento iniziale di periodo. Quando l antecedente è un pronome indicante genericamente persone o cose esso può essere posto dopo la subordinata relativa si parla allora di funzione epanalettica, cioè di ripresa di un concetto oppure sottointeso (ellissi del dimostrativo). Nella traduzione italiana occorre di regola ripristinare l antecedente prima della relativa, eventualmente riportando tutta la reggente prima della relativa. Οἳ τοὺς γονέας οὐ στέργουσιν, τούτοις μὴ ἀκολούθει. Lett.: I quali non amano i genitori, a questi (dimostrativo epanalettico) non accompagnarti Non andare assieme a quelli che non rispettano i genitori. Quando l antecedente è rappresentato da un sostantivo, esso può venire assorbito, cioè inglobato all interno della relativa, senza articolo. Il pronome relativo in tal modo diventerà di fatto un aggettivo relativo. In questi casi può comunque essere sempre presente nella reggente un dimostrativo con funzione epanalettica che in genere non andrà tradotto. Οὓς ϕίλους ἔχεις, (τούτους) οὐ γιγνώσκομεν Lett.: I quali amici hai, (questi) non conosciamo non conosciamo gli amici che hai ATTRAZIONE DIRETTA DEL RELATIVO Quando l antecedente è in caso obliquo (genitivo o dativo) e il pronome relativo ha funzione di complemento oggetto e quindi dovrebbe essere in caso accusativo, quest ultimo può assumere il caso dell antecedente, per attrazione diretta, cioè passiva, del relativo (che subisce l attrazione). E facimente riconoscibile perché il caso del relativo non è giustificabile in base alla reggenza del verbo da cui dipende. Occorre quindi idealmente ripristinare il caso corretto. Οἱ παλαιοὶ ἀγάλματα ἐποίουν τοῖς θεοῖς οἷς (= οὓς) ἑσέβοντο. 13

Gli antichi facevano statue agli dei che (lett. ai quali ) veneravano. (Il dativo οἷς non è in alcun modo giustificabile sulla base della reggenza del verbo σέβομαι, che è transitivo e quindi regge l accusativo: in questo caso l antecendente τοῖς θεοῖς è responsabile dell attrazione in dativo del relativo.) Anche in questo caso si può avere lo spostamento del sostantivo antecedente all interno della relativa, senza articolo: la traduzione non cambierà. Οἱ παλαιοὶ ἀγάλματα ἐποίουν οἷς ἑσέβοντο θεοῖς. ATTRAZIONE INVERSA DEL RELATIVO (piuttosto rara) Più rara è l attrazione inversa (cioè attiva) del relativo, che attrae nel suo caso l antecedente. Τὸν οἶνον ὃν πεπώκαμεν γλυκύς ἐστιν (= Ὁ οἶνος ὃν πεπώκαμεν γλυκύς ἐστιν). Il vino che abbiamo bevuto è dolce (L accusativo τὸν οἶνον non è in alcun modo conciliabile con il predicato nominale γλυκύς ἐστιν, che vuole un soggetto in nominativo: in questo caso il relativo ὃν, oggetto del verbo πεπώκαμεν, è responsabile del passaggio dal nominativo all accusativo del sostantivo antecedente.) L attrazione inversa si può combinare con la prolessi del relativo e l assorbimento dell antecedente nella relativa, sempre senza articolo. Ὃν πεπώκαμεν οἶνον γλυκύς ἐστιν Lett. Il quale abbiamo bevuto vino è dolce il vino che abbiamo bevuto è dolce NESSO RELATIVO Talora periodi o semiperiodi preceduti da un segno forte di interpunzione (punto, punto e virgola, punto in alto), possono iniziare con un pronome relativo che ha il suo antecedente nel periodo o semiperiodo precedente. In questo caso la presenza del segno forte di interpunzione impedisce di considerare la proposizione seguente realmente subordinata alla prima: in pratica il relativo si considererà e tradurrà in italiano come se fosse un dimostrativo, rendendo di fatto la proposizione che introduce autonoma rispetto alla precedente. A volte, in italiano, per sottolineare il legame concettuale forte che persiste comunque fra le due proprosizioni può essere opportuno introdurre la seconda con una congiunzione copulativa (e) o avversativa (ma, tuttavia, però), tale da dare il senso della continuazione del discorso. Πολλοὶ οἱ παρὰ τῶν ἀνθρώπων δόλοι εἱσίν οὓς (=τούτους) προορῶν, σώϕρων ἴσθι. Molti sono gli inganni degli uomini: prevedendoli, sii saggio. Spesso l antecedente di un relativo neutro è costituito non da un termine delle proposizione precedente, ma dalla proposizione stessa. Ἃ ἐὰν σπεύδῃς (= ἐὰν ταῦτα σπεύδῃς), εὐδαίμων ἔσῃ. Se ricercherai queste cose (lett. le quali cose qualora tu ricerchi), sarai felice (da notare che il relativo usato come dimostrativo dipende qui dalla protasi del periodo ipotetico e non dalla reggente) IN SOSTANZA: quando immediatamente dopo un segno forte di interpunzione troviamo un pronome relativo, abbiamo due alternative: a) Si tratta di una prolessi, ma in questo caso devono seguire almeno due predicati, quello della relativa e quello della reggente (ovviamente non saranno mai uniti da una congiunzione coordinante!) b) Si tratta di un nesso relativo, e in questo caso il relativo avrà funzione di dimostrativo, dipendente dalla proposizione reggente o anche da una sua subordinata. 14

RELATIVI INDEFINITI Il pronome ὅστις, ἥτις, ὅτι (=relativo ὅς + indefinito τις) può avere 3 valori 1. chiunque, qualunque (cosa), ognuno che, tutto ciò che, tutti quelli che (relativo indefinito= quicumque o quisquis); 2. che, il quale (relativo= qui); 3. chi, che cosa (interrogativo indiretto = quis, qui) LOCUZIONI CON I RELATIVI εἰσὶν οἵ = ci sono alcuni che = alcuni (= τινες) ἔστιν οἵ = ci sono (lett.: c è) alcuni che = alcuni (= τινες) ἔστιν οὗ = c è qualcuno di cui = di qualcuno (= τινος) ἔστιν ᾧ = c è qualcuno a cui = a qualcuno (= τινι) ἔστιν ὧν= ci sono (lett. c è ) alcuni di cui = di alcuni (=τινων) ἔστιν οἷς= ci sono (lett. c è ) alcuni a cui = ad alcuni (= τισι) ἔστιν ὅτε = c è quando = talora (= ἐνίοτε) ἔστιν οὗ = c è dove = in qualche luogo (= που) οὐκ ἔστιν ὅπου = non c è dove = in nessun luogo (= οὐδαμῇ, οὐδαμοῦ) οὐκ ἔστιν ὅπως = non c è come = in nessun modo (= οὐδαμῶς) ἔστιν ὅπως; = c è modo di? = è possibile che? οὐκ ἔστιν ὅστις= non c è chi οὐδεὶς ἔστιν ὅστις = non c è nessuno che οὐδεὶς ἔστιν ὅστις οὐ = non c è nessuno che non = tutti οὐκ ἔστιν ὅτῳ =non c è nessuno a cui Alcuni pronomi relativi preceduti da preposizione hanno di fatto funzione di congiunzione subordinante ἑϕ ᾧ, ἑϕ ᾧτε (+ infinito)= a condizione che, purché (introduce una limitativa) ἀϕ οὗ, ἐξ οὗ = da quando, da che (introduce una temporale) ἐν ᾧ = mentre, nel tempo in cui (introduce una temporale) ἄχρι /μέχρι οὗ, εἰς ὅ = finché, fino a che (introduce una temporale) ἀνθ ὧν = in cambio di, perché (introduce una causale o interrogativa indiretta) καθ ὅ = secondo quanto, nel modo in cui, come (introduce una comparativa) VERBI TEMA VERBALE E TEMA TEMPORALE Il tema verbale è il massimo comune denominatore per la coniugazione di tutti i tempi e modi di un verbo; il tema temporale è il massimo comune denominatore per la coniugazione dei vari modi di un tempo. I tempi temporali si distinguono per le varianti apofoniche, o per l inserimento di affissi (raddoppiamenti, infissi nasali, suffissi come j, ισκ, ν nel presente, σ nell aoristo debole attivo 15

medio, θη nell aoristo passivo debole, κ nel perfetto attivo debole). La variazione del tema temporale rispetto al presente è obbligatoria nell aoristo forte (II), perché altrimenti l indicativo sarebbe uguale all imperfetto e gli altri modi al presente, essendo l aoristo II tematico come il presente e l imperfetto. TEMPI E ASPETTI In greco possiamo esprimere il tempo passato solamente nel modo indicativo, dove distinguiamo fra tempi principali (presente, perfetto, futuro) e tempi storici, caratterizzati dall aumento (imperfetto=azione durativa-continuata al passato, aoristo = azione puntualemomentanea al passato, piuccheperfetto=azione compiuta al passato). Negli altri modi domina il valore aspettuale: presente azione durativa-continuata; aoristo azione puntuale-momentanea; perfetto azione compiuta. Solo il futuro mantiene in tutti i modi il concetto di azione posteriore. AUMENTO E PREVERBO Caratteristica dei tempi storici è l aumento, cioè la vocale ε che si inserisce immediatamente prima del tema verbale (e dopo il preverbo): si parla di aumento sillabico nei temi che iniziano in consonante, perché la vocale ε resta aggiungendo una sillaba, di aumento temporale nei temi che iniziano in vocale perché la vocale ε si contrae con la vocale iniziale. Le contrazioni dell aumento, storicamente antiche, non rispettano sempre le regole usuali: ε + ε η anziché ει (a parte alcuni verbi originariamente in consonante, come ἔχω); ε + ο ω anziché ου. Un originario aumento in η si trova in ὁράω, che per metatesi divente ἑώρων, e, a volte, in δύναμαι (ἡδυνάμην). Mentre l aumento temporale non influenza il preverbo, visto che muta solo il tipo di vocale iniziale del tema, l aumento sillabico ε fa cadere l ultima vocale dei preverbi che terminano in vocale (διά, κατά, παρά, ὑπό, ἐπί διε-, κατε- παρε- ecc.), tranne περί (sempre), ἀμϕί (a volte) e πρό (che può avere però una crasi: προε- προὐ-) riporta alla forma originaria, i preverbi che terminano in consonante modificata di fronte alla consonante iniziale del tema: ἐκ-, συμ- / συγ- / συλ- / συρ-, ἐμ / ἐγ- / ἐλ- ἐξε-, συνε-, ἐνε-) Ricordiamo le principali modifiche dei preverbi ἐξ diventa ἐκ davanti a consonante ἐν- diventa ἐμ- davanti a labiale (β, π, ϕ, ψ, μ), ἐγ- davanti a velare (κ, γ, χ, ξ), ἐλ- di fronte a λ, ἐρ- (a volte) di fronte a ρ. συν presenta le stesse variazioni di ἐν, ma diventa anche συσ- davanti a σ + vocale; συ- davanti a σ + consonante o davanti a ζ. I preverbi κατά, ἀπό, ἐπί, ὑπό, assumono forma καθ-, ἀϕ-, ἐϕ-, ὑϕ- di fronte a verbi che iniziano in vocale con spirito aspro, a seguito della caduta della vocale finale. DESINENZE DEI VERBI Si distinguono in primarie (indicativo dei tempi principali e congiuntivo) e secondarie (indicativo dei tempi storici e ottativo). L imperativo ha desinenze proprie Differenze principali attivo 3ª plurale primaria: ντι (da cui -ουσι); secondaria: ν/ -εν oppure σαν 3ª duale primaria: τον (= 2ª duale); second.: την m.passivo 16

1ª, 2ª e 3ª singolare: primarie: -μαι, -σαι, -ται; secondarie: -μην (con l eta!!), -σο, -το 3ª plurale: primaria: νται; secondaria: ντο 3ª duale primaria: σθον (= 2ª duale); secondaria: σθην CONIUGAZIONI Il greco ha fondamentalmente due coniugazioni; una tematica (verbi in ω, caratterizzati dalla vocale tematica ε/ο prima delle desinenze, e una atematica. CONIUGAZIONE ATEMATICA Ha le desinenze che si uniscono al tema del presente senza vocale intermedia, fatta eccezione per congiuntivo e ottativo. Gruppi fondamentali 1) Verbi radicali (tema del presente =radice) senza raddoppiamento o suffissi: εἰμι, εἶμι, δύναμαι. εἰμι (essere) è enclitico all indicativo presente (tranne 2ª sing) e imperfetto εἶμι (vado) è tonico, e si usa spesso al posto del futuro. Il verbo εἶμi ( vado ) presenta la forma con tema εἰ nelle tre prime persone singolari dell indicativo e dell imperfetto, mentre le altre forme si presentano con il grado ridotto ι. Per non confondere le forme di εἶμi, εἰμι e ἵημι occorre ricordare che nel presente i due primi verbi hanno spirito dolce, mentre ἵημι ce l ha aspro. Inoltre nel presente indicativo εἰμι è enclitico tranne che nella 2ª persona singolare, identica a quella di εἶμi. Tuttavia nei composti con preverbo εἶμi ed εἰμι ritirano l accento nell indicativo presente e nell imperativo, con il risultato che alcune forme possono presentarsi identiche (πάρειμι, πάρει, πάρεισι possono derivare da παρά + εἶμι e παρά + εἰμι). Altre forme omografe si possono avere con i composti di ἵημι, quando il preverbo non rende percepibile lo spirito aspro: ad es. παριέναι può essere infinito da παρά + εἶμi e παρά + ἵημι. 2) Verbi con raddoppiamento. I principali sono τίθημι, pongo (tema θε/θη da θι-θη-μι = raddoppiamento-radice-desinenza) ἵημι invio (tema jε/η da jι-jη-μι con caduta degli iod e spirito aspro) ἵστημι faccio stare (tema σe/ση da σι-στη-μι, con caduta del sigma iniziale e spirito aspro) δίδωμι do (tema δο/δω da δι-δω-μι) Il tema allungato si presenta in tutti questi verbi nelle tre prime persone dell indicativo presente attivo, nel congiuntivo (dove contrae); in τίθημι e ἵημι anche nella prima persona singolare attiva dell imperfetto, in ἵστημι anche in tutto l imperfetto attivo singolare e nella 2ª persona dell imperativo attivo. 3) Verbi con suffisso νυ (preceduto da consonante) o νυ (precἶeduto da vocale) I verbi in -νυμι presentano sempre la forma allungata del suffisso νυ nelle tre persone singolari dell indicativo presente e imperfetto e nella seconda singolare dell imperativo. CONGIUNTIVO Ha sempre la vocale tematica (anche nei verbi atematici) lunga. OTTATIVO Ha come caratteristica modale la vocale ι-. Essa è preceduta dalla vocale tematica ο- (οι) solo nei verbi tematici e in εἶμι e nei verbi in (ν)νυμι. Le tre prime persone singolari attive presentano desinenze diverse 17

-μι, -ς, - per i verbi tematici; -ην, -ης, -η per quelli atematici (tranne εἶμι e i verbi in (ν)νυμι) e contratti Nella coniugazione atematica l accento resta sempre sul suffisso modale ι, anche quando potrebbe retrocedere (τιθεῖεν, mentre nella tematica abbiamo λύοιεν) PARTICIPIO E un aggettivo verbale che segue la declinazione degli aggettivi a 3 uscite della II classe in ντ- in tutte le forme attive, fatta eccezione per il perfetto, e nell aoristo passivo (λύων [gen. λύοντος], λύουσα, λῦον; δισούς [gen. διδόντος], διδοῦσα, διδόν; φανείς [gen. φανέντος], φανεῖσα, φανέν). Il nominativo maschile può essere a) sigmatico con allungamento di compenso (molti presenti atematici, aoristi I e III attivi e aoristi passivi: τιθείς, λύσας, βάς, λυθείς) b) asigmatico con caduta della dentale e allungamento organico (presente tematico e di εἰμι ed εἶμι, futuro: ὤν, λύων, λύσων). In tutti questi aggettivi notiamo che il dativo plurale maschile e neutro differisce solo nella vocale finale dal nominativo femminile singolare (n.f.s. φανεῖσα d. pl. m/n φανεῖσι) Inoltre nel presente e nel futuro il dativo plurale maschile e neutro del participio è identico alla terza persona plurale dell indicativo. Quindi λαμβάνουσι = prendono o a (quelli) che prendono una declinazione anomala a 3 uscite della II classe in -ώς [gen. -ότος], -υῖα, ός per il perfetto In questo caso non c è più similarità fra nominativo femminile singolare e dativo plurale maschile e neutro (n.f.s. λελυκυῖα; d pl. m/n λελυκόσιν) quella degli aggettivi a 2 uscite della I classe, con terminazione μενος, μένη, μένον in tutte le forme medio-passive. TEMPI E ASPETTI In greco possiamo esprimere il tempo passato solamente nel modo indicativo, dove distinguiamo fra tempi principali (presente, perfetto, futuro) e tempi storici, caratterizzati dall aumento (imperfetto = azione durativa-continuata al passato, aoristo = azione puntualemomentanea al passato, piuccheperfetto = azione compiuta al passato). Negli altri modi domina il valore aspettuale: presente azione durativa-continuata; aoristo azione puntuale-momentanea; perfetto azione compiuta. Solo il futuro mantiene in tutti i modi il concetto di azione posteriore. AUMENTO E PREVERBO Caratteristica dei tempi storici (in greco esistono solo all indicativo) è l aumento, cioè la vocale ε che si inserisce immediatamente prima del tema verbale (e dopo il preverbo): si parla di aumento sillabico nei temi che iniziano in consonante, perché la vocale ε resta aggiungendo una sillaba, di aumento temporale nei temi che iniziano in vocale perché la vocale ε si contrae con la vocale iniziale. Le contrazioni dell aumento, storicamente antiche, non rispettano sempre le regole usuali: ε + ε η anziché ει (a parte alcuni verbi originariamente in consonante, come ἔχω); ε + ο ω anziché ου. Un originario aumento in η si trova in ὁράω, che per metatesi divente ἑώρων, e, a volte, in δύναμαι (ἡδυνάμην). 18