Politica e corporeità sulla scena del teatro tragico: prospettive storico-religiose e antropologiche

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1 Università Ca Foscari Venezia UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA Sede Amministrativa: Università degli Studi di Padova Università degli Studi di Verona CORSO DI DOTTORATO IN STUDI STORICI, GEOGRAFICI, ANTROPOLOGICI Curriculum: Studi storici e storico-religiosi CICLO XXIX Politica e corporeità sulla scena del teatro tragico: prospettive storico-religiose e antropologiche Coordinatrice del Corso: Ch.ma Prof.ssa Maria Cristina La Rocca Supervisore: Ch.ma Prof.ssa Alessandra Coppola Dottorando: Enrica Zamperini

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3 Politica e corporeità sulla scena del teatro tragico: prospettive storico-religiose e antropologiche L idea che tra il corpo umano e la polis vi sia una relazione analogica che si esplica nell immagine della città come corpo politico è presente nei primi testi greci antichi epici e lirici. Questa ricerca ha prestato particolare attenzione a quelle opere tragiche in cui tale rapporto si concretizza e dove l analogia assume le forme del corpo malato dell eroe tragico e del corpo della polis corrotto dalla stasis. Un intreccio tra dimensione politica e medicina reso visibile dall uso di un lessico medico comune che si carica via via di significati e sensi diversi che concorrono a delineare la complessa figura dell eroe tragico, la cui malattia (nosos), conseguenza di una colpa, si ripercuote sullo stato di salute dell intera città. L analisi degli eroi tragici (Prometeo, Aiace, Eracle, Edipo, Filottete e Oreste), condotta in una prospettiva pluridisciplinare, ha messo in rilievo non soltanto gli scambi linguistici tra lessico medico e lessico politico, ma anche le implicazioni concettuali che ne derivano, senza tralasciare gli aspetti di carattere antropologico e storico-religioso contenuti nel testo tragico. Politics and Corporeality on the stage of Greek tragic Theatre: historical, religious and anthropological perspectives The idea that there is an analogic relationship between the human body and the body of the polis and that the relationship takes the form of a city as a living organism, healthy or diseased, arises in the ancient Greek texts, both in the epic poems and in the lyric compositions. The focus of this research is on those tragedies in which the relationship between the hero s diseased body and the body of the city corrupted by the stasis is more evident. In those tragic plays, the relationship is stressed by the analogy between stasis and nosos, between the civic strife and the disorder of the body, and it is expressed through a language common to politics and medicine. The analysis of some tragic heroes (Prometheus, Ajax, Heracles, Oedipus, Philoctetes and Orestes), conducted in a multidisciplinary perspective involving philological, historical, religious and anthropological features, has highlighted not only the linguistic intertwining of medical and political lexicon, but also the conceptual implications which result from that, without ignoring the historical, religious and anthropological features that the tragedy implies.

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5 Indice Introduzione... p. 9 I. IL TEATRO TRAGICO NELL ATENE DEL V SECOLO: IL RAPPORTO TRA RELIGIONE E POLITICA 1. La rappresentazione tragica ad Atene: contesto storico e politico... p Il teatro in una prospettiva storico-religiosa e storico-antropologica: il carattere sacro della tragedia, il suo radicamento nel mito e la sua funzione simbolica... p Il conflitto tragico: città, mito e storia a confronto... p Atene e Tebe: due città modello a confronto... p. 33 II. IL CORPO DELLA POLIS E IL CORPO DELL EROE 1. Il corpo metafora della polis: lessico medico e lessico politico a confronto 1.1 Analogia tra νόσος e στάσις, tra disordine della città e squilibrio del corpo... p Isonomia... p στάσις e νόσος in epoca arcaica... p Omero ed Esiodo... p Erodoto... p Tucidide... p Politica e medicina... p Platone... p La città malata: contesto storico, la politica imperialista di Atene e la guerra del Peloponneso... p Il corpo dell eroe 3.1. Il corpo dell eroe: eccezionalità-dismisura... p La malattia dell eroe come infermità fisica e politica... p Abbandono e allontanamento dell eroe malato: il φαρμακός... p Guarigione dell eroe e sua reintegrazione nello spazio d ordine (kosmos). Risoluzione del conflitto tragico e politico... p

6 III. LA MALATTIA DELLA CITTÀ E DELL EROE: ΣΤΆΣΙΣ E ΝΌΣΟΣ SULLA SCENA DEL TEATRO TRAGICO 1. Eschilo, Sofocle, Euripide e il lessico medico. Introduzione storica... p Eschilo e il lessico medico... p Sofocle e Asclepio: poesia, medicina e religione... p Euripide e la medicina... p Prometeo... p L eroe malato... p Colpa e punizione... p La polis... p Guarigione e reintegrazione... p Aiace... p L eroe malato... p Colpa e punizione... p La polis... p Guarigione e reintegrazione... p Eracle... p L eroe malato... p Colpa e punizione... p La polis... p Guarigione e reintegrazione... p Edipo... p L eroe malato... p Colpa e punizione... p La polis... p Guarigione e reintegrazione... p Filottete... p L eroe malato... p Colpa e punizione... p La polis... p Guarigione e reintegrazione... p

7 7. Oreste... p L eroe malato... p Colpa e punizione... p La polis... p Guarigione e reintegrazione... p. 450 Conclusioni... p. 455 Riferimenti bibliografici... p

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9 Introduzione Sarebbe un errore intendere la tragedia greca, forse il prodotto più importante della cultura letteraria dell Atene del V secolo a.c., come un mero spettacolo teatrale; essa è piuttosto la rappresentazione dell universo culturale greco in tutte le sue componenti, religiose, politiche, filosofiche, che si intrecciano a formare un articolato sistema di senso. Una complessità che la rappresentazione tragica manifesta come ambiguità, come compresenza di significati, opposti e complementari: conflitto tra il caos delle origini e i sistemi d ordine, tra natura e cultura, tra modalità di organizzazione della convivenza umana, sociale e politica; conflitto che diventa poi lotta tra libertà dell uomo e necessità del destino a cui esso appartiene. Tutto ciò e la pluralità di senso che ne deriva continua a fluire dall Antichità fino ai nostri giorni, fornendo prospettive e orizzonti sempre nuovi rendendo quanto mai ancora necessario lo studio del testo tragico. Questa ricerca nasce, in particolare, dall esigenza di indagare il profondo legame che unisce la tragedia e il contesto politico, l eroe protagonista e la polis, un legame espresso in modo singolare dall idea che tra il corpo dell eroe tragico e la città vi sia non solo una relazione metaforica, ma anche una contiguità reale, che si esplica nell immagine della polis stessa come corpo. Una relazione che si fa più forte e complessa nel momento in cui quello dell eroe diviene un corpo malato, un corpo segnato dalla malattia a seguito di una colpa commessa che genera a sua volta una contaminazione che invade il corpo della città. L analogia tra corpo dell eroe e corpo della polis trova poi espressione soprattutto a livello linguistico dove l intreccio tra dimensione politica e medicina diviene visibile nell uso di un lessico comune che si carica via via di significati e sensi diversi che concorrono a delineare la variamente articolata figura dell eroe tragico. Il teatro è ad Atene un evento fondamentale: esso scandisce il tempo della festa, il tempo sacro in cui ogni attività politica e militare viene sospesa anche se la politica rimane nel teatro; questo, infatti, è il luogo in cui trova espressione l ideologia della polis e, soprattutto, è elemento imprescindibile nella costruzione identitaria della città e del cittadino. Nello stesso tempo però gli agoni teatrali che si svolgono durante le feste di Dioniso, il dio dell alterità, colui che sconvolge l ordine del quotidiano e stravolge i valori tradizionali, si fanno segno di una contraddizione politica ed etica costantemente presente. Proprio nella ritualità della contraddizione messa in scena, contraddizione che diventa crisi, si riconosce il significato più profondo della rappresentazione teatrale. Vivendola gli spettatori riconoscono e si allontanano 9

10 dal disordine rappresentato per ritrovare le basi della vita democratica. In tale modo, attraverso lo spettacolo, si consolida l identità democratica della polis. La città portata sulla scena, tuttavia, non è mai direttamente Atene; il processo di superamento della crisi e di costruzione del cosmo da parte del pubblico è possibile, infatti, soltanto se l azione si svolge in un altrove lontano, in una polis che vive una situazione conflittuale a causa di un morbo che ne distrugge i fondamenti di convivenza civile. Tebe diventa allora una sorta di anti-atene, dove il potere è gestito da un τύραννος che per le sue colpe fa precipitare la stessa città nel caos totale. L esemplarità del caso di Edipo mostra chiaramente i termini della relazione tra il disordine nella città (στάσις) e lo squilibrio del corpo dell eroe (νόσος). Ma Edipo non è l unico eroe che sulla scena mostra i segni di una malattia effetto della ὕβρις, del superamento dei limiti imposti. Gli eroi greci, in generale, sono esseri straordinari che sulla scena teatrale diventano un evento problematico che mette in crisi i valori tradizionali rappresentando un eccesso, un alterità che turba l ordine della polis. Alla luce di queste considerazioni, la ricerca qui presentata si propone di analizzare le figure eroiche tragiche, cercando di individuare il rapporto metaforico e simbolico che le lega alla città e che fa da sfondo alla vicenda di cui sono protagoniste; un analisi che vuole mettere in evidenza le relazioni e gli intrecci tra lessico medico e lessico politico e le implicazioni concettuali che ne derivano. Per questo motivo si sono analizzate soltanto le opere con protagonisti maschili: lo stato di malattia vissuto e subito dalle figure femminili, infatti, non conosce risvolti politici perché il loro è un dolore intimo, frutto di passioni irregolari e che si consuma entro le mura domestiche. L impossibilità storico-politica di istituire un analogia tra il corpo femminile e il corpo della città, ha portato a escludere drammi in cui, pur essendo alta era la presenza dei termini inerenti alla malattia, questa era però relativa alla dimensione femminile (come ad esempio l Ippolito di Euripide, in cui il temine νόσος compare 24 volte, ma sempre in riferimento alla condizione di Fedra). Criteri di carattere lessicale sono stati utilizzati pertanto nella scelta delle tragedie individuate in relazione alla presenza di νόσος, termine indicante la malattia. La sua più alta frequenza compare nell Oreste di Euripide con ben 45 attestazioni. Per questo motivo si è deciso di includere questa opera nella ricerca, anche se in un primo momento si era orientati a trattare solo le opere di Sofocle. La seconda opera, con 26 occorrenze di νόσος, è il Filottete, dal quale la ricerca aveva preso avvio per la fitta presenza di termini afferenti all ambito medico. La presenza del Prometeo incatenato di Eschilo, con 17 occorrenze, ha indotto a 10

11 includere anche questa nel piano di lavoro, nonostante i problemi relativi alla datazione dell opera. Attraverso l analisi delle figure eroiche si è cercato di evidenziare le modalità con cui si realizza sulla scena il rapporto tra queste e la polis: esaminando in primo luogo la malattia dell eroe e i termini medici impiegati per descriverla e mostrandone poi l origine in un azione delittuosa, di sconfinamento, causa di tragiche conseguenze, di cui l eroe deve farsi carico. Lo studio del lessico medico si è successivamente rivelato un utile strumento di confronto e di indagine relativamente alla situazione politica che fa da sfondo alla vicenda rappresentata: si sono individuati i termini impiegati sia in ambito medico che in quello politico, in grado di far emergere le analogie prima lessicali e poi simboliche tra corpo dell eroe e corpo della polis. Infine si sono illustrate le diverse prospettive sulle possibilità di guarigione e di riconciliazione dell eroe con la comunità. Il primo eroe a essere preso in esame è stato Prometeo. L opera di Eschilo, il Prometeo incatenato, mostra una notevole presenza di termini riferibili all ambito medico e forti connotazioni di tipo politico. La malattia del Titano, infatti, si configura non soltanto come stato fisico doloroso, ma anche come atteggiamento di inflessibilità nei confronti della politica di Zeus. Un lessico particolarmente rilevante per le sue implicazioni politiche è presente anche nell Aiace di Sofocle, in cui l eroe, reso folle dalla dea Atena, si toglie la vita, decidendo così di porre fine alla vergogna del gesto causa dei suoi malanni. Così il corpo morto dell eroe diviene motivo di scontro politico e, solo grazie alla mediazione di Odisseo, sarà integrato in un nuovo orizzonte di senso, in una dimensione cultuale. Il corpo sofferente di Eracle, l eroe per eccellenza, è oggetto, a partire dal racconto delle Trachinie di Sofocle e dell Eracle di Euripide, di una successiva analisi. Benché le tragedie trattino due diversi episodi mitici, si è ritenuto opportuno analizzarle entrambe così da proporre un confronto esaustivo sulle modalità poetiche di rappresentazione della malattia dell eroe, evidenziando anche le prospettive politiche e religiose dei due tragediografi. Nella proposta interpretativa qui condotta, poi, Edipo, è stato assunto quale figura emblematica. Nell Edipo re viene messa in scena la malattia fisica e morale del protagonista (zoppia e incesto), a cui corrisponde simbolicamente la peste che colpisce la città di Tebe. Nella vicenda ambientata a Colono, invece, l eroe appare dotato di una saggezza che gli deriva dalla consapevolezza delle proprie colpe e che lo ammanta di una sacralità che collide con la contaminazione di cui è ancora portatore. L analisi condotta per comprendere il mutamento dell eroe sofocleo nel succedersi delle vicende narrate nelle due tragedie si basa sull analogia tra il suo corpo malato e la città di Tebe; Tebe è la città identificata 11

12 con il negativo, negativo che trova espressione nel corpo malato dell eroe e, appunto, in modo simmetrico, nella peste che assedia la città. L ultimo eroe sofocleo esaminato è Filottete, protagonista dell omonima tragedia messa in scena nel 409 a.c. La ferita al piede ha reso impuro il suo corpo e per questo i compagni l hanno abbandonato a Lemno, terra selvaggia e inospitale. Qui l eroe vive in una dimensione altra, a contatto sia con la sfera divina che con quella della bestialità. Filottete, benché inabile all azione, è richiesto però a Troia: solo il suo arco può far vincere la guerra. La reintegrazione dell eroe nella società guerriera è dunque indispensabile, ma per renderla possibile è necessario guarire la ferita per sottrarre Filottete dalla dimensione dell impurità. Infine Oreste nella sua rappresentazione euripidea: colpito dalla pazzia incarnata dalle Erinni, una pazzia vividamente rappresentata sulla scena mediante un lessico tecnico molto preciso, combatte contro la sua stessa città senza che l intervento finale di Apollo porti a una reale soluzione. Le considerazioni finali rappresentano una riflessione sulle modalità con cui questi eroi, dopo esserne stati allontanati, vengono reintegrati dalle comunità di appartenenza e su quale sia l esito del progetto politico che fa da sfondo alla vicenda di cui sono protagonisti. A uno sguardo finale complessivo sugli autori, interessante appare la diversa prospettiva che caratterizza le opere di Sofocle ed Euripide; ancora fortemente ancorato alla religione tradizionale il primo, profondamente tragico, aperto a una visione laica, alla contraddizione, il secondo. Un ultima riflessione è dedicata alla metodologia seguita nella ricerca. Il presupposto fondamentale da cui ci si è mossi è la sostanziale unitarietà del sapere e, in generale, dell attività intellettuale e della cultura greca antica; si è dovuto pertanto operare cercando costantemente di rispettare o porre in rilievo la forte connessione esistente fra i vari linguaggi e la specificità dei vari ambiti. Da ciò è derivata dunque la necessità di impostare l indagine in una prospettiva pluridisciplinare che coinvolgesse simultaneamente l aspetto filologico, storico, storicoreligioso e antropologico. Una ricerca di questo tipo ha richiesto un accurata attenzione verso i diversi ambiti della cultura, verso un sistema di pensiero complesso all interno del quale si intrecciano contenuti e prospettive religiose, filosofiche e politiche. Da una parte dunque si è dovuto tener presente la specificità di ciascun campo del sapere, dall altra considerare la civiltà greca classica certamente come un continuum frutto però di rapporti dialettici talvolta nient affatto lineari o consequenziali. Il metodo comparativo è stato ritenuto imprescindibile in uno studio di carattere storico-religioso e antropologico: i fenomeni religiosi, infatti, devono 12

13 essere sempre considerati alla luce delle dinamiche storiche e sociali per cogliere, anche nelle differenze, la specificità di ciascun elemento o contesto analizzato. Da queste considerazioni è derivata inoltre la necessità di assumere una posizione metodologica chiara anche relativamente alla lettura e all interpretazione degli aspetti storici presenti nei testi tragici. Il teatro, in quanto espressione della dialettica politica, della libertà di parola tipica del sistema democratico ateniese, mezzo attraverso il quale la polis costruiva e ritrovava la propria identità, è stato letto a lungo come documento storico dal quale ricavare informazioni utili per ricostruire la storia politica di Atene. Ma la tragedia è molto più che testimonianza storica: il mito portato sulla scena non è soltanto «un racconto venuto dalla notte dei tempi e che esisteva già prima che qualsiasi narratore iniziasse a raccontarlo» 1, rielaborato e travasato poi in un contesto contemporaneo e legato a vicende attuali. La sua forza espressiva e la sua funzione ideologica si esprimono piuttosto attraverso la capacità da parte dei poeti di problematizzare la materia tradizionale nello spettacolo tragico portando sulla scena conflitti di valori attraverso i quali la città ritrova la propria identità democratica. La tragedia deve essere letta come l espressione di una cultura che si costruisce dall intersezione di tutti gli ambiti dell esperienza umana, in un dialogo continuo in cui è difficile e rischioso isolare singoli aspetti. Voler riconoscere nei personaggi tragici riferimenti specifici alla vita politica dell Atene dell epoca risulta fuorviante e non costituisce un elemento utile alla ricerca. La storia non è presente nelle opere tragiche in forme eclatanti e il mito rappresenta il filtro attraverso cui essa viene rappresentata. Lo scopo della tragedia era certamente quello di far riflettere il pubblico, i cittadini, su problemi e questioni attuali, senza peraltro che da ciò se ne possano inferire riferimenti o dati certi di carattere cronologico relativi a particolari situazioni o alla composizione dell opera. Insomma si considera la tragedia come opera politica in quanto prodotto della vita culturale della polis, perché in tal contesto si realizza come spettacolo pubblico in cui il mito viene rielaborato attraverso le modalità espressive della vita politicoculturale contemporanea. La situazione politica rappresentata dalla tragedia è considerata un riflesso mediato delle vicende reali; la tragedia non è racconto storico, dunque, ma una rielaborazione del mito da parte del poeta che in tal modo fornisce la propria visione del reale. 1 J.-P. Vernant, L universo, gli dei, gli uomini, Torino, Einaudi, 2000, p

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15 I IL TEATRO TRAGICO NELL ATENE DEL V SECOLO: IL RAPPORTO TRA RELIGIONE E POLITICA 1. La rappresentazione tragica ad Atene: contesto storico e politico «Il teatro ateniese fu per eccellenza un teatro politico, organizzato e controllato dalla polis» 1. Quale rapporto intercorresse tra la vita politica ateniese e le rappresentazioni teatrali del V secolo è stata una questione a lungo dibattuta tra gli studiosi, sostenitori alcuni del valore universale dei temi messi in scena e quindi della marginalità dei contenuti politici delle tragedie, favorevoli altri, invece, della necessità di storicizzare le opere, del riconoscimento in esse di precisi riferimenti o allusioni rispetto a un determinato contesto 2. Le rappresentazioni tragiche sono strettamente connesse alla vicenda politica cittadina, è opportuno pertanto non assumere posizioni estremizzanti che tendano a escludere affatto l aspetto storico o di contro forzare il senso dei contenuti delle rappresentazioni tragiche volendo riconoscere in essi situazioni e personaggi contemporanei. Il forte legame con il contesto si realizza e manifesta del resto non soltanto nei contenuti e nello sviluppo drammatico delle tragedie, ma anche nella struttura stessa, sia materiale che organizzativa, del teatro ateniese. L allestimento degli spettacoli era considerato un affare politico importante, tanto che vi provvedeva una speciale istituzione, la «coregia», che prevedeva che le spese della messa in scena fossero sostenute da un cittadino privato facoltoso. Ricoprire tale incarico significava sostenere un investimento finanziario per il bene della polis, ma rappresentava anche un occasione importante per dare una spinta alla propria carriera. Così fecero, infatti, Temistocle, Pericle e Alcibiade 3. La città favoriva la partecipazione agli spettacoli attraverso l utilizzo di fondi pubblici destinati al pagamento dell ingresso a coloro che non potevano permettersi tale spesa. Plutarco 4 racconta che fu Pericle a introdurre la pratica del θεωρικόν; il sussidio di due oboli per ogni seggio. L istituzione di questa agevolazione rientrava probabilmente in piani propagandistici di 1 O. Longo, «Atene: il teatro e la città», in M. Chiabò, F. Doglio (a cura di), Mito e realtà del potere nel teatro: dall antichità classica al Rinascimento. Atti del convegno di studi (Roma, 29 ottobre-1 novembre 1987), Roma, Centro Studi sul Teatro Medioevale e Rinascimentale, 1988, p S. Saïd ha riassunto le diverse posizioni in merito al rapporto tra contesto storico-politico ateniese e il teatro tragico in «Tragedy and Politcs», in D. Boedeker, K. Raaflaub (eds.), Democracy, Empire and the Arts in Fifthcentury Athens, Cambridge, MA, Harvard University Press, 1998, pp Plutarco racconta che Nicia, grazie alla coregia, ottenne un enorme popolarità (Nic. 3, 1-3). 4 Plut. Per. 9, 1. 15

16 carattere demagogico che miravano ad assicurare agli uomini politici un maggiore consenso; d altra parte, però, tale atto si può leggere anche come espressione di un tentativo, di ispirazione democratica, di coinvolgere nella vita culturale l intera comunità fornendo i mezzi alle persone meno abbienti. Il teatro, quindi, in tale contesto diventava una importante occasione e momento di condivisione egualitaria. La struttura del teatro, tuttavia, riproponeva la suddivisione sociale della polis: la distribuzione del pubblico negli spazi fisici seguiva criteri molto precisi in modo da rispecchiare la gerarchia cittadina; «The layout of the auditorium formed (at least ideally) a kind of map of the civic corporation, with all its tensions and balances» 5. La προεδρία rappresentava la posizione privilegiata, i posti in prima fila riservati alle personalità più eminenti della città; qui sedevano i sacerdoti del dio Dioniso, gli arconti, gli strateghi, i benefattori, gli orfani di guerra, i politici stranieri presenti in città in quel momento e gli ambasciatori. L evento teatrale, infatti, era anche il momento in cui la polis celebrava la propria ideologia attraverso cerimonie in cui si esibivano i tributi pagati dagli alleati e sfilavano gli orfani di padri morti in battaglia che erano stati allevati a spese della città e che avevano raggiunto la maggiore età. Nella zona immediatamente successiva alla προεδρία prendevano posto i membri della βουλή e gli efebi. Infine nelle zone più alte e marginali sedeva quella parte di popolazione priva di statuto di 5 J.J. Winkler, «The Ephebes Song: Tragōidia and Polis», in J.J. Winkler, F.I. Zeitlin, Nothing to Do with Dionysos? Athenian Drama in Its Social Context, Princeton, Princeton University Press, 1992, p

17 cittadini: meteci, stranieri, e schiavi 6. La presenza delle donne a teatro appare probabile 7, come sembrerebbe confermare il passo del Gorgia di Platone (502c-d) 8, ma non assolutamente sicura: Σω. Οὐκοῦν ῥητορικὴ δημηγορία ἂν εἴη ἢ οὐ ῥητορεύειν δοκοῦσί σοι οἱ ποιηταὶ ἐν τοῖς θεάτροις; Καλ. Ἔμοιγε. Σω. Νῦν ἄρα ἡμεῖς ηὑρήκαμεν ῥητορικήν τινα πρὸς δῆμον τοιοῦτον οἷον παίδων τε ὁμοῦ καὶ γυναικῶν καὶ ἀνδρῶν, καὶ δούλων καὶ ἐλευθέρων, ἣν οὐ πάνυ ἀγάμεθα κολακικὴν γὰρ αὐτήν φαμεν εἶναι. Soc. Allora, non risulterebbe essere un discorso retorico? Non ti pare che i poeti, nei teatri, facciano della retorica? Cal. A me pare. Soc. Dunque, abbiamo ora trovato una specie di retorica che si rivolge a questa folla di fanciulli, di donne e di uomini, di schiavi e di liberi: una specie di retorica che non ammiriamo troppo, in quanto diciamo che essa è una lusinga. Che questo passo di Platone sia interpretabile come testimonianza certa della presenza delle donne a teatro non è possibile sostenerlo: nessuna fonte pare affermare in modo inconfutabile la partecipazione delle donne agli spettacoli, così come nessun testo pare negarne fermamente la presenza. Nella sua strutturazione, comunque, il teatro riproponendo la medesima 6 Sulla presenza di queste categorie di individui alle Grandi Dionisie, vd. N. Spineto, Dionysos a teatro, Roma, L «Erma» di Bretschneider, 2005, pp La questione è stato a lungo dibattuta, in particolare il problema è stato posto da A.W. Pickard-Cambridge, Le feste drammatiche di Atene, Firenze, La Nuova Italia, 1996, pp (ed. or. The Dramatic Festivals of Athens, Oxford, Clarendon Press, 1953); non accolgono l ipotesi che le donne frequentassero il teatro N. Wilson, Two Observations on Aristophanes Lysistrata, «Greek, Roman and Byzantine Studies», 23 (1982), pp (in particolare p. 159) e S. Goldhill, «Representing Democracy: Women at the Great Dionysia», in R. Osborne, S. Hornblower (eds.), Ritual, Finance, Politics. Athenian Democratic Accounts Presented to David Lewis, Oxford, Oxford University Press, 1994 R. Osborne, S. Hornblower (eds.), Ritual, Finance, Politics. Athenian Democratic Accounts Presented to David Lewis, Oxford,, p. 368; di avviso contrario sono D. Lanza, «Lo spettacolo», in M. Vegetti (a cura di), Oralità scrittura spettacolo, Torino, Bollati Boringhieri, 1983, p. 110; cfr. inoltre Id., La disciplina dell emozione: un introduzione alla tragedia greca, Milano, Il Saggiatore, 1997, pp ; A.J. Podlecki, Could women attend the theatre in ancient Athens. A collection of testimonia, «The ancient world», 21 (1990), pp ; J. Henderson, Women and the Athenian Dramatic Festivals, «Transactions of the American Philological Association», 121 (1991), pp Per un commento delle fonti relative a questo problema, vd. N. Spineto, Dionysos a teatro, cit., pp Ancora in Plat. Leg. 658d: Ἐὰν δέ γ οἱ μείζους παῖδες, τὸν τὰς κωμῳδίας τραγῳδίαν δὲ αἵ τε πεπαιδευμέναι τῶν γυναικῶν καὶ τὰ νέα μειράκια καὶ σχεδὸν ἴσως τὸ πλῆθος πάντων. («A favore della tragedia si esprimeranno invece le donne di una certa cultura, gli adolescenti, e direi forse la maggior parte del pubblico»). La traduzione delle opere di Platone è di G. Reale. 17

18 ripartizione sociale della polis, appariva «simbolicamente come uno spazio articolato rispondente a una precisa idea della società che lo animava» 9. Il rapporto tra la dimensione politico-sociale della città e il teatro risulta evidente anche dal fatto che quest ultimo era fruito come luogo di partecipazione collettiva, non necessariamente legata agli spettacoli drammatici. L edificio teatrale spesso, nel corso della storia ateniese, fu utilizzato anche a scopi politici e in ciò si evidenzia l «interscambiabilità funzionale esistente nelle città greche fra teatri in senso proprio e théatra intesi come luoghi di raccolta della collettività a fini non teatrali» 10. Tucidide offre una testimonianza importante che illustra quest uso politico del teatro; nel 411 a.c., nel momento del difficile passaggio tra il governo dei Quattrocento e l istituzione della democrazia moderata dei Cinquemila, al fine di trovare un accordo, i delegati dei Quattrocento e gli opliti impegnati al Pireo si riunirono nel teatro di Dioniso ad Atene (VIII 93, 1): Τῇ δ ὑστεραίᾳ οἱ μὲν τετρακόσιοι ἐς τὸ βουλευτήριον ὅμως καὶ τεθορυβημένοι ξυνελέγοντο οἱ δ ἐν τῷ Πειραιεῖ ὁπλῖται τόν τε Ἀλεξικλέα ὃν ξυνέλαβον ἀφέντες καὶ τὸ τείχισμα καθελόντες ἐς τὸ πρὸς τῇ Μουνιχίᾳ Διονυσιακὸν θέατρον ἐλθόντες καὶ θέμενοι τὰ ὅπλα ἐξεκλησίασαν Il giorno dopo i Quattrocento, benché in preda allo sconcerto, si riunirono nella sede del Consiglio mentre gli opliti del Pireo, lasciato libero Alessicle, che era loro prigioniero, ed abbattuto il muro raggiunsero il teatro di Dioniso presso Munichia e lì, armi al piede, tennero un assemblea. 11 O. Longo propone una serie di altri esempi di edifici teatrali utilizzati a fini politici 12 che testimoniano il carattere pubblico del teatro come luogo dove la collettività si riuniva in assemblea, aspetto sottolineato anche dalla posizione del teatro all interno del tessuto urbano, posto nell agorà, spesso vicino agli altri edifici deputati all attività politica. Il governo della città, poi, interveniva anche nella scelta delle opere da rappresentare; era infatti l arconte che decideva a chi concedere il coro, mentre i poeti a loro volta avevano il compito di chiedere un coro, cioè di chiedere alla città di farsi carico delle spese per il finanziamento del coro. I cittadini più facoltosi erano nominati coreghi e avevano l incarico di 9 A. Rodighiero, La tragedia greca, Bologna, Il Mulino, 2013, pp O. Longo, «Atene: il teatro e la città», cit., p La traduzione della Guerra del Peloponneso di Tucidide è di L. Canfora. 12 O. Longo, «Atene: il teatro e la città», cit., pp

19 sostenere la maggior parte delle spese di allestimento del coro. Quali fossero i criteri della scelta dei poeti da parte dell autorità cittadini non è dato sapere con certezza; tale selezione avveniva otto-dieci mesi prima della celebrazione delle gare teatrali e in questa occasione i poeti presentavano le parti corali della rappresentazione, come riporta Platone (Leg. 816d-817e): [ ] σχεδὸν γάρ τοι κἂν μαινοίμεθα τελέως ἡμεῖς τε καὶ ἅπασα ἡ πόλις, ἡτισοῦν ὑμῖν ἐπιτρέποι δρᾶν τὰ νῦν λεγόμενα, πρὶν κρῖναι τὰς ἀρχὰς εἴτε ῥητὰ καὶ ἐπιτήδεια πεποιήκατε λέγειν εἰς τὸ μέσον εἴτε μή. νῦν οὖν, ὦ παῖδες μαλακῶν Μουσῶν ἔκγονοι, ἐπιδείξαντες τοῖς ἄρχουσι πρῶτον τὰς ὑμετέρας παρὰ τὰς ἡμετέρας ᾠδάς, ἂν μὲν τὰ αὐτά γε ἢ καὶ βελτίω τὰ παρ ὑμῶν φαίνηται λεγόμενα, δώσομεν ὑμῖν χορόν, εἰ δὲ μή, ὦ φίλοι, οὐκ ἄν ποτε δυναίμεθα. [ ] In effetti, per quel che ci riguarda e che riguarda lo Stato intero, sarebbe, per così dire, pura follia se in qualche modo vi permettessimo di fare quello che si è detto, prima che le autorità abbiano espresso giudizio favorevole o contrario alla diffusione delle vostre opere. Pertanto, giovani figli delle dolci Muse, affrettatevi per prima cosa consegnare i vostri carmi alle autorità, perché queste possano confrontarli con i nostri. Dopo di che, se le vostre opere risulteranno esprimere lo stesso contenuto delle nostre, magari in forma migliore, vi sarà concesso un coro, in caso contrario, cari miei, noi non lo potremmo mai fare. Attraverso questa selezione dei testi, le cui modalità sono del tutto oscure e difficilmente ipotizzabili, i poeti ricevevano l approvazione da parte delle autorità della polis e quindi potevano presentare le loro opere. Alla fine della messa in scena delle tre tragedie e del dramma satiresco, il vincitore era decretato da una giuria di dieci persone (una per ogni tribù), probabilmente scelte per sorteggio. La decisione non riguardava pertanto un singolo dramma, ma l intera tetralogia presentata dal poeta. Anche in questo caso non si conoscono i criteri e i princìpi che guidavano il giudizio della giuria, ma con ogni probabilità diversi erano i fattori che concorrevano a determinare il vincitore, come «il clima politico, eventi di rilievo che avevano richiamato l attenzione dell opinione pubblica, un aria di famiglia di certe saghe mitiche alla moda celebrate magari in parallelo dai poeti lirici» A. Rodighiero, La tragedia greca, cit., p

20 La valutazione dei giudici, dunque, era influenza anche dal contenuto delle rappresentazioni; benché questo attingesse generalmente dal patrimonio mitico, ogni poeta provvedeva a riadattarne la materia seguendo strategie espressive nuove e suggerendo prospettive di senso completamente diverse rispetto alla tradizione epica. La scelta dell argomento da presentare doveva anche tener conto delle richieste del pubblico e una delle esigenze più sentite era quella che il dramma non coinvolgesse troppo gli spettatori con storie che ricordassero esperienze dirette, come invece fece Frinico con la sua Presa di Mileto, messa in scena alle Dionisie nella primavera del 493 a.c. Erodoto riporta la forte commozione suscitata da questa rappresentazione, tanto da indurre la città a multare il poeta (VI 21, 2): Ἀθηναῖοι μὲν γὰρ δῆλον ἐποίησαν ὑπεραχθεσθέντες τῇ Μιλήτου ἁλώσι τῇ τε ἄλλῃ πολλαχῇ καὶ δὴ καὶ ποιήσαντι Φρυνίχῳ δρᾶμα Μιλήτου ἅλωσιν καὶ διδάξαντι ἐς δάκρυά τε ἔπεσε τὸ θέητρον καὶ ἐζημίωσάν μιν ὡς ἀναμνήσαντα οἰκήια κακὰ χιλίῃσι δραχμῇσι, καὶ ἐπέταξαν μηκέτι μηδένα χρᾶσθαι τούτῳ τῷ δράματι. Infatti gli Ateniesi dimostrarono chiaramente in molti modi di essere stati sconvolti dalla presa di Mileto e in particolare quando Frinico scrisse un dramma La presa di Mileto e lo mise in scena, il teatro scoppiò in lacrime; e lo colpirono con una multa di mille dracme per aver ricordato sciagure familiari, e ordinarono che nessuno più utilizzasse quel dramma. 14 Nel commento al passo di Erodoto, G. Nenci scrive che la «censura all opera di Frinico è la prima censura democratica di un opera letteraria, e dimostra che all epoca non esisteva una censura preventiva sulle opere da rappresentare in pubblico» 15. Ciononostante l argomento storico non fu completamente abbandonato: Frinico ripropose il tema delle guerre persiane nelle Fenicie, questa volta, però, scelse il punto di vista del nemico, rappresentando il dolore delle donne fenicie che non videro tornare dalla guerra i propri mariti. Fu Eschilo, poi, nei Persiani, a rievocare le vicende in cui i Greci combatterono contro il grande nemico persiano, ottenendo la vittoria negli agoni del 472 a.c. Questa è l unica tragedia pervenuta di argomento storico, tuttavia anche nei drammi di contenuto mitico la filigrana storica è sempre percepibile come 14 Traduzione di G. Nenci. 15 G. Nenci, commento a Erodoto, Le Storie, vol. VI, La battaglia di Maratona, Milano, Fondazione Valla, 1998, p Vd. inoltre la bibliografia riportata da Nenci sull opera di Frinico. 20

21 riferimento costante dei tragediografi 16. Riprendendo quanto si affermava in precedenza, non si deve incorrere nell errore di considerare le tragedie come specchio fedele della vita politica ateniese, ma piuttosto, secondo la felice definizione di P. Vidal-Naquet 17, uno «specchio infranto», una realtà mediata dai valori e dal pensiero del poeta. A tal proposito è utile richiamare le parole di B. Gentili, che suonano come un avvertenza per una corretta interpretazione del testo drammatico 18 : Il rischio permanente in cui incorre l interprete è quello di cadere in un analisi formale che prescinda dalla realtà storica oppure nell errore opposto di un facile sociologismo, che abbia come unico scopo quello di reperire nel testo drammatico spunti o allusioni a episodi della vita contemporanea, dimenticando la mediazione linguistica che il poeta opera e il sistema di valori e significati nel quale si inquadra il suo messaggio. Anche là dove sia inequivocabile il riferimento a precisi fatti storici, il loro uso non è mai rozzamente cronachistico, ma implica sempre una sottile operazione di ordine linguistico, che il critico può ricostruire soltanto attraverso una puntuale e corretta analisi del testo. La tragedia è politica, dunque, perché riguarda la polis, perché si sviluppa in tal contesto utilizzando e rielaborando il mito attraverso i mezzi espressivi della politica contemporanea e veicolando valori e principi tipici dell epoca in cui i drammi vengono composti. Aristotele 19, infatti, sottolinea che la novità apportata dalla tragedia è rappresentata dal fatto che «i poeti antichi facevano parlare politicamente i loro personaggi» (οἱ μὲν γὰρ ἀρχαῖοι πολιτικῶς ἐποίουν λέγοντας); ciò significa che la politica entra nel mondo tragico anche attraverso le modalità espressive e i temi che la caratterizzano, «gli archetipi mitici venivano utilizzati quali veicoli per discorsi di natura politica e legati alla realtà contemporanea» 20. Nonostante il genere tragico, nella forma conosciuta, si sia affermato all epoca della tirannide di Pisistrato (fino al a.c.), trova la sua forma compiuta nell Atene democratica e ne diventa l espressione artistica e letteraria più significativa. G. Ugolini 21 riporta due importanti fonti che 16 Sulla presenza della storia sulla scena teatrale, vd. anche P. Scarpi, La fuga e il ritorno, Venezia, Marsilio, 1992, pp P. Vidal-Naquet, Lo specchio infranto. Tragedia ateniese e politica, Roma, Donzelli editore, B. Gentili, Polemica Antitirannica (Pind. Pyth. 11; Aesch. Prom.; Herodt. 3,80-81; Thuc. 2,65,9), «Quaderni Urbinati di Cultura Classica», 1 (1979), p Arist. Poet. 1450b G. Ugolini, Sofocle e Atene: vita politica e attività teatrale nella Grecia classica, Roma, Carocci, 2000, p Ibid. 21

22 contribuiscono a comprendere la complessità del rapporto tra politica e spettacoli teatrali anche alla luce della libertà espressiva consentita. La prima testimonianza è quella che si legge nella Ἀθηναίων πολιτεία (II 18) dello Pseudo-Senofonte, opera in cui l autore esprime il proprio disappunto nel vedere che il sistema democratico non consente che il popolo sia bersaglio dei poeti comici 22 : Κωμῳδεῖν δ αὖ καὶ κακῶς λέγειν τὸν μὲν δῆμον οὐκ ἐῶσιν, ἵνα μὴ αὐτοὶ ἀκούωσι κακῶς, ἰδίᾳ δὲ κελεύουσιν, εἴ τίς τινα βούλεται, εὖ εἰδότες ὅτι οὐχὶ τοῦ δήμου ἐστὶν οὐδὲ τοῦ πλήθους ὁ κωμῳδούμενος ὡς ἐπὶ τὸ πολύ, ἀλλ ἢ πλούσιος ἢ γενναῖος ἢ δυνάμενος, ὀλίγοι δέ τινες τῶν πενήτων καὶ τῶν δημοτικῶν κωμῳδοῦνται, καὶ οὐδ οὗτοι ἐὰν μὴ διὰ πολυπραγμοσύνην καὶ διὰ τὸ ζητεῖν πλέον τι ἔχειν τοῦ δήμου ὥστε οὐδὲ τοὺς τοιούτους ἄχθονται κωμῳδουμένους. Non è permesso ai poeti comici deridere e parlar male del popolo; affinché non abbiano una cattiva reputazione, incoraggiano a farlo verso il singolo, se qualcuno vuole attaccare un privato cittadino, sapendo bene che non sarà preso in giro per lo più uno qualsiasi del popolo e della massa, ma uno ricco, o di nobili origini o un potente. Solo pochi tra i poveri e le persone comuni vengono presi di mira, a meno che non siano degli intriganti o che hanno voluto di più rispetto al popolo, cosicché non dia fastidio vedere questo tipo di persone messe in ridicolo. Un altro passo che evidenzia la relazione tra democrazia e teatro e che denuncia una presenza troppo ingombrante del pubblico che giudica con supponenza ciò che non è di sua competenza è quello di Platone in cui si definisce la teatrocrazia come un effetto dell eccessivo potere concesso al popolo (Leg. 701a-b): ὅθεν δὴ τὰ θέατρα ἐξ ἀφώνων φωνήεντ ἐγένοντο, ὡς ἐπαΐοντα ἐν μούσαις τό τε καλὸν καὶ μή, καὶ ἀντὶ ἀριστοκρατίας ἐν αὐτῇ θεατροκρατία τις πονηρὰ γέγονεν. εἰ γὰρ δὴ καὶ δημοκρατία ἐν αὐτῇ τις μόνον ἐγένετο 22 Per un commento puntuale su questo passo, vd. L. Canfora, AP II 18 e la censura sul teatro, «Quaderni di Storia», 23 (1997), pp ; G. Mastromarco, «Teatro comico e potere politico nell Atene del V secolo (Pseudo-Senofonte, Costituzione degli Ateniesi, 2.18)», in Storia, poesia e pensiero nel mondo antico. Studi in onore di Marcello Gigante, Napoli, Bibliopolis, pp ; E. Medda, «Ps. Xen. Ap 2.18: una lettura di parte della παρρησία comica», in C. Bearzot, F. Landucci, L. Prandi (a cura di), L Athenaion politeia rivisitata. Il punto su Pseudo-Senofonte, Milano, Vita e Pensiero, 2011, pp

23 ἐλευθέρων ἀνδρῶν, οὐδὲν ἂν πάνυ γε δεινὸν ἦν τὸ γεγονός [ ] ἄφοβοι γὰρ ἐγίγνοντο ὡς εἰδότες, ἡ δὲ ἄδεια ἀναισχυντίαν ἐνέτεκεν τὸ γὰρ τὴν τοῦ βελτίονος δόξαν μὴ φοβεῖσθαι διὰ θράσος, τοῦτ αὐτό ἐστιν σχεδὸν ἡ πονηρὰ ἀναισχυντία, διὰ δή τινος ἐλευθερίας λίαν ἀποτετολμημένης. Ecco quindi che i teatri, da silenziosi che erano, si riempirono di urla assordanti, quasi fosse il pubblico in grado di intendere ciò che è bello e ciò che non lo è; e così, al posto dell aristocrazia dell arte sorse una forma di deteriore «teatrocrazia». E se almeno in questa «teatrocrazia» si fosse formata una sorta di democrazia di uomini liberi, il fatto non sarebbe stato così grave. [ ] La presunzione del sapere tolse ogni remora e la mancanza di timore generò l impudenza. In effetti, il non avere più rispetto per l opinione di chi è migliore, per effetto della presunzione è, per così dire, l aspetto deteriore dell impudenza, perché nasce da una certa forma di libertà spinta all eccesso. La libertà di espressione che tradizionalmente caratterizzava il sistema politico ateniese avrebbe permesso dunque che proprio in questa città potesse nascere una forma letteraria e artistica come quella teatrale, non a Sparta, dove, invece, vigeva un sistema oligarchico poco disposto all accettazione di forme libere di espressione. Il teatro è, infatti, «costituzionalmente politico, perché c è uno stretto rapporto con il modo di costituzione di un ambiente e il modo di comunicazione di quell ambiente. A Sparta un teatro politico, letterario, non si può immaginarlo. Sparta avrà un teatro ellenistico nel quale rappresenterà testi altrui: manca lo spazio fisico, mentale, sociologico, ambientale specifico della tragedia» 23. Il teatro era espressione della dialettica politica, della libertà di parola tipica del sistema democratico, un mezzo attraverso il quale la polis costruiva e ritrovava la propria identità; «la tragedia è la città che si fa teatro, che mette in scena se stessa davanti alla collettività dei cittadini» 24. È evidente come «il teatro, che vive nello spazio politico della città, si faccia naturale strumento di celebrazione di tale spazio politico e del suo significato ideologico più profondo: l identità dei cittadini, indipendentemente, dal loro specifico ruolo sociale, in quanto appunto cittadini, e la fondamentale organicità che li lega in quella struttura fisiologicamente coesa che è la polis. E la polis, le sue contraddizioni, i suoi pericoli, le sue crisi, i farmaci necessari per ricomporne l unità, sono appunto i contenuti fondamentali delle opere teatrali ateniesi» 25. Il potere e la forza espressiva e ideologica della tragedia, però, non consisteva e non 23 D. Musti, Demokratía. Origini di un idea, Roma-Bari, Laterza, 1995, p J.-P. Vernant, P. Vidal-Naquet, Mito e tragedia due. Da Edipo a Dioniso, Torino, Einaudi, 1991, p D. Lanza, Il tiranno e il suo pubblico, Torino, Einaudi, 1977, p

24 consiste tuttora nella ripetizione uniforme e meccanica di moduli mitici attraverso le espressioni della politica contemporanea, ma piuttosto nella capacità da parte dei poeti di rimodulare la materia tradizionale problematizzandola e aprendo prospettive di senso mai esplorate prima; «il modello di tragedia creato da Eschilo, Sofocle, Euripide è inseparabile dalla rivoluzione democratica ateniese, di cui è, in pari tempo, effetto e causa; per questo motivo, tenendo conto del peso esercitato da tale modello, occorre presentare la tragedia come un prodotto culturale specificatamente ateniese, piuttosto che genericamente greco» 26. Ecco perché non si deve voler leggere la tragedia come un documento storico, ma come l espressione di una cultura complessa, quella greca, in cui sono coinvolti tutti gli ambiti dell esperienza umana, in primis la politica e la religione; «Si dovrà evitare una fin troppo facile attitudine al rapporto uno a uno fra caratteri tragici e figure della vita reale: la politicità e la storicità dei drammi emerge in forme più evanescenti e meno dettagliate, e lungo percorsi mediati prima di tutto dall impiego del mito» 27. La tragedia aveva il compito di far riflettere i cittadini su problemi e questioni che di certo erano legati al contesto storico dell epoca, problemi e questioni che non devono però essere assunti necessariamente come dati cronologici incontrovertibili. 26 M. Massenzio, Dioniso e il teatro di Atene: interpretazioni e prospettive critiche, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1995, p A. Rodighiero, La tragedia greca, cit., p

25 2. Il teatro in una prospettiva storico-religiosa e storico-antropologica: il carattere sacro della tragedia, il suo radicamento nel mito e la sua funzione simbolica Brelich definisce il teatro di Atene «documento di una religione» 1, indicando con questa formula la stretta relazione esistente tra la rappresentazione tragica e la religione, relazione che si basa sia su aspetti formali che di contenuto. Il primo e più chiaro segno dell appartenenza alla dimensione religiosa del teatro è il fatto che gli agoni drammatici si svolgevano durante le feste in onore di Dioniso, il dio straniero, il dio dell alterità. La prima attestazione certa di un agone drammatico disputato risale al a.c. 2, ma con ogni probabilità le gare si svolgevano già prima di questa data. Il genere tragico, infatti, pare fiorire all epoca di Pisistrato, periodo nel quale opera Tespi, primo drammaturgo vincitore di un agone di cui si ha testimonianza 3 e a cui si attribuiscono diverse innovazioni in campo scenico, come l introduzione dell attore, l uso di mascherarsi il volto dipingendolo, nonché l introduzione del prologo e del discorso 4. A Tespi, dunque, si attribuisce la prima vittoria, che si attesterebbe tra il 535 e il 532 a.c., durante la tirannide di Pisistrato. N. Spineto, nel suo studio dedicato al teatro greco 5, segue l introduzione e la diffusione del culto dionisiaco in connessione con la politica religiosa dei Pisistratidi. In particolare, al fine di diminuire il potere dell aristocrazia e favorire una coesione identitaria attica, il culto dionisiaco, in quanto popolare e agricolo, sarebbe servito come collante tra comunità cittadina e comunità agraria 6. Da queste considerazioni emerge la progressiva importanza che Dioniso acquista all interno della vita politica e religiosa della città a partire dall epoca della tirannide; tuttavia non è possibile collocare con certezza la data in cui gli agoni teatrali vennero definitivamente istituzionalizzati. Si è ipotizzato che in un primo momento queste celebrazioni servissero a riproporre le feste in onore di Dioniso, feste che si celebravano in campagna, così da rinsaldare l unità della regione. Spineto così conclude la sua analisi: «L ipotesi di un rinnovamento della festa nel periodo pisistrateo rimane, dunque, la più plausibile, sebbene continui a non essere provata né, in base ai documenti che abbiamo, 1 A. Brelich, Aspetti religiosi del dramma antico, «Dioniso», 29 (1965), p Questa notizia si trova in Suda, s.v. Πρατίνας (π 2230 = TrGF I 4 T 1) e s.v. Αἰσχύλος (αι 357 = TrGF III T 2). Cfr. inoltre M.L. West, The Early Chronology of Attic Tragedy, «The Classical Quarterly», 39/1 (1989), pp Vd. Marmor Parium (TrGF I DID D 1, A 43). 4 Suda, s.v. Θέσπις (θ 282 = TrGF I 1). 5 N. Spineto, Dionysos a teatro, cit. 6 Ivi, pp

26 sostenibile con certezza. [ ] Sicché i Dionysia megala si presentano come luogo di una dialettica fra centralità e apertura alle campagne o, in altri termini, come celebrazione di una identità attica in cui le particolarità locali sono riconosciute, ma in quanto elementi di una struttura centralizzata» 7. Il rapporto tra Dioniso e il teatro si sviluppa fin da principio come ambiguo e misterioso. Il dio appare alle processioni che aprono le feste a lui dedicate in una sorta di epifania che lo individua come elemento imprescindibile del rituale. Ciononostante Dioniso non compare mai nei drammi messi in scena: Nulla che riguardi Dionysos, era un modo di dire proverbiale con il quale i Greci significavano un fatto apparentemente paradossale per le opere teatrali di una certa epoca. Infatti, rappresentate nel teatro di Dionysos e nelle feste di Dionysos, queste opere non sembrano contenere alcun riferimento particolare al dio. Limitandoci ai testi che ci sono pervenuti, anche noi possiamo osservare che ad eccezione delle Baccanti di Euripide e, nel campo della commedia, delle Rane di Aristofane in nessuno è menzionato con un rilievo particolare rispetto alle altre divinità. Nella stragrande maggioranza dei casi, la tragedia mette in scena vicende di eroi. 8 Dioniso, quindi, nel contempo è e non è il teatro. Questa presenza/assenza del dio nella tragedia rappresenta la sua stessa essenza che appare soprattutto come finzione, artificio. La maschera è lo strumento dionisiaco per eccellenza. Essa permette di nascondere la propria identità e nel contempo assumerne un altra, diversa; si è e non si è qualcuno. La sua presenza si manifesta dunque come alterità. È un alterità, d altra parte, che non coinvolge soltanto i personaggi sulla scena, gli eroi tragici portatori di valori e prospettive lontane rispetto a quella della polis contemporanea, ma riguarda anche il tempo e lo spazio. La rappresentazione tragica si colloca in una dimensione temporale che scardina quella presente, ne sconvolge gli assetti portanti e turba l ordinamento quotidiano. Analogamente ogni tragedia ha luogo in uno spazio che non è quello ateniese, ma è un altrove caotico, che si oppone e minaccia Atene. «L aspetto del reale che trova la sua sistemazione culturale nella figura di Dioniso può essere designato con un solo termine: l alterità. [ ] una delle radici della diversità del dio risiede nella sua facoltà di annullare i confini che separano i vari settori del cosmo e di instaurare, a vari livelli, un regime di coesistenza degli opposti, che stravolge l assetto quotidiano del mondo» 9. 7 Ivi, p A. Brelich, I Greci e gli dei, Napoli, Liguori, 1985, pp M. Massenzio, Dioniso e il teatro di Atene, cit., pp

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