La παίδευσις dell uomo in Gregorio di Nissa

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MACERATA DIPARTIMENTO DI STUDI UMANISTICI Lingue, Mediazione, Storia, Lettere, Filosofia CORSO DI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE LINGUISTICHE, FILOLOGICHE, LETTERARIE E STORICO-ARCHEOLOGICHE CURRICULUM POESIA E CULTURA GRECA E LATINA IN ETÀ TARDOANTICA E MEDIEVALE CICLO XXV La παίδευσις dell uomo in Gregorio di Nissa TUTOR Chiar.ma Prof.ssa Maria Grazia BIANCO DOTTORANDO Dott. Vincenzo PAGANO COORDINATORE Chiar.mo Prof. Roberto PALLA ANNO

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3 Indice Introduzione 7 Cenni biografici 21 Per un lessico dell educazione in Gregorio La famiglia riconducibile a παιδεύειν La famiglia riconducibile a διδάσκειν La famiglia riconducibile a µανθάνειν Termini paideutici riferiti alle eresie I termini della sequela: χειραγωγεῖν e χειραγωγία I termini della sequela: ὑφηγεῖσθαι e ὑφήγησις La famiglia riconducibile a µαρτυρεῖν 50 Cap. I 57 I.1 Ἐπιθυµία 57 I.1.1 Ἐπιθυµία κατὰ θεόν 64 I.1.2 Desideri ingannevoli 69 I.2 La conoscenza 78 I.2.1 Esperienza 82 I.2.2 Il criterio della verità 86 I.3 Conoscenza di sé 92 I.4 Conoscenza di Dio 98 I.4.1 La religione 106 I.5 Possibilità della conoscenza 108 Cap. II 113 II. 1 La guida e la sequela 113 II.2 La Scrittura 123 II.2.1 Il libro dei Salmi 127 II.2.2 I Proverbi, l Ecclesiaste e il Cantico dei Cantici 131 3

4 II.3 La necessità dell esegesi 134 II.3.1 L ἱστορία 141 II.4 L esegeta 143 II.4.1 L utilizzo della parola rivelata 147 Cap. III 153 III.1 La συνανάκρασις compimento di conoscenza e desiderio 153 III. 2 Gli apostoli 162 III.3 La tradizione apostolica 165 III. 4 La Chiesa 172 III.4.1 Le immagini della Chiesa 174 III.4.2 I pastori 181 III.4.3 Le eresie 184 Cap. IV 187 IV.1 La dinamica dell imitazione 187 IV.1.1 Imitazione e sequela 193 IV.1.2 Il De professione christiana 195 IV.1.3 Il De perfectione 198 IV.1.4 Altre opere 202 IV.2 La προαίρεσις 207 IV.2.1 Il male 214 IV.3 Ἀρετή ed ἐπέκτασις 223 IV.3.1 Preghiera 229 IV.3.2 Obbedienza 235 Cap. V 239 V.1 La testimonianza 239 V.1.1 Nelle opere 240 V.1.2 Corpo e anima 244 V.1.3 Le età spirituali dell uomo 247 V.2 Passato e presente 252 V.3 Il διδάσκαλος 255 V.3.1 L Oratio catechetica magna 261 V.3.2 Il pedagogo e le punizioni 270 4

5 V.3.3 L Adversus eos qui castigationes aegre ferunt 274 V.4 Il rapporto con la παίδευσις antica 279 Cap. VI 291 VI.1 Figure esemplari 291 VI.2 L Antico Testamento 295 VI.2.1 Davide 297 VI.2.2 Mosè 300 VI.3 Paolo 302 VI.4 Gregorio il Taumaturgo 309 VI.5 Macrina 316 VI.6 Basilio 325 VI.7 I martiri 331 Conclusione 341 Bibliografia 361 A. Opere di Gregorio di Nissa 361 B. Traduzioni utilizzate 364 C. Supporti Lessicografici, Dizionari e Antologie 366 D. Monografie e articoli 366 5

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7 Introduzione «La storia dell educazione nell antichità non può lasciare indifferente la cultura moderna, perché essa delinea le origini dirette della nostra tradizione pedagogica. Noi deriviamo dai Greci-Latini: se tutta l essenza della nostra civiltà è uscita dalla loro, ciò si verifica in un grado eminente nel nostro sistema educativo» 1. Così Henri-Irénée Marrou introduceva, a metà del secolo scorso, la sua opera sulla storia dell educazione nell antichità, destinata a diventare una irrinunciabile pietra miliare negli studi sul tema. Nel rapidissimo excursus che lo storico propone sui modelli educativi dei secoli successivi, l autore si sofferma quindi sulla feconda ricchezza delle innovazioni medioevali in materia paideutica, che pur hanno continuato a guardare alla classicità come modello principale di imitazione; l Umanesimo e il Rinascimento hanno riproposto programmaticamente un ritorno volontario alla più stretta tradizione classica; da tale eredità, conclude Marrou, nasce il mondo moderno e la sua concezione di scuola ed educazione, abbastanza diversa da quella dei greci da permettere un riferimento al mondo antico come altro da sé con cui è possibile un fecondo dialogo che mira alla conoscenza delle proprie origini e allo stesso tempo propone un modello rispetto al quale l autore esorta a confrontarsi e imparare 2. Non è possibile tuttavia guardare all evoluzione storica del concetto occidentale di educazione senza riferirsi al passaggio obbligato di quella che fu efficacemente riassunto nell icastica espressione «cristianizzazione dell ellenismo» 3, vale a dire il processo attraverso il quale il mondo cristiano fece proprie le categorie della riflessione ad esso precedente risignificandole dall interno e conferendo allo stesso tempo ad antiche espressioni nuove connotazioni di significato. Non si può delineare un termine entro cui contenere il confronto che si istituì tra queste due Weltanschauungen così diverse; vero è che lo scontro più acceso e l incontro più fecondo tra esse si ebbe nei primi secoli dell era cristiana, l epoca cosiddetta dei Padri. La παιδεία può anzi essere considerata quasi un «unico denominatore comune» che permise «il fondersi della religione cristiana con l eredità del pensiero greco» 4. Lo studio del concetto di educazione si mostra quindi un punto di osservazione privilegiato per chi voglia 1 MARROU 1948, p Cf. MARROU 1948, pp Cf. MICAELLI 2005, p. 7. L apporto alla storia dell educazione nell antichità di questo passaggio cruciale è analizzato ad esempio in MARROU 1948, pp JAEGER 1961, p

8 approfondire le modalità dell incontro tra le istanze generatrici di quella che fu chiamata la civiltà occidentale. La παιδεία antica, fondata sulla centralità dell uomo e sulla coscienza delle leggi universali sottese alla sua natura e quindi al suo essere nel κόσµος, mirava alla formazione di un soggetto capace innanzitutto di interrelazioni sociali (il πολίτης), capace di condurre secondo giustizia e nella prosperità la sua famiglia e, come ultima propaggine e nuovo fondamento di essa, la sua πόλις 5. Questo era uno tra gli scopi principali delle prime emergenze letterarie della cultura greca 6 ed elemento imprescindibile di quelle successive 7, oltre che delle tradizioni cittadine, le più importanti delle quali furono istituzionalizzate nella religio 8. Solo in un secondo momento le virtù che tale formazione predicava, essenzialmente politiche, si riverbereranno in un concetto di ἀρετή più complesso e completo; concorsero a ciò la caduta di Atene a seguito della guerra del Peloponneso nel 404 a.c., data che sancì un periodo di decadenza istituzionale dalla quale la città che aveva guidato la cultura ellenica non si risolleverà, ed anzi sarà portata all asservimento macedone, e la nuova concezione dell uomo che stava nascendo a seguito della ricerca socratica per le vie della città. Fu questo il momento della nascita della filosofia per come la conobbero i posteri: essa, soprattutto una volta che le conquiste di Alessandro renderanno più deboli le istituzioni cittadine, assurse per gli uomini più propensi a seguirla a condotta per l esistenza. Come ben riassume Desalvo 9, «nell antichità la filosofia ebbe valore e senso di vera e propria forma di vita, modo di condotta del vivere che oltre a tematizzare gli interrogativi che l esistenza pone si propose di rispondervi, immaginando e perseguendo una certa via salutis. Questo suppone e consacra il fatto che la filosofia nasce come riflessione sull esperienza (perché è nel concreto del vivere che si impone alla coscienza la necessità di una salvezza ) e che come esperienza si propone all uomo che domanda». Essa veniva a proporsi come una condotta di vita rinnovata, 5 Cf. JAEGER 1944, p. 18: «L uomo la cui immagine si rivela nelle opere dei grandi Greci è l uomo politico. L educazione greca non è una somma d arti e di imprese private, avente per fine il perfezionamento dell individuo, pago di se stesso. Così non prese ad intenderlo che l età di decadenza della tarda grecità, priva di Stato, dalla quale discende in linea diretta la pedagogia dell età moderna». 6 La disamina più attenta e puntuale di questo tema si ritrova in JAEGER 1944, pp Altrettanto imprescindibile si mostra a tal proposito l analisi di JAEGER 1944, pp Le religioni antiche, specialmente nel mondo greco e romano, sono legate in maniera indissolubile all'ambito familiare e civico. Politica e religione sono strettamente connesse: il magistrato pubblico ha funzioni strettamente religiose e la stessa appartenenza all'identità cittadina ha un suo riflesso nella possibilità di partecipare alle cerimonie sacre della polis. Tra i tanti riferimenti possibili, si è scelta la sintesi presente in BARDY 1947, pp DESALVO 1996, p. 7. Sulla stessa linea HADOT 1998, p. 5: «una scuola filosofica corrisponde dunque, prima di tutto, alla scelta di un certo modo di vivere, a una certa scelta di vita, a una certa opzione esistenziale che esige dall individuo un totale cambiamento di vita, una conversione di tutto l essere». 8

9 organizzata intorno a princìpi ontologici, gnoseologici ed etici 10, che si realizzava attraverso un rapporto educativo, imperniato sulla figura di un maestro. Rispetto a questo tema, risulta nuovamente imprescindibile la figura di Socrate, che creò intorno a sé una folla di discepoli affascinati dal suo esempio 11 : «con Socrate», scrive Borghesi 12, «la filosofia si fa testimonianza e questo in un duplice significato: testimonianza di fronte alla polis, testimonianza di fronte agli dèi». La vita dell ateniese e la sua morte mostrarono infatti «la portata vitale della sua ricerca del τί ἐστίν delle cose» 13. Bastò tuttavia una sola generazione, e la viva speculazione del suo discepolo più geniale, Platone, perché venisse meno la «dimensione esteriore, visibile quale veicolo della testimonianza morale-religiosa» 14, filosofica, secondo la più lata accezione antica: come ancora scrive Borghesi 15 sottolineando un nodo essenziale della riflessione platonica, «la figura di Socrate, centrale nei dialoghi del primo e medio periodo, tende ad arretrare e a diventare meno significativa nelle opere della maturità. Ciò che conta non è la sequela di Socrate e delle sue virtù, come per i Cinici, ma, a partire dall equazione virtù-conoscenza, l imitazione delle idee cui si deve il ridestarsi dell anima nella memoria della sua origine divina. L imitazione platonica presuppone il superamento della sequela. Non la persona, ma l idea, la conoscenza dell universale è l autentica forma di salvezza. Questo πάθος dell universale a cui l io particolare deve elevarsi porta ad una sorta di obliterazione dell io, ad un ἦθος dell impersonale». Il maestro può solo mostrare una strada che il discepolo deve percorrere autonomamente, superando i limiti della figura che la sua guida incarna per giungere all universale, unica meta veramente degna dell intelletto. Eredi dello spirito con il quale Socrate proponeva la propria filosofia ad Atene possono essere invece considerati i cinici, quindi gli stoici: l austerità e ricerca delle virtù nella vita concreta da parte di alcuni di essi susciteranno l ammirazione di molti, tra i quali anche di alcuni cristiani 16. La propaganda dei filosofi era la più varia, ma per lo più consisteva in un insegnamento privato o in conferenze pubbliche. La dottrina che essi professavano fondava il suo seguito, per lo più aristocratico, sul fatto che proponeva «una spiegazione chiara e sicura del mondo» 17 e in forza di questo creava un sistema etico; a fronte delle molte e diverse teorie esplicative dei vari orientamenti, ben presto l uomo antico si risolse a chiedere le sole pratiche 10 Scrive DESALVO 1996, pp che «l ascesi filosofica mira a ripristinare la corretta relazione delle diverse sfere d essere che costituiscono la persona (corporeità-sensibilità, intelletto-spiritualità) come anche la totalità del mondo, e che nella coscienza umana vengono alla luce». 11 Cf. BARDY 1947, pp BORGHESI 2012, p DESALVO 1996, p BORGHESI 2012, p BORGHESI 2012, p Cf. BARDY 1947, pp BARDY 1947, p

10 comportamentali che avrebbero potuto orientare la sua vita. Non bisogna però correre il rischio di assolutizzare questo riverbero nella vita concreta delle idee che venivano professate: scrive Bardy 18 rispetto ai filosofi cinici e soprattutto stoici come «non si chiedesse loro [...] di vivere in maniera conforme ai propri principi e la saggezza di cui facevano professione non costituisse, ai loro occhi, l impegno irrevocabile di tutta la persona. L essenziale per essi era di insegnare». Icasticamente si potrebbe dire che i filosofi dell età ellenistica e imperiale offrivano «dei buoni consigli piuttosto che dei buoni esempi». La setta degli epicurei, ultima grande scuola del tempo, fu sempre mal considerata dall ambiente colto, specialmente romano, e ebbe meno seguito delle due precedenti filosofie. Nel tardo impero romano, all epoca di Gregorio, la filosofia cui i pagani dell epoca prestavano più attenzione era il neoplatonismo. In esso si raccolgono le istanze educative presenti nelle tradizioni precedenti, vale a dire la figura del maestro come testimone, ma questi è sublimato e idealizzato attraverso la visione platonica dell esistenza. L incontro dei primi seguaci della nuova religione con il mondo greco affonda le sue radici nel giudaismo ellenizzato di cui rappresentante per eccellenza è Filone di Alessandria; Paolo di Tarso accostò i gentili facendo uso della lingua greca, e la natura stessa del mezzo fece sì che la predicazione cristiana sin nel suo sorgere assumesse nel suo proporsi caratteristiche del pensiero filosofico ellenico, di categorie e di principi derivati dalla riflessione precedente 19. Allo stesso tempo, il kerygma era presentato come qualcosa di qualitativamente diverso da qualsiasi altro annuncio, facendo di Cristo il centro indiscusso di una nuova cultura nella quale ogni aspetto dell essere e dell agire umano era rinnovato 20 : da questa concezione viene, in Clemente Romano, l espressione τῆς ἐν Χριστῷ παιδείας µεταλαµβανεῖν 21. L espressione sottende, neanche troppo velatamente, un clima di acceso confronto che sin dai primordi si istituì con la formazione dell uomo proposta fino allora. Come bene ha commentato Lugaresi 22 : «il problema del rapporto con il sistema educativo non poteva non porsi, perché esso è in un certo senso coessenziale al cristianesimo, che si presenta, sin dalla sua origine, di per se stesso come una scuola». 18 Cf. BARDY 1947, p. 65, da dove si traggono le successive citazioni. 19 Con questo non si vuole sostenere uno snaturamento del kerygma dovuto all utilizzo e all assunzione di categorie greche, bensì un approfondimento, anche dal punto di vista filosofico, di un messaggio originale. 20 JAEGER 1961, p. 53: «L incontro positivo del cristianesimo con [le] idee costanti nella tradizione greca deve aver dato alla mente del cristiano la sicurezza della sua universalità (cioè, cattolicità). Questo diritto di essere la Verità era stato sin dall inizio rivendicato e costantemente sostenuto dalla religione cristiana e una siffatta asserzione non poteva mancare di commisurarsi con la cultura e il pensiero che soli nel mondo avessero avuto per mèta e avessero raggiunto l universalità, voglio dire la cultura greca, che dominava sul mondo mediterraneo». 21 Cf. Clem. Rom. I Cor. 21, 8: τὰ τέκνα ἡµῶν τῆς ἐν Χριστῷ παιδείας µεταλαµβανέτωσαν. 22 LUGARESI 2004, p

11 «Discorso didattico» è anche la modalità scelta da gran parte dell apologetica cristiana per confutare le obiezioni e le insinuazioni dei gentili nei confronti del culto che si andava diffondendo ed era già così fieramente avversato; la forma razionale del discorso e spesso la stessa qualità argomentativa richiama da vicino la passata cultura retorica e filosofica, base della παιδεία antica 23. Ciò non deve destare meraviglia: i pensatori cristiani dei primi secoli erano infatti dei convertiti che si erano formati nell educazione antica e attraverso essa articolano il loro pensiero, anche quando nelle loro opere paiono rigettarla 24 ; anzi, come ben scrive Lugaresi 25, «benché i contenuti culturali, e soprattutto l orizzonte ideologico dell insegnamento impartito nelle scuole profane dovessero presentare indubbiamente molti aspetti fortemente problematici per i cristiani, di questo argomento la letteratura patristica non si occupa molto, e, in generale, da parte cristiana non si è avvertita una vera e propria incompatibilità fra cristianesimo e istruzione profana» 26. Come scrive icasticamente Jaeger infatti, il desiderio delle due culture di compenetrarsi divenne negli autori cristiani vivo e fecondo 27. Non bisogna inoltre dimenticare che diversamente dall esempio delle scuole rabbiniche, i cristiani non crearono mai una scuola religiosa per loro uso, separata da quella pagana (sempre che non si trovassero in paesi barbari, dove non fosse giunta la cultura classica) 28, ma la accettarono quasi per osmosi, non proibita dal fatto che l'educazione classica non proibiva l'annuncio a fronte di uomini già formati 29. Benché silenziosamente accettasse in parte la παιδεία antica, non bisogna dimenticare che sin dai suoi primordi il cristianesimo rivendicò per sé la qualifica di vera filosofia, di reale strada al compimento, instaurando una feroce dialettica con i pensatori pagani, che non 23 Cf. JAEGER 1961, pp Commenta giustamente LUGARESI 2004, p. 784 che normalmente le «manifestazioni di rifiuto della paideia classica, per quanto ostentate, vengono espresse (tra l altro di solito in forma tutt altro che sprovvista degli artifici della retorica scolastica) da uomini che già l hanno acquisita, proprio attraverso un percorso formativo che, nella gran parte dei casi, sarà stato del tutto identico a quello comune a tutte le persone colte del tempo». 25 Cf. LUGARESI 2004, pp Cf. però anche SIMONETTI 1984, p. 276: «L atteggiamento dei cristiani anche colti verso la filosofia greca fu caratterizzato sempre da incertezze e ambiguità, pur là dove l apertura era più sensibile. A prescindere infatti da chi, come Taziano o Tertulliano, la giudica del tutto negativa (salvo poi servirsene in abbondanza), anche chi - come Giustino, Clemente, Origene - è meglio disposto nei suoi confronti non dimette mai un atteggiamento di diffidenza: infatti, se da una parte la filosofia pagana veniva considerata utile per l approfondimento razionale delle verità della fede e per la stessa comprensione delle sacre Scritture, dall altra essa presentava molte dottrine inconciliabili col dogma cristiano. [...] Anche Gregorio, la cui apertura alla filosofia greca è particolarmente significativa, non abbandona questa tradizionale ambiguità». 27 Cf. JAEGER 1961, p. 52: «In realtà gli ideali greci di cultura e la fede cristiana si mescolano, per quanti sforzi noi possiamo fare di mantenere puro ciascuno di questi due elementi. Nelle due parti c era un potente desiderio di compenetrarsi, senza considerare quanto repugnanti all assimilazione fossero questi due linguaggi, ognuno di essi possedendo diversi modi di sentire e di esprimersi metaforicamente». 28 Cf. MARROU 1948, pp ; in part. si legga a p. 416: «per tutto il tempo che dura l antichità, salvo alcuni casi eccezionali e limitati, i cristiani non hanno creato scuole loro; si sono accontentati di mettere la loro formazione specificamente religiosa [...] accanto alla istruzione classica che ricevevano con lo stesso diritto dei pagani nelle scuole di tipo tradizionale». 29 Cf. MARROU 1948, pp

12 accettavano tale pretesa 30. Elevare la religione cristiana ad un simile rango necessitava tuttavia di una riflessione più matura e fondata; seguirono le opere degli apologeti, dunque, personalità intellettuali più altamente formate che espressero il messaggio evangelico in una forma più pienamente comprensibile alla razionalità greca, evidenziandone la portata conoscitiva e divenendo così promulgatori di una speculazione razionale acutissima che conferisse pieno valore alla religione rivelata. Possono essere considerati veri fondatori di una «filosofia cristiana», a detta di Jaeger, Clemente Alessandrino e Origene 31. Gli scritti di Clemente devono essere attentamente considerati da chi voglia esaminare la concezione che ebbero i cristiani di educazione e il loro rapporto con la παιδεία antica. L Alessandrino nel suo Paedagogus propugna l idea del Cristo come divino e sommo educatore e mette a confronto il suo insegnamento con il «concetto greco di cultura integrale» 32. Il Padre rimarca con forza la maggiore antichità della sapienza d Israele, di cui Platone deve considerarsi debitore: la filosofia greca, che riconobbe parte della verità, non fu guidata dal caso, ma dalla provvidenza divina 33. Essa ebbe come funzione l essere una prepaideia 34 rispetto alla rivelazione della sapienza divina, che sola è vera gnosi 35, laddove il Logos è vero διδάσκαλος 36. Bene riassume tale ideale Völker 37 : «se la filosofia deve costituire un ponte verso il cristianesimo e deve essere usata con profitto, allora bisogna giudicarne i singoli concetti dal saldo punto di vista della Chiesa, e servirsene solo fin quando concordino con la dottrina biblica» Solo con Origene si giunge alla coniazione di un più compiuto progetto educativo cristiano che parta dalla concezione di filosofia come preparazione 38. Il suo pensiero può essere letto infatti come una filosofia (o teologia) della storia, fondata sulla dialettica tra il libero arbitrio dell uomo, segno della sua dignità secondo platonici e stoici, e l economia della salvazione divina 39. Negli scritti origeniani, se si tralasciano i Sermones, si nota per lo più un ragionamento di stampo prettamente filosofico basato sull esegesi dei due Testamenti 40 ; tale lettura slegata dall antropomorfismo consentì il recupero delle convinzioni dell ultimo Platone e la ricostruzione di un quadro storico di manifestazione del Logos divino nel quale 30 Cf. JAEGER 1961, pp Allo stesso modo anche l ebraismo aveva ricevuto una simile qualifica attraverso la mediazione di Filone. 31 Cf. JAEGER 1961, p JAEGER 1961, p , n Cf. Clem. Al. Strom. I 19 (II 60, 12 Stählin). 34 Cf. Clem. Al. Strom. I 20 (II 63, 8 Stählin). 35 Cf. JAEGER 1961, pp Cf. Clem. Al. Paed. III, 98, 1: διδασκαλεῖον δὲ ἡ ἐκκλησία ἥδε καὶ ὁ νύµφιος ὁ µόνος διδάσκαλος. 37 VÖLKER 1955, p Cf. GALLINARI 1974, pp Cf. JAEGER 1961, pp Jaeger sottolinea la profonda importanza dell opera dell esegeta sostenendo che la lettura origeniana, che volle trasferire il significato letterale della Bibbia in quello spirituale, «salvò quella che noi potremmo chiamare la paideia cristiana e i suoi fondamenti» (JAEGER 1961, p. 67). 12

13 «gli eventi della storia biblica e della storia del pensiero greco vengono racchiusi e fusi in unità» 41. In questo modo la παιδεία diventa per lui «l adempimento della divina provvidenza» 42. Nel metodo paideutico proposto da Origene, per come lo conosciamo dall elogio operatone dal Taumaturgo (o chi per lui) 43, il discepolo, accompagnato dal forte carisma del maestro, veniva condotto attraverso le varie scuole filosofiche acquisendo i contenuti che esse promettevano, ma evitando quel legame troppo personale che tali dottrine avrebbero preteso; tale coinvolgimento esistenziale e affettivo era invece dirottato sul rapporto di φιλία tra maestro e discepolo, una relazione non tra pari in cui «sin dall origine del percorso formativo, l attaccamento al maestro e alla filosofia [erano] un unica cosa» 44 e che aveva il suo punto sorgivo nel fatto che la guida stessa era legata all amicizia con il Logos, vero διδάσκαλος. Sotto la guida di Origene un giovane compiva una vera e propria revisione della sua precedente formazione; veniva insegnata quindi la fisica e l etica, e solo a questo punto si introducevano le varie filosofie, tra le quali erano tralasciate solo quelle che predicassero l assenza del divino. La sequela del maestro diventava così per il discepolo introduzione ad un esercizio della ragione conforme al Logos, che permetteva un giusto κρίνειν e lasciava il discepolo libero dall aprioristica accettazione di dogmi filosofici che altrimenti lo avrebbero condizionato in modo decisivo 45 : in tal modo il maestro poteva anche mostrare le acquisizioni positive e le mancanze di ogni via, con uno sguardo critico impossibile dal di dentro del sistema filosofico 46. La scuola origeniana, tentativo affascinante di rispondere al problema del rapporto tra l educazione classica e quella antica, non ebbe seguito, forse proprio perché troppo legata al carisma del singolo Origene. Il seme di una possibile concordia tra le due Weltanschauungen era stato tuttavia piantato; esso diede i suoi frutti circa un secolo dopo, per tramite dell evangelizzazione di un discepolo di Origene, Gregorio il Taumaturgo, nella regione della Cappadocia e del Ponto. In tale contesto si situa infatti l esperienza dei tre Padri Cappadoci: Basilio, Gregorio di Nazianzo e Gregorio di Nissa. 41 JAEGER 1961, p JAEGER 1961, p Cf. LUGARESI 2004, pp LUGARESI 2004, p Cf. LUGARESI 2004, p. 800: «Al modello comune di scuola filosofica, in cui studiare filosofia significa scegliere un maestro che professa una dottrina, mettersi alla sua sequela e poi eventualmente giudicare le altre teorie a partire da quella particolare precomprensione, Origene contrappone un metodo in cui la sequela del maestro è sì presente (anzi viene ancora più esaltata e posta al centro di tutto l agire scolastico), ma nel quale il διδάσκαλος non propone un sistema, ma semmai una modalità di esercizio della ragione, conforme al Logos, con cui accostare i diversi sistemi, attraversarli e superarli». 46 Cf. LUGARESI 2004, p. 801: «Dietro il progetto formativo della scuola di Cesarea c è l intuizione che le filosofie in quanto sono dei sistemi chiusi e autoreferenziali, non possono condurre al di là di se stesse». 13

14 All inizio del IV sec. per la religione si affacciava ormai la conclusione del periodo delle persecuzioni: il rescritto di tolleranza promulgato a Milano nel 313 sancì la liceità del culto che permise alla Chiesa di precisare le dottrine minate dagli influssi ereticali, rinsaldando in via definitiva la sua gerarchia interna. La paideia classica divenne in questa situazione per gran parte della aristocrazia ultimo baluardo culturale nei confronti di una religio che avrebbe potuto soppiantarla, così come già scriveva l anonimo autore degli Acta Philippi, che con sguardo retrospettivo già metteva in bocca all apostolo Filippo la convinzione che il messaggio evangelico sarebbe stato la nuova educazione che avrebbe rinnovato (e sostituito) quella antica 47. A fronte di tale pretesa, «la paideia greca diventò una religione e un articolo di fede» 48 : solo in quest ottica si comprende la reazione di Giuliano, che tentò di soffiare un nuovo afflato vitale nella cultura pagana, escludendo allo stesso tempo i «Galilei» dall insegnamento delle scuole. Giuliano aveva compreso con acutezza come questi ultimi infatti stessero facendo propria e modificando in funzione cristiana l educazione tradizionale, e stessero costruendo una rinnovata visione dell uomo attraverso una nuova paideia cristiana 49. La storia della generazione di questa civiltà mostra già una dicotomia tra Occidente e Oriente; protagonisti del confronto in Oriente furono i tre Padri cappadoci, in Occidente Agostino. Dopo queste personalità si può forse considerare concluso quel processo che ha portato alla sintesi tra il pensiero classico e quello cristiano. È noto che Basilio e Gregorio di Nazianzo si formarono, oltre che in Cappadocia, anche ad Atene; più discusso è il fatto che questa pratica al tempo fosse comune o ancora abbastanza inusuale. Certo è che i due frequentarono le lezioni di Proeresio, unico maestro cristiano che insegnava in quegli anni. La maturazione di quegli anni fu decisiva, sia dal punto di vista conoscitivo sia da quello umano: se però Gregorio, rimasto quasi un decennio in quella scuola, non sentì obiezioni, ritornato in patria, ad una vita religiosa, Basilio dovette avere di fronte il fulgido esempio della sorella Macrina che lo distogliesse da vani propositi 50. Anni dopo entrambi, ormai versati nella loro missione pastorale, si interrogarono sulla loro formazione o sull utilità dell educazione antica in un contesto che ormai si preparava a divenire latamente cristiano; non bisogna poi dimenticare che entrambi vissero le recrudescenza pagana che volle portare Giuliano, e che anzi deve aver influito non poco sulle loro scelte. Basilio scrisse una Oratio ad adulescentes, nella quale tentò di esplicitare nella ἀπάθεια un indirizzo critico che permettesse di muoversi nella cultura profana la ricerca della vita vera; i giovani tuttavia, proprio a causa della loto età e della mancanza di formazione, non 47 Acta Philippi c. 8 (3): Καὶ γὰρ παιδείαν ὄντως νέαν καὶ καινὴν ἤνεγκεν ὁ κύριος µου είς τὸν κόσµον, ἵνα πᾶσαν ἐξαλείψῃ κοσµικὴν παίδευσιν. 48 JAEGER 1961, p Cf. JAEGER 1961, pp Cf. LUGARESI 2004, pp

15 conoscono ancora questa vita aliena dalle passioni: ecco perché a loro è ancora permesso indulgere alla letteratura profana, solo però per ricercare quegli esempi che offrono beni e virtù. Il discorso di Basilio, a detta di Lugaresi 51, è spesso astratto e tautologico: pur postulando la necessità del κρίνειν, esso non offre nel dettaglio il criterio per cui questa pratica possa attuarsi; manca inoltre nel testo un riferimento concreto ad un ambiente scolastico, e il discorso procede «senza contestualizzare il problema della lettura dei classici nella realtà concreta della didattica tardoantica» 52. Diverso è il testo che ci ha lasciato Gregorio di Nazianzo, l Oratio 43, un epitafio dedicato a Basilio che ricorda le esperienze comuni degli anni ateniesi. In essa emerge con chiarezza come la formazione cristiana dei due futuri vescovi attraversasse le diverse opzioni filosofiche sulla base della «scoperta dell amicizia cristiana come canone, regola di vita» 53 : Basilio era infatti considerato, dal Nazianzeno come dal Nisseno negli anni successivi, un modello e un esempio nel quale βίος e λόγος si compenetravano mirabilmente, secondo una impostazione che il giovane aveva ricevuta dal padre, Basilio retore 54. La sezione dell orazione che comprende i capp vuole proprio descrivere questa συµπνοία o συµφυία che caratterizzò i due giovani, approdati in un luogo inquinato secondo il Nazianzeno dalla sofistomania, un amore perverso per discorsi caratterizzati dalla vanitas e dalla fictio; tale accusa si appunta inizialmente «non sui contenuti culturali di queste scuole, sui programmi o sui metodi di insegnamento, ma sul tipo di vita sociale che attorno ad esse si sviluppa» 55, quasi a rimarcare ancor di più la necessità di un contesto amicale che indirizzi alla virtù, fondata nell unico Dio, come quello instauratosi tra Basilio e Gregorio 56. Educazione classica e cristiana sono in una simile esperienza ancora divise, ma nei due amici, e in coloro che furono affascinati da questa comunionalità, «è la loro unità di vita che fa convergere, in un certo senso, le due strade in un unico percorso formativo, nel quale l identità cristiana non è affatto appannata dalla accettazione delle regole e delle opportunità formative offerte dalla scuola pagana: la cosa più importante per Basilio, Gregorio e i loro amici era di essere riconosciuti come cristiani, di nome e di fatto» 57. Tale παίδευσις era dunque fondata non più sulla sequela di un maestro carismatico, ma sulla φιλία di condiscepoli, alla sequela dell unico vero διδάσκαλος. 51 Cf. LUGARESI 2004, pp , in part. p. 809: «Il principio-guida di ogni azione del cristiano, e quindi anche dello studio, infatti, viene identificato dall autore nella ricerca dell altra vita, quella vera [...], ma a ben vedere esso in realtà non può essere applicato dai giovani studenti destinatari del discorso basiliano, in quanto essi è sempre Basilio a dirlo esplicitamente, a 2,4 a causa della loro giovane età e della mancanza di formazione, non sono ancora in grado di capire che cosa sia questa vera vita». 52 LUGARESI 2004, p LUGARESI 2004, p Cf. LUGARESI 2004, pp LUGARESI 2004, p Cf. LUGARESI 2004, pp LUGARESI 2004, p

16 Ciascuno dei tre Cappadoci potrebbe costituire un valido esempio di come l idea educativa sottesa al loro pensiero fondi ormai i presupposti classici e cristiani; forse però il pensatore più completo, che con più profonda speculazione ha guardato alla filosofia antica come massimo strumento teologico, ponendo fondamenti irrinunciabili alla concezione cristiana di Dio, dell uomo e del mondo, è Gregorio di Nissa. Per ricondurre il discorso al solo pensiero educativo, si può dire che il Nisseno, dei tre autori, affronta la questione forse in modo più globale, quasi incarnando nelle sue opere le istanze che si ritrovano separate nel pensiero di Basilio e del Nazianzeno 58. Forse più che questi ultimi Gregorio riuscì a concepire la παιδεία come una unità formante la personalità del singolo, in linea con il pensiero greco, che aveva distinto l essere dell uomo dalla sua personalità e si era rivolto a quest ultima 59. Jaeger, nella sua opera che mette a confronto il cristianesimo primitivo e l educazione classica 60, ha mostrato efficacemente come la personalità del Nisseno e il suo pensiero mostrino l avvenuta compenetrazione tra educazione classica e cristiana. L esimio studioso tuttavia mostra una lettura dell autore forse troppo legata al suo desiderio di fondare un «terzo umanesimo» che avesse come base la cultura di Atene ed in special modo Platone 61 : Gregorio, specialmente nella sua concezione di educazione, è profondamente impregnato di istanze che travalicano tale cultura. Lo sguardo che il critico ha portato nel valutare la figura del Cappadoce sembra invece troppo spesso orientato dalla precedente opera monumentale, Paideia: dai suoi scritti invece Gregorio appare prima cristiano che greco. A titolo di esempio si vuole citare l incipit del capitolo VII di Cristianesimo primitivo e Paideia greca, dedicato al nostro autore: in esso si afferma che le opere del Nisseno mostrerebbero un «ripetersi insistente» del concetto di µόρφωσις (e derivati) in ottemperanza all idea del Cappadoce per la quale un immagine che descriverebbe appieno l educazione 58 Cf. JAEGER 1961, p. 108: «In Gregorio Nazianzeno la rinascita delle antiche forme letterarie dei Greci con l infondervi dello spirito cristiano dà per risultato la creazione di una letteratura cristiana capace di competere con quanto di meglio veniva prodotto da quella pagana contemporanea e persino di superarla in vitalità e potenza di espressione. Basilio sostenne fermamente doversi accettare direttamente nelle scuole cristiane, che erano ancora in statu nascendi, l antica poesia greca come strumento di una educazione superiore. Quando veniamo a Gregorio di Nissa, vediamo che questi affronta il problema in un modo nuovo. Praticamente scrive lui stesso come un classico». 59 Cf. JAEGER 1961, p. 111: «La via che [scil. Gregorio] intraprende mostra che egli è immerso nella grande tradizione filosofica greca e legato ai suoi ideali di cultura, ma anche che muove originalmente il passo in direzione di un educazione cristiana e incontro alle sue esigenze. Con questo non intendiamo semplicemente l insegnamento della dottrina cristiana, bensì lo sforzo consapevole di giungere a una concezione dello sviluppo della personalità umana che potesse rispondere alle esigenze più alte della filosofia greca dell educazione». Sul pensiero greco precedente, cf. JAEGER 1944 passim. Cf. anche VON BALTHASAR 1942 pp. XV-XVI, dove si legge che Gregorio, magari meno brillante e fecondo del suo maestro, Origene, meno acculturato del suo amico Nazianzeno, meno pratico di suo fratello Basilio, ebbe il grande pregio di sorpassare tutti costoro per la profondità del suo pensiero, attraverso cui meglio di ogni altro seppe interiorizzare e riproporre nel nuovo mondo cristiano la grande eredità dell antica Grecia. 60 JAEGER 1961, passim. 61 Cf. G. Reale, La figura di Werner Jaeger e la sua opera «Paideia» come grandioso manifesto del «terzo umanesimo», introduzione a JAEGER 1944, pp. VII-XXXI. 16

17 sarebbe quella plastica dell artista (pittore o scultore) 62. Tale tesi rispecchia il pensiero dell autore greco nei contenuti ma non nei termini 63 : in tali passi, come si argomenterà in seguito, si ritrova piuttosto la famiglia lessicale legata all idea della µίµησις, dell imitazione. Tale precisazione riveste un profondo significato esistenziale: secondo Gregorio l uomo non è chiamato a formare la propria personalità, a dare ad essa una forma da solo, bensì ad imitare una Alterità che riconosce come la vera essenza di sé. L immagine che meglio caratterizza l uomo, secondo Gregorio, è dunque quella dello specchio che riflette la luce del sole, e in questo riflettere assume piena consapevolezza di sé 64. Allo stesso modo, non basta affermare che, come per la Grecia la paideia indicava un essere plasmato dalle parole di Omero e dei poeti, così per i cristiani essa consisteva nel conformarsi alla Bibbia, in quanto parola ispirata e divina che educa (παιδεύειν) 65 : i Testamenti infatti per Gregorio non rappresentano la perfetta immanenza della divinità, se non solo a seguito dell incarnazione e del dono dello Spirito: solo in questo modo le ombre della Legge antica si sono diradate per rivelare il giardino del Cantico, dove attende lo Sposo 66. L uomo deve dunque conformarsi a Cristo («la paideia del cristiano è l imitatio Christi» 67 ); la Scrittura diviene il mezzo, principale forse ma non unico, attraverso cui questa si attua. Il concetto di educazione del Nisseno è dunque ben più articolato e complesso di quanto sia stato finora presentato, nulla togliendo alle preziosissime indagini di Jaeger, che si presentano già programmaticamente come molto compendiose. Da questa considerazione nasce il presente lavoro. Gregorio di Nissa non ha consegnato scritti che trattino di educazione in senso stretto, né che descrivano esperienze scolastiche (un breve accenno al διδασκαλεῖον è solo nell Adversus eos qui castigationes aegre ferunt). Per studiare la sua concezione di educazione occorre rifarsi all idea classica di παιδεία come µόρφωσις, formazione completa di un uomo che si riverbera nella sua condotta di vita. Per il Nisseno infatti la παίδευσις coincide con la 62 Cf. JAEGER 1961, pp Base per queste affermazioni è una ricerca condotta sul BRILL e sul TLG. Il termine è per lo più presente nel participio aoristo passivo del verbo corrispondente (ad es. DB 124, 26; 148, 20; ; IC 159, 4; 445, 1; IE 380, 9; DI 46, 5; DPer 195, 3; IPS 101, 20) 64 Cf. ad es. IC 439, , Cf. JAEGER 1961, pp Cf. ad es. IC 148, JAEGER 1961, p

18 φιλοσοφία, con un sistema razionale ontologico, gnoseologico ed etico che orienti il βίος; ci si è dunque interrogati su quali fondamenti essa si basi, si approfondisca e si trasmetta 68. L opera di Gregorio ha nel suo complesso, come si vedrà, una finalità educativa e pastorale, che non raramente indulge alle esortazioni e al desiderio di guidare l interlocutore. Innanzitutto si è cercato di precisare, per quanto possibile, i termini che nel vocabolario del Nisseno pertengono al lessico paideutico; tale ricerca ha necessitato evidentemente, di fronte ad una congerie di opere così vasta e varia, di una previa scelta metodologica: è sembrato dunque opportuno basarsi sulle famiglie lessicali che accompagnavano termini chiave evidentemente legati all educazione quali παιδεύειν e διδασκαλία, per riscontrare altri sostantivi o verbi che incarnassero tale idea. Sono stati quindi raccolti secondo un ordine tematico consequenziale alcuni passi estrapolati da quasi tutte le opere di Gregorio che contenessero tali termini, per provare a ricostruire le linee della concezione educativa del vescovo di Nissa e dei suoi rapporti con la παιδεία a lui precedente, di cui egli fu erede, continuatore e innovatore. Sono state inizialmente privilegiate le ultime opere della riflessione del Cappadoce, che hanno offerto i punti di arrivo della sua concezione; l analisi testuale ha però rivelato come per quanto riguarda il pensiero educativo, esso può considerarsi presente, in nuce o già esplicitato, sin dai primi scritti. Tale tema si interseca con tutti gli argomenti intorno cui si sviluppa la filosofia del Cappadoce, toccandoli ora tangenzialmente ora nello specifico: scrive giustamente Desalvo 69 che «seguire la riflessione di Gregorio sull uomo [e dunque sull educazione] significa anche necessariamente in certa misura seguirlo nella sua vicenda di uomo e di uomo cristiano». La ricchezza di filoni che si è sfiorata ha fatto capire che ogni nodo meriterebbe una particolareggiata esemplificazione dal punto di vista diacronico; ci si è in questo basati sulle molte e valide opere di altri specialisti. Negli studi su Gregorio la tematica educativa occupa una strana posizione: pur essendo un tema cardine della riflessione del Nisseno, in quanto gran parte del suo pensiero ne è attraversato come da un filo rosso, non riceve una trattazione specifica da parte dell autore; si potrebbe quasi dire, parafrasando Desalvo 70, che analizzare la concezione educativa del Nisseno significa «chiarire» una tra le «concrete premesse [...] di un testo, quelle cioè di cui un autore non parla perché sono per lui semplicemente ovvie». 68 TARANTO 2009, p. 664 scrive: «Il lettore, che si accosta agli scritti di Gregorio, deve dunque nutrire la consapevolezza che non si trova davanti a testi meramente parenetici o edificanti, bensì di fronte ad un opera impregnata profondamente di cultura filosofica e letteraria. Tale opera si propone come un tentativo di investigazione delle verità più intime dell uomo e della storia». Ibidem il critico si premura di ricordare come «la ragione di fondo che lo muove [sia] la ricerca continua e la ferma volontà di apprendere trasmettendo». 69 DESALVO 1996, p Cf. DESALVO 1996, p

19 Forse per questo, dopo la particolareggiata esposizione di Werner Jaeger, dei cui pregi e mancanze si è già fatta menzione, il tema non ha ricevuto ulteriori contributi. Questo lavoro vuole provare a rispondere a tale lacuna. La lettura qui condotta, necessariamente anche descrittiva a causa di un terreno interpretativo da svelare quasi ex novo, prende le mosse dall analisi di opere come il De vita Moysis e le Omeliae in Canticum Canticorum; si è cercato quindi di ricostruire un ordine tematico che, quando non segue diegeticamente una singola opera, ha preso a modello nei suoi passi iniziali il discorso (di stampo pastorale, ma profondamente filosofico) presente nel De instituto christiano; un posto altrettanto di spicco per l organizzazione della materia merita anche il piccolo trattato, questo di argomento nettamente più pastorale, Adversus eos qui castigationes aegre ferunt. Alcune tematiche, infine, di cui era rimarcabile l importanza educativa, ma che non venivano toccate in questi scritti, hanno richiesto di affidarsi man mano ad opere diverse, mettendole a confronto con altre e arricchendo le suggestioni che in esse si riscontravano. 19

20 20

21 Cenni biografici Gregorio nacque a Cesarea, in Cappadocia, tra il 332 e il 335; suoi genitori furono Basilio il retore ed Emmelia, che lo introdussero profondamente alla religione cristiana 1. La regione della Cappadocia vanta una storia dell evangelizzazione di prim ordine e fu terra che regalò alla Chiesa schiere di santi e dottori. L annuncio in queste terre risale al III sec., ad opera di Gregorio il Taumaturgo, un promettente allievo della scuola alessandrina di Origene; un ottimo quadro del suo ministero è offerto proprio dal Nisseno, che gli dedicò una Vita. Il Taumaturgo fu iniziatore della fede nella famiglia paterna del vescovo di Nissa, per tramite dalla nonna Macrina; è probabile anzi che il Nisseno debba il suo nome in onore proprio di questo personaggio 2. Sia la famiglia paterna che quella materna furono colpite dalla persecuzione di Decio all inizio del IV sec.: Macrina e il marito, insieme a pochi servi, non avendo abiurato, furono costretti all esilio nelle selve della Cappadocia 3 ; il padre di Emmelia fu invece messo a morte per la sua fede nella regione del Ponto 4. Tali forti convinzioni familiari giovarono profondamente ai figli della coppia, che le respirarono sin dai primissimi anni 5 e instillarono in Gregorio la convinzione di una continuità quasi di sangue nella santità 6. Benché vi sia qualche perplessità tra gli studiosi 7, se si accettano le parole attribuite alla stessa Emmelia riportate nella Vita Sanctae Macrinae, la coppia ebbe dieci figli, dei quali si conoscono i nomi di Macrina, Basilio, Naucrazio, Gregorio e Pietro, la decima che Emmelia chiede a Dio di accettare, insieme a Macrina, la sua primizia 8. I desideri della madre furono esauditi: la figlia fu profonda asceta e badessa di un monastero femminile, nel quale risiedette anche la Emmelia stessa; Basilio fu vescovo di Cesarea, Gregorio di Nissa e Pietro di Sebaste; anche Naucrazio si era ritirato in solitudine per vivere da asceta. È singolare il fatto che Gregorio non citi mai il nome della madre, che conosciamo solo grazie grazie all Or. 43 del Nazianzeno, ma si riferisca a lei usando sempre l appellativo affettuoso che la contraddistingue ai suoi occhi, µητήρ: forse in questo si deve vedere un riconoscimento alla 1 Gregorio di Nazianzo parla della famiglia di Gregorio come di un esercito celeste : cf. Gr. Naz. Epigr. 54 = 161 Waltz. 2 Cf. GIANNARELLI 1988, p Cf. Greg. Naz. Or. 43, Cf. VSM 393, La famiglia di Gregorio fu, a detta di Mattioli, «veramente unica nello storia del Cristianesimo: aveva già dato dei confessori, come l ava paterna di cui Macrina ripeteva il nome, che al tempo delle persecuzioni aveva lottato confessando più volte Cristo, e dava nella presente generazione tre santi, di cui due dottori della chiesa, Basilio di Cesarea e Gregorio di Nissa» (MATTIOLI 1980, p. 169) 6 Cf. ALEXANDRE 1984 pp Cf. PFISTER 1964, passim. 8 Cf. VSM 384, ,

22 perfezione che raggiunse la donna, che non si poté esprimere nell ascesi verginale, come pure lei avrebbe voluto, bensì nella maternità. Tale connotazione va letta tuttavia innanzitutto dal punto di vista della generazione spirituale: in questi anni infatti «siamo di fronte ad uno dei fenomeni più interessanti del cristianesimo del IV secolo in Oriente e in Occidente: intere famiglie, soprattutto aristocratiche, dedite alla ascesi all interno delle loro case, nelle quali l elemento femminile ha funzione trainante» 9. Simili considerazioni portano a ritenere che la prima istruzione di Gregorio, di stampo religioso, dovette essergli impartita dalla madre e da Macrina (se non anche dalla nonna, così come per Basilio); Gregorio non ne fa tuttavia cenno, limitandosi, nella Vita Sanctae Macrinae, a descrivere l impegno della sorella profuso verso il fratellino più piccolo, Pietro. Se la madre instillò nei figli la tensione alla vita ascetica, il padre Basilio, retore affermato di Neocesarea, trasmise soprattutto al figlio che portava il suo stesso nome e probabilmente (almeno per poco tempo) anche a Gregorio (benché si debba collocare la sua morte intorno al 345, appena dopo la nascita di Pietro) un profondo rispetto per la cultura profana. Gregorio non frequentò come Basilio le migliori scuole del tempo (tra cui spiccava, naturalmente, Atene, culmine della formazione del fratello): influì su questa scelta la morte del padre, che avvenne quando il Nisseno non aveva ancora l età per gli studi superiori e la decisione della madre, ormai vedova, di stabilire la famiglia a Cesarea, per affidare l educazione e la tutela dei figli al vescovo Gregorio, suffraganeo di quella città, che non deve essere confuso con il padre di Gregorio di Nazianzo. Il futuro vescovo di Nissa compì i suoi studi in questa città: lì ebbe come maestro suo fratello Basilio che, una volta conclusi gli studi, insegnò a Cesarea negli anni 357/358. Non conosciamo altre personalità che influenzarono direttamente l educazione del Nisseno; nell Ep. 13 Gregorio afferma di non riconoscere nessun altro maestro (eccettuata la Scrittura) se non il solo fratello. Dal suo epistolario emerge tuttavia come la sua educazione fosse arricchita da varie personalità insigni come Libanio, Imerio e il cristiano Proeserio; da questi Gregorio trasse i frutti della παιδεῖα antica e ricavò conoscenze tratte dalle più svariate discipline. Tra gli scrittori cristiani il punto di riferimento più presente (dopo Basilio) è sicuramente Origene e la scuola alessandrina, come ben dimostrò Völker 10 ; nell ambito della cultura profana egli conosce soprattutto Platone e Plotino, ma non mancano riferimenti a Posidonio, Numenio e Filone, oltre che agli 9 GIANNARELLI 1987, p Cf. anche GIANNARELLI 1988, p. 13, dove si legge che la conversione delle classi sociali più elevate dell impero spesso è debitrice dell «apporto fondamentale dell elemento femminile, più aperto e disponibile ad accogliere novità religiose», soprattutto «quando queste diano dignità e valore nuovi ad una categoria definita dalla tradizione ebraica e pagano-classica come sinonimo di debolezza». 10 Cf. soprattutto VÖLKER 1955, pp In part. si legge a p. 249: «conformemente allo spirito della sua famiglia e alla sua istruzione, la persona e l opera di Origene lo influenzarono al massimo, e tramite la mediazione di Origene, Gregorio è giunto alla più stretta relazione con il mondo alessandrino, cosa che si realizza fin nei minimi particolari, persino nell uso degli stessi termini e degli stessi passi della Bibbia addotti come dimostrazione». 22

23 stoici e ad Aristotele, soprattutto per quanto riguarda le scienze naturali, da cui il Nisseno trasse paragoni e spunti che utilizzò anche con fini esegetici. Basilio era tornato da Atene entusiasta della cultura classica, e certo ne aveva rinfocolato l amore anche nel fratello minore; se pure si crede che il futuro metropolita di Cesarea ebbe intenzione di dedicarsi esclusivamente alla professione di retore, si è certi che fu ricondotto ai suoi propositi ascetici dalla sorella, che lo accompagnò ormai ventisettenne al battesimo; contestualmente egli fu iniziato da Macrina e da alcuni amici, tra cui Eustazio, vescovo di Sebaste, al monachesimo 11. L adesione di Basilio a tale forma di vita non suscitò tuttavia in Gregorio tanto fascino quanto era stato quello per la παίδευσις antica: nel 359 infatti il futuro vescovo di Nissa non ascoltò l invito del fratello maggiore ad abbracciare la vita monastica; sembra anzi da collocarsi proprio in questo periodo il suo (presunto) matrimonio 12. Interessante a questo proposito si rivela l ipotesi di Aubineau 13, secondo cui Gregorio in questo periodo non si allontanò dalla spiritualità del fratello, della sorella e della madre compiendo viaggi frequenti nei luoghi dove essi si erano ritirati, acquisendo così oltre alla competenza retorica anche una profonda conoscenza dei Padri della Chiesa. Gregorio, come il fratello Basilio prima di lui, ricevette il battesimo, intorno alla trentina 14. In questi anni la Cappadocia registrò, forse più di tutte le altre regioni dell impero, la reviviscenza della religione e della retorica pagana portata da Giuliano, in quanto l imperatore vi aveva soggiornato per molti anni; questi luoghi sentirono forse più duro (per la forte presenza cristiana sancita dal ministero di Gregorio il Taumaturgo 15 ) il tentativo giulianeo di istituire sacerdoti pagani e di restaurare il culto idolatrico; in particolare, l imperatore tentò di rimuovere dalla regione il culto dei martiri, espressione di una religiosità popolare profonda che si sentiva ispirata dalla concretezza di quelle figure e dai loro resti mortali, fatto che costituisce un riferimento necessario per le orazioni martirologiche composte da Basilio 16, base imprescindibile di quelle del Nisseno. In tale situazione Basilio fu ordinato sacerdote (362) su invito pressante di Eusebio, nuovo vescovo della metropoli di Cesarea, che si sentiva minacciato da tale recrudescenza pagana, e gli fu affidato un ruolo preminente nell educazione dei giovani 17. Contestualmente, nel 365, Gregorio abbandonò il suo posto di lettore per dedicarsi assiduamente alla retorica - forse per influsso di Libanio, conosciuto a 11 Cf. GIANNARELLI 1988, p Per una bibliografia aggiornata sul problema, cf. BANDINI 2003, p. 12 n Cf. AUBINEAU 1966, pp Cf. POUCHET 2001, pp Cf. anche p. 39: «per loro il battesimo ricevuto nel pieno della maturità, dopo esser stato vivamente desiderato, fu il sigillo della conversione alla vita ascetica e resterà, per tutta la vita, la fonte e il riferimento al quale incessantemente faranno ricorso». 15 Cf. RIGGI 1985, pp Cf. RIGGI 1985, pp ; cf. in part. p. 68: «Ad un ambiente avvelenato dalla recrudescenza pagana, e particolarmente alla reazione subdolamente persecutoria del filosofo coronato, il vescovo di Cesarea ricordò che vera saggezza è quella che scaturisce dalla testimonianza umano-divina del Cristo e dei suoi atleti». 17 Cf. GALLINARI 1974, p

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